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La vita di Konrad Lorenz
Quando Konrad Lorenz, nel 1973, ebbe il Premio Nobel per la medicina, insieme a von Frisch e a Tinbergen, la sua fama era già enorme – e la curiosità dei lettori già da tempo puntata su di lui come persona oltre che come scienziato. Non solo ‘padre’ di una nuova disciplina, l’etologia, che si sta ormai sviluppando rigogliosamente, ma propugnatore di tutto un nuovo modo di avvicinarsi al mondo degli animali e alla natura, evitando per quanto possibile le coazioni del laboratorio, Lorenz è uno dei rari scrittori che oggi possono essere definiti veramente popolari. Negli ultimi anni, poi, sempre più spesso, Lorenz si è proposto di segnalare, in quanto etologo, le insidie più gravi che minacciano la specie umana. E la sua autorità ha fatto sì che i suoi interventi avessero un notevole peso: basti pensare al recente referendum austriaco per la nuova centrale nucleare, dove un appello di Lorenz alla televisione contro le centrali nucleari, proprio il giorno prima del referendum, sembra esser stato determinante.rnMa qual è stato il percorso della vita di Lorenz? Questo libro di un giovane scienziato inglese lo ricostruisce per la prima volta, sulla base di un’ampia documentazione e con l’ausilio di numerose conversazioni che l’autore ha avuto con Lorenz stesso. Estremamente equilibrata nel presentare e discutere tutti gli argomenti pro e contro Lorenz, tutta la forza delle sue scoperte ma anche le debolezze di certi suoi momenti, questa biografia disegna poi con vivacità il profilo di una persona affascinante e caparbiamente appassionata alle sue ricerche, unendo la scorrevolezza e la dovizia dell’informazione. Tutta la singolare avventura dell’etologia balzerà fuori da queste pagine come una vicenda ancora in gran parte da scoprire – e al centro di essa la figura del suo protagonista, che continua ancora oggi, nella vecchia casa di famiglia di Altenberg, in Austria, a vivere insieme agli animali, come già faceva da ragazzo. Fra l’uno e l’altro momento, più di cinquant’anni di riflessioni e osservazioni che hanno cambiato radicalmente il nostro modo di vedere il ricchissimo mondo degli animali.rnLa vita di Konrad Lorenz è apparso per la prima volta nel 1976. -
Sulle tracce della gnosi. La gnosi e il tempo-Sul Vangelo secondo...
Per vari decenni, Henri-Charles Puech è andato pubblicando indagini preziose sulla Gnosi. Ed erano decenni di grandi sommovimenti in quegli studi, anche per le scoperte che venivano fatte: da quella dei documenti manichei del Fayyu’m nel 1930 a quella della vasta collezione di testi gnostici rinvenuti a Nag Hammadi nel 1946. Si può dire perciò che mai come in questi ultimi anni l’immagine della Gnosi si è trasformata e precisata. Di tutto questo, Puech è stato testimone e attore: e i suoi studi sulla Gnosi, qui raccolti, sono davvero la summa di una ricerca rigorosa, almeno in tre sensi che raramente si incontrano congiunti: filologico, storico e metafisico (o «fenomenologico», come qui lo definisce, con discrezione, Puech stesso). La Gnosi, in quanto dottrina di una salvezza attraverso la conoscenza, è un modo di orientarsi, religioso e speculativo, di cui non conosciamo l’origine e di cui non si è vista la fine. Ma possiamo ritrovarne le tracce ovunque riconosciamo l’«atteggiamento gnostico: un atteggiamento non semplicemente psicologico o puramente intellettuale, ma totale, “esistenziale”, che coinvolge la vita, il comportamento, il destino, l’essere stesso dell’uomo nella sua interezza». Se si vuole ricondurre la Gnosi al suo più irriducibile elemento differenziante, si può dire questo: gnostico è colui che, per una qualche parte di se stesso, si riconosce straniero al mondo. Ciò che della Gnosi si può studiare sono