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Magismo del gesto. I segni delle corna nell'arte
In questo saggio si pone l'attenzione sui segni che muovono forze invisibili, ritenute sovrannaturali, attraverso il magismo del gesto. Vengono presi in considerazione soprattutto i gesti di matrice pagana inseriti anche in un contesto veterotestamentario o cristiano. Il potere dei gesti manifesta nelle cerimonie sacrali la forza e la presenza in terra del mondo divino. Gli artisti documentano nelle loro opere gesti utilizzati nei rituali o nella liturgia, e anche in ambito popolare. Se le statue, i dipinti e gli oggetti religiosi sono considerati simboli materiali in cui soggiorna lo spirito del divino, i gesti messi in azione nelle consacrazioni, nelle invocazioni, nella liturgia, nei riti funebri, si possono interpretare come elementi importanti della prassi teurgica. Il teurgo compie i gesti che stabiliscono un contatto con la divinità per attivare miracoli. Questi gesti lasciano trasparire quella terra di mezzo, non totalmente risolta, dove non si capisce fino in fondo se agiscano le credenze superstiziose o la fede indubitabile nel mondo divino. In alcune opere rinascimentali e manieriste la Vergine compie addirittura il cenno delle corna mentre viene annunciata dall'arcangelo Gabriele. Nelle anfore greche il gesto è legato a Dioniso, e nella stessa accezione è compiuto dai soggetti raffigurati sui coperchi delle urne cinerarie etrusche e dei rilievi di Palmira, per allontanare i demoni degli Inferi e per potere accedere nel mondo dei sempre vivi. La Chiesa, che condanna i gesti magici degli stregoni e quelli apotropaici dei pagani, esalta però i gesti miracolosi di Cristo, dei santi e dei personaggi dell'Antico Testamento; impone la sua forza iconologica e rituale affidandosi anch'essa a moduli e tipologie derivate dalle opere di culture e religioni precedenti al cristianesimo. -
Un caffè tra amici, un whiskey con lo sconosciuto. La funzione dei bar nella metropoli contemporanea
Nella nostra quotidianità ci capita molto spesso di entrare in un bar per prendere un caffè o un aperitivo, lo facciamo con una certa disinvoltura senza dare alcun rilievo al luogo stesso. Bar, caffè, bistrò, pubs e, più in generale, i servizi pubblici di ristoro svolgono viceversa una funzione importante nella società contemporanea come ""luoghi terzi"""", interstiziali, a metà tra il mondo della famiglia e il mondo del lavoro. Costituiscono cornici all'interno delle quali si sviluppano dinamiche particolari, dove si rinforzano le identità e il capitale sociale preesistente ma anche si aprono nuove relazioni con lo sconosciuto. Il testo affronta questi temi partendo da una analisi delle varie popolazioni che troviamo in città e che frequentemente vengono a contatto proprio negli esercizi pubblici. Da luoghi di formazione della opinione pubblica oggi i bar sono soprattutto luoghi di passaggio dove però i soggetti possono ancora mettersi in gioco - aprendosi a nuovi rapporti - o, al contrario, chiudersi in sé stessi. Rappresentano tanto il contesto del leisure e della aggregazione, quanto lo specchio delle solitudini metropolitane. Essi ricalcano il genius loci di una città oppure ne stravolgono l'immagine più consolidata rispondendo a pratiche di consumo globalizzate. Sono infine di vario tipo: dal locale storico al bar di periferia, dall'osteria di campagna al chiringuito sulla spiaggia, dal bar del museo all'internet caffè."" -
Lettere de la piece. Vol. 2: Corrispondenza con Agustín Andreu.
