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Lavoro in frantumi. Condizione precaria, nuovi conflitti e regime neoliberista
Cosa resta oggi del lavoro che abbiamo conosciuto nella modernità industriale? Verosimilmente solo alcuni frammenti, che non è facile, e forse nemmeno utile, cercare di ricomporre. La moderna relazione tra lavoro e cittadinanza è oggi, infatti, rimessa completamente in discussione. Se da un lato essa è l'esito di una insistita strategia di deregolamentazione e umiliazione del lavoro, il cui effetto principale è una condizione di precarietà generalizzata, dall'altro occorre trovare, all'interno e contro di essa, una via di fuga capace di favorire l'emergere di quella montante eccedenza di soggettività che la fine del lavoro fordista lascia intravedere. Per comprendere il fenomeno nella sua complessità occorre allora evitare di ridurre l'analisi della condizione del lavoro all'interno di un tanto necessario quanto insufficiente paradigma dell'afflizione, e studiare invece il rapporto che nel capitalismo postfordista e biopolitico viene a instaurarsi tra lavoro, produzione sociale e appropriazione della ricchezza. Il volume propone in particolare una riflessione transdisciplinare sul modo in cui le diverse forme del lavoro si inscrivono nel nuovo processo di creazione del valore fondato, ormai in modo sempre più diretto, sull'intero tempo di vita e sulla cooperazione sociale. L'intento è quello di indagarne la frantumazione e la precarizzazione come uno degli elementi cardine, accanto ai processi di finanziarizzazione, del nuovo regime di accumulazione capitalistico. -
La guerra fredda culturale. Esportazione e ricezione dell'«American way of life» in America Latina
Le relazioni interamericane durante la Guerra Fredda sono state prevalentemente analizzate dalla storiografia - con poche eccezioni attraverso le politiche diplomatiche, militari, economico-finanziarie. Eppure una parte consistente del disegno egemonico statunitense nei confronti del ""cortile di casa"""" latinoamericano è passata anche attraverso strategie e attori sociali """"altri"""", che della cultura hanno fatto un vero e proprio campo di battaglia. Immaginiamo dunque, negli anni della cortina di ferro, uno scenario animato non solo da marines, generali corrotti, agenti segreti e direttori di imprese multinazionali senza scrupoli, ma anche da una miriade di ambasciatori dell'impero informale statunitense come attori, giornalisti, direttori di riviste e di fondazioni culturali, capi di spedizioni archeologiche, insegnanti universitari, esponenti religiosi e persino disegnatori di cartoni animati. Il tema della """"guerra fredda culturale"""" intesa non solo come pratiche di esportazione dell'American Way of Life, ma anche come modalità di ricezione e rielaborazione di queste in America Latina - accomuna i lavori raccolti in questo volume che, per la prima volta in Italia, mette a confronto giovani studiosi europei e latinoamericani. I contributi della prima parte (Calandra, Amava, Nocera, Rey, Quesada) inquadrano un campo di studi ancora in divenire e ricco di sfide, mentre nella seconda si soffermano sulle ripercussioni nelle nazioni latinoamericane."" -
Il mondo che verrà. Ebrei e zingari; memorie di vite a parte
Costituitosi progressivamente nei secoli su quella vasta geografia che comprendeva una fetta della Polonia, la Lituania, la Galizia e parte della Russia europea, il mondo che aveva condotto attorno allo Shtetl la sua esistenza venne cancellato nel giro di pochi mesi, intorno agli anni quaranta del Novecento. Proprio dallo Shtetl, la borgata abitata dagli ebrei orientali, parte la ricerca delle tracce di quel mondo scomparso, in cui ebrei e rom avevano potuto condividere una dimensione culturale fondata primariamente sul rispetto per ogni essere vivente. Una ricerca condotta attraverso la forza evocatrice della scrittura di autori come Isaac B. Singer, Joseph Roth, Albert Londres, Primo Levi, Elie Wiesel, Jean Amery, che è anche una lezione su come rendere memoria della vita che fu. -
