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Materia e segno. La profondità della leggerezza. Ediz. a colori
La 66^ edizione della Rassegna Internazionale d'Arte / Premio ""G.B. Salvi"""" è dedicata a padre Stefano Trojani, recentemente scomparso, intellettuale di alto profilo, per decenni figura chiave dell'importante evento sentinate sul piano organizzativo, artistico, umano. In coerenza con la linea curatoriale intrapresa nel 2016, il programma della rassegna è costruito attorno a un tema, """"Materia e segno. La profondità della leggerezza"""", con uno sguardo particolarmente attento alla ricerca condotta nell'età moderna e contemporanea tra umanesimo e astrazione, tra natura e idea, tra purismo e sperimentazione, soprattutto in ambito scultoreo. Questa edizione è articolata in cinque sezioni dislocate in quattro sedi espositive: la mostra storica """"Grandi scultori del '900. Pericle Fazzini ed Edgardo Mannucci"""" nel Palazzo degli Scalzi; la personale dell'artista omaggiato, lo scultore ascolano Giuliano Giuliani nella suggestiva chiesa di San Michele Arcangelo; """"Grafismi"""", la mostra omaggio al fotografo Eriberto Guidi nella chiesa di San Giuseppe; gli artisti in concorso, fuori concorso e quelli invitati nella sezione """"Tendenze del Contemporaneo"""" al Palazzo della Pretura. Nello spirito e nella tradizione del Premio Salvi l'arte marchigiana è indagata in un'ottica di internazionalità, riflettendo particolarmente sul valore che le radici hanno per i grandi artisti che questa regione esprime oggi come in passato. Presentazioni di Ugo Pesciarelli, Lorena Varani e Galliano Crinella."" -
La vita liberata
Il presente studio riguarda il concetto di ruolo e la necessità di un suo superamento. Una critica nei confronti del ruolo sociale, come prodotto del processo di socializzazione, ci conduce alla scoperta della vita umana come condizione originaria dell'uomo. Liberare, allora, la vita dalle sue forme sociali può costituire la premessa per un radicale mutamento nell'ambito dei rapporti umani. -
Lecturae Plautinae sarsinates. Vol. 20-21: Truculentus-Vidularia (Sarsina, 24 settembre 2016)
"Sabato 24 settembre 2016. Nella città di Plauto si è svolta la ventesima e ultima edizione delle 'Lecturae plautinae sarsinates'. In quest'occasione i lavori hanno riunito interventi dedicati al 'Truculentus' e alla 'Vidularia'. Ancora una volta i relatori e il pubblico si sono ritrovati nella suggestiva cornice del Centro di studi plautini, ove si è dunque chiuso il ciclo di convegni internazionali, che, dal 1997, con la giornata sull''Amphitruo', ha riunito annualmente a Sarsina specialisti da tutto il mondo, i quali hanno offerto contributi di grande rilievo sul testo, sulla drammaturgia e sulla ricezione delle commedie plautine."""" (dalla Presentazione di Roberto M. Danese e Renato Raffaelli)" -
Lo spirito del mondo capovolto. Diario di viaggio oltre i confini del sé
«Questo piccolo grande libricino è il dono che segue il cammino nel deserto. Ad ogni atto di coraggiosa cura verso ciò che duole - una cura che guarda in faccia il dolore e la sua fonte, che non fugge la solitudine del viaggio e non cerca surrogati - segue la nascita, la manifestazione, l'esplosione della vita ricca. Perché dentro è fuori». (Michela di Ciocco, Frida Neri) -
La rinascita dello scetticismo tra eresia e riforma
