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I bisogni artificiali. Come uscire dal consumismo
«Il capitalismo genera bisogni artificiali sempre nuovi. Quello di acquistare l'ultimo iPhone, ad esempio, o prendere l'aereo per raggiungere la città accanto. Questi bisogni non solo sono alienanti per la persona, ma anche ecologicamente dannosi. La loro proliferazione è alla base del consumismo, che a sua volta intensifica l'esaurimento delle risorse naturali e l'inquinamento ambientale. Nell'era di Amazon, il consumismo raggiunge il suo ""stadio supremo"""". Questo libro pone una semplice questione: come mettere fine a questa proliferazione di bisogni artificiali? Come uscire, di conseguenza, dal consumismo capitalista? La riflessione si articola in capitoli tematici, dedicati all'inquinamento luminoso, al consumo compulsivo e alla garanzia dei beni, per elaborare una teoria critica del consumismo. Essa fa dei bisogni """"autentici"""" definiti collettivamente, in rottura con i bisogni artificiali, il cuore di una politica dell'emancipazione nel xxi secolo. Lungo il percorso, il libro evoca la teoria dei bisogni di Karl Marx, André Gorz e Agnes Heller. Per questi autori, i bisogni """"autentici"""" hanno un potenziale rivoluzionario. Come diceva Marx, """"una rivoluzione radicale può essere soltanto la rivoluzione dei bisogni radicali"""". """"Chiamo 'artificiali' i bisogni che, da un lato, non sono ecologicamente sostenibili, che danno luogo a un sovrasfruttamento delle risorse naturali, dei flussi energetici, delle materie prime; dall'altro, i bisogni che l'individuo o la collettività sentono che in qualche modo danneggiano la soggettività, i bisogni che non danno luogo a forme di soddisfazione duratura. Bisogni alienanti, in un certo senso. L'ossessione per l'ultimo ritrovato della tecnologia, per l'ultimo capo di abbigliamento, per l'ultimo modello d'auto, questa ossessione per la novità insita nel sistema capitalista è una delle dimensioni del carattere artificiale dei bisogni""""» (Razmig Keucheyan)"" -
L' intempestivo, ancora. Pierre Clastres di fronte allo Stato
Sul finire degli anni Sessanta, Pierre Clastres lancia una sfida all'etnocentrismo della ragione politica occidentale: e se le società amerindiane, accusate dai colonizzatori europei di essere ""senza fede, né legge, né re"""" non mancassero di nulla? E se formassero, più che delle società """"senza Stato"""", delle società """"contro lo Stato""""? Tutta l'opera di Clastres esplorerà le conseguenze di questo cambiamento di prospettiva. In questo saggio, Eduardo Viveiros de Castro si propone di interrogare l'intempestività dell'opera di Clastres. Quale spostamento operare in questo pensiero per riattualizzarlo in un'epoca in cui i movimenti dei popoli autoctoni ci impongono di passare """"dal silenzio al dialogo"""", e in cui la crisi ambientale globale presuppone che si trasformi il nostro modo di abitare la Terra? Ritornando a Clastres, Viveiros de Castro mostra ciò che l'antropologia può darci seguendo la via di un """"divenire-indigeno"""" del concetto di politica: un compito urgente di fronte alle contemporanee derive dello Stato-nazione. """"Clastres intempestivo? Certo, ma è del resto questa la caratteristica del profeta e di una parola che insorge, giungendo spesso troppo presto o troppo tardi. È questo carattere a farne la grandezza..."""" (Dalla Postfazione di Roberto Beneduce)."" -
La seconda contraddizione del capitalismo. Introduzione a una teoria e storia dell'ecologia