Le lettere qui raccolte, note come Cartas de La Pièce, rappresentano uno dei fondamentali epistolari dell'immensa produzione della filosofa Maria Zambrano, la quale intrattenne una lunga corrispondenza con il teologo Agustín Andreu. Iniziato negli anni '50 intorno alle ferite lasciate dalla Guerra Civile, lo scambio profondo tra il giovane teologo e la già autorevole pensatrice, si intensificò soprattutto negli anni '70, quando Andreu inizia a elaborare una teologia ""del Logos e dello Spirito nelle loro reciproche relazioni"""". Il tema del Logos e dello Spirito rappresentava allora un nuovo modo di sentire e concepire il divino, con molte e decisive conseguenze, ed è il vero tema dell'epistolario; in questo tema Maria Zambrano trova un congeniale terreno di lotta filosofica, e un'affine esperienza teologico- metafisica. Dall'esilio a La Pièce (tra Francia e Svizzera), grazie allo scambio con Andreu, la filosofa ha modo di scrivere intorno a sant'Agostino, alla natura, alla gnosi, al matrimonio, alla syzygia (piccola comunità), all'amicizia, all'esilio, ai Maestri, alla Ragione Vitale... facendo affiorare tutto il suo mondo spirituale. Zambrano e Andreu, difendevano entrambi una dottrina esoterica cristiana che sfociava nella gnosi, e che non lasciava spazio a una prudente cautela nei confronti del fanatismo ecclesiastico, contro il quale entrambi usano invece toni molto severi. L'epistolario è costituito dalle sole lettere di Maria Zambrano e copre il periodo dal 1973 al 1976. In questo volume si trova un'Appendice con testi teologici di Agustín Andreu e scritti di Maria Zambrano."" -
La forza del mito. L'eroico viaggio di J. Campbell attraverso la mitologia comparata
«Nessuno in questo secolo - né Freud, né Thomas Mann, né Lévi-Strauss - ha altrettanto riportato il senso mitico del mondo e le sue eterne figure nella nostra coscienza quotidiana» così James Hillman misurò l'importanza dell'opera di Joseph Campbell (1904-1987), un corpus di straordinari titoli che continua a risuonare e ad attrarre nuovi entusiasti lettori. La sua è stata davvero l'incessante ricerca di una mente vorace e curiosa, con un atteggiamento nei confronti della cultura aperto, multidisciplinare e costantemente alla ricerca dei punti di contatto tra le varie tradizioni: Campbell ha attraversato il secolo scorso toccandone i punti nevralgici, vivendo i momenti che lo hanno definito, e incontrandone molti protagonisti, da Carl Gustav Jung ai Grateful Dead, da John Steinbeck a George Lucas. Questo volume offre il quadro completo dei suoi studi, dei viaggi e degli incontri e consente un accesso inedito alla sua opera, che ha il Mito e la costruzione di esso al centro di riflessioni che hanno investito narrazioni di tutti i tipi, dai luoghi e le culture più disparate. Il Mito, da Joseph Campbell, è visto come materia viva, affine ai sogni, «è la segreta apertura attraverso cui le inesauribili energie dell'Universo si riversano nella manifestazione culturale umana». -
Atelier. I luoghi del pensiero e della creazione
"Quando un'opera è studiata bene, viene bella per conto suo. """"(Primo Levi, ha chiave a stella) """"Questa è l'opera che ho visto lungamente studiare nel suo atelier da Elisabetta Orsini, e per questo 'venuta bella per conto suo'. Sobria nel formato, parla per lei un'immagine di copertina che ha la potenza iconica di un'impresa di Alciati: la camera d'infanzia, la camera dei giochi è l'antefatto dell'atelier di ogni grande scrittore, artista o scienziato, perché per i bambini i giochi sono questioni serissime. Un tema capitale che serpeggia nell'intero volume e culmina nel quarto e ultimo capitolo, La stanza dei giochi, dove tra le frasi in esergo ne troviamo una fulminante di Florenskij, autore multiforme e geniale quant'altri mai: Il segreto della creatività sta nel conservare la giovinezza. Il segreto della genialità, nel conservare l'infanzia. Questa la cellula generatrice e autobiografica del libro, che non è un'ovvia e troppo facile storia degli ateliers, ma un impegnativo itinerario speculativo che, con sottigliezza ed eleganza, ne visita e indaga nel profondo i luoghi inattuali, cioè i non effimeri e i perennemente attuali."""" (Giorgio Stabile)" -
