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Casi
Racconti di pochi istanti, trame incongrue e persecutorie, irrisioni sistematiche: questo è il terreno della sua prosa. La sua singolarità è tale da non tollerare inquadramenti. Charms rimane soprattutto uno stupefacente narratore di ""casi"", tanto gratuiti quanto ineluttabili. Rispetto alla gelida purezza dei suoi esperimenti di parodia sistematica, le versioni occidentali dell'assurdo appaiono timide. -
Una perfetta stanza di ospedale
""Ogni volta che penso a mio fratello, il cuore mi sanguina come una melagrana scoppiata"" esordisce la protagonista del racconto che da il titolo al volume, e per cercare di dimenticarlo del tutto, si immerge ""nel ricordo della sua quieta camera di ospedale"". Quella stanza, in cui il ragazzo ha trascorso alcuni mesi prima di morire ""assurdamente giovane"", era un luogo ""perfettamente ripulito dalla sporcizia della vita"". A poco a poco sorella e fratello si rinchiudono nel mondo a parte della stanza, che pare impermeabile alla corruttibilità della materia organica, e dove regna l'asettica purezza dell'assenza di cibo, dell'assenza di odore. Ed è come se assaporassero la ""serenità perfetta che si prova all'inizio di una storia d'amore"". Anche nel secondo racconto a un mondo ""di fuori"" si contrappone un mondo ""di dentro"": quando è costretta a portare la nonna - ""chiusa in una realtà tutta sua"" - in un ospizio per vecchi, una ""scatola bianca ... piena di buone intenzioni"" chiamata Nuovo Mondo, la ragazza Nanako si sente ""murata viva"" nel piccolo appartamento che per anni ha diviso con lei, e comincia a chiedersi quale sia ora il suo, di mondo, e se ci sia una realtà oltre a quella che le sta ""crescendo dentro"". -
La dea bianca. Grammatica storica del mito poetico
""... uno dei pochi sommi capolavori del nostro secolo ... libro denso ed esultante, teso sul filo di una conoscenza minuta della letteratura gallese e irlandese, dei primordi greci ed ebraici"". Elémire Zolla. "" Ho sempre creduto che i grandi libri sulla mitologia siano, essi stessi, dei libri mitologici: ereditano una grande tradizione mitica, la raccolgono, la interpretano; e la continuano, facendo echeggiare di nuovo tra noi quei miti, avvolgendoci nella loro melodia, contagiandoci coi loro suoni, come migliaia di anni fa o in quell'istante miracoloso fuori dal tempo, in cui il mito per la prima volta esplose alla luce. Robert Graves ha portato questo principio sino in fondo ... il risultato è un libro straordinariamente ricco e vivo, che di colpo ci fa abitare vicino alla misteriosa Dea Bianca, a Eracle, alle sirene, alle mille divinità celtiche"". Pietro Citati -
Lontano
Il villaggio dei solenni Meo, nel Laos, pervaso dall'odore ""di immensa stravaganza"" dell'oppio, dove tutto sembra sospeso; il lampo d'oro, destinato a durare per l'eternità, che gli occhi e i capelli di Ignazio, l'amico adolescente, mandano un giorno su un campo da tennis; la tigre avvolta dalla nebbia e come ""distesa su piume o aria"" che appare d'improvviso, alla luce dei fari, su una strada della Malesia; il pavillon fuori moda dove - fra spumeggianti bicchieri di Itala Pilsen, giovani donne fasciate di seta e ufficiali tedeschi col monocolo - pochi minuti di oscuramento e il fischio degli Stuka possono condensare la guerra; l'""arruffio di gesti tutti precisamente sintonici"" che nel ricordo si rivelerà essere l'amore; lo sguardo appannato, ""come una pellicola selvatica poggiata sulla cornea"", di una delle più famose spie, Kim Philby, colto in un albergo di Mosca. Sono gli inattesi lampi di verità, gli improvvisi scatti della memoria, le manifestazioni dell'arte della vita offerti ai lettori del ""Corriere della Sera"" fra l'aprile del 1982 e il marzo del 1983: e non è un caso che, quasi a radunare idealmente questi brevi testi di massima densità in un terzo e più malinconico 'sillabario', Parise avesse scelto la rubrica ""Lontano"". Perché quello che si impara - sembra dirci Parise - lo si impara di colpo, da un momento all'altro, ma per lo più nel ricordo, quando ormai è troppo tardi. -