alcune isole, sparse nei secoli, dove la visione gnostica emerge: in particolare nei primi cinque secoli della nostra èra, in Occidente, in Egitto, nel Medio Oriente, in contatto e ai margini del cristianesimo. E a tale periodo e area appartengono i documenti qui studiati da Puech. La sua preoccupazione era innanzitutto di fissare con acribia, punto per punto, certe peculiarità che distinguono l’una dall’altra queste isole. Nessuno come Puech è riuscito a spingersi tanto in là in due direzioni: da una parte nella precisazione del dettaglio esegetico (come viene qui provato dal ricco commento al Vangelo secondo Tommaso); dall’altra nella capacità di ricostruire l’intricata fenomenologia della Gnosi, e quindi il suo profilo metafisico, distinguendolo sia da quello dell’antichità ellenica sia da quello della prima cristianità (e in questo appare decisivo il saggio La Gnosi e il tempo). Per capire la Gnosi, occorre dunque innanzitutto riconoscere il carattere composito dei suoi elementi, che attraversano obliquamente tutte le grandi religioni dell’antichità gravitanti intorno al Mediterraneo. Ma al tempo stesso occorre ritrovare la loro sotterranea concordanza, pur dietro le forme più cifrate e astruse. Per tale lungo viaggio non vi è guida migliore di quest’opera, in cui Puech ha finalmente raccolto, nel 1978, le sue indagini lungamente maturate. -
La via dei re
Indocina francese, verso la metà degli anni Venti. Due uomini, un giovane francese appassionato di archeologia e un avventuriero danese dall’oscuro passato, si incontrano sul piroscafo che fa rotta da Marsiglia all’Estremo Oriente, e stringono fra loro una sorta di patto. Claude Vannec – questo il nome del francese – spera di trovare, lungo il tracciato dell’antica Via dei Re, le rovine di templi non ancora scoperti dagli occidentali e di poterne asportare dei bassorilievi da vendere poi a collezionisti europei. Anche l’altro, Perken, spera di trarre un profitto dalla vendita del materiale archeologico: vorrebbe comprare armi e fomentare una guerriglia locale. Nella giungla i due uomini ne incontreranno un terzo, scomparso tempo prima in una missione segreta. Come si vede, ci sono qui tutti gli elementi della grande avventura, immersi in un’atmosfera di erotismo invischiante e subdolo. Basato su elementi autobiografici (Malraux era stato accusato, nel 1924, di aver rubato a scopo di lucro alcuni bassorilievi dal tempio di Banteai-Srey, e ne era seguito un processo clamoroso), La Via dei Re è forse l’unico romanzo di Malraux dalla forma impeccabile. Qui l’avventura, come ebbe a dire lo stesso autore, «sono formiche schiacciate sotto il palmo delle mani, insetti, rettili, insidie ripugnanti a ogni passo che si fa nella giungla», ma è anche l’estremo confronto dell’individuo con la sua ossessione e al tempo stesso con la sua paura della morte: e dietro questa mescolanza narcotica di sensualità e sauvagerie traspare il disegno di una «iniziazione tragica» dell’uomo al proprio destino. -
Cancroregina
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Il contesto. Una parodia
Racconta Sciascia che cominciò a scrivere questo romanzo come un «divertimento» – e presto gli si trasformò fra le mani in qualcosa di terribilmente serio. In un paese non nominato eppure a noi tutti familiare, una successione di assassinii e di funerali ufficiali scandisce la vita pubblica. Con assoluta chiarezza, ma su un fondo tenebroso, si disegna in questa storia la fisionomia di un anonimo protagonista, quel potere che – nelle parole di Sciascia – «sempre più digrada nella impenetrabile forma di una concatenazione che approssimativamente possiamo dire mafiosa». Il contesto apparve nel 1971 (ma fu scritto prima dell’omicidio Scaglione, tenne a precisare Sciascia) e venne accolto dalla critica con malcelato imbarazzo. Oggi riconosciamo in esso il primo rendiconto sobrio e veritiero di un’Italia da cui pare che nessuno sappia come uscire. -
