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Ancora tre indagini per il Commissario Montalbano: La voce del vi...
Il secondo volume delle inchieste di Montalbano. Il metodo del commissario più celebre d'Italia si affina: annusare, raccogliere, intuire, collegare, simpatizzare e antipatizzare. In questo volume. La voce del violino: Una giovane che vive in periferia, un artista appartato, un assassinio. A collegarli, un prezioso violino, scopre Montalbano, la cui vita privata si complica e la cui tranquillità vacilla perché c'è una decisione da prendere. La gita a Tindari: Un triplice omicidio è avvenuto, un dongiovanni che vive al di sopra dei suoi mezzi e due anziani. Montalbano indaga tra i vecchietti. Indimenticabile e leggendaria la galleria dei pensionati in gita al santuario. L'odore della notte: ""Sì, a seconda dell'ora la notte cangia odore"". Un caso anomalo, in cui il cadavere spunta in un secondo tempo e Montalbano si intrufola non essendo titolare dell'inchiesta: la scomparsa di un finanziere truffatore che sembra uscito dalle cronache. Mentre Augello si sposa e il commissario si sente vecchio. -
Barbara
Siamo alla fine del Settecento. Barbara della nobile casata dei Grebe, sposa il borghese Edmund Willows, conquistata dalla sua straordinaria bellezza. È quella, e solo quella, ad accendere la passione della giovane donna. Poco dopo le nozze il marito parte per un viaggio in Europa e Barbara, per ricordarsi delle fattezze splendide fa eseguire un ritratto marmoreo del marito per tenere desta la sua passione. Mentre è sulla via del ritorno Edmund rimane orribilmente sfigurato in un incendio scoppiato a Venezia. Torna a casa con il viso protetto da una maschera di seta ma Barbara non regge alla vista di quella deformazione: il suo grido di orrore allontana il marito per sempre. A questo punto entra in scena Lord Uplandtower che riesce a sposare Barbara convinto di riuscire a farle dimenticare il bellissimo Edmund. Ma si sbaglia: Barbara è come presa da un'ossessione; notte dopo notte la statua del primo marito riceve gli abbracci di colei che non è più sua moglie. Quella follia è, secondo Lord Uplandtower, un autentico adulterio e con un colpo di teatro degno del grande sadico quale egli è, fa confezionare a sua volta, come l'anonimo scultore che a Pisa aveva riprodotto con tanta verosimiglianza il corpo di Willowes, una copia conforme di quel corpo violato dal fuoco, costringendo Barbara a contemplare la statua sfigurata. -
La sponda dell'utopia
Gli anni fervidi e appassionati del rivoluzionario Bakunin, del filosofo Herzen, del critico Belinskij, del romanziere Turgenev. Il quartetto dell'intellighenzia della remota Russia dispotica venuto a infervorare l'Ottocento europeo, con la foga delle idee e i dibattiti accaniti. Il drammaturgo Tom Stoppard li mette in scena penetrando attraverso le pieghe umane nella nebulosa delle nascenti idee che avrebbero toccato i nervi di due secoli. L'intellighenzia russa fu un'energia trascinante: così, intorno alla cerchia dei quattro amici, prende voce e azione la costellazione umana delle barricate liberali, radicali, socialiste. In più o meno tutti, i cospiratori compaiono sul palcoscenico di casa Bakunin o di casa Herzen: c'è Marx, Mazzini, Louis Blanc, Ledru-Rollin, Kossuth, Arnold Ruge, Cemysevskij, più la folla degli eroi d'un momento, intellettuali anonimi, comparse. È la sponda dell'utopia; sull'altra sponda giganteggia la personalità di Aleksandr Herzen: e forse la trilogia di Stoppard può vedersi come la storia umana della presa di coscienza di questo ardito anticipatore dell'antitotalitarismo. ""La sponda dell'utopia"" si articola in tre tempi: ""Viaggio"", dal 1833 al 1844, nella tenuta russa dei Bakunin (quando Michail e gli amici Belinskij, Herzen e Turgenev sono intorno ai vent'anni); ""Naufragio"", nell'esilio tra il 1846 e il 1852, a Parigi (del 1848), Dresda, Nizza; ""Salvataggio"", nell'emigrazione dal 1853 al 1868, a Londra e Ginevra. -
A scuola con Leonardo Sciascia