Saperi in polvere. Una introduzione agli studi culturali e postcoloniali
Più che un canone definito, il ""postcoloniale"""" è un'attitudine, un insieme di pratiche discorsive che, a partire dai lavori di Edward Said e dalle intuizioni dei Subaltern Studies, ha decostruito radicalmente l'ordine del discorso coloniale e post-coloniale, restituendo lo sguardo di quei soggetti e di quelle masse subalterne la cui capacità di agire e di parola è stata per secoli neutralizzata da saperi scientifici, sociali e antropologici che hanno costituito e continuano a tradurre, in forme e contesti diversi, concetti come identità, nazione e storia in pratiche politiche e simboliche di dominio, violenza e sfruttamento. Attraverso uno sguardo parziale, inconsueto e spiazzante sulle questioni della differenza, della soggettività, della linea del colore e del genere, assumendo l'ibridazione, l'incontro tra le discipline e la falsa neutralità del sapere, gli studi culturali e postcoloniali si pongono come un percorso di ricerca, d'interpretazione e di nuova costruzione di punti di vista """"di parte"""" strettamente connessi alle trasformazioni sociali e politiche contemporanee. Essi ci consentono perciò di affrontare e decostruire con nuovi strumenti la complessità del presente - ponendo l'accento sulle discontinuità, sull'emersione delle resistenze singolari e comuni, sulle rotture storiche che esse producono - e, nel contempo, di far sì che il nostro sapere sia immediatamente uno strumento d'intervento collettivo nel mondo materiale."" -
Occupy! I movimenti nella crisi globale
Gli anni Novanta del secolo scorso si aprivano con la retorica della fine della storia, per nutrire l'apologia dell'unico mondo possibile. Il primo decennio del nuovo millennio si chiude con la crisi, ormai permanente, di quello stesso mondo. È in questo quadro che possiamo cogliere la straordinaria importanza di un movimento emerso nel cuore del capitalismo finanziario: Occupy Wall Street, il cui esempio sarebbe immediatamente stato seguito da molte città negli Stati Uniti, a cominciare da Oakland. Dalla composizione sociale alle nuove forme di organizzazione, dalle pratiche di lotta all'uso dei nuovi media, Occupy ha dei tratti fortemente comuni con gli altri movimenti nella crisi, dalle insorgenze del Nord Africa alle acampadas spagnole. È un movimento che non pone domande, ma che agisce su un piano immediatamente costituente: proprio per questo motivo la sua comprensione sfugge a media e istituzioni della rappresentanza politica. I testi raccolti nel presente volume - documenti prodotti dalle occupazioni e materiali di inchiesta, interventi nelle piazze occupate e narrazioni, articoli di analisi e interviste -costituiscono allora contributi unici e indispensabili per comprendere dall'interno il movimento Occupy, le possibili prospettive, i nodi irrisolti. Ci aiutano quindi a interrogare gli elementi comuni e le differenze con le lotte in Italia degli ultimi anni, nel profilarsi di un movimento globale dentro la crisi strutturale del capitalismo. -
Il comune in rivolta. Sul potere costituente delle lotte
I saggi e gli articoli raccolti nel presente volume - in buona misura pensati e discussi all'interno dell'esperienza collettiva di UniNomade - formano un materiale prezioso per molteplici aspetti. Innanzitutto per il metodo, cioè per il processo di produzione e costituzione del pensiero dentro la materialità delle composizioni sociali e dei conflitti. Mettendo in discussione la statica separazione tra teoria e prassi, Antonio Negri mostra come non esista creazione di sapere critico al di fuori delle lotte. E in questa direzione che vengono riletti Marx e Foucault, per strappare la cassetta degli attrezzi marxiana ai polverosi sgabuzzini della filosofia della storia e quella foucaultiana alla lettura edulcorata dell'accademia. Si profila così una genealogia materialista della modernità: da Spinoza e Machiavelli, fino a Nietzsche e il post-strutturalismo francese. È qui dentro che emerge la scoperta del comune. Nelle pagine di questo volume il concetto si precisa e si afferma, trova la sua radice nel lavoro vivo: non origine, ma produzione. C'è comune solo quando c'è potenza costituente. Lo dimostrano le lotte dentro la crisi, dalla Tunisia alla Spagna, fino ad arrivare ai riot inglesi. Attraverso le pratiche e le questioni che i movimenti pongono, Negri individua le tracce attraverso cui inventare il comune degli uomini e delle donne. -