Cronache dal fondale. Fare anima e psichiatria in un servizio pubblico
"Fare anima """" è un'espressione del poeta romantico J. Keats e poi ripresa da J. Hillmann. Significa vivere in rapporto con la propria interiorità, conoscerne il paesaggio. Fare anima nel lavoro psichiatrico, significa mettersi a confronto con l'interiorità altrui, con l'altrui paesaggio. Uno psichiatra più di qualsiasi altro medico ha da essere ben consapevole di sé lavorando con un unico strumento: se stesso. E ciò a dispetto di molta tecnica ora a disposizione. Manuali diagnostici, linee guida, rating scales, mettono a distanza l'interlocutore, per vederlo meglio, certo, per oggettivarlo si dice. Il rischio però è proprio quello di ridurre l'altro ad oggetto. La medicina si è disumanizzata, almeno così viene avvertita dalla gente. Molta tecnica ha raffreddato i cuori e le menti. La psichiatria ha conosciuto momenti di grande entusiasmo e di impegno sociale. Molto di questo entusiasmo è rifluito in altri campi di interesse, (le neuroscienze ad esempio), e le idealità di un tempo sembrano essersi inaridite. Abbiamo imparato a dare moltissime risposte ma ci siamo dimenticati delle domande che spesso nella loro semplicità si rivelano di una profondità abissale. Una per tutte: che senso ha la mia vita? Molte persone vengono sommerse da questa domanda e vanno a fondo. Qualcuno ci resta, qualcuno riemerge. Il lavoro dello psichiatra potrebbe risolversi nella sua essenza nello scandagliare il fondo dove si inabissa l'anima di molte coscienze. Lo strumento di esplorazione e di recupero è la nostra stessa anima." -
Hermann Hesse e il mito di Sé. L'uomo creativo che viveva con gli Archetipi
Questo libro è un'avventurosa analisi del processo creativo e individuativo di un uomo, che affidandosi al potere di una scrittura ispirata è riuscito ad entrare in contatto con gli insegnamenti delle eredità archetipiche. Affidandosi e talvolta scontrandosi coi nemici e gli amici del suo mondo fantasmatico interiore, facendo rivivere - reinterpretandole - le sue emozioni, i conflitti, le paure e le doti attraverso le peripezie dei suoi personaggi romanzati, come fossero gli attori di uno psicodramma o i manichini di un teatro magico, ha dato avvio ad una catarsi simbolica collettiva. Come un ramoscello che oscilla tra le immense fronde mosse dai venti, si è tenuto in equilibrio muovendosi affannosamente e vivendo appassionatamente tra i contrari ma complementari aspetti del Sé, fino alla tanto agognata armonia: il ricongiungimento con madre natura, anima di tutte le cose e fonte di vita. Ancorandosi alla maieutica della psicoterapia junghiana è riuscito ad incamminarsi con coraggio alla ricerca dell'anima perduta, a immergersi negli abissi della madre terra e a perdersi, per poi ritrovarsi. -
L' anoressia
Perché un'inconscia autocondanna a morte per fame? Perché questa sentenza riguarda quasi esclusivamente le donne? Esiste un denominatore comune all'origine dell'anoressia? Quali le differenze fra un'anoressia isterica e un'anoressia tipica? E infine: è possibile neutralizzare questo comportamento autodistruttivo attraverso la psicoanalisi? Senza recidive? E quali sono l'utilità e il senso del ricovero ospedaliero e dell'intervento psichiatrico? Nella prima parte del testo l'autrice si propone di esaminare questi interrogativi dal punto di vista storico, teorico e clinico, presentando quindi il suo metodo di intervento e di cura, fondato sulla ricerca di particolari cause inconsce, collettive e personali, del sintomo anoressico. Nella seconda parte è riassunto il lavoro psicoanalitico con quattro pazienti e il lavoro rimasto incompiuto in un quinto incontro, attraverso le diverse storie di ognuna, i dialoghi con l'analista e l'interpretazione dei sogni, alla ricerca della ferita ancora aperta che si nasconde dietro un autolesionismo così radicale. -