È un Leonardo Sciascia divertito osservatore del mondo cui non risparmia irriverenti ironie e grafitanti parodie, l'adolescente che ci viene incontro da questi ricordi di Stefano Vilardo (Delia, 1922, ""Tutti dicono Germania Germania"", Sellerio 2007, il suo libro più noto). Stefano gli fu compagno di banco dall'anno scolastico 1936-37 e poi per tutta la vita, conoscendone subito la passione letteraria, la cinefilia al limite dell'erudito e l'amore per le burle contro ogni superbia; e in questa intervista, raccolta da Antonio Motta (con Sellerio ""Bibliografia degli scritti di Leonardo Sciascia"", 2009), ne racconta la prima formazione, il precoce antifascismo libertario ed episodi cruciali della vita privata intellettuale. -
Persone speciali
I ritratti dei grandi protagonisti della società dello spettacolo italiano nel dopoguerra. Masolino d'Amico, l'autore, ha avuto il privilegio (lui figlio e nipote di altri protagonisti del teatro della musica e del cinema) di guardare i giganti, per così dire, negli occhi: Anna Magnani e le sue ""lune"" (rarissima, forse unica amica con cui non aveva mai litigato era proprio la madre di Masolino, Suso Cecchi d'Amico); l'esprit de l'escalier che frenava Ennio Flaiano nel parlare, pur essendo maestro di giochi linguistici; il carisma di Visconti perfino nel potare le aiuole; lo stile davvero principesco di Burt Lancaster; l'identità tra Sordi e il suo personaggio dello schermo; l'angelica astrazione di Nino Rota; Panelli sulla spiaggia di Castiglioncello improvvisatore di sketch migliori che in televisione; Rina Morelli attrice naturale e il suo opposto Paolo Stoppa studiato anche nel guardaroba; e così per tanti altri con cui la familiarità si univa però sempre alla consuetudine creativa e al più serio fervore artistico. Senza fanatismo, senza timidezza, senza curiosità morbose, ma anche senza la frivolezza della mondanità. Per cui sono ritratti segnati da una naturalezza e venati di una umanità immediate: che Andrea Camilleri, con sintesi calzante, nella sua introduzione definisce ""gioia"". -
Maggio '43
""I ricordi di chi mi parlava, relativi a quel periodo, erano vividi e precisi - scrive l'autore nella Nota al volume -. Erano tutti giovani, allora. Alcuni erano proprio piccirìddi. C'era la vita che pulsava dentro le vene, fanculo il mondo in guerra, vivere era una urgenza, sopravvivere non poteva bastare. Anche nella miseria ci si industriava per lavarsi l'unico vestito buono, per improfumarsi con i fiori dei campi, per ottenere un appuntamento all'ombra della magnolia e scambiarsi un bacio davanti al mare. C'era tutta la vita da vivere sotto un bombardamento. Per me fu una rivelazione ascoltarli, nelle loro parole trionfava l'ironia. Fuori, il mondo urlava la propria ferocia e loro lo fottevano contrapponendogli la giovinezza, godendosi i primi amori, giocando, guardando con misericordia le miserie degli adulti. Questa fu la chiave di volta per scrivere Maggio '43. Sarebbe stato un ragazzino a raccontare tutto: Gioacchino, il piccolo protagonista, ha dodici anni"". Il 9 maggio del 1943 la città di Palermo subì un bombardamento aereo che distrusse parte del centro storico. Nel ""cunto"" di Davide Enia, il ricordo della catastrofe viene scolpito nei quadri dell'avventuroso attraversamento della grande devastazione da parte di tre parenti che cercano di beffare la fame. Zu Cesare, Umbertino, il piccolo Gioacchino (con dietro la corte dei miracoli della famiglia a carico) sembrano gli eroi classici di una leggenda popolare, tre maschere antiche. Con una nota di Emma Dante. -
Guida pettegola al Settecento francese
Il gossip, sostiene l'autrice di questo libro, è nato in Francia, nel Settecento illuminista. Inteso come sistema del pettegolezzo, cioè la maldicenza e l'indiscrezione inserite in una rete ben organizzata di informazione e comunicazione ad uso innocente o perverso della gente alla moda. Sia per sapere i segreti degli altri o inventarseli, sia per far parlare di sé comunque. Lo dimostra questa inchiesta tra le centinaia di ""rumors"" o di ""bruits"" che questo libro raccoglie, cataloga per argomento e inquadra nel tempo nello spazio e nei protagonisti. Erano notizie brevissime e senza sottintesi, che venivano pubblicate in libretti e altre forme: ""Espions"", ""Chroniques"", ""Gazettes scandaleuses"". Ed esistevano addirittura allora, come oggi le agenzie, bollettini specializzati che li rifornivano. La curiosità vivissima verso di loro tra il pubblico era accesa dal fatto che mancavano giornali, l'informazione non era libera né fluida, di contro alla novissima aria di libertà che circolava, soprattutto tra le donne. Non mancava a volte la volontà di colpire un avversario, in un'epoca in cui i canali istituzionali non erano adeguati allo scopo (un po' come oggi i blog rispetto all'insufficienza della stampa e delle rappresentanze politiche). Toccano naturalmente tutti i campi, con preferenza per sesso, potere, carriera e gloria. E tutti gli ambienti interessanti, dalla corte in giù. -