Populismo e democrazia radicale. In dialogo con Ernesto Laclau
Sempre più frequentemente si assiste al ritorno nel lessico politico contemporaneo di concetti come ""populismo"""" e """"antipolitica"""", spesso utilizzati come passepartout per descrivere fenomeni eterogenei che sfuggono alla consueta classificazione della politica moderna: dal movimento dei """"grillini"""" alla Lega Nord, dalle forme di etnopopulismo nazionalistico alle proteste antieu-ropeiste. Questo libro, intrecciando un dialogo con il filosofo argentino Ernesto Laclau, grazie anche a una lunga intervista qui pubblicata per la prima volta, prende l'avvio dalla nozione di """"popolo"""" e propone una lettura alternativa alla piatta opposizione tra """"populismo"""" e """"democrazia"""". Attraverso un apparato concettuale che si nutre del riferimento a Gramsci e a Lacan, ma che si confronta anche con l'intera storia del marxismo politico, Laclau è arrivato a teorizzare un concetto di """"popolo"""" e di """"populismo"""" come articolazione egemonica e """"democrazia radicale"""", contribuendo così a sottrarre questi concetti all'identificazione con un'omogeneità di tipo etnico o nazionalistico o a una viscerale antipoliticità. La riattivazione e la ridefinizione radicale di una categoria chiave della modernità politica come quella di """"popolo"""" sembrano però destinate a trascinare con sé altre questioni, altrettanto classiche e bisognose di essere ripensate. """"Stato"""", """"rappresentanza"""", """"popolazione"""", """"massa"""", """"organizzazione"""" appaiono infatti agli autori di questo volume termini che non possono essere rimossi."" -
Marx e la società del XXI secolo. Nuove tecnologie e capitalismo globale
Nonostante negli anni immediatamente successivi il crollo del Muro di Berlino il pensiero di Karl Marx sia stato considerato da molti come inattuale e spesso relegato alla pura indagine storiografica o alle riflessioni di pochi addetti ai lavori, la sua opera ha continuato a offrire importanti spunti per l'analisi e la comprensione delle società contemporanee. D'altra parte, è significativo che di fronte all'attuale crisi economica vi sia stata una nuova riscoperta del suo pensiero, anche se non necessariamente conseguente dal punto di vista politico. Segno evidente che in quella ""cassetta degli attrezzi"""" non si nasconde del ferro vecchio, come il pensiero dominante vorrebbe far credere. A partire da una rilettura delle categorie e delle analisi sviluppate da Marx, i contributi qui raccolti intendono dunque offrire una rassegna delle più recenti tendenze che caratterizzano il capitalismo contemporaneo: dall'avvento delle reti digitali alle trasformazioni del lavoro e del consumo, dal ruolo degli intellettuali al modo di produrre e comunicare. Fenomeni recentissimi, che necessitano di un approccio realmente critico, in grado di mostrare i diversi collegamenti tra politica, economia e comunicazione: oltre l'immagine di un mondo e di una scienza sociale """"neutra"""", che mette tra parentesi il tema delle disuguaglianze di classe e i meccanismi di funzionamento del capitalismo, quasi fossero il puro prodotto di una retorica vuota e non il fondamento stesso delle nostre vite."" -
Spazi in migrazione. Cartoline di una rivoluzione
