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I demoni
""Ma chi sono questi uomini, chi sono i 'demoni'? I demoni sono anzitutto 'uomini d'idea', come li definisce Bachtìn, cioè uomini posseduti, tormentati, divorati da un'idea, cioè da una concezione onnicomprensiva, onniesplicativa e onnirisolutiva della realtà, uomini che si credono in possesso della 'Verità', ma ognuno dei quali si è costruito una sua Verità' in una forma aberrante, distruttiva, catastrofica. In questi uomini - secondo Dostoevskij - si ritrova una caratteristica specifica ed esclusiva dello spirito russo: il russo è divorato da un'inesausta sete di verità ed è in grado di dedicarsi appassionatamente, fanaticamente al perseguimento dell'ideale da lui concepito, fino ad arrivare a ogni eccesso e a ogni estremo, compreso il sacrificio totale di sé."" (Gianlorenzo Pacini) -
Dell'origine. Testo greco a fronte
""Non in fretta si legga il libro dell'Efesio Eraclito. Stretta la via, difficile il passaggio. Profonda notte e oscurità. Ma se è guida un iniziato ai misteri, più del sole fulgente è limpido."" Così raccomandava, e metteva in guardia, un antico anonimo. Quella di Eraclito è infatti una tra le più enigmatiche, ma anche più ricche di stimoli, opere filosofiche che siano mai state scritte. Questa nuova edizione si avvale di una traduzione e di un apparato critico che, in modo rigoroso e originale, mette in luce i rapporti di Eraclito con la tradizione orfico-dionisiaca greca e il pensiero e le religioni orientali. -
L' Ultimo giorno di un condannato
È anonimo l'autore che, nel 1829, dà alle stampe questo piccolo, gigantesco libro. Ma è inconfondibilmente Victor Hugo. Sono anni in cui il progresso sembra trasportare l'umanità intera, sul suo dorso poderoso, verso un futuro di pace, prosperità, ricchezza e fratellanza. Ma negli stessi anni si tagliano ancora teste davanti a un pubblico pagante, si marcisce in carcere, ci si lascia morire per una colpa non sempre dimostrata oltre ogni ragionevole dubbio. Hugo parla a nome dell'umanità, come sempre, e lo fa attraverso la voce di un uomo qualunque, di un condannato qualunque, di un miserabile che rappresenta tutti i miserabili di tutte le nazioni e tutte le epoche. Un crimine di cui non conosciamo i dettagli lo ha fatto gettare in una cella. Persone di cui non conosciamo il nome dispongono della sua vita, come divinità autoproclamate. Un'angoscia di cui conosciamo fin troppo bene la lama lo tortura, giorno dopo giorno, e gli fa desiderare che il tempo corra sempre più veloce. Verso la fine dell'attesa, venga essa con la liberazione o con l'oblio. -
Il canto di Natale
È il più famoso tra i racconti natalizi scritti da Dickens, nel 1843. Un racconto che ha avuto la forza di attingere all'immaginario popolare e a sua volta plasmarlo con forza. Per esempio, il personaggio di Paperon de' Paperoni in inglese si chiama Scrooge McDuck, lo stesso nome cioè dell'""avaro cattivo e senza cuore"" di questo racconto dickensiano. Scrooge è talmente cattivo e avaro da rifiutare anche il calore del Natale, per lui solo una perdita di tempo e di soldi. Sarà il fantasma del suo ex socio Jacob Marley a visitarlo per primo. Poi lo visiteranno altri tre spiriti, che gli restituiranno in rapida sequenza la visione del suo Natale passato (di quando cioè lui era un bambino solo e triste), di quello presente (quello del suo contabile Cratchit e del figlio in predicato di morte per la mancanza di cure adeguate) e infine del Natale futuro, quello della sua morte, che verrà accolta con derisione e freddezza da tutti i suoi conoscenti. È in questo momento che il vecchio avaraccio si pente dei suoi comportamenti e cambia finalmente registro, ravvedendosi e celebrando in modo adeguato lo spirito del Natale, con generosità e trasporto per gli affetti familiari. -
Martin Eden