Protagonista di rilievo dei movimenti per i diritti civili e delle minoranze etniche e razziali, James O'Connor ha scritto testi fondamentali per la comprensione del capitalismo e delle sue crisi. Ripubblicarne oggi le riflessioni sulla seconda contraddizione del capitalismo e sullo sviluppo della storia ecologica - entrambe apparse in ""Capitalism Nature Socialism"""" - è operazione che si giustifica in due modi. In primo luogo, O'Connor può senz'altro dirsi un """"classico"""" dell'ecomarxismo: la sua critica ecologica dell'economia politica rappresenta un passaggio obbligato per chiunque si interroghi sul nesso tra questione sociale e questione ambientale. In secondo luogo, la congiuntura pandemica riporta al centro del dibattito pubblico la questione delle condizioni di (ri)produzione - un concetto chiave, discusso a più riprese in questo volume. Non stupisce, dunque, che vi sia chi abbia proposto di chiamare """"prima crisi O'Connor"""" il crollo economico causato dal coronavirus. Per queste ragioni, chi intenda affrontare con spirito critico il presente della crisi ecologica troverà nei due saggi qui riproposti una risorsa fondamentale. Il punto di partenza dell'""""eco-marxismo"""" è la contraddizione tra rapporti di produzione, forze produttive e condizioni di produzione. Né la forza lavoro né la natura, incluse le loro dimensioni spazio-temporali, sono prodotte dal sistema capitalistico, sebbene il capitale tratti le condizioni di produzione come se fossero merci, o beni per il capitale (James O'Connor). Prefazione di Jacopo Nicola Bergamo e Emanuele Leonardi."" -
Ecologia del possibile. Razionalità, esistenza, amicizia
L'incontro tra filosofia ed ecologia è oggi una sfida teorica di primo piano. Contro una interpretazione naturalistica e un riduzionismo ambientalista del pensiero ecologico, per lo più dominante nel discorso attuale, il testo affronta il portato critico e metodologico dell'ecologia filosofica, nella sua formulazione ecosofica, attraversandone gli aspetti etici e istituzionali. A partire dal posizionamento teorico di matrice francese, e dall'assunto per il quale l'ecologia si definisce come scienza delle relazioni, il saggio dialoga con alcuni dei dibattiti più recenti - lo statuto dell'essere vivente, il dualismo natura-cultura, le implicazioni ontologiche dell'etnografia contemporanea - facendo emergere la rilevanza etica (e politico) della questione ecologica, attraverso problematiche classiche della filosofia, come il tema dell'amicizia, dei processi istituzionali e il nodo cruciale della soggettività. I tragitti descritti nel libro hanno l'obiettivo di porre il concetto di possibile al centro di un'etica ecologica, un'etica, cioè, basata sulla capacità dell'essere vivente di istituire e valorizzare delle relazioni al fine di aumentare le potenzialità esistenziali individuali e collettive. -
L' imbroglio ecologico. L'ideologia della natura
Pubblicato nel 1972 da Einaudi nella prestigiosa collana ""Nuovo Politecnico"""", L'imbroglio ecologico accoglieva le istanze sociali che dagli anni Sessanta cominciavano a denunciare con forza il nesso tra assetto capitalistico del lavoro, salute, nocività in fabbrica e degrado ambientale. Al centro del lavoro di Paccino vi è la dimostrazione che il rispetto dell'uomo e della natura è strutturalmente incompatibile con il modello di sviluppo capitalistico, con un'economia di mercato che produce a prezzi sempre più bassi beni di consumo sempre meno utili e con una obsolescenza programmaticamente sempre più breve. Denunciando la contraddizione fra l'apparente e improvviso amore per l'ecologia dei paesi ricchi e industriali, esploso nei primi anni Settanta, e i devastanti inquinamenti, guerre, distruzione delle foreste - inevitabili conseguenze del successo economico dei ricchi e che colpiva e rendeva più poveri i due miliardi di abitanti poveri del pianeta -, Paccino ribadiva con forza che l'ecologia pensata e tradotta politicamente senza aver presenti i rapporti di produzione e di forza sociali, rappresentava ipso facto un imbroglio. È quest'uso ideologico e mistificato della natura che l'autore contesta e problematizza in tutto il suo lavoro teorico e militante, cercando di mettere al centro del dibattito i rapporti di potere ed i meccanismi socio-economici che determinano lo squilibrio, con l'obiettivo di dare vita a una ecologia conflittuale finalizzata a costruire un rapporto equo ed armonico tra gli esseri umani, le organizzazioni sociali e la natura. Non c'è dubbio che quanto era già chiaro cinquant'anni fa, oggi appaia ancora più drammaticamente evidente, in epoca di pandemie, riscaldamento globale e sfruttamento illimitato delle fonti energetiche. Introduzione di Gennaro Avallone, Lucia Giulia Fassini, Sirio Paccino."" -