17 dicembre 2010-14 gennaio 2011: sono le date che ricordiamo come l'inizio e il primo compimento di una rivoluzione che ha dato il via a un improvviso sommovimento dello spazio che ha stupito il mondo. Il gesto estremo di Mohamed Bouazizi che si dà fuoco e poi il rapido riempirsi di piazze e strade, dalla Tunisia all'Egitto, da Sana'a a Tripoli e Damasco. Rivoluzioni contro le dittature e contro l'insostenibilità delle proprie vite, con pratiche di lotta che nella ""presa dello spazio"""" hanno trovato un'insospettata capacità di azione comune. Esistenze che hanno deciso di contare, prendendosi strade, piazze, kasbe e medine, incontenibili nel loro movimento, dal Maghreb al Mashreq. Dalla Tunisia all'Europa. Sì, perché le """"rivoluzioni arabe"""", e quella tunisina in particolare, sono riuscite a riempire di esistenze e di corpi anche le strade, le isole, le stazioni e i parchi dell'Europa, unendo due rive e due continenti, cancellando secoli di storia, agendo la loro """"naturale"""" vicinanza. I materiali che compongono questo volume cercano di restituire alcune immagini di quanto accaduto a partire dal 17 dicembre 2010, provando a tracciare un racconto necessariamente frammentato, qualche cartolina appunto, inseguendo gli spazi in migrazione di questa rivoluzione lungo la scia del suo sommovimento a partire dai luoghi in cui le autrici e gli autori del libro sono collocati."" -
Il diritto del comune. Crisi della sovranità, proprietà e nuovi poteri costituenti
Crisi della sovranità, degerarchizzazione delle fonti normative, settorializzazione e specificazione di codici informali, travolgono le frontiere su cui si e tradizionalmente assestata la scienza del diritto e fanno scivolare nell'indistinzione la differenza tra pubblico e privato, tra fatti e norme, tra società civile e Stato, espropriando contemporaneamente quest'ultimo del monopolio della produzione del diritto. È questo il dato dal quale partono i saggi raccolti in questo volume. Ciò che essi pongono a tema non e soltanto il senso delle trasformazioni che investono la produzione giuridica contemporanea, ma il modo attraverso il quale il diritto può essere pensato come una delle chiavi di volta di una nuova istituzionalità. Al centro del libro un dialogo tra Antonio Negri e Gunther Teubner: una discussione che esplicita una serie di nodi teorici di ""Impero"""", """"Moltitudine"""" e """"Comune"""". E poi una serie di contributi di giuristi e studiosi del diritto che pongono a tema potenzialità e limiti del """"costituzionalismo societale"""" e senza Stato di Teubner, discutono la nozione di """"comune"""" e verificano sul terreno la tenuta dei concetti fondamentali del diritto: stato, proprietà, governo, rappresentanza, pubblico/privato, amministrazione, costituzione."" -
Fabbriche del sapere, industrie della creatività
Lungi dall'essere solo luoghi di sfruttamento, di precarizzazione e di auto-precarizzazione, i mondi del lavoro cognitivo e intellettuale, creativo e artistico appaiono come terreni sui quali sorgono nuove forme di resistenza e di organizzazione, nuovi modi d'essere e di esistere. Nuove forme di soggettivazione e di lotta nascono dai recenti movimenti di occupazione: dall'onda anomala italiana alle occupazioni universitarie nel 2009, dai movimenti di occupazione del 2011 al movimento occupy, dalla casbah di Tunisi a piazza Tahir al Cairo, dal movimento M-15 in Spagna alle occupazioni del Boulevard Rothschild a Tel Aviv. In questo contesto, la fabbrica del sapere appare come il luogo in cui si addensano tutte queste esperienze, il luogo in cui si afferma un'industriosità creativa, selvaggia, disobbediente, ""mostruosa"""". """"La scrittura di Raunig si muove su quel terreno che si stende dai Mille plateaux di Deleuze-Guattari fino alle costituzioni del postoperaismo ed ivi produce modulazioni ricche e articolate della critica del potere e inaugura nuove linee di fuga, diserzioni, dialettiche di nuovi mondi, riterritorializzazioni creative..."""" (Antonio Negri)."" -
Flessibilità. Retoriche e politiche di una condizione contemporanea
