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La biblioteca perduta. I libri di Leonardo
Una biblioteca racconta molte storie: anche quella di se stessa e di chi l'ha costituita nel tempo di una vita o di molte vite. Una biblioteca può essere come un autoritratto, un'autobiografia. In quella in cui stiamo per entrare, però, gli scaffali sono vuoti. I suoi libri sono scomparsi, la biblioteca è andata dispersa, perduta. Non ne sapremmo nulla, se il loro lettore non avesse registrato nei suoi quaderni il diario giornaliero di un ininterrotto dialogo con quei testi. E quel lettore era Leonardo da Vinci. A torto considerato «omo sanza lettere», Leonardo dedicò una parte importante della propria attività intellettuale alla parola scritta. In un appassionante percorso a ritroso, la ricostruzione della sua biblioteca ne rivela il forte radicamento nella cultura del suo tempo e la proiezione verso nuovi orizzonti di modernità. -
Giovanni Calvino. Il riformatore profugo che rinnovò la fede e la cultura dell'Occidente
“Le due ultime opere biografiche di spessore su Giovanni Calvino scritte da autori italiani risalgono alla prima metà del secolo scorso. Nel 1934 Renato Freschi pubblicò un poderoso lavoro in due volumi, premiato dalla Regia Accademia d'Italia. Tredici anni più tardi usci postumo il corso universitario del professor Adolfo Omodeo a cura di Benedetto Croce,"" Le biografie, oltre a risentire comprensibilmente dell'idealismo del tempo, tendono entrambe a sfumare la distinzione tra persona e pensiero, immolando cosi la vicenda umana del Riformatore sull'altare della sua dottrina, compresa e descritta in modo sistematico. Da queste emerge dunque la personalità di un Calvino rigido e inflessibile cosi come viene interpretata la sua teologia da parte dei due autori. Entrambi riconoscono nella figura di Calvino una delle chiavi di volta della modernità occidentale, ma distogliendo il loro interesse da una serie di questioni religiose che egli aveva proclamato, creduto e vissuto come essenziali. A sua volta l'opera di Giorgio Tourn rappresenta una vivace e rapida sintesi della vita e del pensiero del Riformatore, purtroppo compressa nell'alveo benemerito, ma limitante, del testo di larga divulgazione.' Allo stesso Tourn si deve, oltre che vari studi di ottimo livello sul teologo francese, quella che è ancora l'opera imprescindibile per la conoscenza di Calvino nell'ambito culturale italiano: la curatela dell'edizione dell'Institutio calviniana in italiano.” (Dall'Introduzione)"" -
Tarquinio il Superbo. Il re maledetto degli Etruschi
Il più fastoso, il più potente dei re di Roma, colui che fece costruire i suoi monumenti più grandiosi e che impose ai Latini il suo potere, sarà considerato dai Romani un tiranno sanguinario. Il ricordo della sua dominazione basterà da solo a scongiurare per sempre il ritorno della monarchia. Ma il Superbo fu davvero un tiranno così megalomane e crudele? O tale giudizio esprime il punto di vista dei vincitori, che volevano vendicarsi del nemico etrusco e rovinarne la reputazione, dopo averne distrutto il potere e persino l’identità culturale? E ancora, i sette re, di cui tre etruschi, regnarono veramente su Roma come sostengono in coro gli storici greci e romani? Ripercorrendo le varie tappe di una leggenda, quella del re di Roma maledetto e superbo, l’autore cerca di scoprire le caratteristiche di un regno magnifico e crudele, quale fu la monarchia etrusca di Roma, indagando le cause della sua potenza. -
Poesie
La vastità e la qualità della cultura di Poliziano si sono rivelate impressionanti, man mano che si sono pubblicati i suoi eruditissimi commenti (alle Selve di Stazio, alle Satire di Persio, ai Fasti di Ovidio, alle Georgiche di Virgilio, all'epistola ovidiana di Saffo a Faone, al De rosis nascentibus, all'Andria di Terenzio), individuati i molti manoscritti di autori classici da lui postillati e dopo più attenta lettura dei suoi Miscellanea. Sapere raro se non irripetibile nella fenomenologia dell'intellettuale non solo italiano e rinascimentale, ma europeo e di tutti i tempi. Anche se, per altro verso, aveva certo ragione De Sanctis, che additava in lui l'emblema dell'Italia dei letterati, col suo centro di gravità nelle corti: è la negazione dell'intellettuale gramsciano, nazional-popolare (...) -