Storie dalla città eterna
C'è un drago al Corviale, il quartiere della periferia di Roma detto dagli abitanti ""il Serpentone"", un vero lucertolone, grande un intero appartamento, che terrorizza tutti. Con questa fiaba di Antonio Manzini si apre l'arazzo con cui sei scrittori raffigurano Roma. Racconti che si possono leggere anche seguendo la traccia fiabesca. La Stazione Termini, secondo Fabio Stassi, diventa un luogo magico e reale, che incanta ""l'eterno andare solitario per il mondo"". A Trastevere, racconta Chiara Valerio, scende un marziano che agisce in base al passato come noi facciamo in prospettiva del futuro, e vede oltre la luce visibile agli umani: si insinuerà misterioso nella vita di una ragazza. Giordano Tedoldi immagina un amore adolescente tra Monteverde Vecchio e il Vaticano, che esce dalle vecchie mura di un liceo clericale e si immerge nella libertà del colonnato del Bernini. Nel racconto di Gianni Di Gregorio, è lo squallore della periferia che diventa un balcone da cui osservare il globo: Roma caput mundi di tre ""poracci"" d'oggi che progettano una vita alla grande in un paradiso per pensionati miseri. Quella inventata da Giosuè Calaciura è un'avventura di barbari: una banda di ladri ragazzini si tira dietro un bambino ""per bene"" che sta diventando cieco, il quale per un giorno vede con i loro occhi una specie di città tardoimperiale, preda molle e meraviglia. -
L'attentato
""L'attentato"" non è un romanzo sul terrorismo, per quanto ne sia pervaso dall'inizio alla fine: non è sulle circostanze ideologiche o storiche di esso; sulla giustizia o il torto di una causa, benché alcune pagine incancellabili pongano il lettore nel mezzo della tragedia palestinese. È un romanzo, lucido e lacerante, sulla paranoia che il terrorismo genera quando diventa orrore quotidiano; quando non è esterno ed estraneo, ma si pone come alternativa esistenziale con cui ciascuno deve, nessuno escluso, fare i conti. Amin Jaafari è un chirurgo di Tel Aviv, figlio di beduini naturalizzato israeliano, ottimamente integrato nel successo di una carriera costruita per mezzo del ""sedurre e rassicurare"", in cui ""ogni successo era un'offesa al loro rango"". Un attentato di kamikaze vicino al suo ospedale conduce alle sue cure feriti su feriti e arrivano, insieme ad essi, gli agenti dei servizi segreti che arrestano Amin e cominciano a interrogarlo per giorni. Sihem, la bella, intelligente, ammirata moglie di Amin è tra le vittime ma porta sui resti i segni di essere lei l'attentatrice. Pressioni degli investigatori e intimidazioni della gente non convincono il medico. Liberato, giorni dopo, scopre a casa la prova dell'incredibile: è lei l'attentatrice. Così inizia un'indagine personale: ""voglio sapere chi ha indottrinato mia moglie, l'ha bardata di esplosivo"" ma soprattutto perché ""non sono stato capace di farle preferire la vita"". Già pubblicato con il titolo ""L'attentatrice"". -
Storia di Maria Antonietta
«Una donna, una donna del diciottesimo secolo che ama la vita, i divertimenti, le distrazioni, come li ama e li ha sempre amati la gioventù della bellezza. Una donna un po' vivace, un po' pazzerella, un po' beffarda, un po' sventata, ma una donna onesta, pura, che non ha mai avuto - secondo l'espressione del principe di Ligne - che ""una civetteria di Regina di piacere a tutti""». Poco amata, spesso vituperata, per lo più considerata frivola, gli storici non sono stati teneri con Maria Antonietta. Invece, i Goncourt hanno il grande merito di radicare la sua vita nel secolo in cui visse. La storia, per i due fratelli del naturalismo francese, deve scendere dal suo piedistallo di razionalità o di disegno della provvidenza. La raccontano dall'interno, dai sentimenti: essa diventa «inchiesta sull'uomo» e curiosità per i ritratti illustri. Rovistando nella immensa quantità di cronache e di vicende, per ricostruire il documento preciso di una esistenza. Così con Maria Antonietta, la giovane moglie di Luigi XVI, morta nel 1793 sulla ghigliottina, dopo il marito: ma mentre il re fu mandato al patibolo in carrozza coperta e a mani libere, lei vi fu trasportata sulla carretta con i capelli rozzamente tagliati e le mani legate. E oltre il giudizio sulla controversa sovrana - che è di piena assoluzione, tanto da conquistarle la simpatia immediata del lettore - ciò che conta per i due infaticabili eruditi dell'Ancien Régime è di entrare dentro le stanze e gli ambienti, nei momenti intimi di una corte decadente e feroce. «Cerchiamo di mostrare i caratteri, le abitudini, il modo di vivere dei principi e delle principesse coi quali ella deve vivere, le simpatie e le antipatie che necessariamente incontra. Questo quadro è importante per la giustizia storica». -