Si dice spesso che la flessibilità, se accompagnata da tutele contro la precarietà, ci renderebbe più liberi, coltivando la nostra capacità di affrontare continui cambiamenti. Ma le storie di donne e uomini flessibili raccontano qualcosa di molto diverso: ciò che più facilmente accade, quando della stabilità non si può fare esperienza, è l'impossibilità di fare del mutamento un progetto. La flessibilità di cui qui si parla non è un concetto astorico e astratto, ma un fenomeno caratteristico della modernità postfordista e neoliberista. Si tratta, a ben vedere, di un insieme di discorsi e pratiche che indeboliscono il valore formativo e trasformativo dei percorsi di apprendimento, lavorativi e sociali. Questo ""dispositivo"""" non coltiva ma espropria la capacità di cambiare se stessi e il mondo, colonizzando la vita delle persone e intralciando i percorsi di soggettivazione critica. La flessibilità, potremmo anche dire, ci rende sempre meno cittadini. Il lavoro di Ilaria Possenti indaga sia le premesse teoriche (da James, Dewey e Bourdieu, ad Arendt, Marx e Ricoeur, a Simmel, Bateson e Bauman), sia le implicazioni pratiche del dispositivo di flessibilità (da Sennett e Gallino, ai documenti europei sull'""""occupabilità"""", la """"flexicurity"""" e il """"lifelong learning""""), mettendo in questione anche grandi narrazioni come la """"modernità liquida"""" e la """"fine del soggetto""""."" -
Fanon postcoloniale. I dannati della terra oggi
Da qualche anno a questa parte, il pensiero di Frantz Fanon è tornato alla ribalta dello scenario intellettuale internazionale. Come interpretare questo nuovo interesse per un autore considerato, fino a non molto tempo fa, inevitabilmente segnato da una stagione politica e culturale oramai chiusa (quella delle lotte per la decolonizzazione e del terzomondismo)? È chiaro che tanto nell'opera quanto nella sua figura vi è ancora un qualcosa di irrisolto che continua a interrogarci e a sollecitare il nostro pensiero. È questa la ragione della loro centralità all'interno di alcune delle correnti di studio più importanti emerse nel panorama internazionale degli negli ultimi anni, dagli Studi postcoloniali e culturali ai Subaltern Studies. Il volume, che raccoglie gli interventi di alcuni tra i più noti studiosi italiani e internazionali dell'opera di Fanon, si propone come un contributo a una reinterpretazione de ""I dannati della terra"""" a più di cinquant'anni della sua pubblicazione. Da diversi punti di vista e a partire da diversi approcci disciplinari, gli autori si interrogano sull'attualità di uno dei classici del pensiero politico del XX secolo, in un mondo ancora dominato sia da logiche globali di subordinazione razziale e coloniale, sia da movimenti insurrezionali che ci ricordano l'urgenza di un reale processo di decolonizzazione nell'elaborazione di saperi e politiche finalmente liberi e ugualitari.."" -
Genealogie del futuro. Sette lezioni per sovvertire il presente
La rilettura di Marx compiuta dall'operaismo italiano a partire dalla fine degli anni Cinquanta è ormai riconosciuta sul piano internazionale come una pietra miliare del pensiero critico e radicale. E tuttavia, per ripensare a fondo, perfino da capo, concetti e categorie storicamente determinate, è necessario possederli interamente. La libertà di sperimentazione, un nietzscheano elogio dell'assenza di memoria, diventano infatti produttivi solo se capaci di un machiavelliano ritorno ai princìpi, nel quale un metodo comune sia tutt'uno con una prassi sovversiva. Le lezioni raccolte in questo volume si svolgono perciò a partire dalle principali categorie concettuali che conducono a tale ritorno ai princìpi: Adelino Zanini fornisce un'introduzione alla critica dell'economia politica di Marx; Sandro Chignola si occupa di Stato e costituzione; Antonio Negri percorre la storia dei movimenti dagli anni Sessanta a oggi; Christian Marazzi analizza le questioni della moneta e del capitale finanziario; Alisa Del Re tratta il rapporto tra produzione e riproduzione nella critica femminista; Sergio Bologna spiega il significato della categoria di composizione di classe; Federico Chicchi e Salvatore Cominu esaminano gli strumenti dell'inchiesta e della conricerca. Il libro costituisce un'utile cassetta degli attrezzi al servizio di studiosi e giovani lettori attenti al pensiero critico. -