I ritratti. Ediz. illustrata
Una galleria di ritratti in parte nuova, ispirata a un principio antico, enunciato dallo stesso Pericoli: ""una biografia diversa da quella ufficiale, una sintesi visiva, una sorta di faccia-riassunto"" - un volto che ""somiglia, certo, al volto vero, ma che è ancora più vero perché ne racconta la storia"". -
Identità e differenza
""Quando il pensiero, chiamato da una questione, la segue, durante il cammino può accadergli di mutare. Per questo è consigliabile, qui di seguito, prestare attenzione alla via, e meno al contenuto "". Con queste parole si apre il primo dei testi raccolti in ""Identità e differenza"", preziose testimonianze di due conferenze, tenute nel 1957, in cui Heidegger da alla propria speculazione una forma meno didattica che nei corsi universitari, ma anche meno esoterica che nei trattati. Nel celebre ""II principio d'identità"", quello che viene ""indicato ""è l'opportunità di ""staccarsi dall'atteggiamento del pensiero rappresentativo"", compiendo un ""salto"" al di fuori del principio d'identità e della metafisica che su di esso si fonda per lanciarsi nell'abisso dell'Evento, in cui uomo ed essere coappartengono. In ""La struttura onto-teo-logica della metafisica"", che riproduce in forma rielaborata un'esercitazione seminariale, in un serrato colloquio con Hegel, ed ""esperendo nella loro autentica importanza termini usurati come ""ontologia"" e ""teologia"", Heidegger esorta a fare il ""passo indietro"" che ""ci trasferisca dalla metafisica all'essenza della metafisica"". Un passo indietro che preparerebbe quel contromovimento di pensiero in grado di sottrarre l'uomo al nichilismo della tecnica. -
Tutto scorre...
Vasilij Grossman scrisse questo libro, che è il suo testamento, fra il 1955 e il 1963. Come nel grandioso ""Vita e destino"", non cambiò molto dello stile scabro e aspro che lo aveva reso celebre fra gli scrittori del realismo socialista. Ma vi infuse l'inconfondibile tono della verità. Con lucidità e fermezza, prima di ogni altro parlò qui di argomenti intoccabili: la perenne tortura della vita nei campi, ma anche l'altra tortura, più sottile, di chi ne ritorna e riconosce la bassezza e il terrore negli occhi imbarazzati di parenti e conoscenti; lo sterminio sistematico dei kulaki; la delazione come fondamento della società; il vero ruolo di Lenin e del suo ""spregio della libertà"" nella costruzione del mondo sovietico. -
La vita di Simone Weil
""La Weil fu un personaggio singolare non solo nelle idee, fuori dai conformismi lo fu anche nella vita, o meglio nella rigorosa tensione a far coincidere vita e pensiero, a confrontare e legare il pensiero e l'esperienza. Dice la sua biografia: 'Aveva il dono di irritare molti e a volte fino al furore, e... continua a irritare ancora'. Simone Pétrement fu sua amica, e ha pagato il debito all'amicizia, al 'miracolo dell'amicizia' così caro all'altra Simone, scrivendone una biografia bellissima, esemplare per onestà e precisione, per partecipe interrogazione sul senso e il mistero di una esperienza eccezionale"" (Goffredo Fofi). -
Note azzurre. Ediz. integrale
Tutti sanno che nel 1964 Dante Isella restituì il testo delle ""Note azzurre"" affidato a sedici quaderni autografi dalla copertina azzurro oltremare -, consentendoci così di accedere a un immenso diario in cui le notazioni autobiografiche si alternano a giudizi letterari e politici spregiudicati, a infiniti spunti di novelle e romanzi mai scritti, ad aforismi esemplari, a sarcasmi violenti e a fantasiose ironie, ad aneddoti non di rado scabrosi su contemporanei illustri o poco noti. Pochi però sanno che già nel 1955 Isella aveva allestito per Ricciardi un'edizione nella quale figurava un mannello di dodici