Il rovescio di Maria
Quello che si nasconde nelle pieghe de: ""Il rovescio di Maria"""", pur ricollegandoci all'immagine e al nome della Madre per eccellenza (Maria), si rivela essere l'insaziabile sete dell'umano - in questo caso dello sguardo di un volto materno non ancora incontrato - che si nasconde, si svela e si compie nel """"rovescio"""" delle cose e della Vita. La figura che la scrittura poetica disegna e attraversa è quella delle madri incapaci d'essere madre, incapaci d'essere seno nutriente, corpo accogliente e sguardo amorevole; latitanze che consegnano i figli in un'attesa continua e in una ricerca furente di qualcuno, di un gesto, di una parola che possano farli nascere al mondo. È lo sguardo dell'altro che ci permette di dire """" io esisto, io sono degno d'essere amato """". Se questo non avviene, la condanna di un materno inesistente corroderà la vita d'ogni figlio, consegnandolo a continui errori d'interpretazione, sino a portarlo a vedere nel volto del carnefice il volto di """"quell'amore"""" mai avuto, sempre desiderato e sempre tradito. L'Io narrante percorre molti labirinti che - come specchi - riflettono un'infinità di volti, volti sconosciuti, volti amici, volti traditori, volti di carnefici e di salvatori, volti che l'autrice di volta in volta invoca, maledice e benedice, trova e perde, in un cammino appassionato e salvifico verso quello che si rivelerà il volto cercato e inaspettato. L'esergo iniziale del libro è di Walt Whitman, l'unica voce maschile che dà inizio al viaggio attraverso i 16 labirinti che compongono il libro."" -
«Care»: prendersi cura. Un lavoro inestimabile
Questo libro esplora la ""cura"""" (care) ovvero il """"prendersi cura"""" degli altri come una zona di conflitto, di strappi e anche di potere. Il lavoro salariato dei professionisti della cura e dell'assistenza è costituito soprattutto di un lavoro femminile sottovalutato e stigmatizzato per la sua """"mancanza di qualificazione"""" e a volte per il colore della pelle di chi lo svolge. Fa parte di questo ambito anche il lavoro domestico, ancora oggi distribuito molto diversamente tra donne e uomini. È urgente pensare una trasformazione politica del lavoro e della società ponendo il """"prendersi cura"""" al centro di ogni riflessione sul lavoro in generale e sulla convivenza in generale. L'autrice esamina la posta in gioco psichica del lavoro e delle pratiche che costituiscono la """"cura"""" partendo da una ricerca condotta in una casa di riposo della provincia francese e usando anche gli strumenti della filosofia morale. La posizione di Pascale Molinier è originale, sensibile e forte poiché si inserisce nel dibattito contemporaneo internazionale intorno al care proponendo di cambiare radicalmente sguardo sul lavoro, sulla cura e sulla società. Si intende dare, con questo libro, un nuovo e complesso contributo alla ricerca italiana sulla psicodinamica del lavoro e sulla sua etica, un imprescindibile strumento di lettura delle trasformazioni in corso."" -
La spirale del tempo. Storia vivente dentro di noi
Il libro propone un metodo trasformativo di indagine della storia che prende avvio dalla individuazione del nodo irrisolto di “chi” narra la storia. Il soggetto narrante ha una doppia funzione perché è anche documento vivente. La Comunità di storia vivente di Milano propone la novità metodologica della rilettura dei fatti storici a partire dal nodo irrisolto della narratrice. La pratica della “storia vivente” indaga il profondo enigma che ha generato ciò che ciascuno e ciascuna è diventata: narrarlo e scriverlo è un nuovo modo di fare la storia. La filosofa spagnola Maria Zambrano chiama “viscere” il sé profondo che si espone, svelando i due livelli in cui corre la storia: uno che registra il visibile, che segue un ordine di fatti in successione, razionale, finalizzato al progresso; l’altro sotterraneo, oscuro, “le viscere della storia”, che regge il primo senza apparire, pure rappresentandone l’indispensabile supporto. Con la pratica della “storia vivente” si intende aprire le porte tra i due livelli.rnrnScritti di : Maria-Milagros Rivera Garretas, Marie_Thérèse Giraud, Marirì Martinengo, Laura Minguzzi, Laura Modini, Giovanna Palmeto, Marina Santini, Luciana Tavernini. -