La rivoluzione in cammino. La Cina della Lunga Marcia
Tra il 1934 e il 1936 oltre ottantamila uomini, tra militari e contadini, attraversarono la Cina guidati da Mao. Quella grandiosa ritirata costituì il passo decisivo verso la rivoluzione. Cina, 1934. L'esercito nazionalista del Kuomintang guidato da Chang Kai-Shek accerchia l'armata rossa nella regione del Jiangxi. Per sfuggire all'assedio, l'esercito comunista deve ritirarsi. Sarà la ritirata più grande della storia, il preludio alla vittoria: è la Lunga Marcia. Oltre ottantamila uomini attraversarono la Cina a piedi in 370 giorni, fronteggiando nemici e ostacoli naturali. Questo evento epico costituisce uno dei momenti decisivi del processo rivoluzionario cinese. L'ascesa del comunismo e il consolidamento della leadership di Mao non sarebbero stati possibili senza i dodicimila chilometri percorsi da un esercito di donne e uomini in cammino verso la rivoluzione. Il volume racconta le loro gesta e le loro storie. -
La «Jihad» delle donne. Il femminismo islamico nel mondo occidentale
E se venisse proprio dal mondo musulmano la spinta a superare le secolari discriminazioni nei confronti delle donne? E di conseguenza il mondo occidentale fosse costretto a rivedere le proprie posizioni critiche nei confronti dell'Islam? Una parte del mondo femminile musulmano in Occidente è protagonista di una sfida ai pregiudizi religiosi e culturali. Donne che guidano la preghiera, imamah, teologhe, storiche, attiviste che combattono la loro personale jihad, la battaglia per il riconoscimento di eguaglianza, giustizia e parità fra uomo e donna, in un mondo in transizione fra tradizione e posizioni progressiste più in sintonia con la loro vita in Occidente. L'autrice, attraverso una serie di incontri con le protagoniste, e di considerazioni storiche e teologiche, ci accompagna alla scoperta dell'Islam femminista fra America e Europa. -
L'Italia del Piave. L'ultimo anno della Grande Guerra
L'ultimo anno della Grande Guerra è l'anno della sconfitta e della vittoria. Tra l'Italia di Caporetto e quella di Vittorio Veneto prende forma l'Italia del Piave. Caporetto non segna solo una ferita militare, ma passa alla storia come l'immagine emblematica della disfatta. La ricerca dei responsabili s'intreccia con gli alibi della classe dirigente, che attribuisce la colpa alla viltà dei soldati e al clima disfattista che serpeggia nelle retrovie. La paura del tradimento percorre l'intera penisola. Dai fantasmi della sconfitta riemergono però le ""Italie"""" che resistono, quella militare e quella del fronte interno. L'esercito si riorganizza, la resistenza sul Grappa e sul Piave acquista una dimensione patriottica ed elimina ogni traccia di dissenso riducendo al silenzio i """"nemici interni"""". L'Italia del Piave resiste all'offensiva austro-ungarica del giugno 1918 e si avvia alla vittoria finale. Vittorio Veneto permette la costruzione del mito della Grande Guerra e al tempo stesso diventa la premessa di una vittoria subito percepita come mutilata."" -
Nella terra di nessuno. Uomini e donne di nazionalità nemica nella Grande guerra
Sin dai primi giorni dell'agosto 1914, in gran parte dei paesi belligeranti, iniziò un traumatico processo di sradicamento di individui e comunità di nazionalità nemica dagli esiti irreversibili. La violenza xenofoba, fomentata dalla propaganda e dalla cosiddetta «febbre delle spie», raggiunse il culmine nel maggio 1915 in seguito all'affondamento del Lusitania e da allora si inasprirono i provvedimenti nei confronti dei cittadini di nazionalità nemica: internamento, sequestro dei beni, denazionalizzazione. Eppure questi processi violenti non riuscirono a distruggere il rispetto per i diritti e le libertà individuali. Non mancarono, infatti, coloro che si adoperarono per l'organizzazione degli aiuti, cercarono di salvaguardare i diritti umani, denunciarono le distorsioni dell'ordinamento giuridico, tennero vivi i valori dell'internazionalismo e della solidarietà. -