Federico il Grande
Vita e avventure di Federico II, re di Prussia: ribelle, amante della musica e delle lettere, amico dei filosofi. Figura, contraddittoria, enigma sfuggente, e quindi soggetto ideale per una biografia. rnrnDa giovane era stato il figlio ribelle e avventuroso di un padre violento e militarista; amava la musica, suonando e componendo con estro; leggeva instancabilmente, e la conversazione con i filosofi era nella sua giornata la cosa più importante; dichiarava il re «il primo servitore dello Stato» e la «corona un cappello che lascia passare la pioggia». Eppure, in una politica europea già spregiudicata, Federico il Grande inaugurò un cinismo aggressivo, strumento della volontà di potenza entrata – secondo alcuni storici – nei geni maligni dell’Europa futura; era sleale e ingrato, «il malvagio uomo» lo chiamava Maria Teresa d’Austria. Si reputava un philosophe innanzitutto: strano philosophe che disprezzava l’umanità. Figura doppia, contraddittoria, enigma sfuggente, e quindi soggetto ideale per una biografia.rnAlessandro Barbero – storico, storico militare, premiato scrittore di romanzi storici, curatore di programmi culturali in televisione – parte dal dettaglio della vita quotidiana del monarca prussiano, per condurre il lettore a riflettere su cos’è la grandezza nella storia, e cos’era nel Settecento la grandezza. In un procedere incalzante e pieno di brio, come una conversazione, che rende l’esattezza del saggio seducente quanto un bel racconto. -
Crescere con i libri. Rimedi letterari per mantenere i bambini sa...
Un nuovo prontuario, dalla A alla Z, ricco di consigli letterari per bambini di ogni età ideato dalle autrici del bestseller Curarsi con i libri: rimedi letterari per ogni malannornrn«Colto, creativo, godibile... da consigliare a quei genitori troppo impegnati e angosciati dal ""terrore per gli acquisti di Natale""» – TelegraphrnrnDal bullismo alla tempesta ormonale, dalla paura dei fantasmi ai problemi con i genitori, ci sono occasioni in cui un libro è in assoluto il rimedio più efficace. Forse perché il modo migliore per aiutare i bambini a superare un momento difficile è invitarli a leggere una storia che parli proprio di loro. I libri riescono ad affrontare problemi complessi ed emozioni profonde con trascinante allegria, con l'obiettivo di far provare qualche brivido ma anche, in ultima analisi, di rassicurare. In questa nuova opera le biblioterapiste Ella Berthoud e Susan Elderkin consigliano i testi più belli – a partire dai libri illustrati fino ai romanzi per ragazzi, attraversando il mondo dorato delle favole – per la bambina timida e presa in giro, per il ragazzino che non riesce a dormire, per la teenager che vuole essere indipendente, per chi ha il singhiozzo o ha subito una delusione d'amore, o semplicemente per tutti coloro che sono indecisi sulla prossima lettura. Allo stesso tempo Crescere con i libri si rivela prezioso per gli adulti che si trovano nell'invidiabile posizione di dover scegliere cosa regalare ai loro piccoli: genitori, nonni, padrini e madrine, amici, insegnanti, bibliotecari, librai, zii vicini e lontani. Organizzato come un dizionario medico, a ogni «malanno» viene accostata una cura, sotto forma di una storia, di un racconto breve, di una saga, il tutto suddiviso per età e complessità, dagli albi illustrati per i piccolissimi fino ai libri più adulti per gli studenti delle scuole superiori. Ricco di elenchi e liste utilissime, vi si scoprono i classici senza tempo e i titoli più moderni e contemporanei, famosi o meno. Crescere con i libri è il compagno ideale per iniziare i giovani lettori a uno dei grandi piaceri della vita. -
Tokyo soundtrack