A fine turno. Lavoro, macchine e vita nel cinema degli anni Sessanta in Italia
Cosa può insegnarci il cinema italiano degli anni Sessanta su come vivere e lavorare oggi? A fine turno invita il lettore a ripensare il lavoro, il cinema e le macchine nel loro intreccio, come mostrato in alcuni film di quel periodo. Attingendo alla teoria critica e alla ricerca d'archivio, il libro ci interroga su quali tipi di fratture potremmo sfruttare per vivere diversamente, per resistere alle narrazioni tradizionali del lavoro, e per un anticapitalismo. L'Italia degli anni Sessanta è stata un luogo in cui la produzione industriale di massa risultava essere la modalità principale per comprendere cosa significasse il lavoro, ma era anche un momento in cui le cose avrebbero potuto andare diversamente. Riesaminando le origini di paradigmi come la timbratura del cartellino, la ""società come fabbrica"""" e la divisione di genere nel lavoro, Karen Pinkus sfida il lettore a pensare attraverso il cinema, consentendogli di cogliere le lacune e i guasti nell'ordine delle cose del secondo dopoguerra."" -
Una teoria femminista della violenza. Per una politica antirazzista della protezione
Il linguaggio ufficiale a proposito dell'uguaglianza uomini-donne è un repertorio di violenze: molestie, stupri, abusi, femminicidi. Queste parole descrivono una realtà crudele. Ma non ne nascondono un'altra, quella delle violenze commesse con la complicità dello Stato? In questo libro, Franc?oise Vergès denuncia la svolta securitaria della lotta contro il sessismo. Focalizzandosi sugli ""uomini violenti"""", si omette di interrogare le fonti di questa violenza. Per l'autrice non ci sono dubbi: il capitalismo razziale, i populismi ultraconservatori, lo schiacciamento del Sud attraverso le guerre e i saccheggi imperialisti, i milioni di esiliati e di esiliate, l'aumento delle misure carcerarie, mettono le mascolinità al servizio di una politica di morte. Contro l'aria del tempo, Franc?oise Vergès ci esorta a rifiutare l'ossessione punitiva dello Stato, a favore di una giustizia riparatrice. """"La mia analisi non fornisce soluzioni per mettere fine alle violenze di genere e sessuali - la cui denuncia mostra oggi l'ampiezza -, ma vorrebbe contribuire alla riflessione sulla violenza come elemento strutturante del patriarcato e del capitalismo, e non come una specificità maschile. Questo libro cerca di immaginare una società postviolenta, non una società senza conflitti e contraddizioni, ma una società che non naturalizzi la violenza, che non la celebri, che non ne faccia il tema centrale della sua narrazione sul potere"""" (Françoise Vergès)."" -
Ecosocialismo. Una alternativa radicale alla catastrofe capitalista
L'ecosocialismo è una corrente di pensiero e di azione ecologica che fa proprie le conquiste fondamentali del marxismo mentre le libera dalle sue scorie produttiviste. La logica capitalista del mercato e del profitto, così come quella dell'autoritarismo burocratico del defunto ""socialismo reale"""", è incompatibile con le esigenze di salvaguardia dell'ambiente. Gli ecosocialisti criticano gli attuali vicoli ciechi dell'ecologia politica, che non mette in discussione il potere del capitale. L'ecosocialismo è quindi una proposta radicale che mira non solo a una trasformazione dei rapporti di produzione, dell'apparato produttivo e dei modelli di consumo dominanti, ma anche a creare un nuovo paradigma di civiltà, rompendo con i fondamenti della civiltà capitalista/industriale."" -