Ascoltando il corpo. Nuove vie per il gioco della sabbia
Il Gioco della sabbia (Sandplay therapy) è una terapia psicologica creata da Dora Kalff, oggi diffusa in tutto il mondo. Al paziente viene proposto di giocare con la sabbia e di osservare le immagini che nascono spontaneamente dal gioco. Dora Kalff ha riconosciuto in quelle immagini l'emergere del processo di individuazione, descritto da Carl Gustav Jung seguendo le tracce dei sogni e dell'immaginazione attiva. In questo libro il figlio Martin sviluppa in modo originale il metodo confrontandosi con le più recenti acquisizioni delle neuroscienze e introducendo tecniche creative (meditazione, danza, pittura, musica e poesia) che partono dall'ascolto del corpo. Il nuovo metodo viene poi illustrato, anche attraverso la presentazione di alcuni casi clinici, da alcuni terapeuti italiani che dal 2007 partecipano al Gruppo di supervisione di Zollikon condotto da Martin Kalff. -
Interstizi della città. Rifugi del vivere quotidiano
L’interstizio ha una caratteristica precisa: tiene insieme la realtà, il ricordo e la fantasia, intreccia gli aspetti micro e macro della storia umana. Questo volume si occupa dei piccoli anfratti urbani raccontandoli attraverso una operazione di scavo in profondità, oltre la patina dell’ovvietà. Interstizi sono i cortiletti che si celano dietro ai portoni socchiusi, sono i brevi tratti di un antico portico che ci riporta alla mente un episodio cruciale della nostra vita, sono gli arredi urbani dimenticati: le ringhiere traballanti di una scalinata, una vecchia insegna di un negozio che non c’è più; sono le minuscole tracce cittadine di arte religiosa e di devozione verso i defunti – una madonna con bambino Gesù che troviamo in un altarino incassato nel muro di un palazzo del centro dinnanzi al quale amiamo sostare per un rapida preghiera –. Situazioni che non sempre saltano immediatamente agli occhi ma vanno ricercate e forse solo se vissute in prima persona possono diventare rilevanti. Quando si parla di interstizi è naturale riferirsi ad una figura come il flâneur – e ovviamente anche alla versione femminile: la flâneuse – perché questo personaggio, nato a metà ottocento, rielaborato nella prima parte del ‘900 e oggi tornato prepotentemente al centro della riflessione in vari ambiti disciplinari, rappresenta l’arte del perdersi nella città e dunque di entrare in rapporto con gli angoli più reconditi e le fenditure a prima vista più insignificanti e banali del contesto urbano. Egli è l’emblema di un riscatto, delle piccole cose che si fanno grandi in quanto nascondono in se stesse un valore inestimabile. Gli intersitizi, infine, presentano anche un tratto sociale e politico laddove sono occasione di controllo da parte delle istituzioni ma anche di emancipazione e libera espressione per vari segmenti della popolazione, compresi quelli più deboli. -
Severino e Matte Blanco
