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Il pesce piccolo. Una storia di virus e segreti
Il ricercatore dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che ha svelato i retroscena del piano pandemico italiano racconta gli errori e le coperture che hanno fatto del nostro paese rnil grande malato.rnrnNon potevo rimanere in silenzioVenezia, febbraio 2020. Il carnevale viene interrotto bruscamente e Francesco Zambon, veneziano e funzionario dell’OMS, mentre dalla sua finestra vede i turisti in abiti variopinti correre terrorizzati verso il primo vaporetto disponibile, riceve l’incarico di coordinare le informazioni che arrivano dall’Italia e che possono essere utili al mondo: il Covid-19 non è più un virus esotico, ha fatto irruzione in Occidente. Seguono settimane di lavoro forsennato, per provare a capire cosa stia accadendo nel nostro paese, perché tutti quei contagi, perché tutti quei morti. rnL’11 maggio il rapporto è finito, approvato dai vertici dell’OMS, stampato e pronto per essere divulgato. Potrebbe salvare molte vite. Ma qualcosa si inceppa e il 13 maggio il rapporto viene ritirato. Perché? Perché conteneva alcuni errori, dicono dai vertici dell’OMS. Ma la ragione è che rivelava un dettaglio fondamentale: il piano pandemico italiano non veniva aggiornato dal 2006, quindi era del tutto inadeguato. Ecco perché tutti quei morti. Ecco perché nessuno doveva sapere. rnQuesta è la storia di un uomo solo, che ha denunciato e pagato in prima persona. Questa è una storia che ha fatto il giro del mondo, su cui le procure stanno indagando e che in queste pagine viene raccontata per intero per la prima volta. Nessuno sa quante vite sarebbero state risparmiate, ma tutti devono sapere quali sono state le omissioni, le coperture, le viltà che hanno reso il nostro paese così colpevolmente fragile. -
L' anno del rinoceronte grigio. La catastrofe che avremmo dovuto prevedere
La finanza, la politica, il cambiamento climatico, l’avanzata della Cina, la pandemia. Siamo nel mezzo di una trasformazione epocale. Dietro c’è un rinoceronte grigio: una catastrofe annunciata che abbiamo ignorato troppo a lungo. In un grande racconto, Adam Tooze svela in tempo reale gli intrecci della storia e ci lascia un senso di presagio: la prossima crisi è imminente. Noi siamo preparati?Nell’ultimo secolo abbiamo cavalcato la nostra fortuna. Abbiamo trascurato una catastrofe annunciata che un giorno, spinta dalla pandemia, è arrivata. I mercati azionari sono caduti più velocemente e più duramente che in qualsiasi altro momento della storia dopo il 1929. Gli investitori sono stati presi dal panico. Persino l’oro è stato venduto. L’intero sistema economico globale si è contratto: non succedeva dalla Seconda guerra mondiale. Nel giro di poche settimane l’economia è stata bruscamente arrestata dai governi, che hanno provato a contenere la spirale della catastrofe sanitaria.rnAdam Tooze racconta la storia di questa contrazione, mostrando connessioni che, per la prima volta, permettono di avere una visione totale dell’intreccio complicatissimo che tiene assieme la distruzione dell’ambiente e la nuova guerra fredda tra Cina e Stati Uniti, lo sviluppo squilibrato e instabile dell’economia e la diseguaglianza. Di questa storia non conosciamo ancora la fine e non sappiamo quale nuovo mondo troveremo dall’altra parte. Il virus ha aggredito l’economia con la stessa ferocia con cui ha attaccato la nostra salute, ma per affrontarlo non c’è alcun vaccino in arrivo. Tooze getta luce su quanto il mondo fosse impreparato a combattere questa sequenza di catastrofi, e su quanto profonde siano le fratture nel nostro modo di vivere e di fare affari.rnDobbiamo essere preparati alla prossima crisi, perché probabilmente sarà peggiore. Questo è il momento di costruire le nostre risposte. Come disse John Maynard Keynes nel 1942: “Tutto ciò che possiamo fare concretamente, possiamo permettercelo”. -
La stanza numero 30. Cronache di una vita