Biopotere e mobilitazione totale. Ernst Junger reload. Maschera e catastrofe 2
Il biopotere è una realtà, una sorta di mutamento che solamente nel xx secolo e soprattutto oggi trova, silenzioso, invasivo e sotto gli occhi (chiusi) di tutti, piena realizzazione. E Jünger, benché non parlasse esplicitamente di biopotere ne intuì i meccanismi fondativi in netto anticipo rispetto alle 'mode' filosofiche diffuse dagli anni Settanta in poi. E ha offerto, inconsapevolmente, indirettamente e in silenzio, una lettura e una diagnosi del fenomeno del biopotere, perfino una sua fenomenologia per 'immagini'. In questo volume - che inizia a prendere forma dopo la pubblicazione del saggio ""Il sillabario del biopotere: immagine, dominio e mobilitazione totale"""" e che rappresenta uno sviluppo del precedente libro """"I non luoghi dell'inumano. Maschera e catastrofe"""" - l'autore torna a confrontarsi con la questione dell'uomo e sull'uomo... sulle tracce di Ernst Jünger. Intende individuare, nel suo pensiero, le origini del biopotere, approfondire tale fenomeno e proporne una nuova interpretazione, osservando il mondo attuale e rileggendolo con filtri jüngeriani. Il mondo attuale è il mondo globale: un unico spazio e un unico tempo dominato e colmato dall'imperio del biopotere. Il biopotere deve rendere tutto e tutti uguali, fa sì che l'individualità si dissolva nel carattere totale dell'uniformità. Si apre così un mondo di nuove forme e, quindi, con un nuovo senso, dove anche la lingua cambia adattandosi al carattere del tempo, generando un mutamento perfino nella nostra forma mentis. Prefazione di Giovanni Giorgini. Postfazione di Luigi Iannone."" -
Reincantare il mondo. Femminismo e politica dei «commons»
Il volume raccoglie i contributi di oltre vent'anni di riflessione e impegno militante che Silvia Federici ha dedicato ai temi dell'accumulazione capitalista, del lavoro riproduttivo e delle lotte per i commons. Dagli anni della militanza in ""Midnight Notes"""" e delle battaglie contro la globalizzazione fino al suo più recente impegno nel movimento Ni Una Menos, passando per l'esperienza di Occupy e delle insorgenze arabe, un filo rosso unisce i saggi qui raccolti: la critica ai rapporti sociali capitalistici, esercitata attraverso un continuo corpo a corpo con Marx e il vasto dibattito sui commons, che l'autrice ha il merito di estendere alle attività che riguardano la riproduzione della vita quotidiana e della forza lavoro, ancora prevalentemente svolte dalle donne. Tra Africa, America Latina, Stati Uniti ed Europa i testi offrono un prezioso spaccato sulle sfide politiche del presente, sull'emergere di un nuovo movimento femminista e, più in generale, sulla profondità storica e geografica delle trasformazioni sociali e produttive, a cominciare dalla crisi e dal regime del debito. Il libro si rivela uno strumento prezioso non solo per """"comprendere"""" il mondo, ma anche per """"reincantarlo"""", ovvero per """"reinventare la vita"""", imparando a riconoscere una logica diversa da quella dello sviluppo capitalista e costruire società fondate sull'uso comune delle ricchezze naturali e prodotte. """"Questo aspetto della politica dei commons - scrive Federici nella sua introduzione - è da anni al centro del mio interesse perché sono convinta che la costruzione di forme più cooperative di riproduzione sia la condizione non solo per una 'vita degna di essere vissuta', ma anche per poter resistere all'avanzare dei rapporti capitalistici e creare una società non subordinata alla logica del profitto e del mercato""""."" -
Capitalismo in quarantena. Pandemia e crisi globale