«L'amore era la condizione sublime dell'esistenza e capitava di rado.»rnrn«""Martin Eden"" è davvero uno di quei libri che andrebbero letti più volte nel corso degli anni, uno di quei libri sfaccettati, dalle tante stratificazioni: strati e facce che vi si svelano in momenti diversi, da angolature diverse. È un ""romanzo di formazione"", non c'è dubbio, ma anche una piccola ""opera-mondo"", un romanzo che abbraccia, rappresenta e restituisce un'epoca, una società, uno svolto storico, classi e ideologie, tipi umani, contenti e contrasti, dinamiche socio-culturali.» – Mario MaffirnrnMartin Eden, un giovane marinaio di Oackland, salva la vita a un ragazzo della buona borghesia di San Francisco, Arthur Morse. Per ringraziarlo, questi lo presenta alla famiglia e alla sorella Ruth. Tra lei e il giovane marinaio scatta subito un'attrazione vitale, ostacolata però dalle differenze di classe e quindi dalla prevedibile resistenza della famiglia di Ruth. Un po' per farsi accettare socialmente, un po' perché sinceramente affascinato da quel mondo borghese, Martin decide di affinare la propria cultura. Da giovinastro un po' rozzo, in anni di studio forsennato si trasformerà in uno scrittore di successo. Sembra finalmente realizzata quell'ascesa sociale tanto agognata da Martin... «Martin Eden», il più bel romanzo di Jack London, ha veramente i tratti di una sconsolata e indimenticabile tragedia. -
I poeti del canone lirico della Grecia antica. Testo greco a fronte
La poesia greca antica, a differenza di quella moderna, non era destinata alla lettura e alla ricezione solitaria, ma all'esecuzione di un singolo cantore o di un coro con l'accompagnamento musicale di uno strumento a corda o a fiato, e in certi casi con movimenti di danza. La performance poetica era un vero e proprio spettacolo in presenza di un pubblico, che poteva variare dal gruppo circoscritto e omogeneo del simposio all'intera comunità civica. La poesia greca agiva come mezzo di interrelazione tra singolo e collettività, come strumento di partecipazione e integrazione, ma anche di interpretazione, discussione e costruzione della realtà. Attraverso la poesia l'uomo greco non solo conosceva le radici della sua identità, riflesse nel passato mitico e storico, ma era anche orientato verso valori e modelli autorevoli di comportamento. Il poeta era un sapiente, depositario di conoscenze e valori, e la sua opera era politica, poiché era un ""maestro di verità"" che interveniva in modo influente nella vita pubblica e nella formazione della coscienza della polis. In questa antologia vengono raccolti alcuni componimenti di quei poeti che hanno costituito il Canone della lirica greca antica, monodica e corale, Alcmane, Saffo, Alceo, Stesicoro, Ibico, Anacreonte, Simonide, Pindaro, Bacchilide e Corinna, introdotti e commentati dai curatori, con lo sforzo di far comunicare passato dei classici e presente dei contemporanei. -
Memorie da una casa di morti
Condannato a quattro anni di deportazione seguiti da sei di confino, nella colonia penale Dostoevskij si ritrovò a toccare con mano il male, non soltanto nella sua forma metafisica, ma nella sua espressione concretamente brutale; e soprattutto si ritrovò a toccare con mano la presenza di un abisso incolmabile tra sè, intellettuale nobile, e i detenuti comuni, il popolo. Pur privato dei suoi diritti di nobile, pur sottoposto alle stesse regole e privazioni, l'autore non fu mai riconosciuto compagno dei suoi compagni – si trovò sempre di fronte alla stessa solitudine che avrebbe accompagnato il Raskol'nikov di ""Delitto e castigo"" nella prima fase della sua permanenza nella colonia penale. E, tuttavia, Dostoevskij divenne anche conscio di una nuova forma di consapevolezza. ""Di sicuro per me non è stato tempo perduto"", scriverà al termine della condanna. ""Se anche non ho conosciuto la Russia, certo il popolo russo l'ho conosciuto bene, come pochi credo lo conoscano."" Molti dei protagonisti delle sue opere future hanno un loro prototipo negli individui incontrati durante la permanenza nella colonia penale. ""Memorie da una casa di morti"" si focalizza sull'analisi psicologica del forzato: pur essendo ancora lontano dalla ricerca ""dell’uomo nell'uomo"" che si svilupperà a partire dalle ""Memorie del sottosuolo"", Dostoevskij già si sta muovendo in quella direzione: è la psicologia del forzato quello che lo interessa. -
L' età dell'innocenza
