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La conoscenza di sé. Scritti e lettere (1939-41)
Questo volume riunisce scritti di Daumal compresi fra l’estate del 1939 e l’autunno 1941. Poco più che trentenne, lo scrittore ha qui raggiunto la sua piena maturità. Da una parte continua a elaborarsi la sua opera letteraria, dall’altra la conoscenza approfondita del sanscrito lo arricchisce di un tesoro che egli vuole anche trasmettere ad altri: e rimane insuperata la trasparenza con cui Daumal ha saputo attuare questa trasmissione, come provano in questo volume certi suoi saggi quali Per avvicinare l’arte poetica indù o certe sue traduzioni, dalle Upanisad o dal Panca-tantra. È a questo punto della sua vita che si situa un «cambiamento di programma», con il manifestarsi della malattia che lo avrebbe portato alla morte nel 1944. Si avverte, in tutto ciò che Daumal ha scritto in questo periodo, il senso di un’urgenza che gli impedisce di stornare lo sguardo dall’essenziale. D’ora in poi tutti i testi di Daumal, che si muovevano su direttrici apparentemente disparate, e in genere tutto ciò che scrive – comprese le lettere, rivelatrici, anch’esse qui raccolte – sembra convergere verso un centro invisibile: la conoscenza di sé, intesa nel senso della antica tradizione indù, per la quale «il “sé” è l’oggetto primo della conoscenza; conoscenza non soltanto sperimentale, ma trasformatrice». -
L' iguana
«A tutti i lettori che desiderano qualcosa di inaudito, che li porti di colpo oltre i confini della realtà; a tutti i lettori appassionati, annoiati, sazi, entusiasti, drammatici, frivoli, passeggeri, costanti – consiglio questo bellissimo libro, uno dei pochi destinati a onorare la letteratura italiana del dopoguerra. È stato pubblicato venti anni fa; ma sembra che nessuno l’abbia mai comprato, nessuno l’abbia mai letto. È come la principessa della fiaba, la cui bellezza si nasconde dietro gli stracci e la cenere. Soltanto alcuni happy few hanno alzato il velo grigio, hanno scosso con la mano la cenere, e sostengono che è un capolavoro» - Pietro Citati. Quando il giovane milanese Aleardo, di famiglia ricca, nobile e illuminata, decide di approdare con il suo yacht nella sperduta isola di Ocaña, al largo del Portogallo, non sa quale inusitata avventura, e quale incontro fatale, lo attendano. Fino a quel momento, egli è «il compratore di isole», sempre incerto su quale comprare, perché Aleardo è sì facoltoso, ma anche rispettoso della generale dignità del creato e non vorrebbe turbarlo con indiscrete iniziative. Come giocando, un suo amico editore lo aveva sfidato a fornirgli un manoscritto capace di risvegliare i lettori intorpiditi per eccesso di offerte: e precisamente «le confessioni di un qualche pazzo, magari innamorato di una iguana». Appunto l’iguana attende Aleardo nell’isola di Ocaña, sotto forma di una «bestiola verdissima e alta quanto un bambino, dall’apparente aspetto di una lucertola gigante, ma vestita da donna, con una sottanina scura, un corsetto bianco, palesemente lacero e antico, e un grembialetto fatto di vari colori». Quell’iguana, come la prima materia dei testi alchemici, è ciò che di più vecchio e insieme ciò che di più giovane si possa trovare nella sostanza del mondo, è la natura stessa nel suo perenne invito alla «fraternità con l’orrore». Intorno a questa principessa-servetta e al suo principe illuministico e bisognoso di iniziazione la Ortese ha intessuto una perfetta favola romantica, genere fra i più ardui, che già aveva tentato vari grandi scrittori di lingua tedesca, da Novalis a Hofmannsthal, mentre in Italia non sembra aver attirato nessuno, forse anche per la profonda estraneità della nostra letteratura alla vena fosforeggiante del romantico. L’Iguana fu pubblicato per la prima volta nel 1965, incontrando una generale incomprensione. Oggi sappiamo che questo romanzo, nella sua impeccabile commistione di incanto e ironia, è destinato a rimanere un approdo felice per chiunque ami la letteratura. -
Encomio del tiranno. Scritto all'unico scopo di fare dei soldi