Questo lavoro è stato pubblicato in Francia quando stava terminando la prima ondata di coronavirus, ma il tempo trascorso non ne sminuisce l’attualità né l’efficacia del metodo con il quale analizza la crisi pandemica. Si propone infatti di confrontarsi non su questioni contingenti, ma di mettere in relazione i più recenti accadimenti socio-economici e politici con una riflessione sul tema del rapporto tra capitalismo e condizione pandemica. La tesi su cui insiste è che siamo di fronte a una pandemia socio-naturale legata al capitalismo e alla sua crisi strutturale (economica, sociale ed ecologica), che data dall’inizio degli anni Settanta. Il virus non è la causa della crisi globale della società capitalista mondiale, ma piuttosto un suo acceleratore, che getta inoltre una luce impietosa sulle logiche economiche, politiche e di controllo che governano la nostra società. La crisi pandemica e i relativi interventi pubblici sono dunque letti guardando all’insieme del processo di crisi fondamentale, al rapporto capitale/ Stato, alla crisi della valorizzazione e al ruolo delle politiche pubbliche nel “governo“ dei processi in corso. In questi mesi, la gestione dell’epidemia è stata spesso ondivaga, stretta com’era tra gli imperativi inconciliabili di salvare le vite (senza le quali non c’è economia) o l’economia (senza la quale, in un regime capitalista, non si possono salvare le vite). Ora si crede di aver salvato capra e cavoli con i vaccini. Ma basterà un liquido a salvare l’umanità e il capitalismo allo stesso tempo? -
Scritture Minori. Letteratura, linguaggio politico e pratiche di resistenza
L'intento di questo lavoro è indagare e problematizzare tensioni conflittuali e produttive tra lingua letteraria, linguaggio politico e pratiche di resistenza: un tentativo, in altre parole, di immaginare in qualche modo la produzione intellettuale e culturale come strumento politico potenzialmente capace di destabilizzare narrazioni egemoniche e normative, e produrre così nuove forme e pratiche rivoluzionarie che aspirino a considerare il linguaggio come parte integrante di un continuo processo di trasformazione della società in cui viviamo. Il ruolo dell'intellettuale, il rapporto tra letteratura e politica, tra rivoluzione e linguaggio sono questioni complesse che chiaramente sollevano fondamentali e ormai annose domande: come può la letteratura farsi espressione di forme di antagonismo e di pratiche sovversive? Come creare momenti comunitari di lotta? Come mettere le parole in azione così che esse possano eventualmente diventare elementi di destabilizzazione politico-culturale? Il problema non consiste, però, nell'individuare l'intenzionalità ideologico-politica autoriale, nello stabilire eventualmente categorie di giudizio in base alla collocazione di parte del testo e di chi scrive, ma di esplorare invece gli elementi impliciti nel discorso letterario in quanto esso stesso potenzialità politica. ""Resistere, restituire al corpo la sua disobbedienza, ciò che non si piega e non si lascia tradurre nel capitalismo, capire che la letteratura e l'arte in generale o è questo reale che resiste ed esiste, o non è nulla, è capire cosa lega Cesare Pavese e Carlo Levi (ma anche Primo Levi o Elsa Morante, Romano Bilenchi e Italo Calvino, Gianni Celati e tanti altri) alla mia generazione"""" (Enrico Palandri). Prefazione Enrico Palandri."" -
Economia comunitaria indigena. Alternative al capitalismo e autonomia dei popoli nativi latinoamericani
“Economia comunitaria indigena” è un viaggio ancestrale che ci porta in America Latina attraverso l’osservazione della cellula principale per lo sviluppo umano: la comunità. Questo lavoro prende forma dal vissuto dell’autore, che in diversi viaggi fra Messico, Bolivia e Perù è andato alla ricerca di cosa lega le attuali esperienze di autonomia comunitaria che si sviluppano nella popolazione indigena latinoamericana con l’organizzazione storica comunitaria, americana e non. Una visione che vuole scardinare quel paradigma secondo il quale quello in cui viviamo è l’unico sistema economico possibile. Faro