Uscito nel 1920, ""L'età dell'innocenza"" vale alla sua autrice, Edith Wharton, il premio Pulitzer: sarà la prima donna a vederselo assegnare. Il libro è una critica spietata alla convenzionalità dell'alta società newyorchese: una vera aristocrazia immobiliare in cui le famiglie sono le stesse da generazioni, le donne un ornamento e gli uomini non fanno nulla neppure quando fingono di andare in ufficio. I ricchi personaggi dell'""Età dell'innocenza"" vivono tutti nello stesso quadrilatero di strade, e d'estate si spostano tutti quanti a Newport. Sono sempre insieme, sono privilegiati e severi al contempo, e non concepiscono l'esistenza di un mondo fuori dal loro. Il mondo, ovviamente, progredisce, cambia e rischia di lasciarli indietro. Ai cancelli della vecchia New York premono l'aristocrazia imprenditoriale e bancaria - i Morgan, i Lehman, i Guggenheim -, gli operai migrati dall'Europa e soprattutto stili di vita dinamici e aggressivi. Il protagonista del romanzo, Newland Archer, è un giovane raffinato che nella prima parte vediamo emanciparsi lentamente dai valori della vecchia New York ma che poi si trova costretto a sposare una donna che non ama assolutamente. -
Umiliati e offesi
Quando, nel 1859, Dostoevskij ottenne il permesso di rientrare dalla deportazione nella Russia europea, aveva bisogno di qualcosa di clamoroso per riaffermare la propria posizione nel panorama letterario dell'epoca. Fu così che nella primavera del 1860 si dedicò alla stesura di un roman-feuilleton pieno di situazioni estreme, spregiudicate, delle quali si parlava con relativa disinvoltura, incentrate sul tema della fanciulla offesa e vittima di individui senza scrupoli. Sedotte e abbandonate: questo è il destino delle donne in ""Umiliati e offesi"". Ma anche maledette dai propri padri. L'occhio di Dostoevskij si sofferma ad analizzare la relazione padre/figlia, e lo fa tramutandola nel nucleo portante della narrazione: sono ben tre le coppie di padri e figlie che si avvicendano nelle pagine del romanzo, portando avanti ciascuna una linea narrativa e una modalità esistenziale che conducono a una conclusione differente. Le vicende sono tenute assieme dalla presenza del narratore Ivan Petrovic, che per tutto il romanzo si sposta frenetico da una casa all'altra, fungendo da testimone oculare e, alla fine, da vero e proprio deus ex machina. In questa figura si manifesta il tormento di Dostoevskij, giunto al punto di svolta della propria creatività e alla ricerca di un nuovo modello di narratore. -
Il secondo libro dell'inquietudine
Il ""Livro do Desassossego"" è costituito soprattutto da una disordinata collezione di frammenti nutriti dalla linfa del desassossego - dell'inquietudine esistenziale, dello spleen, del perturbante. L'opera originale è di fatto uno zibaldone, un diario mai licenziato dall'autore come opera chiusa e compiuta. Nel 1986, Maria José de Lancastre e Antonio Tabucchi tradussero e curarono per Feltrinelli la prima edizione italiana del Livro do Desassossego, proponendo una scelta ragionata di lacerti da poco definitivamente attribuiti a Bernardo Soares - tratti dai due volumi della cosiddetta edizione ""T"" Prado Coelho - che finalmente dava a conoscere al pubblico, tentando una prima compilazione in forma di libro, lo zibaldone di Bernardo Soares filologicamente ancora ""in divenire"". ""Il secondo libro dell'inquietudine, a cura di Roberto Francavilla, completa il lavoro di Antonio Tabucchi e Maria José de Lancastre e gli rende omaggio (e proprio perciò contiene nel titolo l'arbitrio dell'aggettivo secondo). -
L' uomo e la natura
Questa raccolta di scritti a cura di Mario De Micheli ripropone, pensiero per pensiero, i testi di Leonardo sui grandi temi universali. La terra, il nostro corpo, le nostre passioni, il difficile teatro su cui la storia celebra i suoi riti con grandezza o ferocia: ecco ""la materia"" che Leonardo affidò ai suoi manoscritti. Tra scienza e arti egli non fece differenza, giudicando entrambe strumenti di indagine da esercitare sul medesimo oggetto, l'uomo e la natura, appunto, anche se diverso considerava il carattere dei loro mezzi conoscitivi. Fu un grande intellettuale, la cui vicenda sopra ogni altra è stata una straordinaria avventura di opere e di ricerche accanite, compiute in molteplici campi e spesso in tenitori del tutto sconosciuti, dov'egli penetrò acutamente per primo. Per questo lo riteniamo a buon diritto un contemporaneo: per il suo spirito critico e creativo. Di qui anche l'importanza insostituibile dei suoi manoscritti. Infatti le ragioni della sua mente, il segreto delle sue immagini, l'assillo del suo sapere, sono racchiusi proprio qui: in questi appunti, in queste note, in questi frammenti, su cui davvero, come dice De Micheli nella sua Introduzione, non è scesa la polvere. -
Zibaldone di pensieri. Nuova edizione tematica condotta sugli Ind...