Più volte, nell’opera di Manganelli, era affiorata la figura del Buffone, come del personaggio che è il luogo naturale della letteratura e di ogni invenzione di storie. Ma solo in questo libro il Buffone si presenta direttamente sulla scena e parla da capo a fondo, in un romanzo che contiene in sé tanti romanzi (fra cui un irresistibile romanzo di spionaggio), come se la voce narrante, che pretende di essere quella di uno «sciantoso delle lettere», fosse anche quella di un mercante che esibisce stoffe sontuose per incantare (o beffare?) il suo cliente. E il cliente del Buffone non può essere che uno, sua eterna controparte: il Tiranno, del quale il lettore – ogni lettore – non è che una delle molte controfigure. -
La riva fatale. L'epopea della fondazione dell'Australia
Questo libro è lepopea di un continente lAustralia, «la riva fatale» raccontata attingendo a centinaia di fonti ignote da uno dei più vigorosi scrittori di oggi. Fra larrivo a Botany Bay della Prima Flotta («unarca di Noè della piccola criminalità»), nel 1788, e quello dellultima nave di deportati nel 1868 lAustralia fu un enorme penitenziario, luogo del primo esperimento di deportazione di massa tentato dalla nostra civiltà. Per i primi ottantanni dopo lapparizione dei bianchi, essa fu innanzitutto «il continente del peccato», dove intanto andava crescendo una nazione fiorente, ricca di scambi. E tuttavia la vera, nerissima storia delle origini dellAustralia, le immense sofferenze dei deportati, il sadismo dei carcerieri, lavventurosità e labnegazione dei pionieri restavano ancora da raccontare, anche perché lAustralia moderna per lungo tempo ha preferito stendere un velo sulle proprie origini. Ma è stato proprio un australiano, Robert Hughes, ad affrontare un imponente lavoro di ricerca e a trovare la voce, il pathos vibrante per raccontare in tutti i dettagli questa vicenda di crudeltà e di eroismi, una vicenda davvero scritta col sangue, come i taccuini e le lettere di certi bushrangers. Appena comparve, nel 1987, questo libro massiccio, pullulante di storie, appassionò subito un pubblico molto largo, molto più largo di quello che si poteva prevedere per unopera così severa. Ma questo fatto non deve meravigliare: si esce dalla lettura di questo libro con la mente invasa da decine di figure che non si lasciano dimenticare, una galleria di personaggi che evocano per affinità i grandi malvagi e le vittime di Dickens o di Dostoevskij. -
Storia d'Europa nel secolo XIX
La libertà intesa come «religione», come «unione di una visione totale del mondo con la passione civile e morale»- teoria che è al centro di tutto il Croce storico trovò il suo perfetto dispiegamento in questa Storia dEuropa, che rimane una delle opere strutturalmente più audaci di Croce. Dal magma della storia europea dellOttocento viene qui estratto, con prodigiosa capacità espositiva, una sorta di teorema della libertà, che ci permette di capire molte delle innervature segrete degli eventi nella grande età borghese. Oggi poi che lEuropa è costretta dalle cose stesse a riflettere sulla propria natura, più che mai sarà preziosa questopera che, già nel suo progetto, non volle perdersi nella moltitudine degli eventi ma catturare quella essenza dellEuropa su cui continuiamo a interrogarci. Storia dEuropa nel secolo decimonono fu pubblicato per la prima volta nel 1932. -
Morte dell'inquisitore
""Morte dell'inquisitore"" (1964) occupa un luogo del tutto a parte nell'opera di Leonardo Sciascia. La ragione ne fu data dall'autore stesso: «è un libro non finito, che non finirò mai, che sono sempre tentato di riscrivere e che non riscrivo aspettando di scoprire ancora qualcosa». Un libro, dunque, fondato su un mistero non del tutto svelato, forse non del tutto svelabile. E inoltre il libro dove Sciascia ha disegnato la figura di un suo antenato ideale, l'eretico Diego La Matina («personaggio che non doveva più lasciarmi»). Il tema dell'Inquisizione, infine, rimane (e rimarrà sempre) quanto mai delicato, perché – come scrisse Sciascia stesso con memorabile efficacia – «appena si dà di tocco all'Inquisizione, molti galantuomini si sentono chiamare per nome, cognome e numero di tessera del partito cui sono iscritti». Parole che ci fanno intendere, come meglio non si potrebbe, l'attualità immediata che questo libro ha per noi e confermano un'altra annotazione di Sciascia: «Mi sono interessato all'Inquisizione poiché questa è lungi dal non esistere più nel mondo». -
Opere complete. Vol. 3: Frammenti postumi 1869-1874.