note splendidamente insolenti tralasciate, per motivi di opportunità, nel 1964 (parimenti, alcuni nomi propri furono sostituiti da asterischi), e che quella magnifica e preziosa edizione non venne mai pubblicata: resa dall'editore agli eredi dopo la rinuncia da parte di Ricciardi a distribuirla, la tiratura di circa 1.000 esemplari è rimasta per oltre cinquant'anni relegata negli archivi della Casa Pisani Dossi di Corbetta presso Magenta. In occasione del centenario della scomparsa dello scrittore (avvenuta il 16 novembre 1910), essa vede la luce, accompagnata da un ampio saggio di Niccolò Reverdini che ne ricostruisce l'intricata, e appassionante, vicenda. -
La storia di un matrimonio
«Crediamo tutti di conoscere la persona che amiamo.»rnrn«Avevo sbagliato la volta scorsa a scommettere su questo romanzo dopo averne letto solo un capitolo? Proprio per niente. Ora che l'ho letto tutto, sono quasi spaventato dalla bellezza della storia... ""La storia di un matrimonio"" è un romanzo di superba reticenza, che fa del non detto una strategia narrativa emozionante, una fabbrica di colpi di scena» – Antonio D'OrricornrnPerché, leggendo La storia di un matrimonio, ci sentiamo invadere da un'ansia arcana, da un senso di vertigine e di smarrimento, come davanti a certe atmosfere torve di Edgar Allan Poe? Non solo per il susseguirsi di colpi di scena che ci avvincono a ogni riga sino a condurci all'unico finale davvero imprevedibile. Non solo per l'uomo venuto dal passato, per la lettera che colpisce come un pugno, per i terribili segreti che si dischiudono a uno a uno... Sarà allora per la dolorosa lucidità con cui la narratrice riesce a indagare la distanza che separa ciascuno di noi dagli altri? O perché a ogni pagina ci chiediamo: come fa a sapere tutte queste cose di noi? -
Ti ucciderò, mia capitale
Avventurandosi in questa silloge di scritti inediti, stesi fra il 1940 e il 1982, chiunque pensasse di conoscere Manganelli dovrà ricredersi, giacché l'intera sua produzione risulta illuminata come da una luce radente - quella che emana da un laboratorio segreto e pieno di sorprese. A partire dal tenebroso racconto che dà il titolo al volume: ""M'ero disegnato il suo corpo come una mappa, con vene di strade e arterie di ramblas e avenues carotidee e i crescentes capezzolati e le esedre genitali"" leggiamo già inquieti, e non tardiamo a comprendere che si tratta del corpo indifeso e passivo - eppure smisurato e minaccioso - di una donna che dorme. C'è un solo modo per sbarazzarsi di quell'atlante infinito, per evadere dalla casa di carne che lei ha costruito, ci spiega la nitida e allucinata voce narrante: accostarle una rivoltella alla tempia e straziarla: ""Ti ucciderò, mia capitale; mio quartiere residenziale; sede del mio deportato governo; mia Stadt; esilio di turbolenti anarchici"". E non meno fosca, allarmante è la bellezza degli altri racconti, nutriti di poesia barocca e dei prediletti Swift, Lamb e De Quincey, dove si agitano personaggi-paesaggio vittime di alterazioni dimensionali, visitati da incubi, metamorfosi e apparizioni polimorfiche, attraversati da forze oscure e angosce, assediati da un nulla ""popolato di nulla tormentosi"" - e capaci di parlarci di verità ultime quasi celebrassero una fastosa e gelida cerimonia verbale. -
La danza di Siva
Chi si accosta alla cultura indiana non può che essere subito assalito da interrogativi: a quali canoni artistici obbediscono le immagini, che paiono di proposito così poco naturalistiche? Come mai, quasi sempre, non si sa nulla della biografia degli autori di opere d'arte e componimenti letterari? Quali sono le basi di una musica così rigorosamente improvvisata? Su quali presupposti si fonda l'assetto, scandalosamente non egualitario, del sistema delle caste? Perché la donna è così sottomessa e al tempo stesso così celebrata? Come possono convivere l'uso dei matrimoni combinati e l'esaltazione dell'amore? E