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Vicino al cuore selvaggio
Tutto in Jona affiora da ""percezioni troppo organiche per essere formulate in pensieri"", come in una Virginia Woolf amazzonica, arruffata e vagamente stregonesca. La sua storia è il silenzioso ruotare di un prisma che guida la luce ""vicino al cuore selvaggio della vita"". Questo romanzo è il libro d'esordio di Clarice Lispector. -
Dalle nove alle nove
Che cosa nasconde il bizzarro e concitato comportamento di Stanislaus Demba nelle dodici ore di una fatale giornata di inizio secolo? Quale colpa, quale paura lo mette in fuga attraverso le stazioni di un itinerario tormentoso e funambolico per le strade di Vienna? Fra i nove rintocchi del mattino e i nove battuti dalla campana della sera si consuma l'odissea dell'uomo braccato nel labirinto della città e delle proprie paure. ""Dalle nove alle nove"" è stato pubblicato per la prima volta nel 1918. -
Gattegoria
Apparso per la prima volta negli Stati Uniti nel 1973, ""Gattegoria"" è un effervescente balletto senza parole, disegnato da un artista che, molto semplicemente, ""non poteva concepire la vita senza i gatti"". Edward Gorey (1925-2000) è un autore amato per il suo humour sinistro e misterioso e a lui sono affezionati lettori nei diversi continenti, equamente divisi tra adulti e bambini. Età di lettura: da 6 anni. -
Il mio mortale nemico
Nessuno può sottrarsi allo charme di Myra Henshawe: né gli ""amici artisti"", né gli ""amici ricchi"", che subiscono rassegnati il suo sarcasmo fulmineo. Adorabile e imperiosa, Myra sembra avere proprio tutto. Anche un marito devoto, il quale non può scordare che Myra, per sposarlo, ha rinunciato a un'immensa fortuna. Ma crepe sottili percorrono la superficie di questa perfezione. Solo l'occhio incantato e perspicace di una ragazzina riesce a scorgerle; ed è come se nella casa degli Henshawwe, dove regnano spensieratezza e buone maniere, penetrasse uno spiffero gelido, suscitando un misterioso terrore. -
La morte corre sul fiume
Anche in assenza di precise notizie, non è difficile immaginare che nella sua carriera di pubblicitario Davis Grubb mai aveva lanciato un prodotto con un accorgimento efficace come quello con cui nel 1953, al suo esordio, presentò Harry Powell alias II Pastore, cioè lo psicopatico più seducente e abominevole che si ricordi: quattro lettere tatuate sulle dita della mano sinistra (""Hate"") e quattro su quelle della destra (""Love""). Il resto - e si intende la costruzione di un gotico tutto americano, dove le luci dell'espressionismo proiettano lunghe ombre sul paesaggio spettrale del Midwest - lo ha fatto il film diretto l'anno dopo da Charles Laughton e interpretato da Robert Mitchum: ogni scena sembra girata per imprimersi, come in effetti è avvenuto, nella memoria. Tanto più sorprendente sarà allora tornare al testo d'origine: la storia è qualcosa di più, se possibile, dei fatti che la compongono (e che ruotano intorno a un bottino di cui solo i ragazzini nelle mani del Pastore conoscono il nascondiglio), è un'omelia nera, una lunga e cupa ballata atroce almeno quanto le filastrocche infantili che di tanto in tanto la interrompono, risuonando nel vuoto. -
Nova express
La ""Nebulosa del Granchio"" - osservata dagli astronomi cinesi nel 1054 - è il prodotto di una supernova o di una stella sull'orlo dell'esplosione. Distante dalla Terra tremila anni luce, ha cominciato a invaderla per sottoporla a un controllo totale, biologico e psicologico - e ora sta per procedere all'attacco finale, scatenato dalle Bande Nova. Ma un'alleanza composta dalla Polizia Nova e dai Resistenti di Hassan-I-Sabbah (il Vecchio della Montagna) non è disposta ad arrendersi. È dunque la minaccia di uno schianto apocalittico a innervare il terzo pannello (dopo ""Pasto nudo"" e ""La macchina morbida"") della tetralogia di Burroughs - e mai come in ""Nova Express"" egli è riuscito a dare concretezza profetica alla sua ""visione"" e al suo ardito sperimentalismo. Certe scene sembrano già contenere tutto il cyberpunk e l'immaginario che alimenta Matrix, e l'idea del Linguaggio come onninvasivo strumento di plagio e anestesia sembra preludere a ogni successiva teoria del Complotto e del Controllo. L'unico, paradossale riscatto, in questo universo chiuso e manicomiale, è il linguaggio sabotatore di Burroughs: una frantumazione di suoni e di luci (esaltata dalla consueta tecnica del cut-up) che oscilla tra naturale e artificiale, biologico e tecnologico, ed è capace di amplificare vertiginosamente le possibilità metamorfiche e inventive della parola. -