«È stata la mia vita e spetta solo a me decidere cosa farne.» Per tanti simbolo di giustizia e modello di donna, per altri nemico politico. Il magistrato racconta per la prima volta la sua storia: dalle indagini sulle stragi mafiose del 1992 ai processi con imputato Silvio Berlusconi, un racconto che rivela molto degli ultimi trent'anni di storia italiana. Un libro sincero e coraggioso, che non fa sconti a nessuno.Arrivata nel 1979 alla Procura di Milano, Ilda Boccassini capisce da subito che la vita non sarà facile. Troppe donne, tuona l'allora procuratore. E il «Corriere della Sera» il giorno stesso scrive che «il lavoro inquirente poco si adatta alle donne: maternità e preoccupazioni familiari male si conciliano con un lavoro duro, stressante e anche pericoloso». Inizia così un corpo a corpo di Ilda ""la rossa"""" dentro e fuori la Procura che durerà fino al giorno della pensione, nel 2019. Il lavoro duro ma entusiasmante del primo periodo, i successi con Giovanni Falcone nell'indagine Duomo Connection, che per la prima volta svela all'Italia l'esistenza della mafia a Milano. E poi il giorno in cui tutto finisce e tutto comincia: il 23 maggio 1992, lo squarcio sull'autostrada per Capaci. Si parte allora per la Sicilia, a indagare su quelle morti, sconsigliata da tutti, perseguitata dal senso di colpa per i figli lasciati a Milano, ma è necessario provare a capire e a dare giustizia. Il ritorno a Milano è già Seconda Repubblica e sarà segnato dai processi a Berlusconi, Imi-Sir, Lodo Mondadori, Toghe sporche. E con quei processi l'inizio di una campagna d'odio durata decenni, fino ai processi degli anni Duemila per il caso Ruby. In queste pagine gli avvenimenti si ripercorrono da uno straordinario punto di vista, quello di una donna libera dentro e fuori la Procura, con la forza di pochi e la fragilità di tutti."" -
Siamo qui per voi. Come ci governano le nuove corporation
Negli ultimi quindici anni, i manager hanno inventato un nuovo volto del capitalismo. Con l'aumento della disuguaglianza di reddito, la stagnazione dei salari e l'escalation della crisi climatica, si sono resi conto che dovevano fare dei valori sociali e ambientali il cuore della loro identità e della loro comunicazione. Il problema è che le aziende sono ancora, e prima di tutto, preoccupate dei loro profitti. Con un'analisi lucida e intransigente, Joel Bakan svela l'inganno dei falsi benefattori: in realtà, la crescente libertà delle aziende sta invadendo la libertà individuale e la democrazia. Con una ricerca ricca di interviste sia con i dirigenti sia con i loro critici più acuti, Bakan espone la disumanità e la forza distruttiva delle regole che governano il mondo in cui viviamo: la privatizzazione guidata dal profitto sovverte il bene pubblico, gli Stati trascurano il dovere di proteggere l'ambiente, la crescente alienazione che sperimentiamo mentre ogni aspetto della vita viene capitalizzato, e infine la pandemia, che più che mai ha messo a nudo la profonda ingiustizia della nostra società guidata dalle aziende. Vent'anni dopo The Corporation, decisivo libro inchiesta e documentario, Joel Bakan torna con un grande saggio di critica anticapitalista e con gli strumenti del giurista delinea un percorso di lotta e di resistenza, rivolto ai cittadini di tutto il mondo. -
Il dominio del XXI secolo. Cina, Stati Uniti e la guerra invisibile sulla tecnologica
Siamo in guerra, anche se in pochi lo sanno. È una guerra invisibile che si combatte fra la Cina e gli Stati Uniti, eppure riguarda da vicino ciascuno di noi. Ha fatto entrare nella nostra vita quotidiana temi oscuri come i semiconduttori, il litio e il cobalto. Taiwan è diventata l’isola più importante del pianeta, mentre Washington impedisce alle stesse aziende americane di vendere prodotti in Cina, attraverso sanzioni sempre più sofisticate. Il territorio che deciderà il destino di questo secolo è la tecnologia. Dalle comunicazioni all’energia, il digitale pervade ogni settore industriale. Gli investimenti di tutti i maggiori attori globali sono concentrati qui. Ogni smartphone, ogni sensore, ogni auto dipende dall’evoluzione continua e avveniristica, quasi magica, dei semiconduttori. Contemporaneamente, lo stoccaggio delle energie rinnovabili e