ancora: come possono stare fianco a fianco aspetti ascetici e altri di prorompente sensualità? Nella raccolta di saggi che qui presentiamo Coomaraswamy risponde a ciascuna di queste domande, delineando un mondo remoto in cui l'artista non si propone di esprimere se stesso né ambisce all'originalità, e in cui l'organizzazione sociale non mira a soddisfare le pulsioni di ciascuno, a incoraggiare la competizione e massimizzare il profitto economico: un mondo dove la perfezione consiste nel trascendere se stessi, nel superamento dell'io, nell'abbandono dei desideri, sicché lo svolgimento impeccabile della propria funzione all'interno della società diventa occasione di esercizio spirituale, e l'arte e l'amore mezzi per attingere quella realtà divina da cui sgorgano ogni bene e ogni bellezza - e che è accessibile solo dimenticando se stessi. -
Trattato poetico
Tra l'inverno del 1955 e la primavera del 1956 Czeslaw Milosz dà corpo alla sua originale concezione della poesia in una vera e propria sfida letteraria: un poema che, eludendo le cornici di genere e arricchendosi di elementi prosaici o colloquiali, mescolando citazioni eterogenee, imitazioni letterarie, valutazioni critiche ed enunciati filosofici, delinea un vasto affresco storico-culturale del Novecento polacco, tassello imprescindibile della storia europea. Un affresco che si compone di quattro parti, evocative di altrettanti scenari: il mondo della belle époque nella Cracovia di inizio secolo; la vita politica e artistica di Varsavia tra le due guerre, con ampie digressioni sui poeti del tempo; le devastazioni della seconda guerra mondiale e gli orrori dell'occupazione nazista, con la rivendicazione di una poesia capace di giudizio etico; la Natura e in particolare l'ambiente degli Stati Uniti, in cui Milosz, dopo aver contemplato l'abisso in cui sono precipitate le culture europee, individua la dimensione ideale per trovare serenità ed equilibrio, senza peraltro sottrarsi al dovere di condividere con i fratelli polacchi le questioni cruciali del XX secolo. Il ""Trattato poetico"" ha la forza espressiva di un romanzo storico, l'intonazione nostalgica di un poema sul tempo perduto, il suono straziante di un requiem in morte di un'epoca, l'accento pacato di una meditazione sulla storia, sull'arte, sulla coscienza individuale. -
Sei problemi per don Isidro Parodi
Obeso, la testa rasata e gli occhi saggi, don Isidro Parodi prepara, lento ed efficiente, il mate in un piccolo bricco celeste: e intanto invita la pittoresca schiera dei suoi clienti a esporgli con chiarezza i misteri che li affliggono e che lui invariabilmente risolverà lasciandoli di stucco. Enigmi labirintici e inestricabili, di fronte ai quali qualsiasi altro investigatore avrebbe l'accortezza di battere in ritirata: come il caso del talismano di giada trafugato dal tempio della Fata del Terribile Risveglio nello Yunnan e avventurosamente approdato a Buenos Aires, dove gli danno la caccia il mago Tai An, la conturbante Madame Hsin, l'ebanista russo Samuel Nemirovsky e altri non meno improbabili personaggi. Ma a questo punto è forse il caso di precisare un dettaglio piuttosto rilevante: i colloqui fra l'imperturbabile e geniale detective e la sua variopinta clientela hanno luogo nella cella 273 del Penitenziario nazionale, in calle Las Heras. In effetti don Isidro, ex barbiere nel quartiere di Sur, sta scontando ventun anni per l'assassinio di un macellaio, un certo Agustín R. Bonorino - assassinio che ovviamente non ha commesso. Come se non bastasse, a raccontarci le sue fantasmagoriche e sedentarie avventure è il dottor Honorio Bustos Domecq, torrenziale poligrafo clamorosamente inesistente. A muoverne la penna è infatti la beffarda, spumeggiante complicità di due sodali efferatamente ironici, fautrice di parecchi e deplorevoli misfatti letterari, di cui non potremo più fare a meno. -
Il ballo al Kremlino