Questo volume comprende i frammenti postumi del periodo che va dall’estate 1872 alla fine del 1874 – fase decisiva nello sviluppo del pensiero nietzscheano, segnata da rotture e bruschi mutamenti di direzione. Dopo l’impetuoso getto della Nascita della tragedia, Nietzsche prepara un secondo grande libro sul mondo greco, questa volta sulla «filosofia nell’epoca tragica». I frammenti postumi rivelano come alle linee della ricostruzione storica si mescoli fin dall’inizio un’indagine radicale sul ruolo dell’individuo conoscente rispetto alla civiltà nonché sulla genesi e i limiti della conoscenza stessa. Specialmente i frammenti del gruppo 19, fra i più rivelatori di tutti i postumi nietzscheani, mostrano la ricchezza del suo pensiero di questi mesi e insieme testimoniano di quali ampie letture scientifiche, filosofiche e linguistiche si nutrisse. L’impossibilità di portar a termine quest’opera è la grande rinuncia dello scrittore filosofico Nietzsche. Di grande importanza, inoltre, sono gli appunti che riguardano i temi delle Considerazioni inattuali, e in particolare quelli centrati sulla figura di Wagner, che permettono finalmente di capire attraverso quali sottili passaggi Nietzsche sia giunto dal «wagnerismo» all’«antiwagnerismo». -
Lettere e scartafacci (1912-1957)
Nel 1912 uno studente di storia dell’arte appena laureato decide di scrivere una lettera a Bernard Berenson. Lo studente si chiama Roberto Longhi. Nessuno lo conosce. Berenson ha già pubblicato tutto ciò che lo ha reso famoso. È un uomo sulla cinquantina, al colmo dell’attività e della gloria. La lettera è un capolavoro di passione, umiltà, sincerità, improntitudine. Un capolavoro di seduzione. Il giovane spiega a Berenson chi è Berenson, e si offre come suo traduttore. Nasce così un carteggio che durerà cinque anni: un carteggio dallo sviluppo drammatico, non uno scambio di lettere ma un duello, fatto di reciproche incomprensioni ma anche di fulminea capacità di capirsi e di riconoscersi. «Eva contro Eva»: un carteggio tra due primedonne permalose e suscettibili, dove ogni parola educata e civile è un’occhiata di fuoco. Per colmo di complicazione, scoppia la guerra. Il carteggio si tinge di grigioverde e fa nascere una scintilla di affetto come tra padre e figlio. Ma è solo un istante. La storia finisce male. La traduzione non verrà mai fatta, i due non si vedranno e non si scriveranno più. Si ritroveranno nel 1956, in occasione dei novant’anni di Berenson. Longhi ha raggiunto la sessantina. «Non l’avrei riconosciuta» mormora Berenson. L’incontro di due tra i più grandi storici dell’arte di tutti i tempi è durato il tempo di queste lettere. Gli interlocutori si sono annusati quel tanto che è bastato per accorgersi che due orsi non possono vivere nella stessa tana. A ognuno il suo regno. -
I vangeli gnostici. Vangeli di Tomaso, Maria, Verità, Filippo
«La verità non è venuta nuda in questo mondo, ma in simboli e in immagini.» (Vangelo di Filippo)rnrnI fondamentali testi, scoperti nel 1945 a Nag Hammadi, che hanno rivoluzionato la nostra comprensione della Gnosi. -
Storia dell'età barocca in Italia. Pensiero. Poesia e letteratura...
Quest'opera va letta come un'impresa di sintesi che implica il giudizio su tutta un'epoca e si scosta dalle prospettive correnti quando il libro apparve nel 1929. Si pensi al capitolo sulla ""decadenza"" italiana nel Seicento e a quello sulla Controriforma. Lo stesso giudizio sul barocco va considerato non tanto nella sua specificità estetica quanto come tentativo di giungere, attraverso l'estetico, a un giudizio complessivo su un momento della civiltà. Il primo obiettivo dell'indagine di Croce è quello di individuare con precisione l'origine di alcune croniche debolezze morali e politiche che affliggono la storia d'Italia in quell'epoca. -
Poesia di Álvaro de Campos
Fra tutti i poeti che Pessoa ha disegnato Alvaro de Campos spicca e si impone, forse anche perché la sua figura sfuggì totalmente al suo creatore, guadagnandosi un'esistenza superiore a quella degli altri eteronimi. Per capire la vastità e la risonanza dell'esperienza di Alvaro de Campos occorre vederla nel suo insieme, nel suo sviluppo, come un'opera a sè. E' questo che per la prima volta ci offrono Antonio Tabucchi e Maria José de Lancastre. Il volume raduna infatti testi di tutti i periodi di Alvaro de Campos accompagnandolo fino alla morte che coincide, nel 1935, con quella di Fernando Pessoa. -
Orazione ai nobili di Lucca