l’ascesa della mobilità elettrica, la cui componente principale è la batteria, avranno conseguenze profonde su numerosi settori industriali. Soprattutto su quello automobilistico, essenziale per l’economia e la società dell’Europa, degli Stati Uniti e di molti altri paesi. Ci saranno vincitori e vinti. Già oggi il baricentro industriale del mondo non è più l’Occidente. È l’Asia il centro manifatturiero della Terra: qui è prodotta gran parte degli oggetti che compongono il nostro futuro tecnologico. Chi sono i protagonisti di questa guerra? Non solo uomini di governo, ma anche ingegneri, ricercatori, assemblatori, imprenditori: persone che plasmano la vita invisibile del pianeta. Alessandro Aresu racconta le loro storie, avventurose, ciniche e geniali, e ci guida attraverso una mappa fatta di dipendenze e ricatti, strategie e colpi di scena. Per la prima volta diviene possibile decifrare il grande gioco della guerra tecnologica. Chi conquisterà l’egemonia sul XXI secolo? -
Lettera alla tribù bianca
Alex Zanotelli è stato inviato in Italia dai baraccati di Korogocho a “convertire la sua tribù bianca”. Il mondo “bianco” è attraversato ogni giorno da chi fugge dalla fame, dalle guerre e dai disastri climatici: frutto amaro di un sistema economico, finanziario e militarizzato iniquo. Il Mediterraneo, ormai, è diventato il cimitero dei “volti scuri”. La tribù bianca si difende con muri, fili spinati e polizia. L’egoismo, eretto a sistema, che pervade la nostra società e la nostra cultura sta devastando la Terra e gli altri popoli, devasterà anche noi stessi. Abbiamo perso l’empatia? “Questo rifiuto dell’‘altro’,” scrive Zanotelli, “impoverito ed emarginato, sottintende un razzismo strisciante che pervade la tribù bianca.” Un razzismo cavalcato dall’estrema destra, nel quale l’eresia del suprematismo bianco trova le sue radici. La rapida espansione dell’estremismo di destra, anche in Italia, è forse il segno della non-coscienza di essere parte della tribù bianca e della rimozione del nostro colonialismo in Africa? Zanotelli getta luce su un intero sistema fatto di disuguaglianze, di diritti negati e di disimpegno nei confronti di una crisi climatica che coincide sempre più con un atto di violenza globale. Ma indica anche una via di speranza: è possibile incamminarsi per la strada di “un’umanità plurale”, che comincia con l’accoglienza dell’“altro”, ricco per me perché diverso da me. -
Infiammazione. Medicina, conflitto e disuguaglianza
Il nostro corpo, la società e il pianeta sono colpiti da una devastante infiammazione. Lo vediamo attorno a noi: nelle scioccanti disparità economiche e sociali sulle quali la pandemia ha gettato luce; nell'aumento delle malattie infiammatorie come i disturbi gastrointestinali e l'asma; nelle rivolte di massa in tutto il mondo in risposta al razzismo e alla violenza; nella crescita del numero di rifugiati climatici. Questo saggio coraggioso e originalissimo è un viaggio nel corpo umano, nel nostro sistema immunitario, circolatorio, digestivo, respiratorio, riproduttivo, connettivo, endocrino e nervoso. Ma, a differenza di un tradizionale libro di anatomia, questo itinerario illumina le relazioni nascoste fra i nostri sistemi biologici e le profonde ingiustizie dei nostri sistemi politici ed economici. L'infiammazione è collegata al cibo che mangiamo, all'aria che respiriamo e alla diversità dei microbi che vivono dentro di noi, che regolano tutto, dallo sviluppo del cervello alle difese immunitarie; dipende dagli eventi traumatici che abbiamo vissuto da bambini e da quelli subiti dai nostri antenati; è legata non solo all'accesso all'assistenza sanitaria ma anche agli stessi modelli di cura praticati dai medici. Raj Patel, grande economista politico, unisce la propria voce a quella di Rupa Marya, medico dell'Università della California, per offrire una nuova cura radicale: la deep medicine, la medicina profonda della decolonizzazione, che può risanare ciò che è stato diviso, ristabilendo le nostre relazioni con la Terra e gli altri esseri umani. -
Il grande esperimento. Etnie e religioni minacciano la democrazia?