La fama di Malaparte è legata soprattutto a ""Kaputt"" (1944) e a ""La pelle"" (1949): ma pochi conoscevano finora questo libro segreto, che potrebbe costituire il terzo pannello del grande affresco sulla decadenza dell'Europa. Germinato nel 1946 dal cantiere della ""Pelle"", divenuto romanzo autonomo, ceduto nel 1948 a Gallimard e poi abbandonato (verosimilmente nel 1950), ""Il ballo al Kremlino"" è un insolente ritratto della ""nobiltà marxista"" alla fine degli anni Venti, allorché comincia ad aleggiare l'odore di ferro e di carbone della prima Pjatiletka e l'arresto di Kamenev proietta la cupa ombra delle epurazioni: Stalin, che ogni sera dal suo palco all'Opera scruta l'indicibile grazia della Seménova e sembra contenderla all'enigmatico Karachan, ""il più bell'uomo d'Europa""; e le beauties dell'alta società sovietica - come la frivola Madame Lunacarskij -, con i loro amori, i loro intrighi, i loro scandali, i loro volti ""avidi e inquieti""; e il biondo e roseo Florinskij, Capo del Protocollo del Commissariato del Popolo per gli Affari Esteri, che, imbellettato e incipriato, i piccoli occhi gialli cerchiati di nero e le ciglia indurite dal rimmel, percorre Mosca a bordo del suo tarlato landau; e Madame Kamenev, la sorella di Trockij, che con la sua paura e la sua rassegnazione già diffonde intorno a sé un odore di carne morta. Tutti i membri di questa corrotta oligarchia ci appaiono accomunati dal presagio di un tragico tramonto, non meno inesorabile di uno scioglimento romanzesco. -
Il calcolatore universale. Da Leibniz a Turing
Tra i fili di Arianna che si possono seguire per interpretare lo sviluppo del moderno, Martin Davis seleziona quell'entità al tempo stesso astrusa e comunissima che è il calcolo o computazione. Astrusa perché la teoria della calcolabilità – in bilico tra matematica, ingegneria elettronica e filosofia – non è certo un soggetto facile. Comunissima perché chiunque usi un PC ha tra le mani, spesso senza saperlo, un «calcolatore universale» – l'epitome stessa della nozione di computazione. Per ricostruire la genesi di questa idea Davis prende le mosse da Leibniz e compone, con affetto e rispetto, una galleria di personaggi-chiave che comprende Boole, Frege, Cantor, Hilbert, Gödel e culmina in Turing: alla sua macchina universale riconosce infatti, pur pagando il dovuto tributo a Gödel, un ruolo centrale nei fenomeni di insolubilità. Grazie a Turing il «sogno di Leibniz» – l'invenzione di un calcolo simbolico con cui risolvere in maniera automatica ogni genere di problemi – si materializza in calcolatori non più in carne e ossa, ma in rame e silicio. Resta tuttavia, quel sogno, solo in parte realizzato: se molti degli aspetti della mente razionale sono oggi riproducibili informaticamente, quelli che più caratterizzano l'essere umano – senso comune, emozioni, coscienza – resistono ancora alla realizzazione della visione di Leibniz. -
La voce del crepuscolo
""C'è un'esultanza fortissima, una celebrazione della fortuna, quando uno scrittore è testimone degli albori di una cultura che si definisce da sé, ramo dopo ramo, foglia dopo foglia..."" scrive Walcott parlando dei Caraibi, e di uomini e donne che ""non leggono ma sono lì per essere letti, e se vengono letti nel modo giusto creano la propria letteratura"". Non stupisce allora che egli consideri scrittori fratelli Saint-John Perse, Aimé Césaire e Patrick Chamoiseau. Ma il suo sguardo valica i confini dei Caraibi, per abbracciare un orizzonte ben più ampio: da Philip Larkin, che ""ha inventato una musa, il cui nome era Mediocrità"", a Ted Hughes, che con la sua poesia ""ringhia come una bestia braccata"", a Robert Frost, dalla ""saggezza invernale"", a Les Murray, che in virtù della sua ""forza irsuta"" sembra uscito da ""una scena di Mad Max"", a Iosif Brodskij, immerso nel ""caos"" della trasformazione che ogni poeta attraversa quando traduce se stesso. E a dispetto dell'eterogeneità degli oggetti su cui Walcott si sofferma, questa raccolta si fissa nella nostra mente come un'unica, folgorante immagine: merito, certamente, di una scrittura così intensa da rischiare a ogni riga di frammentarsi in lirica. -