Le verità dei vinti. Quattro storie mediterranee
"Le verità dei vinti"""" non sono un altro punto di vista da sostituire al precedente. Non sono una riscrittura della storia. Appaiono, piuttosto, la scoperta di un luogo remoto dove si nasconde qualcosa a cui ha accesso solo chi ha conosciuto la sconfitta, o la conoscerà quando la sua vittoria subirà il fatale consumo del tempo. Un dolore indicibile, lo chiama Enea, al principio di una storia mediterranea di cui si sono scelti qui quattro momenti, diversi e simili. Costantinopoli, 28 maggio 1453. È l'ultima notte di Bisanzio, dove il sonno tarda a giungere per chi sa che domani nulla, né la sua vita né quella del mondo in cui ha vissuto, esisterà più. Alessandria d'Egitto, 1° luglio 1798. Napoleone arriva in Egitto. Gli immortali principi fanno la loro prima esperienza al di là dei loro confini. Napoli, 9 settembre 1943. In un tramonto di settembre sbarcano davanti ai templi di Paestum i liberatori di un'Italia che essi hanno sconfitto. Algeri, 10 agosto 1956. In rue de Thèbes, nella Casbah, a mezzanotte esplode una bomba. È l'inizio di una """"battaglia"""" a lungo negata." -
Siria. Il perché di una guerra
A quasi sette anni dall'inizio del conflitto la Siria è in frantumi. La sfida all'organizzazione militare dell'Isis e alla sua dimensione parastatale sembra volgere al termine. Ma questo potrebbe non coincidere con la fine delle ostilità. Assad è ancora al comando di un paese dilaniato, diviso in zone d'influenza, con le sue principali città distrutte e centinaia di migliaia di morti. -
Nel Paradiso di Dante
Angelo Conti (Roma 1866-Napoli 1931) fu uno dei protagonisti della stagione culturale a cavallo tra Ottocento e Novecento. Intimo sodale di D'Annunzio e della cerchia di ""nobili spiriti"""" che gravitavano intorno a periodici come il romano """"Convito"""" e il fiorentino """"Marzocco"""", si fece paladino, attraverso numerosi interventi teorici, di una concezione dell'arte e della letteratura che condensava e rilanciava le posizioni più peculiari del decadentismo europeo nell'accezione estetizzante: culto del bello, necessità di superare l'arido scientismo positivista in nome delle ragioni dello spirito, concezione della critica come forma d'arte volta a instaurare un colloquio emozionale con le opere medesime. """"Nel Paradiso di Dante"""" rappresenta la summa dei suoi interessi danteschi. Il lungo saggio iniziale , pur nel suo frammentismo - i pezzi che lo compongono vennero scritti di getto in diverse occasioni disseminate lungo l'arco cronologico di almeno un quinquennio (1920-1924) - lascia comunque emergere una solida struttura di riferimento, articolata fondamentalmente intorno a tre macro-aree di discussione sotto il comune denominatore di reiterati slanci mistici: la necessità di leggere la """"Commedia"""" - smentendo le anatomie crociane - come opera unitaria che culmina organicamente nel """"Paradiso""""; il valore della musicalità come transustanziazione della visione poetica dantesca e asse primario di convergenza della sua coesione spirituale ed espressiva; 3) la centralità dell'elemento femminile come vettore principale della dinamica sia drammatica che ideologica di tutto il poema. Gli articoli posti dallo stesso Conti in appendice al volume anticipano e corroborano queste linee ermeneutiche. Senza dubbio l'interpretazione contiana procede per """"flashes"""", intuizioni e illuminazioni subitanee che - giusta i principi della mai rinnegata critica estetica - inclinano al poetico e al musicale, sebbene non vi manchi il ricorso a qualche meditata fonte probante (Platone, la Bibbia, sant'Agostino e i mistici medievali); nondimeno, per certi versi, essa rivela tratti di innegabile modernità nel definire e raffinare una lettura """"teleologica"""" del poema dantesco, ossia nel considerare l'insieme degli elementi che ne costituiscono l'ossatura portante come intenzionalmente orientati verso una conclusione serrata, coerente con un lucido progetto etico-ideologico, implicita già nelle premesse."" -