È facile lasciarsi andare al pessimismo sul destino della democrazia, soprattutto nelle nostre società sempre più attraversate da divisioni etniche, culturali e religiose. Infatti, c'è un mito da sfatare: mai nella storia una democrazia è riuscita a essere inclusiva delle diversità, mai è stata in grado di garantire gli stessi diritti a membri di gruppi etnici, religiosi e culturali differenti. La stabilità delle democrazie si è invece costituita su una brutale gerarchia razziale o religiosa, con un ruolo dominante di uno o pochi gruppi sul resto della popolazione. Yascha Mounk è una delle voci internazionali più autorevoli sulla crisi della democrazia liberale e ha scritto un'indagine decisiva, che attraversa la storia delle nazioni e la psicologia sociale, la politica comparata e la filosofia, per dimostrare una verità scomoda e tuttavia urgente. Nel mondo, una democrazia capace di integrare tutti i gruppi che ne fanno parte non esiste ancora: è il più grande esperimento del nostro tempo e determinerà la direzione del nostro futuro. Oggi le democrazie ospitano un conflitto permanente fra gruppi portatori di identità diverse. In Europa e negli Stati Uniti tale conflitto si è sempre risolto con la sottomissione di tutte le minoranze da parte della maggioranza bianca. L'inclusione di altri gruppi etnici o religiosi comporta instabilità, costi, legittimazione delle minoranze. Nel frattempo, però, l'equilibrio delle forze demografiche si sta spostando. Forse un giorno coloro che erano sottomessi erediteranno la Terra. Per questo il grande esperimento di una democrazia inclusiva è la posta in gioco del Ventunesimo secolo. Il suo successo dipende da noi e dalle istituzioni che costruiamo. Dobbiamo creare un mondo in cui le nostre identità contino meno e nelle quali i diversi gruppi riescano a vedersi come amici e non come nemici, come compatrioti e non come estranei. -
Nudge. La spinta gentile. La nuova strategia per migliorare le nostre decisioni su denaro, salute, felicità. L'edizione definitiva
Ogni giorno prendiamo decisioni sui temi più disparati: come investire i nostri soldi, cosa mangiare per cena, con quale mezzo di trasporto raggiungere il centro città. Spesso facciamo scelte sbagliate. Mangiamo troppo, usiamo la macchina quando potremmo andare a piedi o scegliamo il mutuo meno conveniente. Siamo esseri umani, non calcolatori perfettamente razionali, e siamo condizionati da troppe informazioni contrastanti, dall’inerzia e dalla limitata forza di volontà. È per questo che abbiamo bisogno di un “pungolo”, una spinta gentile che ci indirizzi verso la scelta giusta: di un nudge, insomma, come l’hanno battezzato l’economista Richard Thaler e il giurista Cass Sunstein. Nell’ultimo decennio questo libro è diventato un bestseller mondiale e ci ha insegnato una buona architettura della scelta, aiutandoci a prendere decisioni migliori per noi stessi, per le nostre famiglie e per la nostra società. La parola nudge è entrata nel vocabolario di uomini d’affari, politici, cittadini e consumatori di ogni latitudine. L’idea di Thaler e Sunstein è semplice ma geniale: per introdurre pratiche di buona cittadinanza, occorre imparare a usare a fin di bene l’irrazionalità umana. E i campi di applicazione sono potenzialmente illimitati. Oggi gli autori