"Pagine, queste di Gabriele Pulli, di grande spessore filosofico-culturale. E sostanziosamente originali. Intendono approfondire la relazione tra la psicoanalisi e il pensiero di Parmenide attraverso la comprensione del rapporto tra i miei scritti e quelli di Ignacio Matte Blanco. Il più celebre dei quali, """"L'inconscio come insiemi infiniti. Saggio sulla bi-logica"""" (1975; trad. it. Einaudi, 1981), è anche il primo dove nel modo più consapevole egli mette a tema il rapporto tra la psicoanalisi e Parmenide. «È singolare - scrive - che sia stata proprio la psicoanalisi ad aver contribuito a una rivalutazione delle concezioni apparentemente fantastiche ed altamente metafisiche di Parmenide». Il tratto che rende possibile questa """"rivalutazione"""" è la tesi di Freud dell'""""atemporalità"""" dell'inconscio: stando al di fuori del tempo, l'inconscio è eterno, come l'Essere di Parmenide. E se Matte Blanco trova nella matematica di Cantor un alleato, va aggiunto che nella fisica moderna (Einstein in testa) egli avrebbe potuto trovare altri grandi """"alleati"""". Ma il problema decisivo è il senso e la consistenza della """"rivalutazione"""". Problema che Pulli ha ben presente anche in questo suo libro, dove egli intende approfondire l'indagine da lui avviata nello scritto """"Freud e Severino"""" (Moretti&Vitali, 2009)."""" (Dalla Prefazione di Emanuele Severino)" -
Atque. Critica del vissuto
"A partire dal fatto che «atque» rivolge la propria attenzione verso la psicoterapia ponendola in stretto rapporto con i contributi delle discipline scientifiche e la riflessione contemporanea, questo fascicolo intende criticare l'idea di """"vissuto"""" come accesso privilegiato alla mente e, confutando le nozioni di io e di soggettività che tale idea veicola, intende altresì evidenziare come l'individuo sia fondamentalmente un teatro di processi oggettivi, dove i relativi significati vengono costituiti in modo congiunto dai partecipanti nel corso dei progetti che concretamente accadono all'interno dei sistemi delle norme collettive. Con questa critica si vuole non già negare gli enti o gli stati mentali bensì far uscire dalla sterile separatezza in cui finirebbero col trovarsi: lo spiegare e il comprendere, il quantitativo e il qualitativo, la natura e la cultura, i fatti e i valori, ma anche l'esteriore e l'interiore, il tempo esteriore e quello interiore, la superficie e il profondo, l'ordinamento oggettivo e quello soggettivo del passato. E facendo decadere tali distinzioni solo apparentemente alternative, si vuole per l'appunto mostrare il loro vivo coinvolgimento e la loro reciproca (co)determinazione, come accade quando le cose si danno a vedere da un punto di vista sistemico. Allontanandoci criticamente dalla separazione tra scienze della natura e scienze dello spirito, e dal contesto coscienzialistico della fenomenologia di Husserl, intendiamo affrontare una serie di questioni che nella vita collettiva, nella vita privata e in quella """"cura parlata"""" che è il trattamento psicoanalitico e più in generale psicoterapeutico, sono tra loro intrecciate, per esempio: la storia, la memoria, l'esperienza e il linguaggio."""" (Fabrizio Desideri e Paolo Francesco Pieri)" -
La sfida dei figli adottivi. Aspettative, desideri e realtà
Il desiderio di avere figli è un fatto naturale che in genere affiora a un certo punto della vita. La possibilità di evitare che avvenga prima rispetto ai propri programmi di vita induce molte coppie ad aspettare, a soddisfare prima i bisogni individuali, per pensare poi ad avere un figlio e dare vita a un nuovo inizio. Può aprirsi allora la possibilità dell'adozione. Il percorso, inizialmente entusiasmante, si rivela presto tortuoso e denso di ansie, dubbi e incognite. La condizione di base dei bambini e degli adolescenti adottati è infatti sovente caratterizzata da ansia. I disturbi connessi con i legami affettivi sono solitamente amplificati dalle precedenti esperienze familiari o, come spesso avviene, dal cambiamento di affido, così che si sviluppano ansia da separazione e paura della perdita. Ai genitori può succedere di fallire nei loro sforzi per compensare le esperienze negative degli adottati. Il desiderio, spesso onirico, di avere un bambino può anche voler compensare in modo illusorio i deficit infantili di chi vuol divenire genitore. Il risultato che può verificarsi è la delusione, che scatena l'impotenza, la disperazione e stati d'animo depressivi, i quali, quasi inevitabilmente, trovano