Per un intero secolo, da quando, Giosuè Carducci ne patrocinò la prima edizione a stampa, lo «Zibaldone di pensieri» di Giacomo Leopardi è assurto a simbolo del ""frammento"" per eccellenza. Quello che è da tutti considerato un capolavoro assoluto di prosa letteraria, è stato presentato da una lunga tradizione come un'opera volutamente asistematica, un flusso di pensieri senza ordine. A distanza di oltre un secolo da quella prima edizione carducciana, il meticoloso e acuto lavoro critico-filologico di Fabiana Cacciapuoti ha portato alla luce l'idea di una grande opera per ""trattati"". Un testo dotato di precise chiavi di lettura, organizzabile - se non compiutamente organizzato - a partire da ben definiti fuochi tematici. Un suo progetto di riordino e indicizzazione degli appunti sarà effettivamente messo in atto, attraverso un rigoroso sistema di voci e di numeri, redatto su differenti schedine (conservate presso la Biblioteca nazionale di Napoli). Sono, in particolare, sette paginette scarne ma decisive a evidenziare i differenti percorsi tematici. Proprio seguendo quelle pagine, sono stati qui ""rimontati"" tutti i brani leopardiani, ricostruendo così nella sua compiutezza il tendenziale suo ""sistema"". Questa nuova edizione tematica dello «Zibaldone di pensieri» viene ora proposta in un volume unico, con l'indicazione di tutte le indicizzazioni via via appuntate da Leopardi. Una riaggregazione dei materiali leopardiani che ne cambia la chiave di lettura. Con un preludio di Antonio Prete. -
Poesie. Testo tedesco a fronte
È indiscutibile che Nietzsche sia un grandissimo scrittore, anzi, uno dei più grandi scrittori in lingua tedesca, sebbene egli stesso avesse il terrore di venire ricordato appunto come uno scrittore. Avrebbe forse voluto, Nietzsche, essere piuttosto ricordato come un poeta? Ovvero come colui che nelle poesie di questo volume viene definito come ""una bestia, furba, rapace, strisciante"", ""un predatore insinuante e mentitore"". E noi, come dobbiamo porci di fronte alla poesia di Nietzsche, cioè alla poesia di un filosofo, ma di un filosofo che si è messo in testa, ostentandolo, il berretto da giullare? La domanda è tutt'altro che oziosa, dal momento che essa può in generale essere ripetuta a ragione di fronte a pressoché tutte le opere di Nietzsche, il cui tratto estetico, la cui espressione ""poetico-letteraria"", sembra a prima vista evidente, quando non addirittura prevalente. In altre parole: Nietzsche è forse un filosofo-poeta? No, Nietzsche non è un filosofo-poeta, come uno Hölderlin o un Novalis; questa particolare specie è, nella stessa interpretazione nietzschiana, estinta insieme al Romanticismo. Tuttavia, questa constatazione non ci consente certo di evitare il confronto con i versi chiave di tutta l'opera poetica di Nietzsche: quel definirsi ""nur Narr! nur Dichter!"", ""solo giullare! solo poeta!"", colui che è bandito - e si autobandisce - da qualunque verità. In questo senso ha dunque ragione Giorgio Colli quando afferma che il Nietzsche poeta non è altra cosa dal Nietzsche pensatore, ""né alcunché di più essoterico"". -
Netocka Nezvanova
In una nuova traduzione, il romanzo che Dostoevskij stava scrivendo al momento del suo arresto per mano della polizia zarista. Le prime tre parti di «Netocka» vennero pubblicate all'inizio del 1849: a fine aprile Dostoevskij fu arrestato, condannato a morte, graziato mentre già si trovava sul patibolo. A ciò seguirono la deportazione, i lavori forzati, il confino: dieci anni nel buio della steppa, a cercare la luce; dieci anni dai quali Dostoevskij fece ritorno profondamente mutato, colmo di nuove idee, nuove passioni e intuizioni. Le altre parti del libro non vennero mai scritte: l'aprile del 1849 segnò davvero la cesura fondamentale della creatività dostoevskiana. Dopo, nulla sarebbe più stato lo stesso, nulla di quanto prima era stato progettato sarebbe più stato realizzabile. «Netocka Nezvanova» ci si offre così come straordinario esempio di un'opera ""di confine"" tra due mondi, con pagine di impressionante efficacia, di sconvolgente verità, che preludono ai grandi romanzi del periodo maturo. Netocka è l'esclusa, è colei che non è invitata al banchetto della vita, e che dal suo cantuccio è destinata a scrutare il mondo, degli adulti di casa prima, degli estranei di fuori poi. Un Dostoevskij al femminile, dunque, che però intreccia all'analisi del mondo interiore della bambina le tematiche tipiche del suo primo periodo, quello a suo modo ""romantico"", nel quale ragiona ancora sul ruolo dell'artista. -