Tokyo Soundtrack racconta la felicità del paradiso terrestre, il linguaggio del corpo e della libertà, e poi la collera politica, la frustrazione, la rivolta, in quello che è un romanzo di formazione del XXI secolo. rnrn«Furukawa è uno dei pochi autori al mondo ancora capaci di scrivere romanzi incredibili, diversi e originali» - Natsuo Kirinornrn«Discepolo di Murakami Haruki, Furukawa ama anche lui scivolare dal realismo più dettagliato al fantastico più vertiginoso. […] È difficile non essere trascinati da tanto virtuosismo» - Le Monde del LivresrnrnIn una Tokyo tropicale e surriscaldata, la natura non ha più regole. I ciliegi sono sempre in fiore, zanzare e insetti trasmettono ogni tipo di malattia tropicale. Anche il clima politico è ostile, la suscettibilità verso gli stranieri è altissima, l’immigrazione clandestina, che ha cambiato il volto della società, è da combattere a ogni costo.rnNella metropoli sono giunti un ragazzo e una ragazza che hanno in comune un passato straordinario. Sono riusciti a sopravvivere su un’isola deserta, grazie al loro istinto e a un’intuizione profonda dei ritmi e delle regole della natura. Riportati alla civiltà, le loro vite prenderanno strade diverse, ma finiranno per convergere di nuovo nel caos elettrizzante e tossico di Tokyo. Lei, travolta dalla passione per la danza, diventerà una studentessa ribelle e carismatica; l’altro, solitario e introverso, vivrà una vita sotterranea tra immigrati e clandestini. A loro si accosterà Leni, di origine libanese, e prima da soli e poi assieme i tre ragazzi vorranno segnare una strada nuova e imporre la loro diversità a un mondo condannato a un doloroso e inarrestabile declino.rnTokyo Soundtrack racconta la felicità del paradiso terrestre, il linguaggio del corpo e della libertà, e poi la collera politica, la frustrazione, la rivolta, in quello che è un romanzo di formazione del XXI secolo. Affronta temi contemporanei, l’identità sessuale, le migrazioni, il rapporto tra tecnologia e natura, all’interno di una narrazione in cui realtà e immaginazione, racconto realistico e fantastico, non vogliono più distinguersi, perché strumento massimo di libertà nella nuova e instabile sensibilità letteraria di questi anni. -
Sentieri neri
Finalista sezione narrativa straniera Premio Gregor von Rezzori 2019 Attraversare a piedi la Francia, in diagonale, da sud-est a nord-ovest, per guarire se stessi. È questa la nuova sfida, la nuova avventura, di Sylvain Tesson.rnrn«Se me la cavo, traverso la Francia a piedi». Tesson è ricoverato in un letto d’ospedale, il corpo in frantumi a causa di una caduta di otto metri che poteva costargli la vita. In quel letto rimarrà per mesi, ed è lì che è nata la promessa da cui è scaturito questo libro. Un anno dopo, al posto di una canonica riabilitazione in un centro specializzato, Tesson si mette in movimento nonostante i chiodi nella schiena e una paralisi facciale non ancora recuperata. La bocca gli pende da una parte e un occhio gli sporge dall’orbita, i ragazzini lo guardano con stupore mentre affronta il cammino. Si è messo in testa di seguire un precetto di Pessoa: «Della pianta dico “è una pianta”, Di me stesso dico “sono io”. E non dico nient’altro. Che altro c’è da dire?». Nel corso di questo viaggio solitario e sorprendente, compiuto tra l’agosto e il novembre del 2015 partendo dalla Provenza per arrivare in Normandia, Tesson racconta un paesaggio impervio e sconosciuto che si rivela percorrendo vie secondarie ignote ai più, sentieri neri che sembrano ingressi nascosti e segreti a un altro mondo, dove dileguarsi e scomparire. Camminando Tesson osserva la natura sottratta all’invadenza dell’urbanizzazione e all’arrivo della tecnologia, scopre il silenzio degli insetti lì dove l’agricoltura intensiva ha ridisegnato il paesaggio, ascolta gli animali nella notte, e in fondo rifugge gli uomini. Dalle sue pagine e dalla sua ispirazione la Francia di campagna, la Francia profonda – un territorio ormai a tratti abbandonato – emerge come un luogo carico di vitalità, persino tumultuoso. E in giro sbucano i segni e i messaggi di chi ha fatto scelte radicali, resistendo al tempo che fugge: «Accetto solo pane secco e libri»; «Qui non c’è il wi-fi ma abbiamo del vino». A fargli compagnia, è un suo marchio di fabbrica, sono i libri. Filosofi, poeti, studiosi, da Agamben a Jean Giono, che gli danno l’occasione di ripensare alla vita, alla propria morte, di conquistare di nuovo se stesso attraverso un farmaco faticoso ma efficace: camminare, leggere, ragionare. Aprire gli occhi. -