ispiratore di questa ricerca è l’esperienza zapatista, l’incredibile rivoluzione sviluppatasi nelle montagne e nella selva del Chiapas, Stato della frontiera meridionale messicana. Qui, gli indigeni e le indigene maya, che i libri di storia vorrebbero raccontarci come un fenomeno folklorico del passato, lottano e resistono dal 1994, anno della sollevazione del primo gennaio. Le solide basi su cui si fonda la ricerca ne fanno un lavoro accurato e documentato, che tuttavia non perde di vista la dimensione utopica di una esperienza che rende possibile immaginare un futuro lontano dalle forme di prevaricazione dell’economia di mercato. -
Spacciati rabbiosi coatti. Periferia romana e costruzione del panico morale
Al centro di questo lavoro etnografico c’è una comitiva di circa quindici ragazzi, cresciuti in un blocco urbano, ai margini della multiforme metropoli romana. Dipinti come “gang” dai media, la narrazione intende restituire la complessità delle esistenze di questi giovani – che provano a navigare la difficile transizione verso una complessa età adulta –, analizzando e decostruendo stereotipi e pregiudizi, senza trascurare quei locali rapporti di potere in grado di mutare continuamente l’orizzonte morale. Nel lavoro emergono anche gli “altri” abitanti di Marozia (nome fittizio per questa porzione di periferia, ripreso da Le città invisibili di Italo Calvino): immigrati, Rom, operatori del sociale, volontari, forze dell’ordine, ricercatori, giornalisti, politici. Nonostante tali presenze, ciò che risalta è la quasi totale assenza sul territorio di agenti istituzionali. D’altronde è la stessa genesi di Marozia (un complesso abitativo rimasto vuoto, occupato e infine “negoziato” con la politica romana) che ne sottende il destino: l’isolamento. L’analisi antropologica tenta di indagare la dimensione della violenza e della sofferenza – fisiche e simboliche – che si sommano all’illegalità, la quale può apparire l’unica via praticabile per alimentare una diffusa etica della sussistenza e di mutuo aiuto dal basso. Il testo di Marasco rende giustizia dei tanti facili luoghi comuni con i quali si guarda alle periferie in generale. Ne ricostruisce la complessità e le contraddizioni, con sguardo lucido, non indulgente ma senz’altro partecipato. Riflette sui rapporti di forza che regolano la costruzione dei destini individuali, senza dimenticare le pratiche di resistenza e i tentativi di riscatto. -
Il mondo come metropoli. Capitalismo, arte e rivoluzione nell’epoca della grande trasformazione urbana, 1853-1933
Da più di un secolo il mondo si sta trasformando in un’enorme metropoli e gli effetti di questa urbanizzazione sono sempre più drammaticamente visibili. Tra la Parigi della seconda metà dell’Ottocento e la Berlino dei primi decenni del Novecento si è sviluppata una grande trasformazione urbana, un processo decisivo dettato dalle rinnovate esigenze del capitalismo avanzato. Il dogma dell’utilitarismo e del produttivismo che ha generato la città contemporanea ha determinato una radicale mutazione sociale, politica e antropologica, tanto che l’esperienza urbana che si è forgiata in quei nuovi spazi è, nelle sue fondamenta, la stessa che viviamo ancora oggi. Se Simmel, Kracauer e Benjamin sono stati i primi a descriverne i tratti peculiari, una generazione di artisti, architetti, scrittori e una larga parte dell’avanguardia tentarono di opporvisi, cogliendone immediatamente le conseguenze pericolose e facendosi parte attiva del movimento rivoluzionario. Essi elaborarono una nuova idea di arte e felicità e la misero letteralmente alla prova delle barricate, dei tumulti del loro tempo, identificando il nemico a cui muovere guerra proprio nella disciplina annichilente delle nuove città. Scopo di questo studio è allora contribuire a ricostruire la genesi dello spirito della metropoli capitalista, ma anche restituire le voci di chi provò a concretizzare l’idea benjaminiana della rivoluzione come azionamento del freno di emergenza del treno di un “progresso” lanciato verso un abisso che pare sempre più vicino. Voci lontane nel tempo ma ancora cariche di una urgenza dirimente per il presente. -