Racconti di Pietroburgo
""Siamo tutti usciti da 'Il cappotto' di Gogol'"" Fëdor Dostoevskij Pietroburgo non è una città: è un progetto, un sogno, un miraggio, un'allucinazione, o un incubo, se volete, ma non è una città. E non c'è un autore che meglio di Gogol' abbia visto e reso tangibile la sua realtà. I suoi ""Racconti di Pietroburgo"" ci restituiscono l'essenza di questa città, che è la cultura che vi è germinata. Leggendo questi cinque smilzi racconti sarete in un attimo gogolianamente proiettati nel mondo di Puskin, di Dostoevskij, di Andrej Belyj, di Anna Achmatova e Andrej Bitov; grazie a queste cinque capriole gogoliane vi troverete in un istante imbevuti di cultura pietroburghese. E dunque: non mettete piede a Pietroburgo senza prima aver letto i racconti di Gogol'... non vedreste nulla, non capireste nulla... Restituiti al lettore italiano nella traduzione di Damiano Rebecchini, questi racconti iniziano oggi una nuova vita, vestiti di tutto punto, con un nuovo cappotto tagliato a meraviglia, pronti a popolare i sogni pietroburghesi dei loro futuri lettori. -
La guerra delle donne
Cosa succede al mondo dei Tre moschettieri, se lo si coniuga al femminile? È il 1844 quando appare per la prima volta, pubblicato a puntate, ""La guerra delle donne"". Lo scenario è quello della Fronda, negli anni attorno al 1650, in una Francia in cui la regina, Anna d'Austria, e il suo ministro, il cardinale Mazzarino, devono fronteggiare la ribellione diffusa di una nobiltà che ha eletto a suo simbolo la principessa di Condé. Le due madri lottano a nome e per conto dei figli bambini, Luigi XIV e il piccolo Condé. Ma la guerra delle donne non è solo quella dello sfondo storico generale in cui il romanzo si svolge. Altre due donne, le protagoniste, schierate sulle opposte sponde, tessono la trama dei loro fili diplomatici e militari, ciascuna per far vincere la propria parte. Due eroine dai tratti contrapposti: Nanon de Lartigues, la bruna avvenente e irresistibile, brillante, astuta e appassionata, e Claire de Cambes, che dietro l'apparenza della delicatezza, della fragilità, della femminilità sottomessa, cela tesori di coraggio e un'impressionante capacità di affrontare le situazioni più drammatiche. Opposte in tutto, Nanon e Claire si accorgeranno di esserlo anche nella passione per lo stesso uomo... -
Vite immaginarie
""Sfortunatamente, i biografi di solito hanno creduto di essere degli storici. E così ci hanno privato di mirabili ritratti. Hanno creduto che solo la vita dei grandi uomini potesse interessarci. L'arte del biografo dovrebbe consistere, piuttosto, nel dare lo stesso risalto sia alla vita d'un povero attore che a quella di Shakespeare"". È questa la premessa da cui Marcel Schwob parte per realizzare le sue Vite immaginarie, e dunque i personaggi delle ventidue biografie che compongono il libro non sono soltanto uomini (e donne) illustri, come Lucrezio, Paolo Uccello o Cecco Angiolieri, ma anche e soprattutto comparse minori, pirati, donne di malcostume, eretici e assassini, individui pressoché impossibili da trovare nei libri di storia. Abbozzati in pochi tratti sapienti, magistrali per concisione, perfezione formale e densità, questi ritratti si leggono come entrando in un'allucinazione possente: sono ""puro hashish... danno fuoco all'immaginazione"", dirà il poeta Albert Samain. Quei destini emersi dalle pieghe segrete della Storia non hanno mai smesso di esercitare il loro fascino su intere generazioni di scrittori (Borges, Michon, Schneider, Wilcock, Tabucchi, Bolaño, Reyes...) e di lettori che sanno ""leggere nel bianco delle pagine"", fra le righe. -