L' avversario
""Il 9 gennaio 1993 Jean-Claude Romand ha ucciso la moglie, i figli e i genitori, poi ha tentato di suicidarsi, ma invano. L'inchiesta ha rivelato che non era affatto un medico come sosteneva e, cosa ancor più difficile da credere, che non era nient'altro. Da diciott'anni mentiva, e quella menzogna non nascondeva assolutamente nulla. Sul punto di essere scoperto, ha preferito sopprimere le persone il cui sguardo non sarebbe riuscito a sopportare. È stato condannato all'ergastolo. Sono entrato in contatto con lui e ho assistito al processo. Ho cercato di raccontare con precisione, giorno per giorno, quella vita di solitudine, di impostura e di assenza. Di immaginare che cosa passasse per la testa di quell'uomo durante le lunghe ore vuote, senza progetti e senza testimoni, che tutti presumevano trascorresse al lavoro, e che trascorreva invece nel parcheggio di un'autostrada o nei boschi del Giura. Di capire, infine, che cosa, in un'esperienza umana tanto estrema, mi abbia così profondamente turbato - e turbi, credo, ciascuno di noi."" (Emmanuel Carrère) -
Un gomitolo di concause. Lettere a Pietro Citati (1957-1969)
Nel 1956, allorché diventa consulente di Livio Garzanti, il giovane Citati non può sospettare che gli verrà affidato un compito impossibile: occuparsi del più impervio, moroso, nevrotico, geniale scrittore del Novecento, Carlo Emilio Gadda. Rapidamente, Citati ne conquista la fiducia: e a questo miracoloso sodalizio, durato dieci anni, dobbiamo il ""Pasticciaccio"", ""I viaggi la morte"", ""Accoppiamenti giudiziosi"". Ma alle funzioni di editor Citati ne ha ben presto aggiunte di ancor più delicate: quelle di confidente, amico e gaddista militante; o, meglio, di intermediario fra l'ingegnere e il mondo esterno: ""Per certi aspetti mi aveva eletto suo padre ... mi chiedeva consiglio per tutte le cose della vita: le tasse, la domestica, il cibo, l'editore, il rapporto con gli scrittori e tutti gli esseri umani"". Ne è prova il loro splendido carteggio, tutto da assaporare: rassicurato dalla dedizione e dal veemente impegno in suo favore di Citati, stimolato dai suoi interessi e dalla sua attività di critico, Gadda rompe gli argini, si abbandona a lettere ""esorbitanti"" e ""barocche'""- di volta in volta eccentrici saggi, nobili ""poèmes en prose"", irresistibili ""bizze"". -
Joshua allora e oggi
Quasi nulla piace ai lettori di Mordecai Richler quanto addentrarsi nell'albero genealogico di Barney Panofsky, sperando prima o poi di imbattersi nel vero progenitore romanzesco di uno dei personaggi più amati di questi anni. Bene, con questo libro del 1980 la singolare caccia all'uomo iniziata, in Italia, tredici anni fa può considerarsi conclusa. Entra Joshua Shapiro, scrittore e giornalista di successo ricoverato in ospedale dopo la misteriosa sparizione dell'amatissima moglie, e dopo essere stato coinvolto in un clamoroso scandalo di natura sessuale. Nello stato confusionale in cui si trova, joshua non è in grado di dire quale delle innumerevoli voci che circolano sul suo conto sia fondata, e quale invece debba considerarsi una calunnia. Per riuscirci, dovrà infatti andare molto indietro nel tempo, fino a un'infanzia affidata in parti uguali alla madre, nota nella zona di St. Urbain Street per i suoi spogliarelli, e al padre, un pugile a riposo e furfante in attività, molto ansioso di trasmettere al figlio i segreti del suo (secondo) mestiere. Cominciando dall'inizio - attraverso gli anni, le donne, gli amici, e la solita, incontenibile frenesia vitale -Joshua riuscirà, a modo suo, a comporre il rompicapo. Sarà una ricerca movimentata e molto lunga, per lui: ma per il lettore, come sempre e anche di più, persino troppo breve.