«Un pelago di scientia con amore». Le «regole» di Fortunio a cinquecento anni dalla stampa
È passato ormai mezzo millennio da quando Giovan Francesco Fortunio, giurista friulano appassionato di lettere, nonché attento filologo e lettore dei classici latini e volgari, pubblicò, a fine estate 1516 e a proprie spese, il primo esemplare di un genere librario del tutto nuovo, quello delle grammatiche del volgare. Naturalmente, Fortunio non poteva essere consapevole dell'enorme impatto che imprese come la sua avrebbero prodotto non solo sul pubblico a cui direttamente si rivolgeva, ma anche sulle generazioni successive di scriventi prima, di parlanti dell'italiano poi. Il cinquecentenario della pubblicazione delle ""Regole grammaticali della volgar lingua"""" è stato cosi l'occasione per riflettere di nuovo su un testo che troppo spesso è stato ingiustamente considerato, dagli studiosi, solo nell'ottica di un confronto con il modello bembiano delle """"Prose della volgar lingua"""". In questo volume, che convoca alcuni fra i maggiori esperti della storia della lingua e della grammatica italiane, si è voluto mettere Fortunio al centro della discussione e lasciare che gli altri attori del dibattito grammaticale cinquecentesco gli ruotassero attorno. Ne emerge un ritratto in costante evoluzione, che viene progressivamente arricchito da nuovi dettagli, i quali affiorano dalla sovrapposizione di singole focalizzazìoni su alcuni dei principali nodi irrisolti dell'ideazione, della scrittura e della ricezione delle Regole. Partendo dunque dallo studio delle interazioni con il Trissino, con il Bembo, con i teorici cortigiani e altri; dall'esame delle fonti, tanto letterarie quanto giuridiche e storiche dell'opera fortuniana; dall'analisi della sua ricezione nei decenni successivi alla prima stampa, si è avviata una riflessione comune su quei processi che condussero, nel XVI secolo, alla costituzione di una norma grammaticale accettata - seppure lentamente e certo non linearmente - da quasi tutti gli scriventi della Penisola."" -
Le apocalissi difficili. De Roberto Vittorini Pomilio Frasca
Alla luce delle teorie ""apocalittiche"""" della letteratura elaborate da Northrop Frye e Frank Kermode, nei quattro capitoli di questo volume vengono affrontati testi assai diversi fra loro e rappresentativi di fasi distinte della modernità, dalla fine dell'Ottocento al secolo presente. Si succedono nell'analisi un capolavoro del naturalismo tardo (I Viceré di Federico De Roberto, 1894), un romanzo """"modernista"""" della Resistenza (Uomini e no di Elio Vittorini, 1945), un racconto molto sperimentale di un narratore cattolico (Il cane sull'Etna di Mario Pomilio, scritto nel 1967, a stampa nel 1978), un monumento cupo e fervido del nostro millennio appena iniziato (Dai cancelli d'acciaio di Gabriele Frasca, 2011). Pagine distanti per il momento e il clima di cui serbano il colore, per i retroterra inassimilabili degli autori, per le poetiche: ma ne emerge una condizione comune, dolente e inquieta. De Roberto, Vittorini, Pomilio e Frasca testimoniano infatti, ciascuno a suo modo, che l'inferno - quale secondo Frye può essere trasposto nelle metafore «demoniache» del reale che la letteratura produce - è divenuto, quasi, il luogo naturale dell'uomo, da quando non ci assistono più, col loro splendore remoto, le promesse della Storia che confortarono l'Occidente fino alla metà dell'Ottocento. Orfani, come tutti, delle grandi narrazioni collettive, questi scrittori sembrano rifletterne l'esaurimento in intrecci problematici e ambigui; non possono più sciogliere le peripezie in un finale che sia un approdo e una risposta, del genere di quelli ritenuti da Kermode risolutivi, in un racconto, come un'apocalisse. I loro personaggi restano ad aggirarsi nell'inferno; e insieme manifestano il bisogno di evaderne (col riso, con la profezia, col respiro di un'utopia) e di trovare, cosi, un'altra via per il senso."" -