Le braci
Dopo quarantun anni, due uomini, che da giovani sono stati inseparabili, tornano a incontrarsi in un castello ai piedi dei Carpazi. Uno ha passato quei decenni in Estremo Oriente, l'altro non si è mosso dalla sua proprietà. Ma entrambi hanno vissuto in attesa di quel momento. Null'altro contava per loro. Perché? Perché condividono un segreto che possiede una forza singolare: ""una forza che brucia il tessuto della vita come una radiazione maligna, ma al tempo stesso dà calore alla vita e la mantiene in tensione"". Tutto converge verso un ""duello senza spade"" ma ben più crudele. Tra loro, nell'ombra il fantasma di una donna. -
Religio medici
Per i suoi contemporanei, Thomas Browne fu un grande antiquario, un medico illustre e, soprattutto, un ""wit"", definito volta a volta pedante o ironico, scienziato retrivo o promotore entusiasta della scienza nuova. Le sue opere sollevarono dispute teologiche e scientifiche, eruditi gli chiedevano consigli su disparate questioni. I lettori più moderni, a partire da Lamb, Coleridge, De Quincey, fino a Borges, scoprirono che Browne poteva essere considerato innanzitutto come letterato; che il fascino della sua prosa era, in certo modo, ineguagliato nella letteratura inglese; che l'astrusità delle sue preoccupazioni rendeva i suoi scritti ancor più rari e curiosi; che l'aura del remoto avvolgeva ogni pagina. Così Browne divenne uno scrittore per raffinati, una preziosità letteraria, una felice aberrazione. La sua opera - elusiva, fondata su di una cultura composita e scritta in una cadenza naturalmente religiosa e cerimoniale - si presenta come una complessa figura sul punto di disfarsi, come un mosaico le cui tessere stiano per essere separate e disperse. -
Opere mnemotecniche. Testo latino a fronte. Vol. 2
A lungo considerate dagli studiosi come oggetto misterioso che non si sapeva in quale modo trattare, le opere mnemotecniche di Bruno si sono rivelate, soprattutto dopo il libro di Frances Yates, L'arte della memoria, come il centro e il motore occulto dell'intera sua opera. Ma non per questo hanno perso il loro aspetto cifrato, che non finisce di stupire. Gli equivoci insorgono subito, già dalla definizione della disciplina. Nata come tecnica utilissima agli oratori per esercitare la memoria, la mnemotecnica è diventata nel corso dei secoli, e soprattutto nel periodo fra Raimondo Lullo e Bruno, che segna il culmine dell'arte, un nuovo regime delle immagini - intese come fantasmi mentali. Questo secondo tomo include testi che, sotto vari profili, possono essere considerati fra i momenti più elevati dell'intera speculazione di Bruno. In particolare, il ""Sigillus sigillorum"" inizia a porre, attraverso una serrata discussione con i massimi esponenti della tradizione filosofica antica e rinascimentale - a partire da Marsilio Ficino -, le basi dell'ontologia della materia-vita infinita, da cui trarrà origine la cosmologia dell'universo infinito e dei mondi innumerabili, mentre il ""De imaginum composizione"", vero punto d'arrivo di tutta la riflessione mnemotecnica di Bruno, sfocia in uno stupefacente uso delle immagini, che ripropone in termini nuovi e originali il problema del rapporto fra mente, figura e parola. -
La donna giusta