Lavoro, opera, azione. Le forme della vita attiva
“Nel breve tempo di cui dispongo, vorrei sollevare una questione che può sembrare strana: in che consiste una vita attiva? Cosa facciamo quando siamo attivi? Nel sollevare questa questione assumerò come valida l’antica distinzione tra due modi di vita, tra una vita contemplativa e una vita activa, distinzione che incontriamo nella nostra tradizione di pensiero filosofico e religioso fino alle soglie dell’epoca moderna. E presupporrò che parlando di contemplazione e di azione non ci riferiamo soltanto a determinate facoltà umane, ma a due modi distinti di vita”. Così Hannah Arendt in apertura a Lavoro, opera, azione, testo della relazione che presentò nel 1964 a un convegno tenutosi presso l’Università di Chicago. Come scrive Guido D. Neri nella introduzione, nelle sue parti esso corrisponde puntualmente ai capitoli centrali dell’opera più densa della Arendt, apparsa nel 1958 negli Stati Uniti con il titolo The Human Condition e nota in Italia come Vita activa. L’analisi fenomenologica di queste tre forme di comportamento – che nel loro variabile intreccio danno una chiave dell’esistenza storica umana –, sciolte dalle numerose digressioni che infittiscono l’opera maggiore, costituisce una esposizione chiara e sintetica del pensiero della filosofa tedesca attorno ad alcuni temi centrali della sua riflessione non solo teorica. -
Il «nuovo» Cile dei militari. Dottrina della sicurezza nazionale, guerra psicologica e propaganda (1973-1975)
Quando si pensa a dittature come quella che si affermò in Cile dopo il colpo di Stato che rovesciò Salvador Allende l'11 settembre del 1973, la prima cosa che viene in mente è, nella stragrande maggioranza dei casi, e comprensibilmente, la violenza. L'associazione con le uccisioni, le sparizioni, i campi di detenzione e le torture poste in essere da militari senza scrupoli risulta quasi immediata. In realtà, quello cileno fu sì un regime del terrore dedito a pratiche di sterminio, ma fu tanto altro ancora, e questo invita a un approccio più problematico alla questione e, allo stesso tempo, amplia la portata delle ferite così come il campo delle responsabilità concrete di queste lacerazioni. Sul fronte interno, infatti, la popolazione venne letteralmente conquistata anche attraverso una manipolazione che fu implacabile, permanente e che venne condotta attraverso tutti i mezzi disponibili. La guerra psicologica del regime si fondò sul lavoro di esperti della comunicazione, tecnici dell'influenza, psicologi, sociologi, e su analisi di tipo scientifico. Sul fronte esterno, quella messa in campo dalla dittatura cilena fu, probabilmente, una delle più grandi e dispendiose campagne di propaganda del periodo della Guerra fredda, dopo, naturalmente, quelle realizzate da Stati Uniti e Unione Sovietica. Il tutto si produsse nel quadro di una versione specifica e originale dell'""ideologia della sicurezza nazionale"""", accanto alla quale iniziò a farsi largo, nella seconda metà degli anni Settanta, l'""""ideologia del mercato"""", che avrebbe a sua volta contribuito al disciplinamento della società."" -
Il prisma della flat tax. Dal liberismo illuminato al populismo economico