Poeti della corte di Federico II
La lirica laica in volgare italiano nasce alla corte di Federico II. È una splendida poesia d’amore, che s’inscrive in modo originale nel florido filone del canto cortese, e che si presenta in uno strumento linguistico nuovo. Tema quasi esclusivo è l’amore cortese della tradizione trobadorica con i suoi codici, i suoi ideali di purezza e di misura, e i suoi valori di cortesia e di raffinatezza spirituale, che rendono possibile la tensione del desiderio e in alcuni casi il suo compimento. Rispetto ai loro predecessori occitanici, anche per la diversa realtà sociale e per il diverso pubblico, i Siciliani si concentrano, tuttavia, più sull’analisi dell’interiorità del soggetto lirico che sullo scambio interpersonale. Soprattutto Giacomo da Lentini – il più grande di questi poeti – inaugura una poetica dell’io, in cui vengono esaminate le emozioni suscitate dal pensiero ossessivo dell’amata “dipinta” nel cuore, per usare una sua fortunata metafora. Questa nuova antologia di 147 testi comprende l’intera produzione del Notaro e di tutti gli altri poeti che la più accreditata tradizione critica lega alla corte di Federico e dei suoi figli. Per la prima volta rispetto alle edizioni correnti sono anche compresi i testi dei poeti occitanici marcatamente tradotti o meglio riscritti dai siciliani. Il cappello introduttivo a ogni lirica e il fitto commento a piè di pagina intendono in primo luogo chiarire il testo e poi mettono in rilievo i legami dei siciliani con i loro antecessori e continuatori. La lunga Nota al Testo elenca e discute i numerosi cambiamenti di questa nuova edizione rispetto alle più recenti edizioni critiche. -
La strage di san Bartolomeo. Una notte di sangue a Parigi
Il 18 agosto 1572 si celebrò a Parigi il matrimonio tra Margherita di Valois e Enrico di Borbone, che avrebbe dovuto segnare la riconciliazione tra cattolici e protestanti dopo una lunga guerra civile. Cinque giorni dopo, nella notte tra il 23 e il 24 agosto, i capi militari dei protestanti furono uccisi per ordine del re. Nelle ore successive bande armate uccisero centinaia di ugonotti parigini, accanendosi su donne, vecchi e bambini, in un delirio di sangue che trasformò Parigi in un carnaio. Il libro analizza in tutte le sue sfaccettature questo evento apparentemente irrazionale, ma in realtà frutto di una devastante miscela di crisi politica e conflitto religioso, esaminando il ruolo dei vari attori: il re Carlo IX, la regina madre Caterina de' Medici, il papato, la Spagna, i gruppi di cattolici militanti parigini. Ne risulta una innovativa lettura della notte di San Bartolomeo come evento centrale nella storia dell'Europa del Cinquecento e nell'affermazione dell'assolutismo del potere politico. -
Il sultano e lo zar. Due imperi a confronto
All'inizio dell'Età moderna, l'Impero ottomano si affaccia sul Mediterraneo con l'ambizione di dominare sull'Asia e sull'Europa. La ""seconda Roma"""", Istanbul, disposta su due continenti, incarna il sogno universale dei cesari che i sultani ereditano per diritto di conquista. Ma dalle fredde pianure percorse dai grandi fiumi, tra il Baltico e il Mar Nero, si levò la voce di una """"terza Roma"""": Mosca. E con essa, di una nuova potenza capace di incombere su Oriente e Occidente: l'Impero degli Zar. Aveva inizio una lunga lotta euroasiatica per il controllo dei grandi spazi: aveva inizio il """"grande gioco"""". Questo libro ripercorre la storia dello scontro frontale tra il Sultano e lo Zar, tra un cristianesimo imperiale e un Islam sultaniale. Un confronto, quello tra Russia e Turchia, che continua ancora ed è la chiave per comprendere cosa sta avvenendo oggi tra il Vicino e il Medio Oriente."" -