Il mare non bagna Napoli
Il romanzo, nato dall'incontro della scrittrice con una Napoli uscita in pezzi dalla guerra, è in realtà la cronaca di uno spaesamento. La città infatti diventa uno schermo sul quale l'autrice proietta ciò che lei stessa definisce la propria nevrosi: una nevrosi metafisica, una impossibilità di accettare il reale, un orrore del tempo che ogni cosa corrode. Tutto il libro è un grido contro questo orrore, da cui lo sguardo vorrebbe potersi distogliere e non può. Questa edizione è accompagnata da due testi scritti dall'autrice, ripensando questo libro edito la prima volta nel 1953. -
La febbre del ragno rosso
Allinizio del XVIII secolo, il pirata Mission fonda in una remota baia del Madagascar la colonia di Libertatia, per dimostrare che trecento sbandati (pirati, marinai disertori, schiavi liberati) possono coesistere in relativa armonia fra di loro e con lambiente circostante. Nella casa che Mission ha ricavato da una antica e misteriosa struttura vive anche un lemure chiamato Fantasma: nel loro legame si rispecchia lunione fra le due parti dellorganismo umano, luna «scivolata dentro unincantata innocenza senza tempo», laltra «avviata inesorabilmente verso il linguaggio, il tempo, luso di strumenti, la guerra, lo sfruttamento e la schiavitù». Una sera Mission assume una dose sconsiderata di cristalli di indri, una potente droga, e inizia un viaggio a ritroso nel tempo. La caverna si trasforma nellingresso al biologico Giardino delle Occasioni Perdute, in cui sono contenuti «tutti i morbi insiti nello stampo delluomo», le Sette Piaghe dEgitto, i Peli, i Sudori, che si liberano quando lo stampo si spezza. In questa breve, allucinata avventura tropicale Burroughs dà corpo con sconcertante precisione a una delle angosce peculiari dei nostri anni: quella di appartenere ormai a una nuova «età dei virus», dove mali inauditi si scatenano come vendette ancestrali e come risposte a una lesione sopravvenuta nella fisionomia umana. La Febbre del Ragno Rosso è apparso per la prima volta nel 1991. -
La notte
Per lunghi anni, mentre «le autorità politico-religiose» erano «riunite in conclave estetico, per decidere se la letteratura» fosse «fatua o semplicemente criminosa», Giorgio Manganelli esplorò instancabilmente quella che qui viene definita «sostanza notte» – da non confondere con la «notte accidentale» che tutti conosciamo, «cosa senza paragone diversa». Una notte integra e compatta, che ha «forma di parallelepipedo» e non si lascia «ledere»; una sostanza che, sebbene molti vi riconoscano un «muro di tenebre» e una «piaga senza storia» da abolire senza esitazione, pur sempre riesce ad attirare dentro di sé taluni che le si rivolgono nella speranza di poterla modificare. Costoro a volte finiscono addirittura per invaghirsene e infettarsene, fino a diventare «dei notturni periferici, inetti a vivere all’interno di quella notte compatta, e repugnanti a perdurare nel nostro mondo della notte accidentale». A questi esseri, fra i quali vanno annoverati molti dei suoi lettori, Manganelli consegnava cronache e notizie della terra cimmeria in cui ormai costantemente soggiornava, perseguendo un’equa distribuzione di forme: dai travolgenti corsivi destinati alla prima pagina dei quotidiani ad ardue costruzioni in forma di libro, sempre tese al punto dove «quello che viene scritto è il nulla». In una zona appartata, e solo in rari casi mostrandosi al pubblico, si accumularono anche dei racconti, di cui qui presentiamo un’inedita e folta silloge corrispondente a un progetto tracciato dall’autore. -
L' essenza della verità. Sul mito della caverna e sul «Teeteto» d...