la loro valvola in fantasie di separazione. Christiane Lutz, autrice e psicoanalista infantile tedesca, con questo libro ci guida alla ricerca delle strategie da mettere in campo nei vari momenti che accompagnano la vita del bambino, e poi del giovane, dall'asilo alle scuole superiori. I genitori possono accompagnare i ""nuovi figli"""", spesso provenienti da culture e mondi distanti, ricorrendo a comportamenti non stereotipati e capaci di ricomporre, anche creativamente, gli immancabili conflitti sorti spesso da condizioni imprevedibili perché generate da culture diverse, da storie individuali, o da traumi prenatali o infantili. Un libro, quasi un manuale, per genitori, educatori, psicologi e psicoterapeuti."" -
Attraverso oltre. Della conoscenza, della solidarietà, dell'azione
La conoscenza non coincide con la padronanza filosofica e scientifica del pensiero, o l'accumulo di informazioni corrette intorno alla vita, ma con la stabilizzazione di livelli di coscienza illuminati, attraverso una costante disciplina e apertura interiore. Noi Occidentali dobbiamo rivolgere lo sguardo ai Misteri Eleusini, alle iniziazioni orfiche, e a quei pensatori che Platone definiva sophoí, ovvero Sapienti, e che hanno nome Eraclito, Empedocle, Parmenide, Pitagora, ma anche ai grandi maestri della conoscenza tragica (""patendo conocere""""), Eschilo, Sofocle, Euripide, per non citare che i maggiori tra i Greci. Guardare alle radici della nostra cultura significa anche guardare alla Sapienza d'Oriente, perché anche di essa (oltre che dello sciamanesimo iperboreo e della spiritualità egiziana, persiana e mesopotamica) era pervasa la Sapienza di Pitagora, Eraclito, Parmenide, Empedocle, Democrito e Platone. Di questa connessione originaria tra Occidente, in particolare la nostra Magna Grecia, e Oriente, a cui Angelo Tonelli ha dedicato trenta anni di ricerche e di cui ha già fornito ampie documentazioni, viene qui presentata, in anteprima assoluta, una testimonianza archeologica di inconfutabile evidenza: la fotografia del ritratto del """"Mongolo di Taranto"""", raffigurato in una ceramica protolucanica databile al IV secolo a.C., ai tempi di Platone, in cui compare un volto di chiara etnia mongola, a dissipare ogni eventuale dubbio sulla interazione tra Mediterraneo greco e Estremo Oriente, in epoca antica, interazione fino a oggi silenziata o negata da un'Accademia ancora arroccata alle Termopili immaginarie per contrastare la manifesta presenza dell'Oriente nel nostro Occidente sapienziale. E questa obliterazione ha gravato e grava sulla nostra cultura, perché se ne è ignorata la radice eurasiatica meditativa, sciamanica, noetica, condannando gli individui, e con essi la civiltà d'Occidente, a livelli di interiorità, saggezza e consapevolezza infantili, che sono alla base della crisi ecoantropologica in atto: una sorta di """"furto d'organo"""", il nous, ovvero il luogo di connessione tra l'umano e il divino nella coscienza unitaria e illuminata. Questo tragitto """"sulle tracce della Sapienza"""" a cui l'autore ha già dedicato un omonimo fortunato libro, di cui questo costituisce in qualche modo la continuazione, consente di fare collidere e colludere la grande esperienza conoscitiva originaria occidentale-orientale con le acquisizioni della scienza più avanzata e le domande di rinnovamento culturale e interiore poste dalla crisi della civiltà contemporanea."" -
Come per i pesci il mare. Lettera sul Novecento: orrori, speranze, utopie e disincanti