Un pomeriggio, in una elegante pasticceria di Budapest, una donna racconta a un'altra donna come un giorno, avendo trovato nel portafogli di suo marito un pezzetto di nastro viola, abbia capito che nella vita di lui c'era stata, e forse c'era ancora, una passione segreta e bruciante, e come da quel momento abbia cercato, invano, di riconquistarlo. Una notte, in un caffè della stessa città, bevendo vino e fumando una sigaretta dopo l'altra, l'uomo che è stato suo marito racconta a un altro uomo come abbia aspettato per anni una donna che era diventata per lui una ragione di vita e insieme ""un veleno mortale"", e come, dopo aver lasciato per lei la prima moglie, l'abbia sposata - e poi inesorabilmente perduta. All'alba, in un alberghetto di Roma, sfogliando un album di fotografie, questa stessa donna racconta al suo amante (un batterista ungherese) come lei, la serva venuta dalla campagna, sia riuscita a sposare un uomo ricco, e come nella passione possa esserci ferocia, risentimento, vendetta. Molti anni dopo, nel bar di New York dove lavora, sarà proprio il batterista a raccontare a un esule del suo stesso paese l'epilogo di tutta la storia. Al pari delle ""Braci"" e di ""Divorzio a Buda"", questo romanzo appartiene al periodo più felice e incandescente dell'opera di Márai, quegli anni Quaranta in cui lo scrittore sembra aver voluto fissare in perfetti cristalli alcuni intrecci di passioni e menzogne, di tradimenti e crudeltà, di rivolte e dedizioni che hanno la capacità di parlare a ogni lettore. -
La paura
""La grande novità di questo romanzo, il cui titolo rappresentava già di per sé una sfida, era il fatto che nelle sue pagine si diceva: ho paura"". Così scriveva l'autore presentando, a vent'anni di distanza dalla sua uscita, una nuova edizione dell'opera ""infamante"" che nel 1939, alla vigilia di un'altra guerra, era stata pudicamente ritirata dalle librerie. Eppure, se ""La paura"" è un libro unico, diverso da tutti quelli pubblicati a caldo per denunciare la barbarie della prima guerra mondiale, non è solo a causa dell'insolenza con cui dà voce a ciò che a detta di molti andrebbe taciuto: lo è anche, e soprattutto, per la forza visionaria della scrittura. Fin dalle prime pagine, infatti, si resta sbalorditi di fronte all'efficacia di Chevallier, il quale (accompagnando il suo alter ego dal tragicomico ""carnevale"" dell'arruolamento all'impatto con i campi di battaglia, dal lungo ricovero in ospedale al ritorno al fronte, fino al lugubre silenzio che sembra avvolgere la terra intera dopo il ""Cessate il fuoco!"") sa coniugare con mano saldissima la verità impietosa della testimonianza con la forza affabulatrice del romanzo. E riesce a farci percepire, quasi fisicamente, l'orrore, lo sgomento e la disperazione; a farci vedere l'""esplosione di luce irreale"" dei razzi, i cadaveri dilaniati, il ""labirinto silenzioso e desolato delle trincee""; a farci condividere la cocciuta voglia di vivere e l'ossessiva paura di morire di tutti. -
Il mio pensiero non vi lascia. Lettere a Gianfranco Draghi e ad a...
Ci sono prosatori che proprio nelle lettere raggiungono una sorta di perfezione assoluta: riuscendo, nel breve volgere di una frase, a toccare vertici di bellezza e di intensità. Che la Campo sia uno di essi lo hanno dimostrato le ""Lettere a Mita"" e ""Caro Bul"": e ne è una conferma questo terzo pannello dell'epistolario, che raccoglie le lettere scritte agli amici del periodo fiorentino (e ad alcuni altri che a questi si riallacciano). Nel 1956 Cristina è costretta ad abbandonare Firenze per Roma; e gli anni romani saranno costantemente segnati dal ricordo struggente di quel giardino incantato che era la cerchia degli ""amici d'infanzia"": Piero Draghi, Anna Bonetti, Giorgio Orelli, Mario Luzi. A tutti loro scrive dal suo ""esilio"" parole di nostalgico affetto (""C'è con voialtri, nell'aria, odore di latte""), ma il più rimpianto è senza dubbio Gianfranco Draghi, quel Gian che guarda ai suoi stessi ""fari"" (i più luminosi: Hofmannsthal e Simone Weil), lo scrittore e il poeta di cui ammira sia la personalità sia l'opera, l'amico che ""conosce sempre, sottilmente, il disegno del tempo, e trova la parola magica da incidervi"". A lui una Cristina ancora dolente per una pena d'amore chiede di assicurarle ""che la felicità esiste"", ma anche di impegnarsi a favore di Danilo Dolci; con lui parla di Roma, che va scoprendo con meraviglia, delle sue letture, dei suoi momenti bui e dell'importanza della loro amicizia nella sua vita. -
Il rumore del tempo e altri scritti