Come un cavallo di Troia.lo scetticismo è stato promosso da Savonarola e Pico con funzione apologetica sotto la monarchia tomistica di Aristotele,divenendo poi uno strumento sovversivo ereditato anche dagli eretici italiani,destinati a emigrare in Europa lungo il Cinquecento,insieme alle istanze critiche di Lorenzo Valla e al richiamo all'interiorità caro alla tradizione platonica di Firenze . Su queste basi doveva fiorire l'esigenza di comprensione e di pace,affermata da uomini come il Mirandolano,e destinata a concretarsi, in altre terre e in altri tempi,negli ideali della tolleranza . Il ""De arte dubitandi et confidenti,ignorandi et sciendi """",testamento dottrinale di Sébastien Castellion,condensa sull'idea di natura e sulla funzione salutare del dubbio un antidoto alle furiose lotte intestine che stavano insanguinando l'universo cristiano,incitando alla sospensione del giudizio di fronte all'innegabile presenza di aspetti oscuri della rivelazione. Dall'Italia il baricento si sposta oltralpe,e la Francia diviene la patria in cui si compiono i passi decisivi per la rinascita dello scetticismo,con la traduzione latina del corpus sestando nelle due controverse edizioni parigine(sic)del protestante Henri Estienne e del cattolico Gentiam Hervet. Il rigido conformismo controriformistico di quest'ultimo risulta profondamente distante dalle aspirazioni antidogmatiche del cristiano riformato Estienne,per il quale il problema religioso andava affrontato analogamente ad altri temi filosofici ed etici. Hervet torna sui passi di Gianfranco Pico e si erge a difensore della fede cattolica....Se per Estienne lo scetticismo può essere dunque interpretato come strumento di processo di progresso e di avanzamento nella conoscenza,in Hervet permane invece un atteggiamento dogmatico,evidente nel suo leggere la filosofia pirroniana come totalmente asservita alla concentralità della tematica religiosa. Ultime tra i tesori della classicità.risorte grazie al prezioso lavoro filologico degli umanisti, le opere scettiche di Sesto Empirico vantavano soltanto una circolare greca manoscritta,ma altre fonti hanno certo contribuito a disseminare le idee dello scetticismo,soprattutto l'ampia diffusione delle """"Vitae philosophorum """"di Diogene Laerzio,gli Academica di Cicerone e,in controluce,le confutazioni di Agostino. Anche Théodore de Bèze condanna la """"novorum Academicorum sectam"""",ritenendoli più pericolosi degli stessi papisti,perchè è meglio avere un tiranno,seppur crudele (i.e. Calvino),piuttosto che ognuno abbia la licenza di professare ciò che vuole. Tutto concorre perchè all'alba della rivoluzione copernicana,Michel de Montaigne scelga di fare dei suoi Essais (1508-1595) un manifesto dello scetticismo,veicolando la """"crise pyrrhoniènne""""nel cuore dell'epoca moderna."" -
La bellezza della terra. Premio nazionale Gentile da Fabriano
"Se si prende un paesaggio di quelli descritti da Henry David Thoreau - in questo caso un paesaggio composto o anche soltanto riplasmato con parole e frasi, in termini banali scritto - si capisce come anche un'ordinaria e però ben ordinata passeggiata nei campi o l'andare su e giù per viottoli più o meno impervi, induca a pensare a un'unità del creato e in congiunzione a una rinnovata fiducia tra gli uomini e la natura. È la direzione ideale di un'architettura del paesaggio, quale oggi si racconta e quale è possibile ritrovare in esposizioni personali o collettive (la nostra compresa ) che si sobbarchino all'impegno di elaborare una cultura dello spazio (e del progettarsi nello spazio) in tutte le sue molteplici declinazioni: ambientali e fisiche, ma anche percettive e metaforiche, secondo una naturalità che respiri nello sguardo delle persone comuni e di quegli individui che si lasciano abbracciare dalla terra e dalla natura intavolando con esse un dialogo. Il momento di fissare l'assoluto che salva il tempo a fronte del suo degradare, diviene ricerca di un metodo formale ma altrettanto di ciò che è imprevedibile e che potrebbe condurre al mistero che permane dietro la realtà. E in ogni caso, è l'artista che rivela il dinamismo latente delle forze naturali - il loro evolvere o all'incontrano declinare - esattamente nell'attimo in cui esse si fissino nell'istante della visione. Rispetto alla tradizione pittorica dei prosceni naturali - dal tratteggio realista all'espressionismo astratto che