Vi sono, nella storia del pensiero, concetti fondamentali che illuminano o adombrano, con il loro profilo, tutti gli altri. Uno di questi è la verità. Le definizioni che ne vengono date, le connotazioni che riceve, le trasformazioni cui è sottoposto rivelano gli atteggiamenti delle diverse epoche storiche nei confronti del mondo e di tutto ciò che è. Attraverso una minuziosa interpretazione del mito della caverna Heidegger mostra che con Platone l'idea di verità subisce un mutamento essenziale, e che tale mutamento segna l'inizio di un destino dal quale l'umanità è condotta, volente o nolente, fino alla tecnica moderna. -
Foglie e pietre
La maestria di Ernst Jünger ha raggiunto le punte più alte in quegli scritti dove lo stile diventa forma della contemplazione: lo dimostra in maniera imperiosa Foglie e pietre, del 1934, in cui Jünger raccolse una serie di brevi testi: taluni, come la mirabile Lettera dalla Sicilia all’uomo nella luna, con natura di «foglia», altri, come Fuoco e movimento, più affini alla «pietra». Ma tutti «presentavano un carattere di durata al di là dell’occasione contingente». Parole venate di ironia, perché tali occasioni oscillavano fra il paradiso solitario di alcuni viaggi e l’inferno collettivo della Grande Guerra, colta nella sua scaturigine tecnica e selvaggia in uno scritto (La Mobilitazione Totale) che ha avuto un’immensa influenza sino a oggi. E tuttavia che l’oggetto sia il petalo di un fiore o un incendio cosmico non fa differenza: l’occhio che vi si posa è lo stesso – l’occhio di un naturalista che con equanime attenzione lascia affiorare le nervature segrete delle cose. Di fatto, Jünger stesso definì questi scritti «esercizi dello sguardo». -
Julie de Carneilhan
A partire da qualche antica pendenza coniugale irrisolta, Colette imbastisce una vicenda di debiti e crediti che oppone il seduttore Herbert d'Espivant alla bella e non più giovane ex moglie Julie. Le schermaglie, i battibecchi, i reciproci inganni dei due danno luogo a una commedia in quattro atti, da cui l'autrice lascia a poco a poco trasparire un impietoso autoritratto. -
Hypnerotomachia Poliphili (rist. anast. 1499)
Sono trascorsi 500 anni da quando il veneziano Aldo Manuzio pubblicò questo sfuggente romanzo, ritenuto il più bel libro della storia della stampa, ma l'opera mantiene intatto il suo fosco fascino. E non cessa di suscitare stupore, interrogativi e acri polemiche. Risolta la questione dell'autore, che Giovanni Pozzi ha identificato in un Francesco Colonna frate indocile e libertino, resta il mistero del linguaggio che fa del ""Polifilo"" uno spericolato e intrepido esperimento senza passato e senza futuro. Ma che cosa narra? Una storia d'amore. Polifilo ritrova in sogno l'amata Polia superando una serie di prove iniziatiche: un viaggio dell'anima, intrapreso in lotta con Amore per raggiungere la vera Sapienza. -
Sotto falso nome
Cristina Campo che amava dire di sé ""scrisse poco, e vorrebbe aver scritto ancor meno"", così poco in realtà non scrisse. I saggi qui raccolti trattano gli argomenti più svariati: le arti figurative, la liturgia, la filosofia della religione, i tappeti persiani e i riti tibetani, le ville fiorentine e la chirurgia francese e, soprattutto, la letteratura. Fra gli autori recensiti o annotati, alcuni dei suoi più amati: Borges, D'Annunzio, Capote, Cechov, Williams, Shakespeare. Nonché alcune poetesse e scrittrici di ogni epoca: Katherine Mansfield, Virginia Wolf, Djuna Barnes, Cécile Bruyère, Simone Weil. -
Il postino suona sempre due volte
Questa storia quasi intollerabilmente scarna di una passione devastante - che ha per teatro uno scalcinato distributore di benzina su una statale a pochi chilometri da San Francisco, per ostacolo un marito rozzo e brutale e per via di fuga nient'altro che la tenebra - ha stretto, e continua a stringere, con i suoi lettori lo stesso patto di sangue che lega i suoi protagonisti, portando spesso anche i primi (per girare ""Ossessione"" Luchino Visconti svendette i gioielli di famiglia) alla rovina. Il perché lo si capirà leggendo, e fatalmente arrendendosi fin dal primo incontro, come Frank Chambers, a Cora, uno dei più temibili e vessatori fantasmi femminili che abbiano mai abitato le pagine di un romanzo: nelle parole dello stesso Cain, neppure una donna, ma ""il desiderio fatto realtà"". -