Le prose narrative di Mandel'stam sono uno fra gli esempi più alti di quella prosa assoluta che ha contrassegnato la letteratura novecentesca. Mandel'stam procede per associazioni e divaricazioni fulminee, non meno audaci di quelle che si incontrano nella sua poesia. Così affiorano schegge di memoria e di visioni: una infanzia e giovinezza pietroburghesi di fine secolo, il clima (anche sonoro) di quegli ultimi anni prima della Rivoluzione, paesaggi abbaglianti, ritratti incisi su pietre dure. -
Anima mundi. Per James Hillman
Appassionato del pensiero di James Hillman, il libraio antiquario Paolo Pampaloni ha costruito negli anni, per rendergli omaggio, una selezionatissima biblioteca sull'anima e sull'Anima mundi: incunaboli, cinquecentine, preziosi commenti, da Omero, Pitagora, Platone e l'intera letteratura neoplatonica del Rinascimento sino alle prime edizioni di Jung, Kerényi, Corbin. Una tradizione millenaria, una trama variegata di miti, sogni e teorie, dove sempre si ritrova quel singolare splendore che sembra emanare da una segreta animazione delle cose. Secondo Plotino l'Anima, dispiegandosi al mondo, si degrada e s'intorbida nell'oscuro caos delle passioni e dei desideri, ma per Hillman qualche scintilla ancora ne trapela. E la collezione di Paolo Pampaloni cerca di restituire la continuità di tutti i discorsi attorno a questa luce, cogliendo le tracce di un cosmo animato che parla ormai solo con voci lontane. La dettagliata schedatura bibliografica dà conto della presenza fisica dei libri sugli scaffali dell'antiquario, mentre al commento è demandato il compito di ritessere una tela strappata, depositaria di una sapienza ancor oggi viva per chi non sia sordo a quelle voci e cieco alla misteriosa luce dell'Anima mundi. Con una nota di Roberto Calasso. -
La mia testimonianza davanti al mondo
""Non le darò istruzioni né le farò raccomandazioni... Dovrà soltanto riferire obiettivamente quello che ha visto, raccontare quello che ha vissuto in prima persona e ripetere ciò che in Polonia le è stato ordinato di dire su coloro che vivono là e negli altri paesi occupati d'Europa"": con questo viatico il premier Sikorski mandò Jan Karski a informare gli Alleati di ciò che stava accadendo agli ebrei nel suo paese e di come i polacchi non avessero mai smesso di lottare. Unitosi alla Resistenza nel 1939, il giovane ufficiale della riserva era stato incaricato di tenere i collegamenti fra lo Stato segreto polacco, e gli organi ufficiali del governo in esilio a Londra. Oltre a svolgere temerarie, Karski aveva compiuto un'impresa inaudita: era riuscito a infiltrarsi nel ghetto di Varsavia e nel campo di transito di Belzec e, fatto ancora più inaudito, a uscirne indenne, deciso a denunciare al mondo le atrocità commesse dai nazisti. Porterà in effetti la sua testimonianza diretta ai grandi della terra, incluso il presidente Roosevelt, ma per motivi politico-strategici il suo appello non verrà raccolto né avrà seguito: non gli resterà, nel 1944, che affidarlo a questo libro. Dimenticato nel dopoguerra in ragione dei nuovi assetti politici mondiali, Karski sarà riscoperto e intervistato dal regista Claude Lanzmann per il celeberrimo ""Shoah"" (1985), che darà l'avvio alla seconda fase della sua missione: ricordare l'indifferenza degli Alleati di fronte al consumarsi del genocidio. -
Il servizio divino dei greci
Le lezioni sul culto greco raccolte in questo volume, che Nietzsche tenne tra il 1875 e il 1878, furono le ultime della sua carriera di docente di filologia classica a Basilea, e testimoniano il nuovo orientamento che volle imprimere al suo studio dell'antichità greca, lontano dalle tonalità della ""Nascita della Tragedia"". Mettendo a punto un inedito metodo di ricerca storica e prendendo a bersaglio l'immagine ""chimerica"" del mondo greco e il donchisciottismo dei filologi - che invita ad andare a scuola dagli etnologi e dagli antropologi -, Nietzsche passa in rassegna le contaminazioni straniere di cui è impregnata la religione greca. Né teme di stilare l'elenco degli ""errori"" nel ""modo di pensare e di dedurre"" che sono alla base del servizio divino greco, delineando così una sorta di anatomia del ""pensiero impuro"" all'origine di ogni forma di culto. E tuttavia non rinuncia a definire l'essenza dello spirito greco: di quel Greco capace di ""imparare festosamente come un dilettante"" di genio, perché sa appropriarsi e superare ciò che è estraneo - e non si limita, come i romani, a ""pavoneggiarsi con ciò che ha preso a prestito"". -