Costruire una nazione. Politiche, discorsi e rappresentazioni che hanno fatto l'Italia
Che cos'è l'Italia? Che cosa significa essere italiano? E chi decide chi lo è o non lo è? Queste, in sostanza, le domande di fondo, per nulla retoriche nel rarefarsi dello Stato-nazione, a cui intende rispondere l'originale lavoro collettivo presentato in questo volume. Dall'inclusione delle terre irredente ai propositi di rigenerazione nazionale del fascismo, dalle politiche migratorie a quelle sull'immigrazione degli ultimi decenni, dagli anni del boom economico al consumismo degli anni Novanta del Novecento, lo Stato e la nazione assumono significati che vengono costantemente messi in discussione, ridefiniti e modificati in relazione a specifiche esigenze politiche, economiche e sociali del momento. Seguendo le sollecitazioni offerte dall'idea di nazione in quanto frutto di un processo di costruzione, invenzione e costante ridefinizione, i saggi qui raccolti intendono spostare l'attenzione su quelle costruzioni discorsive (narrazioni, simboli, personaggi e comportamenti di solito registrati in modo acritico) che contribuiscono a tracciare i confini e i caratteri dell'Italia e dell'italianità, per analizzare come la loro produzione sia legata a dispositivi e istituzioni di potere. Vengono quindi analizzati i diversi prodotti culturali per interrogarne il senso, il contesto in cui sono utilizzati e le ricadute sociali e politiche. -
La Tarantina e la sua «dolce vita». Racconto autobiografico di un femminiello napoletano
"D'improvviso la guerra ci sembrò lontana, ci scrollammo di dosso la polvere, la fame, la fatica del dopoguerra, per la prima volta alzammo gli occhi e guardammo avanti. Il peggio era finito. A quei tempi Roma era una calamita, tutti sognavano di vivere nella città del cinema, delle star, la capitale dell'eleganza e della modernità di cui leggevamo sui rotocalchi: e il miraggio era a portata di mano, proprio lì, a pochi chilometri di distanza"""". Protagonista della """"dolce vita"""" romana, indiscussa regina dei Quartieri Spagnoli, amata e corteggiata. La vita della Tarantina è stata certo tutto questo, ma non solo. Come molti altri """"femminielli"""" della sua generazione o delle successive, la sua è stata anche un'esistenza faticosa, fatta di dolorosi rifiuti (in particolare da parte della famiglia e della comunità di origine), di precarietà e disperazione, di carcere e sogni infranti. Dal suo racconto senza veli e ricco di incontri spesso inaspettati, esce il ritratto a tutto tondo e a tinte forti di una persona che ha vissuto con coraggio e ostinazione, alla ricerca della felicità, senza mai negare se stessa. Coraggio e ostinazione che ancora oggi, alla soglia degli ottant'anni, non sembrano affatto averla abbandonata - come già testimonia questo suo raccontarsi in pubblico." -
La forza del vero. Un seminario sui corsi di Michel Foucault al Collège de France (1981-1984)
L'ultima fase della ricerca teorica e filosofica di Michel Foucault inaugura un cantiere ""greco"""" e tardoantico. L'archivio di testi sui quali egli lavora è fatto di scritture filosofiche maggiori (Platone, Aristotele, la tragedia) e solo apparentemente minori (gli stoici,i cinici). Per molti dei suoi interlocutori di allora, questa scelta apparve un ripiego o un fallimento: l'elaborazione della sconfitta politica del progetto complessivo di Foucault. Questi """"Corsi"""", la cui edizione è tutt'ora in corso, vanno invece valutati per quello che sono: il più avanzato laboratorio di una ricerca teorica e politica che - nelle parole dello stesso Foucault - non ha mai avuto ad oggetto il potere, quanto piuttosto i dispositivi di produzione della soggettività."" -
memoria dei senzanome. Breve storia dell'infimo e dell'infame