Il limite dell'utile
Oltre che dell'eros e dell'eccesso, Georges Bataille fu anche un singolare teorico dell'economia, ed è in questo ambito delle sue speculazioni che si situano alcune delle sue scoperte più preziose. Non diversamente da Ricardo e da Marx, egli vedeva nella categoria del ""sopvrappiù"", e nel modo in cui una determinata civiltà la tratta, la chiave di volta per capire la fisionomia nascosta della civiltà stessa. Studiando le società primitive e confrontandole con la nostra, Bataille riconobbe in tutto il mondo moderno una sorta di fatale cecità legata al predominio indiscusso della categoria dell'utile, a cui tutto viene subordinato, oscurando così la necessità del superfluo. -
Il bottone di Puskin
La storia segreta del duello in cui Puškin perse la vita. «Il montaggio della Vitale è perfetto, generoso e stringente insieme. Da lettere, diari, memorie, rapporti della polizia segreta escono personaggi memorabili, frivole figurette, loschi maneggioni, spie, provocatori, potenti cortigiani, servi sciocchi. È la società stravagante e fastosa che ritroveremo in Tolstoj, ma è anche un coro del teatro classico: informatissimo e profetico, osserva impotente gli eventi precipitare giorno per giorno, ora per ora, dalla commedia, talvolta farsa, di costume, al compimento della tragedia entro un breve spiazzo sgombrato dalla neve, il 27 gennaio 1837» - FRANCO LUCENTINI -
Un posto piccolo
Per molti Antigua è soltanto un'isola di spiagge bianchissime accarezzate dagli alisei, una per ciascun giorno dell'anno. Jamaica Kincaid, che ci è nata, ce ne mostra una faccia diversa. E d'improvviso, è come se nello smalto verde-azzurro dei Caraibi si scoprisse una ferita in supporazione, prodotta da politici predatori, interessati solo a perpetuare lo sfruttamento di chi, tanto tempo fa, colonizzò l'isola. Nulla riesce a contenere gli insulti che l'autrice, pur con grande sofferenza, riversa su tutti, turisti compresi. Che il turista sprovveduto sfogli pure le pagine patinate delle solite guide: chi metterà in valigia questo scarno libretto, scorgerà un'altra Antigua. -
Dell'inizio
Come già dichiara il titolo, Cacciari intende volgere lo sguardo a quel ""cominciamento"" che è il problema del pensiero filosofico. A questa inattualità nel porre il problema di sempre della filosofia corrisponde una novità perentoria nella articolazione della forma, che abbraccia i tre modi della scrittura filosofica: il dialogo (l'ironia, la ricerca), il trattato (la sistematicità), il parergon (la frammentazione aforistica). Da questi tratti apparirà evidente una voluta arcaicità dell'architetura formale, che implica una vis polemica contro ogni discorso filosofico rassegnato all'inerzia. Qui, al contrario, si riconosce che il pensiero filosofico non può che riproporsi le domande del Parmenide platonico. -
Il sartorello coraggioso
Un sartorello sedeva al suo tavolo e cuciva di buona lena, dando di tanto in tanto con gran gusto un morso a una mela matura. Ma il profumo zuccherino della mela finì per attirare anche nugoli di mosche che, dopo aver ronzato un po' all'intorno, vi si posarono sopra. Prese un pezzo di stoffa e menò un colpo alla mela. Quando scostò il panno, c'erano sette mosche spiaccicate. Età di lettura: da 7 anni. -
L'arte di conoscere se stessi
Ad amici e seguaci Schopenhauer non aveva nascosto l'esistenza di un vademecum gelosamente custodito che era solito chiamare ""Eis heauton"". Dopo la sua morte molti tentarono di ritrovare quelle preziose carte. L'esecutore testamentario, Wilhelm von Gwinner, dichiarò di averle distrutte per volontà dello stesso Schopenhauer. In realtà, prima di ricorrere al fuoco, le aveva utilizzate per scrivere una biografia del filosofo nella quale gli specialisti non tardarono a riconoscere passi, letteralmente citati, tratti da quelle pagine inedite, tanto che fu possibile ricostruire per congettura il testo originale. Questo libro segreto consisteva probabilmente in una trentina di fogli fitti di annotazioni autobiografiche, ricordi, riflessioni, massime, citazioni.