«Vedevansi qui alcuni nobili ... non solamente salire i gradi de’ magistrati e degli onori, ma aver in dispregio gli inferiori, come non fussero nati del ventre di questa madre commune, e con ingiusto arbitrio dominarli e venire a tanto d’insolenzia che, non bastando loro gli onori e lo imperio sopra li meno ricchi e gli più deboli, volevano ancora godersi, anzi usurparsi, il patrimonio publico con mille sconci interessi e mille aperte rubberie e quasi come fusse eredità lasciata da’ padri e dagli avi loro, di concordia se l’avevan diviso e se lo possedeano...». Si leggono queste parole e – a parte il vigore e l’articolazione impeccabile della lingua, che non sono consueti sui nostri giornali – si pensa di leggere una cronaca odierna. Invece è Giovanni Guidiccioni, umanista, che introduce il racconto di una violenta sollevazione popolare a Lucca, nel 1531, contro una oligarchia ormai infetta, che taglieggiava i ceti inferiori. Questo testo vibrante, che appartiene al «canone ristretto delle eccellenti orazioni politiche cinquecentesche», fu pubblicato nel 1945 da un grande italianista, Carlo Dionisotti, con un preciso riferimento agli avvenimenti di allora: «Leggere del resto non si può più, in tanto precipizio delle cose nostre e di noi stessi, persone e pensieri coinvolti oggi in una prova estrema, se non quel che incide e assicura di un appiglio immediato». Oggi, in un altro «precipizio delle cose», l’orazione del Guidiccioni ci viene incontro di nuovo, perché i vizi della storia e dell’Italia sono pertinaci e ricorrenti. -
La poesia
A distanza di trent'anni dall'""Estetica"" Croce volle tornare, nel 1933, sui grandi temi di quel libro, precisando tutti i punti delicati della sua teoria e sottoponendoli a sottili mutazioni. Il risultato fu ""La poesia"" che può essere considerata l'opera più matura e complessa di Croce nell'ambito estetico. La forma di questo libro è singolare: Croce ha voluto creare una tensione tra la generalità massima (le considerazioni sul ""regno della bellezza"" e i suoi caratteri, che formano la prima parte) e l'imprescindibile dettaglio (le preziose Postille che formano la seconda parte e che Croce presentava come ""una conversazione che segue alla tensione del discorso dottrinale""). -
La persuasione e la rettorica. Appendici critiche
Morto suicida a ventitré anni, nel 1910, Michelstaedter aveva concentrato il suo genio precoce su unopera, La persuasione e la rettorica, che, nata come tesi di laurea su questi concetti in Platone e Aristotele, si era poi trasformata in un testo formalmente inclassificabile, dove i due termini del titolo assumono significati del tutto peculiari. «Persuasione» è il tentativo, sempre vanificato dalla manchevolezza irriducibile della vita, di giungere al possesso di se stessi, «rettorica» lapparato di parole, di gesti, di istituzioni, con cui viene occultata limpossibilità di giungere alla «persuasione». Opera sconveniente e abbagliante, destinata a una commissione di professori e in realtà protesa a scavalcare il muro della propria epoca, la Persuasione è certo uno dei testi decisivi del pensiero italiano del Novecento. E si può dire che linteresse nei suoi confronti non abbia fatto che crescere, con unimpennata negli ultimi anni, in cui si è assistito alla scoperta di Michelstaedter in molti Paesi che finora lo ignoravano. Mancava tuttavia unedizione filologicamente fondata che riunisse la Persuasione e le sue importantissime e ardue Appendici critiche edizione che ora dobbiamo alle cure di Sergio Campailla. -
La consolazione
Da molto tempo la filosofia tace – quasi ne fosse imbarazzata – sull’argomento della consolazione, così come trascura ostinatamente la figura del consolatore. Questi temi, tuttavia, benché spinti per comodità nei recessi più appartati, lontani dalla speculazione corrente, hanno continuato a informare occultamente il pensiero, tanto che forse non sarebbe illegittimo «riscrivere la storia della filosofia moderna dal punto di vista della consolazione». Se la vetta più alta della morale è la compassione, in virtù della quale un individuo riconosce se stesso nell’altro e agisce di conseguenza, il consolatore non prova che assoluta indifferenza nei riguardi dell’afflitto. Ma è proprio questa indifferenza a permettere il passaggio dalla compassione alla consolazione: «A me non importa nulla di te, ma solo così ti posso consolare». Al pari del cinico seduttore che, freddo come un rettile, finge l’amore dicendo ed eseguendo esattamente tutto ciò che schiude il cuore, così il consolatore mima la bontà con gesti artefatti. Le parole, le carezze di entrambi sono posticce, di