1345. La bancarotta di Firenze. Una storia di banchieri, fallimenti e finanza
«Un bello spaccato della società trecentesca fiorentina e toscana, delle sue dinamiche finanziarie e del suo respiro internazionale.» - Gianluca Briguglia, Il Sole 24 OrernDal grande gioco internazionale della guerra e delle finanze regie al panico sui mercati: la storia del grande crack degli anni '40 del Trecento è ricostruita in parallelo con la crisi della finanza pubblica che causò la bancarotta di Firenze. Le cronache dell'epoca restituiscono con toni drammatici la ricerca di provvedimenti di emergenza per rassicurare i creditori senza annientare l'imprenditoria cittadina, mentre la nascita di un sistema di debito pubblico (il cosiddetto ""Monte"""") diventa la chiave per il finanziamento della Repubblica e per l'uscita dalla perversa spirale di quel fatidico 1345. Affiora cosi una complessa strategia di salvaguardia della credibilità degli operatori fiorentini, destinata a modificare i rapporti tra cittadini e Stato fino a costituire la nuova etica civica del primo Rinascimento."" -
La sconfitta di Farsalo. Pompeo e Cesare: la fine della Repubblica
Farsalo, 9 agosto 48 a.C.: da una parte l’esercito dei populares di Cesare, dall’altra quello degli optimates di Pompeo. Le sorti di Roma si decidono in battaglia. Ma cosa aveva portato i due triumviri allo scontro frontale? Quali strade si dividono in Tessaglia? Pompeo uscirà sconfitto dalla lotta per il potere innescata dalla crisi delle istituzioni repubblicane, mentre la vittoria di Cesare aprirà un nuovo capitolo nella sanguinosa rivoluzione romana, che porterà alla definizione dell’impero sotto il segno del Principato. Ma la guerra civile avrebbe potuto prendere una piega diversa: il disegno del Nuovo Alessandro, l’uomo che aveva liberato il Mediterraneo dai pirati, contrastava quello del console che aveva conquistato la Gallia. Non si trattava soltanto di due caratteri diversi, ma di due opposte visioni di Roma e di quello che sarebbe diventato l’impero dei cesari. A Farsalo non si compie solo il destino di due condottieri, ma quello della città più potente al mondo. -
Il mistero del tempio. La rivolta ebraica sotto Traiano
Nel 70 d.C. Tito distrugge il Tempio di Gerusalemme radicalizzando gli animi delle comunità ebraiche di Antiochia, Cipro, Egitto e Cirenaica. Durante l’esilio gli scampati alla catastrofe coltivano la speranza, politica e messianica, di rientrare in terra d’Israele e ricostruire il santuario, in una sorta di nuovo Esodo. In questo contesto, Traiano, dopo aver conquistato la Dacia, si prepara ad invadere l’Oriente ma ha bisogno del supporto delle comunità giudaiche fiorenti nell’impero partico. Per questa ragione concede loro un aiuto finanziario, autorizzando l’allestimento di una via presidiata per il ritorno in Giudea e di banche per finanziare la ricostruzione del Tempio. L’imperatore conquista cosí Armenia e Mesopotamia. Tuttavia, l’operazione diplomatica scatena aspre ostilità fra gli ebrei e le popolazioni greche cittadine. Le comunità ebraiche dei territori appena conquistati insorgono e l’interludio di tolleranza cede presto il passo a una guerra sanguinosa e distruttiva le cui ricadute dureranno millenni. -
Anche le cicale sanno contare
Una civiltà aliena sufficientemente evoluta potrebbe avere il suo Aristotele, il suo Dante Alighieri e il suo Beethoven ma filosofia, letteratura e musica sarebbero probabilmente diverse dalle nostre... Quello di cui però possiamo essere certi è che qualunque essere pensante si trova prima o poi di fronte alla necessità di contare e utilizzare i numeri naturali, arrivando alla conclusione che 1577 non è un numero primo perché è 19 volte 83.