attinge alle fonti defigurate ad es. del surrealismo - la nuova arte paesaggistica può buttarsi a capofitto in medias res obbedendo alle suggestioni della mimesi, o al contrario lavorare di scorcio e di sintesi e prodigarsi in un'ostensione delle stesse figure ritmicamente modulate. Così si ha una immagine o un mannello di immagini che realizzando l'appello a uno spessore e a una durata, fanno passare da un imposto visivo ad una visione consapevole del rapporto che la natura intrattiene con chi la guardi. Infine la natura che ci circonda non permette che ci si collochi al di fuori dei suoi recinti"""". (Gualtiero De Santi)" -
Tesori di Santa Chiara. La chiesa di Urbania e il suo cantiere
Il volume ""I Tesori di Santa Chiara"""" raccoglie, come un diario di cantiere, i contributi di tecnica e di ricerca relativi al restauro e alla valorizzazione della chiesa di Santa Chiara, in Urbania. Gli interventi di cantiere hanno reso possibile anche la realizzazione di una mostra presso il Palazzo ducale durantino."" -
Quello che so chine su carta
«Non so che cosa mi abbia trascinato fin qui, fino alla soglia dell'esistenza nella quale gran parte delle cose è diventata opaca fino ad essere indecifrabile. Ricordi, amicizie, amori, con l'età e la distanza, non appena mi inoltro lungo le vie dell'anima, una confusione adolescenziale pare domini su tutto. Sento ancora vivo il periodo dell'adolescenza da dove attingo spesso le idee per il mio lavoro attuale. Penso: potevo essere qualsiasi cosa, potevo intraprendere qualsiasi strada, ero in mare aperto! Ora gli orizzonti sono più brevi, e mi accorgo che la scelta dell'arte è stata la più impervia, ma anche la più necessaria. Oggi il mio lavoro è per me come un legno a cui un naufrago riesce ad aggrapparsi. L'arte è la mia preghiera quotidiana, un affannoso dialogo con me stesso, una continua ricerca nelle piaghe della mia esistenza. L'artista non è un prediletto della vita, ma è chiamato, come tutti, alle tribolazioni quotidiane: fare e disfare con costante insoddisfazione, ogni giorno chiedersi: chi me lo fa fare? L'arte pretende un continuo duello, una fede incrollabile nelle proprie capacità, una grande disciplina. Non è permesso fermarsi, si rischia una crisi di identità e di motivazioni. L'arte impone fedeltà. Più che mai, penso al mondo classico non come ad un eden malinconicamente perduto, ma come luogo del ritorno al nostro essere più profondo. Certo oggi non sono più proponibili quelle forme storiche e nemmeno l'ethos che le ha generate, ma in me rimane ancora quella severità di intenti, il rigore formale, tutto ciò che possiamo chiamare i valori essenziali dell'opera d'arte...» (Paolo Annibali) -
Gli albori del cristianesimo. Vol. 11: La memoria di Gesù. Fede e Gesù storico.
Il primo volume dell'opera di James Dunn dedicata alle origini cristiane si fa apprezzare sia per la chiarezza che distingue i lavori dell'autore sia per la quantità di informazioni fornite riguardo alla storia e alle tendenze della ricerca su Gesù sia, non ultimo, per la novità della prospettiva adottata. Il titolo, La memoria di Gesù, mostra quale sia l'intento dell'opera: giungere a un'immagine chiara della tradizione di Gesù nella convinzione che gli evangelisti sinottici miravano a preservare la memoria di Gesù e a presentarla in modo che sia sempre possibile l'incontro con il Gesù nato in Galilea. In quest'ottica le tradizioni riguardanti Gesù sono esaminate in quanto tradizione orale, e gli aspetti di questa tradizione sono presentati per le caratteristiche loro proprie. Il primo tomo del volume primo si compone di due grandi parti dedicate al significato del Gesù storico per la fede e alle fonti scritte e orali che consentono di ricostruire il contesto in cui ebbe a operare il Gesù della storia. -
Gli albori del cristianesimo. Vol. 13: La memoria di Gesù. L'acme della missione di Gesù.