Repertorio dei pazzi della città di Palermo
Una elencazione ragionata dei soggetti eccentrici che hanno popolato Palermo da due secoli a questa parte, ciascuno inventariato con la sua mania, le sue imprese e il destino che gli è toccato in sorte. Ritratti fulminei, microracconti, biografie minimali governate dalla ferrea logica dell'assurdo. Il risultato è un sorriso fra le lacrime, il malinconico divertimento che induce a riflettere anche sulla propria esistenza. Classificando se stesso fra i suoi matti, Roberto Alajmo spiega come queste storie siano state raccolte e si siano sedimentate l'una sull'altra, nel corso del tempo, così come fanno i coralli marini: «Uno faceva collezione di storie eccentriche. Ne trovò una e la mise da parte. Poi ne trovò un'altra, e così via. Quando ne raccolse un certo numero, ne fece un libro. Ma l'uscita del libro fece sì che altre persone venissero a raccontargli le storie che conoscevano». Attraverso queste figure si può ascoltare il cuore della città. Sono bottegai, vagabondi, artisti, donne di casa, avventori di taverna, artigiani di mestieri in via di sparizione, parecchi aristocratici. Raro è il deragliamento della classe media, ma quando avviene è disperato: «Cinque erano, madre e quattro figlie, che abitavano in via Giusti. Una di loro ogni tanto si faceva il bidet sul balcone e poi gettava l'acqua di sotto. Si erano divise i compiti di casa in maniera rigorosa: una stirava, una cucinava, una faceva la spesa, una faceva il bucato e una, che indossava sempre i guanti di gomma, puliva. Scendevano in strada solo la sera per gettare la spazzatura. In pigiama, tutte e cinque assieme». -
Hotel Tito
Acclamato come uno dei maggiori romanzi sulle guerre jugoslave, Hotel Tito inventa lo sguardo di una bambina che vive la propria infanzia, tra ingenuità e consapevolezza, come un'avventura drammatica e appassionante.rnrnÈ il 1991, e a Vukovar, sulle sponde del Danubio al confine tra Croazia e Serbia, sta arrivando la guerra. Una famiglia, due figli, l'improvviso irrompere della violenza, la fine di ogni sicurezza. I genitori nascondono alla bambina e al ragazzo la gravità della situazione e preferiscono tenerli lontani e al sicuro, mandandoli da soli al mare, in vacanza. Alla fine dell'estate anche la madre li raggiunge e da qui in poi la loro trasferta si trasforma a poco a poco in esilio. Vukovar viene devastata e non si ricevono più notizie del padre scomparso durante l'assedio da parte della milizia serba. I tre alloggiano all'Hotel Zagorje, un albergo costruito a Kumrovec, città natale di Tito, sede negli anni '70 della Scuola del Partito Comunista, da loro ribattezzato «Hotel Tito». È un campo esuli e un asilo di protezione per chi è riuscito a sottrarsi al conflitto, e la bambina vede la sua vita e quella della sua famiglia cambiare in modo radicale. Il distacco, l'isolamento, la guerra, si prolungano sempre di più, e quella che sembrava una situazione straordinaria diventa la normalità. Per sette anni, in quell'hotel, la bambina non perde mai la speranza e il coraggio, stringe nuove amicizie, diventa grande nella lotta incessante per qualche metro quadrato in cui stringersi con la madre, perennemente preoccupata per la sparizione del padre, accanto al fratello, sempre indocile e in collera per l'immobilità del governo. Ed è lei a raccontare un intero mondo che sta sparendo, lo stravolgimento della storia, la rivoluzione di un presente che arriva a sradicare le abitudini e gli affetti, i sogni e le speranze per il futuro. Ivana Bodrožic intreccia magistralmente e con grande humour la tenerezza infantile e il dramma devastante della fine di un'epoca, i turbamenti dell'adolescenza e la scoperta di una realtà sempre più inaspettata. Il suo è il racconto di una guerra crudele contenuto in uno sguardo famelico, sconcertato e innocente, una voce che lascia una traccia letteraria già considerata alla stregua di un classico contemporaneo. -
L'uomo col cappello di legno