Fattoria degli animali
È uno dei romanzi più famosi del Novecento, grande metafora di ogni regime totalitario. Eppure l'ispirazione per quest'opera nacque da un episodio molto concreto: ""Un giorno, mentre percorrevo uno stretto sentiero vidi un bambino di forse una decina d'anni che teneva per le briglie un cavallo da tiro enorme, e ogni volta che questo cercava di voltarsi il bambino lo frustava. In quel momento mi ritrovai a pensare che se certi animali avessero coscienza della loro forza, noi non avremmo più alcun potere su di loro, e pensai pure che gli uomini sfruttano gli animali in modo assai simile a quello in cui i ricchi sfruttano il proletariato"". Prende così vita ""Fattoria degli animali"", storia di animali che sovvertono l'ordine costituito per instaurare un regime basato sull'uguaglianza e sulla parità di diritti e doveri. Ma la loro utopia egualitaria deraglia rapidamente e, come nella Russia stalinista che Orwell aveva in mente mentre scriveva, ben presto un gruppo - i maiali, guidati da Napoleon e Snowball - prende il sopravvento e si impone sugli altri con una prepotenza che sfocerà presto in brutalità. Una storia che, trasfigurando le vicende dell'Unione Sovietica attraverso la lente della favola, parla al lettore con un'immediatezza capace di toccare il nucleo più prezioso che abita in ciascuno di noi: quello che non esita a insorgere di fronte al sopruso e all'ingiustizia. -
Il caso di Charles Dexter Ward-Alle montagne della follia
“Era un suono maledetto: uno di quegli oltraggi cupi e insidiosi della natura che non dovrebbero esistere”Un giovane studioso, schivo e solitario, comincia a indagare su un proprio antenato, presunto negromante dedito a pratiche oscure volte a risuscitare i morti. L'interesse per questo avo e i suoi rapporti con le forze sovrannaturali si trasforma a poco a poco in un'ossessione che trascinerà Charles Dexter Ward in una spirale di follia senza fine. Una spedizione scientifica in Antartide s'imbatte in una scoperta sensazionale: conservati nel ghiaccio perenne, in una grotta ai piedi di una gigantesca catena montuosa, giacciono i corpi perfettamente conservati di alcune creature mostruose e sconosciute. Le comunicazioni del gruppo di ricerca, però, si interrompono all'indomani del ritrovamento. Una seconda spedizione, inviata per indagare sulle sorti dei ricercatori scomparsi, troverà il campo devastato da una furia sconosciuta che ha abbandonato a terra i corpi di uomini e cani dopo averli terribilmente dilaniati. -
L' adolescente
“Forse in questi impeti di follia sono racchiuse proprio la brama di ordine e la ricerca della verità”Arkadij Dolgorukij ha diciannove anni, propugna convinzioni assolute e nutre un'ambizione sconfinata, pari solo alla propria ingenuità. Figlio illegittimo di un dissoluto proprietario terriero, è combattuto fra il desiderio di denunciare le malefatte del genitore e il bisogno di esserne amato, ed è sotto la spinta di queste opposte pulsioni che raggiunge il padre a San Pietroburgo per prendere servizio nel posto che questi gli ha procurato. In realtà, però, Arkadij ha un piano - un delirio di grandezza che ha trovato terreno fertile nell'isolamento in cui il ragazzo è cresciuto - ed è entrato in possesso di un misterioso documento, che dovrebbe assicurargli un infallibile ascendente sui suoi interlocutori, se solo fosse sicuro di come esercitarlo e di quale risultato intenda ottenere. Nato dall'intenzione di scrivere un'opera ideologica sul tema delle ""famiglie casuali"", terreno di coltura per una gioventù inquieta e sradicata, L'adolescente trascende il progetto iniziale dell'autore riuscendo a toccare corde molto intime, temi che ci hanno sfiorati tutti nel percorso verso l'età adulta. A completare il testo, questo volume presenta Vita di un grande peccatore, il primo abbozzo di un'opera da cui sarebbero poi scaturiti tre fra i più importanti romanzi di Dostoevskij: I demonî, L'adolescente e, in parte, I fratelli Karamazov.