La mia patria, dice Dante, è il mondo, ""come per i pesci il mare"""". Il sogno anarchico di un mondo senza frontiere, senza Stati, senza guerre è il filo principale che attraversa questo libro e ne costituisce il messaggio essenziale: l'esortazione a non tradire l'anelito alla libertà e alla pace, a non lasciarsi ingannare dalle tante sirene, né fermare dalle porte chiuse, dalla paura. Altri fili concorrono a formare una tela complessa: la vita della madre viennese dell'autrice, raccontata al giovane nipote con il linguaggio semplice di una lettera, e il filo nero della storia del Novecento, i suoi orrori, i veleni seminati e tutt'altro che smaltiti, gli aspetti assurdi e grotteschi delle politiche di allora e di sempre. È un libro profondo, coinvolgente, che fa riflettere ponendo il lettore di fronte a temi drammatici come l'antisemitismo, spinosi come il rapporto Israele/Palestina, attuali come le migrazioni dall'Africa, dolorosi come le vicende familiari. Maria Soresina, con la consueta libertà di pensiero che ha caratterizzato i precedenti libri su Dante, in queste pagine leva con fervore la sua voce «contro»: contro le guerre, i razzismi, la violenza, i nazionalismi, le Chiese, i partiti e la nostra pseudo-democrazia. Anche contro il marxismo, che l'autrice vede in opposizione all'anima migliore della sinistra: l'anarchia non-violenta di Tolstoj e Landauer, che tante analogie ha con il mondo perduto dei catari e il bello viver di cittadini cantato da Dante."" -
La clinica delle immagini. Sogno e psicopatologia
"Questo volume, nasce dal desiderio di avvicinare e conoscere il mondo della Psiche, dall'incontro con la sofferenza dei pazienti e dal non senso che ogni disagio psicologico comporta, ma anche dai germogli di vita nati e cresciuti durante gli incontri e i dialoghi con chi soffre, consapevole che ogni sofferenza racchiude una perla di arricchimento..."""". Il libro si snoda, come un gomitolo di lana, intorno all'idea junghiana che la Psiche sia densa di immagini; si arricchisce del pensiero di Hillman e di autori come Bachelard, Eliade, Durand che contribuiscono a dare un respiro alla funzione dell'immaginazione, recuperando la sua valenza filosofica, religiosa, antropologica. Tutto ciò come in una sorta di Mandala, il cui centro, rappresentato dal pensiero di Jung, dal suo lavoro clinico, dalle sue esperienze e dai suoi studi, è affiancato dalla conoscenza d'altri autori, tra cui Yoram Kaufmann, López-Pedraza e Nathan Schwartz-Salant e da diversi autori junghiani che si sono occupati dell'applicabilità della psicoterapia junghiana. Il dialogo tra le diverse componenti del pensiero junghiano (archetipica, evolutiva e relazionale), trova nel sogno il luogo di sintesi dove fenomenicamente è possibile rintracciare l'unità del pensiero junghiano nelle sue diverse molteplicità. Il sogno diventa luogo della relazione intrapsichica del paziente col mondo delle sue parti, termometro della relazione transferale e controtransferale e spazio d'apertura alla dimensione archetipica." -
Temporalità, vergogna e il problema del male
Un vivo confronto sul senso del tempo dalla prospettiva della fisica di Wolfang Pauli a quella spirituale di Raimon Panikkar. Il carteggio tra gli autori nasce dopo una conferenza di Murray Stein, nell'aprile del 2016, dal titolo: ""Musica per il tempo che verrà. La lezione di piano"""" di Wolfgang Pauli. Secondo Stein, Pauli, dopo il suo contatto con Jung, si cimenta col progetto di unire due correnti di pensiero: la fisica quantistica e la psicologia del profondo. Se la scienza offre le parole per una spiegazione del mondo, la psicologia offre i significati delle parole; ma come combinare entrambi in un unico linguaggio? La risposta simbolica di Pauli è: con la musica del pianoforte, suonata con i tasti bianchi e neri. Sarebbe proprio nell'armonia che si dispiega attraverso quella musica, che causalità e sincronicità si sposerebbero, dando origine a una teoria unificata. Dopo essersi confrontati sui vari modi di intendere il tempo, i due autori concordano sulla concezione junghiana del male come polarità dinamica dell'esistenza che, pertanto, non si può scaricare su un capro espiatorio, né annientare, sconfiggere o negare. Il male è parte integrante della vita, non lo si può eludere, ma solo metabolizzare e trasformare, insieme al bene. Questa è, del resto, l'essenza della creatività umana.""