Il secondo romanzo della fortunata trilogia dell’autrice britannica Jane Gardam con protagonista Sir Edward Feathers, uno spaccato di storia inglese sullo sfondo della fine dell’Impero.«I romanzi di Gardam vibrano di emozioni: ma siccome siamo inglesi, no, thanks. Ogni emozione va rigidamente repressa, quasi che il riconoscerla esponga al rischio mortale di perdere tutto, a partire da sé stessi» - Giancarlo De Cataldo, Robisonrn«Jane Gardam ha costruito una sorta di Commedia umana, un lavoro certosino e balzachiano attraverso il quale si intuisce che la realtà non è che la somma di verità singole e se non verità, versioni» - Chiara ValerioIl «Guardian» ha sottolineato di Jane Gardam la capacità di «creare nei suoi personaggi una facciata di completa convenzionalità e poi inciderla per rivelarne sorprendenti mondi interni». Così sir Edward Feathers «Old Filth». Avvocato e giudice ai vertici del sistema forense, appare irreprensibile e appunto convenzionale. È un «orfano dell’Impero», perché la sua lunga vita si è svolta (dalla Malesia, ai college inglesi, a Hong Kong, a Londra) tra due ere: l’epoca postcoloniale e gli ultimi bagliori del dominio britannico in Oriente: tempi nostalgici, nel suo ricordo rappresentati dalla dolcezza della sua bambinaia malese, l’unica che non lo abbandonò mai. È sempre stato povero d’affetti; forse il più intenso fu per un amico di gioventù, un misterioso cinese che nascondeva sempre nel cappello un mazzo di carte, persona dallo strano ascendente.rnIl vero cuore di questo romanzo (il secondo della «saga di Old Filth») è la moglie, Elisabeth, Betty, anche lei del «club dell’Impero», e, così come il primo era un passare da Oriente a Occidente, questo è un’avventura dei sentimenti. Betty dapprima non amava Eddie. Poi lo ha amato moltissimo per oltre mezzo secolo di matrimonio. Alla fine, molto vecchi nel privilegiato ritiro di campagna, una serie di impensabili eventi drammatici le fa scoprire la verità su se stessa.rnE vi è un terzo protagonista, Terry Veneering, un principe del foro anche lui, ma fantasioso, disordinato, affascinante. È stato sempre l’antagonista di Old Filth, quasi il nemico. Appena prima del matrimonio di Betty, un momento di passione trascinante e fugace lo ha segnato per sempre, senza cambiarlo in superficie.rnE questo triangolo amoroso resterà sempre sospeso, saputo ma non veramente compreso, non detto ma totalmente pervasivo. In questo fondo meravigliosamente fruga il racconto. È un libro di riincontri. Le persone che sembrano sparite, ritornano attraverso giri impensati. Ritornano i luoghi sepolti del passato e le sensazioni e le verità da scoprire. Ciascuno è come un lampo di rivelazione.rnJane Gardam è una grande scrittrice. I suoi romanzi sembrano venire direttamente dalla grande letteratura inglese. Nella sobrietà, nell’implicito, ha un mondo da rivelare, più in là della trama che si presta al piacere della lettura. L’ironia nei personaggi stessi, e non tanto nelle battute. Il sapere raccontare attraverso i dialoghi autentici e veri. Le passioni trovate sotto la patina della ufficialità. La perfetta comprensione degli stati d’animo. Una Jane Austen dei nostri giorni. -
Pierrette
Un altro tassello della Comédie humaine. Apparso per la prima volta a puntate sul giornale Le Siècle nel febbraio del 1840, un romanzo che come pochi altri rappresenta l’immaginario balzachiano e il suo sguardo sulla società francese nel suo perfetto equilibrio tra acuto realismo e scontro melodrammatico di Bene e Male.rn«Nell’ottobre del 1827, all’alba, un giovinetto di circa sedici anni, il cui abbigliamento lo rivelava per quello che la fraseologia moderna chiama con tanta insolenza un proletario, si fermò in una piccola piazza nella parte bassa di Provins. A quell’ora, poté esaminare senza essere osservato le diverse case affacciate su questa piazza, che forma un quadrilatero allungato. I mulini installati lungo i fiumi di Provins avevano già cominciato a lavorare. Il loro rumore, amplificato dagli echi della città alta, in armonia con l’aria frizzante, con la pimpante luminosità del mattino, faceva risaltare la profondità del silenzio, che permetteva di avvertire lo sferragliare di una diligenza, a una lega, sulla strada maestra».rnStoria crudele dell’orfana Pierrette, povera, bella e d’animo nobile. I cugini che la ospitano, i Rogron, la tormentano fino allo stremo, per gelosia, per invidia, per meschinità. «Uno degli episodi più cupi dell’intera sua opera» (per il curatore del libro Pierluigi Pellini). Balzac però l’annunciava come la «prima opera un po’ per ragazzine»: sicuramente intuiva, da conoscitore di anime, l’amore per l’orrido che tocca fanciulle e fanciulli. Il destino della sventurata ragazza è la trama che guida attraverso lo «studio d’ambiente»: una provincia abitata da merciai arrivati, bellimbusti, avvocaticchi e titolati calcolatori. Cinismo, sarcasmo, fino alla comicità, propri della denuncia realistica; e una indagine psicologica sul desiderio e l’invidia che non risparmia nemmeno i buoni. -