cartapesta, nondimeno assolvono il loro compito, perché «c’è un inganno di cui, primo fra tutti, si rallegra mestamente l’ingannato». In questo libro piccolo e denso, che ha la struttura di un trattatello, il pensiero viene indagato come dai grandi seicenteschi venivano indagate le passioni: nei suoi moti segreti, nella sua miseria e nella sua grandezza. Alla fine del percorso, che attirerà chiunque preferisca i sentieri aspri ai confortevoli itinerari accademici, il consolatore apparirà dunque «un truffatore, ma in senso superiore», e la consolazione si rivelerà come il contrassegno di quell’«età del gesto» preconizzata da Kant in cui, esaurite le risorse dell’agire, non rimarranno che le virtù taumaturgiche della parola. -
La pietra lunare. Scena della vita di provincia
Il libro si apre su una ""scena della vita di provincia"", grottesca e quasi allucinata, finché ""dal fondo dell'oscurità"" il protagonista si sente guardato da ""due occhi neri, dilatati e selvaggi"", che lo gettano nello stupore e nel terrore. ""Una ragazza ad ogni modo"" osserva subito dopo. Così ci appare Gurù, la fanciulla-capra, che presto condurrà il giovane Giovancarlo e il lettore fra i ""lunari orrori"" di creature diafane, fantomatiche, e fin nelle viscere della terra, nel regno arcano delle Madri. Con ""La pietra lunare"", suo primo romanzo (1939), Landolfi presentava già tutti i registri fondamentali di un'opera che rimane, come scrisse Zanzotto, ""uno dei punti di riferimento più radiosi del nostro Novecento letterario"". -
L'errore di Cartesio. Emozione, ragione e cervello umano
Risale a Cartesio la separazione fra emozione e intelletto, ma le indagini sul cervello attualmente in corso muovono in tutt'altra direzione. Damasio è stato forse il primo a porre sotto esame le infauste conseguenze della separazione di Cartesio e oggi è possibile circoscrivere quell'errore sulla base anche di casi clinici e della valutazione di fatti neurologici sperimentali. Tutte le linee sembrano convergere verso uno stesso risultato: l'essenzialità del valore cognitivo del sentimento. Damasio usa la parola ""sentimento"" per denotare qualcosa di concettualmente nuovo e introduce una distinzione importante fra il sentire di base e il sentire delle emozioni, fondata su osservazioni di architettura anatomico-funzionale. -
Alternatim
""Alternatim"" è un termine impiegato nella musica medioevale per designare l'alternarsi di voce e organo nel canto dei Salmi: come titolo di questo libro, allude all'avvicendarsi di analisi verbali e tematiche che incontreremo nelle sue pagine. Da un lato, infatti, Pozzi scandaglia i moduli testuali più significativi nell'opera di singoli autori, dall'altro affronta la complicata elaborazione di motivi letterari e collettivi (il passero solitario, l'occhio basso, la rosa) e di forme metriche e retoriche (l'ottava, l'ossimoro mistico). -
Donoso Cortés. Interpretato in una prospettiva paneuropea
Cortés aveva della storia una visione disperata: per lui ""l'umanità era una nave sballottata per il mare senza meta, carica di una ciurma sediziosa e volgare, reclutata a forza, che balla, canta a squarciagola, finché l'ira di Dio la precipita in mare in modo che torni a regnare il silenzio"". La capacità di dare degli eventi cui assisteva una interpretazione così lucida gli consentì di percepire come nessun altro il vero senso dell'enorme opera di rimozione che l'Europa stava mettendo in atto per il tramite della prosperità economica, del progresso tecnico e del positivismo che contrassegnarono gli ultimi decenni del XIX secolo. -
Cara incertezza
Ceronetti è un esploratore instancabile delle vaste plaghe del Male. In ogni direzione: nel passato, in terre lontane o fra le strade dove ci troviamo a camminare ogni giorno. Un ritaglio di giornale, un neologismo, il rictus di un ignoto: tanto basta, se lo seguiamo, per scoprire paesaggi devastati della mente o della realtà ufficialmente riconosciuta. Ma ci sono anche frequenti deviazioni, in queste indagini del pamphlettista flâneur, del filologo cantastorie. Sono scarti improvvisi che ci immettono in mondi paralleli, ad altre leggi obbedienti: un fotogramma di Arletty, una frase di Céline, un distico di Angelus Silesius. A distanza di vent’anni da La carta è stanca, e ormai in prossimità dei «tristi Duemila», Ceronetti ha raccolto e rielaborato un altro fascio dei suoi articoli, che sono sempre seguiti da una tenace tribù di lettori, felici di incontrare quelle scintille improbabili in mezzo alla folla desolata di tutto ciò che fa notizia.