Il terzo tomo del primo volume di quest'opera di James D.G. Dunn si conclude con l'esame delle tradizioni degli eventi che posero fine alla missione di Gesù: il processo, la morte in croce, la risurrezione. Quest'ultima è per Dunn non soltanto l'acme della narrazione evangelica ma anche elemento integrante della figura del Gesù ricordato: se Gesù è il solo grande «presupposto» del cristianesimo, così lo è anche la risurrezione. È con la risurrezione che la storia di Gesù finisce, e in essa si inizia a vdere quello che fu l'effetto più duraturo della missione di Gesù: il Gesù ricordato dal quale è fiorito il cristianesimo. -
Il metodo parabolico di Gesù
Per cercare di comprendere rettamente le parabole evangeliche è necessario rispondere a tre domande: di che cosa parlano? A chi sono dirette? Come ottengono il loro scopo? Le parabole di Gesù s'interessano dell'agire più che delle idee: si propongono di inculcare negli ascoltatori una condotta da seguire o da non seguire, oppure vogliono render conto di un comportamento di Gesù o di Dio. Le parabole si rivolgono ad ascoltatori con i quali il parabolista, pur trovandosi in disaccordo, vuole evitare una discussione diretta: esse si presentano così come mezzo di dialogo. La forza di persuasione delle parabole è dovuta anzitutto all'esperienza vissuta sulla quale si fondano: esperienza degli ascoltatori, ma anche esperienza personale di Gesù. Per quest'ultima caratteristica, restano una via d'accesso privilegiata alla coscienza che Gesù aveva di se stesso e della sua missione. -
Grande lessico dell'Antico Testamento. Vol. 7
Tra le 138 voci raccolte nel VII volume del Grande Lessico dell'Antico Testamento edito da H.-J. Fabry e H. Ringgren; edizione italiana a cura di Pier Giorgio Borbone molte sono di grande utilità per la comprensione della lingua, della storia e della religione dell'Israele antico. Alcune voci sono vere e proprie monografie, ad esempio pasah/pesah (pasqua), sadaq, ecc. (giustizia), sijjôn (Sion), qahal (assemblea), qodes, ecc. (santo), qara' (chiamare/annunciare), ecc. Di ogni parola presa in esame si approfondiscono gli impieghi secondo piani successivi, indicati nei sommari ad inizio di ciascuna voce, così da illustrare e scandagliare i diversi significati che la singola parola viene ad acquisire sia in rapporto all'ambiente semitico sia nelle diverse parti del testo biblico. Anche in questo volume, a facilitare la consultazione dell'opera parole e frasi in ebraico e in ogni altra lingua semitica sono riportate in traslitterazione e seguite dalla traduzione corrispondente. -
Nuovo testamento e antropologia culturale
L'opera di Bruce J. Malina si fa apprezzare per la chiarezza dell'esposizione con cui vengono illustrate le caratteristiche antropologiche della cultura mediterranea antica in cui videro la luce gli scritti del Nuovo Testamento. I valori cardinali della cultura mediterranea nell'antichità, la psicologia sociale e l'orizzonte conoscitivo delle figure che intervengono nel Nuovo Testamento, la conformazione sociale in piccoli gruppi, le regole matrimoniali e le norme di purità che strutturavano la vita quotidiana della Palestina del primo secolo sono considerati per la loro incidenza sui personaggi neotestamentari e per la spiegazione che possono fornire della vicenda di Gesù e della storia dei gruppi dei suoi seguaci. Questo libro mira a contribuire alla comprensione degli scritti neotestamentari. Se questi devono farsi udire nei nostri diversi contesti culturali, se si deve rafforzare la fede con senso di responsabilità, allora la teologia dovrà svolgere la sua opera di articolazione dei simboli culturali del gruppo originario del movimento di Gesù e dei suoi epigoni nel Mediterraneo antico nel linguaggio più chiaro e secondo i modelli più adatti che è possibile rinvenire nelle culture nelle quali questo gruppo deve essere espresso, compreso e vissuto. -
Lettera a Filemone
L'epistola a Filemone prende spunto da un caso concreto: la fuga dello schiavo Onesimo dal padrone cristiano, Filemone. Le poche righe della lettera di Paolo non sempre consentono di individuare chiaramente i vari aspetti della situazione, ma sulla base di altre fonti antiche è possibile ricostruire quantomeno approssimativamente gli aspetti storici e sociali oltre che ecclesiali della vicenda. Il commento di Klaus Wengst approfondisce i rapporti fra i tre attori della lettera - Paolo, Filemone e Onesimo - sullo sfondo sia della diversa condizione sociale sìa dell'appartenenza allo stesso movimento dì Cristo, nel tentativo di mostrare come la teologia possa rapportarsi alla realtà sociale. In breve Paolo e lo schiavo: il credente in Gesù Cristo e la schiavitù nel mondo antico; teologia e realtà sociale. -
Grande lessico dell'Antico Testamento. Vol. 8: Majim-Neser.