Il canto del fiume
Una madre e un figlio salgono a bordo di una piccola barca a motore, lui è nero, lei bianca, e assieme intraprendono un viaggio lungo il fiume Atrato, l'unica via che permette loro di penetrare nella fitta giungla colombiana per arrivare a Bellavista, dove abita la madre biologica del bambino. Un percorso lento, scandito da numerose fermate, in condizioni tutt'altro che ideali. Mentre l'imbarcazione procede nella navigazione la madre racconta a un'altra viaggiatrice come il bambino addormentato tra le sue braccia sia arrivato una mattina nella sua vita e quale sia il motivo di questa loro immersione nel cuore della giungla. È un modo per esorcizzare l'ansia crescente, ripensare al passato che l'ha condotta fin lì, e un tentativo disperato di procrastinare il loro arrivo. Ogni gesto, anche il più quotidiano, acquisisce una dimensione nuova: mangiare un mango maturo, intrecciarsi i capelli, cucinare un pesce per rifocillarsi, fare il bagno nell'acqua piovana. Nel mezzo di questa regione segnata dalla violenza, da uccisioni e attentati, i passeggeri incontrano sempre più persone alle prese con un destino oscuro e un futuro tutto da costruire. Un incendio devasta un villaggio, emergenze continue, un parto improvviso. Sembra di non arrivare mai, sembra che il fiume non voglia mai smettere di intonare il proprio canto di dolore e di speranza. Un romanzo di paesaggi travolgenti, un accurato ritratto della paura di una madre, la cronaca di un dramma storico, la terribile violenza che ha colpito la Colombia negli ultimi decenni. E poi l'intima comprensione tra donne che si incontrano per la prima volta, la sorellanza allo stato più puro, la crudeltà della forza come unica soluzione, in un esordio che scruta senza ritrarsi il conflitto drammatico tra diritti naturali e affettivi, tra chi è madre e chi si sente madre, senza mai distogliere lo sguardo di fronte alla brutalità e all'incanto dell'animo umano. -
Brighton Rock
Hale, un piccolo giornalista prestato più alle campagne pubblicitarie che non ai reportage, sa di dover morire, una volta sceso alla stazione di Brighton - la Brighton colorata delle vacanze inglesi ma che qui diventa, grazie al tocco pittorico della penna di Graham Greene, un labirinto cupo e grigio, una perfetta «Greeneland». La fine violenta di Hale è dettata da una lotta tra bande criminali, e diventa il motivo scatenante di una trama doppia e nerissima. Da un lato l'indagine della strana Ida Arnold che vuole svelare l'omicidio. Ida è una specie di materialista magica, è atea ma devota a piccoli rituali superstiziosi. Dall'altro lato c'è Pinkie, il Ragazzo, il vero protagonista, che si trova a essere un giovanissimo capobanda. Con tutti i mezzi, con nuove efferatezze agisce per coprire le tracce. A questo scopo seduce la piccola Rose, pericolosa testimone. Pinkie è un sociopatico, un ossessivo: un asceta del male cattolicissimo vocato a una terribile redenzione al contrario. E Rose è la vittima ambigua che lo accompagna nella sua visione, fino alla fine impensabile e inquietante. Una delle grandezze della creatività di Graham Greene che attrae e turba, è quella di costruire polizieschi che sono anche spietate indagini morali. Forse più in questo che in altri suoi romanzi, che costò all'autore l'etichetta di scrittore cattolico e un poco eretico. Quello che gli interessa è avvincere il lettore nella storia costringendolo a guardare a cruciali opposizioni: come quella tra giusto-sbagliato contro bene-male, oppure quella tra la misericordia e i suoi misteriosi limiti. «Pubblicato nel 1938, che cosa è - anche - Brighton Rock in anni nei quali si può dire che ogni libro di Greene sia un presagio di quanto sta per succedere in Europa? La carriera di Pinkie si fa leggere anche come uno scongiuro, chissà se e fin dove inconsapevole, sulla resistibile ascesa di un Hitler in erba, che qui è cresciuto nelle scuole popolari inglesi e nello sprofondo della città più sbarazzina d'Inghilterra» (Domenico Scarpa nella Nota al volume).