La proposta di una tassa sul reddito con una sola aliquota (flat tax) ha trovato recentemente ferventi sostenitori in Italia. Secondo alcuni, il passaggio a questo nuovo strumento tributario, peraltro mai applicato nei paesi ricchi - nemmeno negli Usa, nonostante la sua forte tradizione culturale liberista -, sarebbe in grado di rendere il nostro sistema fiscale più semplice ed equo, e inoltre contribuirebbe a sradicare alcuni vizi antichi, primo tra tutti una evasione fiscale che in Europa probabilmente non ha eguali. Altri invece, e finora sono i più, non condividono questo ottimismo e anzi la criticano come uno dei tanti miti economici che nascondono ben altre intenzioni, e possono avere degli effetti molto negativi sull'economia e sulla società. Di fronte a valutazioni così radicalmente differenti, l'opinione pubblica non può che risultare frastornata, anche perché il terreno delle riforme fiscali, come la storia ci insegna, è insidioso e pieno di tranelli. Rimane la domanda fondamentale: quali sono i rischi e le opportunità per l'individuo e per la società nell'abbandonare l'imposta progressiva sul reddito nata nel secolo scorso, per passare a un sistema completamente differente? Evitando il linguaggio specialistico, il volume, che esamina puntigliosamente l'evoluzione del sistema fiscale italiano alla luce dell'emergere della proposta della flat tax e del suo impatto sul sistema politico attuale, intende fornire gli strumenti per una piena comprensione del tema e demistificare i molti elementi che lo circondano. -
Scrittura e movimento
Pubblicato per la prima volta quasi cinquant’anni fa – e qui riproposto con una nuova introduzione dell’autore –, Scrittura e movimento è un piccolo classico di quella teoria radicale che, nata in Italia tra gli anni Sessanta e Settanta, ha conquistato la scena culturale internazionale. Un breviario di estetica “operaista” scritto con un stile brillante e nervoso in cui, risalendo alla tradizione delle avanguardie sovietiche e riallacciandosi alla grande trasformazione attraversata dalle società Occidentali alla fine del xx secolo, l’autore analizza e mette in discussione il modo di produzione del testo. Quando l’avanguardia diventa di massa, le pratiche significanti non possono più essere quelle ereditate da una tradizione moderna fondata sulla separazione tra lavoro intellettuale e lavoro manuale. Che cos’è e come funziona il lavoro culturale a partire da questa trasformazione radicale del processo produttivo? Che cosa diventano allora la letteratura, le arti e la loro teoria? Che cos’è un’estetica anti-idealista e materialisticamente piantata nel mondo? Come si compone un’opera e chi la compone? Chi è, oggi, l’autore? A queste e altre domande prova a rispondere questo testo, che è anche uno dei migliori saggi critici sul lavoro di Nanni Balestrini. Un libro che parla del lavoro culturale, artistico, e creativo contemporaneo, entrando nel vivo delle sue contraddizioni. -
L' integrità dell'intellettuale. Scritti su Franco Fortini
Franco Fortini è stato uno dei maggiori intellettuali italiani ed europei della seconda metà del Novecento. Nato a Firenze nel 1917 e morto a Milano nel 1994, nel corso della sua attività ha partecipato ad alcune delle imprese intellettuali più rappresentative della sinistra critica ed eterodossa del suo tempo (basta pensare alle riviste ""Il Politecnico"""", """"Ragionamenti"""", """"Officina"""", """"Quaderni piacentini"""", alla casa editrice Einaudi ecc.). Polemista, critico letterario (anche se questa definizione gli sta abbastanza stretta), saggista, traduttore e organizzatore culturale, Fortini è stato anche uno dei più importanti poeti della sua generazione (che conta personalità di grande rilievo come Sereni, Luzi, Zanzotto, Pasolini, Roversi, Giudici). Da """"Foglio di via"""" (1946) a """"Composita solvantur"""" (1994), i suoi libri di saggistica e di poesia hanno scandito, con calcolata e regolare cadenza, le diverse fasi del secondo dopoguerra, contribuendo in maniera determinante al rinnovamento della cultura italiana e del pensiero marxista. In questo libro, che raccoglie diversi contributi maturati nel corso degli anni, Giuseppe Muraca attraversa e interroga con passione alcuni dei momenti più significativi del lavoro culturale e letterario di uno dei più grandi scrittore e intellettuali del Novecento.""