L' alternativa nomade. Lettere 1948-1989
""Perché divento irrequieto dopo un mese nello stesso posto, insopportabile dopo due?"". Siamo nel febbraio del 1969: Bruce Chatwin ha rassegnato da tre anni le dimissioni da Sotheby's e ha appena deciso di abbandonare gli studi di Archeologia. Nonostante l'iniziale entusiasmo e il talento dimostrato in entrambi i campi, si è convinto che ""il cambiamento"" sia ""l'unica cosa per cui valga la pena vivere""; per questo scrive una lettera all'editore Tom Maschler in cui abbozza le sue idee per una storia del nomadismo - argomento che sente quanto mai affine. Il titolo è già pronto: ""L'alternativa nomade"". Da questo momento in poi Chatwin consacrerà la sua esistenza al viaggio e alla scrittura. Una vita in perpetuo movimento, che avrà come corollario una corrispondenza smisurata, per la gran parte raccolta in questo libro curato dall'amico Nicholas Shakespeare e arricchito dalle note laconiche, affilate e amorevoli della moglie Elizabeth. Scritte a partire dai sette anni, destinate ai genitori, alla moglie e agli amici, le lettere di Chatwin svelano sul loro autore molto più di quanto lui fosse disposto a lasciare affiorare nei suoi libri. Ma non compongono propriamente un'autobiografia involontaria: leggendole si ha semmai l'impressione di seguire in presa diretta la voce di un narratore naturale, di un cercatore di storie, che seppe fare del suo impulso al mutamento e della sua inappagabile avidità di conoscenze un'opera d'arte. -
Dobbiamo disobbedire
La borghesia, il sesso, il divorzio, l'aborto, la pornografia, la politica insomma: l'Italia com'è, e come potrebbe essere se solo lo volessimo - nelle risposte di Parise ai lettori del ""Corriere della Sera"". Risposte limpide, ribelli, bruscamente poetiche, come si addice a un grande scrittore. -
Il cucchiaino scomparso e altre storie della tavola periodica deg...
Ideata autonomamente, nel 1869, da Dmitrij Mendeleev e Julius Lothar Meyer, la ""tavola periodica degli elementi"" continua a restare per lo più congelata nell'inerzia dei ricordi scolastici. Con il libro di Sam Kean dietro ogni simbolo e ogni numero atomico si spalancano sequenze inimmaginabili in tutti gli ambiti dell'esperienza e della conoscenza umana. Come quelle arcaico-antropologiche sull'antimonio, elemento che troviamo nel giallo del Palazzo di Nabucodonosor e nel mascara delle donne egizie, usato sia per sedurre che per incutere terrore. O, ancora, quelle medico-sanitarie sulla tossicità del nitrato d'argento contrapposta alle qualità terapeutiche dello zolfo, alla base del ""prontosil rosso"", sulfaminide e primo chemioterapico antibatterico. O, infine, quelle fisico-cosmologiche: tutti gli elementi della tavola, infatti, condividono la stessa genesi stellare (l'esplosione di una supernova) in una fase di contrazione della materia che ha scremato la Terra e gli altri pianeti, oltre quattro miliardi e mezzo di anni fa. Punteggiato di sorprendenti aneddoti (come quello, evocato nel titolo, del cucchiaino di gallio che si scioglie al contatto del tè, permettendo trucchi alla Houdini) e digressioni narrative, il libro di Kean è un'introduzione alla conoscenza di ciò che costituisce il nostro pianeta. -
Gente
Tre anziane, eccentriche signore, una cadente dimora di campagna, e il problema di metterla a reddito. Come? Una soluzione: far intervenire l'onnipresente National Trust, se non fosse che il suo emissario si è rivelato un po' troppo entusiasta di certi vecchi pitali e del loro utilizzo da parte di alcune, antiche, celebrità. Molto meglio, per il momento, andare sul sicuro, cioè accettare l'offerta di un produttore, che in cambio di parecchio denaro chiede soltanto di rimanere in un angolo, mentre la sua troupe sistema il set del film che si accinge a girare: un porno, naturalmente. L'ultimo Bennett come il lettore sta imparando a conoscerlo: più esplicito, più feroce e più comico di quanto non sia mai stato.