Tra le 112 voci raccolte nell'VIII volume del Grande Lessico dell'Antico Testamento molte sono di grande utilità per la comprensione della lingua, della storia e della religione dell'Israele antico. Alcune voci si distinguono per l'importanza che il termine trattato ha negli scritti della Bibbia ebraica, ad esempio re'sît (principio), rab e derivati (crescere), ruah (vento/vanità e anche alito/spirito/vita), rea' (prossimo), sar (principe), ecc. fino a sabbat (sabato) e saddaj / 'el saddaj, uno dei nomi divini. Di ogni parola presa in esame si approfondiscono gli impieghi secondo piani successivi, indicati nei sommari a inizio di ciascuna voce, così da illustrare e scandagliare i diversi significati che la singola parola viene ad acquisire sia in rapporto all'ambiente semitico sia nelle diverse parti del testo biblico. A facilitare la consultazione dell'opera, anche in questo volume parole e frasi in ebraico e in ogni altra lingua semitica sono riportate in traslitterazione e seguite dalla traduzione corrispondente. -
Ponzio Pilato. Storia e interpretazione
Lo studio di Helen Bond ricostruisce il Ponzio Pilato storico e approfondisce il modo in cui questi ha funto da figura letteraria nelle opere di sei autori, tutti attivi nel primo secolo dopo Cristo: Filone di Alessandria, Flavio Giuseppe e i quattro evangelisti canonici. A un primo capitolo in cui si delinea la situazione della provincia imperiale della Giudea romana in cui ebbe a operare Pilato, seguono sei capitoli dedicati a ognuno degli autori sopra indicati, e in particolare al modo in cui un lettore del primo secolo poteva intendere le azioni di Pilato a seconda della prospettiva che questi autori avevano adottato riguardo alla potenza imperiale romana. -
Seconda Lettera ai corinti. Vol. 2: Commento ai capp. 8-13.
Arricchito di due estese appendici dedicata l'una agli avversari di Paolo a Corinto, l'altra a Paolo apostolos , con questo secondo volume il commento di Margaret Thrall alla seconda Lettera ai corinti giunge a conclusione. Come già nel primo volume, al centro dell'esegesi di questa tra le maggiori delle lettere paoline sta sia il pensiero cristologico sia la figura di Paolo in quanto «apostolo di Gesù Cristo» (per riprendere le parole con cui Paolo si presenta nelle due epistole ai corinti): il Paolo portatore del vangelo di Cristo risorto di cui egli stesso ha fatto esperienza e modello supremo del ministero cristiano. -
La sofferenza del giusto. Giobbe e Tobia a confronto
Una leggenda popolare sul giusto messo alla prova e poi reintegrato nella felicità primigenia anima la vicenda di Giobbe e sta probabilmente all'origine del libro di Tobia. Elemento comune ai due scritti biblici è la sofferenza del giusto, dolore in Tobi, tribolazione in Giobbe: le vicissitudini di Tobi fanno da pendant ai tormenti subiti da Giobbe, le prime risolvendosi nella solidarietà con i connazionali, i secondi nel contrasto con Jahvé. Aprendosi a una prospettiva sociale il dolore di Tobi perde le tinte del dramma facendosi sopportabile; nel confronto con Dio Giobbe giunge a darsi ragione della sconfessione della sapienza tradizionale. -
Paolo e la Chiesa di Roma
Paolo e la Chiesa di Roma ha come filo conduttore la vita della Chiesa delle origini, alla quale la chiesa romana contribuisce con problematiche specifiche che consentono riflessioni più generali, anche se nelle lettere di Paolo non s'incontrano affermazioni esplicite sulla Chiesa. Nel quadro complessivo del pensiero dell'apostolo la dimensione ecclesiale cristiana acquista un suo proprio spessore solo sulla base dell'evangelo e della fede in Cristo, oltre che sull'azione viva dello Spirito, in una prospettiva inconfondibilmente escatologica. -
Grande lessico dell'Antico Testamento. Vol. 9: Saw'-tarsis.
Tra le 115 voci raccolte nel IX volume del Grande Lessico dell'Antico Testamento molte sono di grande utilità per la comprensione della lingua, della storia e della religione dell'Israele antico. Alcune voci si distinguono per l'importanza che il termine trattato ha negli scritti della Bibbia ebraica, ad esempio il verbo sub e derivati (inviare, ritornare, convertirsi), samajim (cielo/cieli), sem (nome), sa'ar (porta della città), e altre. Di ogni parola presa in esame si approfondiscono gli usi secondo piani successivi, indicati nei sommari a inizio di ciascuna voce, così da illustrare e scandagliare i diversi significati che la singola parola viene ad acquisire sia in rapporto all'ambiente semitico sia nelle diverse parti del testo biblico. A facilitare la consultazione dell'opera, anche in questo volume parole e frasi in ebraico e in ogni altra lingua semitica sono riportate in traslitterazione e seguite dalla traduzione corrispondente.