Ci sono storie che appaiono all'improvviso, per riconsegnarsi subito dopo alla latenza da cui sono emerse. Sono storie di vite sommerse, di naufragi, e di tutti quegli squarci che si aprono sul volto di un'epoca. Eventi come il sollevamento popolare contro il muro di Berlino o le rivolte nelle periferie di tutto il mondo mantengono, da qualsiasi parte li si guardi, un carattere sfuggente, inafferrabile. Per quanto possano apparire inesistenti e marginali, per quanto la loro istanza possa sembrare residuale o risolversi in una sconfitta, sono proprio eventi di questo tipo a costituire la condizione fondamentale del nostro stare in comune. In loro parla quanto una società cancella abitualmente dal proprio orizzonte, sottraendo così alle vite lo spazio a loro disposizione: parlano la disfatta e il contrattempo, le rivolte minori e le resistenze anonime, e parlano come una risorsa, forse l'unica che sia rimasta. Una memoria dei senzanome s'incarica di riscoprire questo spazio che ci è stato sottratto e i modi della sua invenzione. La sua è una lingua intessuta dell'urgenza del tempo. Per oscura che sia la sua forza di contestazione, di rifiuto o di dissidenza, essa testimonia di un'emergenza in atto. Che siano popoli o singoli a incaricarsene, è la loro esperienza di libertà a segnare il tempo. Ciò che in ogni singola vita resta senzanome, costella il presente e preannuncia un avvenire incerto e insieme prossimo. -
Inchiostro d'Africa. La letteratura postcoloniale somala fra diaspora e identità
Di fronte alla necessità di non dimenticare le responsabilità coloniali italiane, questo lavoro, che solo apparentemente potrebbe sembrare di settore - lo studio della letteratura somala postcoloniale scritta in italiano -, si inserisce in un filone di ricerca che negli ultimi anni, con diversi approcci, intende esplorare un passato ingombrante e per molto tempo sottaciuto, ponendo il nostro Paese di fronte a una delle pagine più nere della sua storia, nel tentativo di misurarsi, non solo con la sua rimozione e la sua memoria, ma anche con le problematiche aperte dall'attuale immigrazione e dai suoi riflessi sull'identità nazionale. Ma che cosa caratterizza la produzione letteraria postcoloniale somala in italiano degli ultimi due decenni rispetto alle altre letterature postcoloniali, dal punto di vista sia storico che testuale? In particolare, il suo modo di porsi di fronte al tempo e alla storia, allo spazio e al luogo; l'emergere di un soggetto somalo diasporico; l'attenzione che gli autori e le autrici dedicano alle relazioni di genere, all'""ingombrante"""" assenza dei padri e al rapporto con il proprio corpo. A questo proposito, dopo aver enucleato questi elementi, l'autrice si sofferma sul tema delle """"female genital cutting"""", che costringe a confrontarsi a livello globale con uno dei più controversi valori occidentali, ossia l'inviolabilità del corpo umano."" -
Metamorfosi e potere. Il conflitto vitale tra Canetti e Adorno
Nel marzo del 1962, Theodor W. Adorno, filosofo e sociologo tra i più importanti della Germania del secondo dopoguerra, intervista alla radio Elias Canetti, futuro premio Nobel per la letteratura, sui temi principali del suo trattato socio-antropologico ""Massa e potere"""", pubblicato nel 1960. Quella che in apparenza potrebbe presentarsi come una pacifica trasmissione informativa su di una novità editoriale, in realtà nasconde un vero e proprio conflitto tra i due protagonisti sul significato da attribuire a fenomeni e concetti, così determinanti per il destino del XX secolo, quali """"massa"""" e """"potere"""". A svolgere un ruolo decisivo sulle sorti del confronto sono le performance di Adorno e Canetti. Nei loro comportamenti radiofonici, in effetti, si trovano coinvolti paradigmi sociologici, modelli di lavoro astratto, funzioni e usi dei media. La radio e il suo linguaggio, così, se da un lato diventano l'arena dello scontro, dall'altro finiscono col rappresentarne la reale posta in gioco, a dimostrazione che, nelle società a capitalismo avanzato, le lotte politiche si vincono solo sapendo comandare sui mezzi di comunicazione di massa. Una lotta per il potere che Adorno conosceva molto bene e che Canetti imparerà a sue spese. Di questa intervista, di cui si ripropone la trascrizione integrale, il lavoro di Denunzio intende dunque restituirne la natura comunicativa.""