hanno riscritto il libro da cima a fondo, affidandosi alle loro esperienze dentro e fuori il governo e l’accademia. Per non prendersi mai più la briga di fare un lavoro così imponente hanno chiamato questa edizione “definitiva”. E in effetti ci sono moltissime nuove intuizioni, sia per i fan sia per i neofiti, su un’enorme quantità di problemi che affrontiamo tutti i giorni: dalla salute alle finanze personali, dai risparmi per la pensione ai pagamenti con la carta di credito, dalla donazione degli organi ai cambiamenti climatici, fino allo sludge, cioè le scartoffie e le altre seccature che eviteremmo volentieri e che ci impediscono di ottenere ciò che vogliamo. Il tutto onorando una delle regole fondamentali del nudging: divertirsi. -
Aprite gli occhi. La mia lotta per dare una voce alla crisi climatica
«La gente in Uganda, in Africa, e in tutto quello che prende il nome di Sud globale sta perdendo case, raccolti, guadagni, e persino la vita, e qualsiasi speranza di un futuro vivibile, e li sta perdendo ora. Questa situazione non è solo tremenda, è anche ingiusta. Chi ha meno risorse e meno ha contribuito alla crisi si trova a fare i conti con le sue conseguenze peggiori: inondazioni più frequenti e più gravi, siccità più lunghe, ondate di caldo estremo e innalzamento del livello dei mari. Un pianeta più caldo di due gradi centigradi è una condanna a morte per paesi come l'Uganda. Eppure, già mentre leggete questo libro, siamo sulla buona strada perché le temperature salgano molto, molto di più di due gradi.» Vanessa Nakate non ha paura. È una leader fra gli attivisti della giustizia climatica. Ha guardato in faccia Obama per dire che i suoi Stati Uniti hanno tradito le loro promesse sul clima. È diventata una superstar. Tutti i giorni lotta per dire la verità sul più grande problema del nostro tempo: non siamo tutti uguali di fronte alla crisi climatica. Questo è il racconto di vita di una giovane donna ugandese, che vede abbattersi sulla sua comunità le conseguenze smisurate di una catastrofe che avanza. E intanto assiste all'indifferenza nei confronti delle nazioni africane. Nel 2019 Nakate è diventata la prima manifestante di Fridays For Future in Uganda, scoprendo così di avere una voce politica potente. Nel gennaio 2020 Associated Press l'ha tagliata fuori da una foto scattata al World Economic Forum di Davos: di fianco a lei c'erano quattro attivisti, tutti bianchi. Ma la voce di Vanessa Nakate è stata comunque più forte. Da timida ragazzina di Kampala a leader sulla scena mondiale, Nakate ci invita ad aprire gli occhi con un libro straordinario, nel quale il manifesto politico e il memoir sono inseparabili. -
Il tempo dei tiranni. Populisti, falsi, feroci: storia di Putin, Erdogan e di tutti gli altri
Populismo, polarizzazione, post-verità. Tendenze, tecnologie e comportamenti vecchi come il tempo. Ma i tiranni di oggi li combinano in un modo nuovo. Minacciano la vita democratica con strategie finora impensabili e lo fanno, in gran parte, in modo occulto. Il potere non è cambiato. Ma gli strumenti con cui viene conquistato ed esercitato sì. Questo libro racconta gli autocrati delle tre ""P"""", raccoglie personaggi terribili e affascinanti, storie travolgenti di presa e di perdita del potere, esempi vividi delle tattiche e dei trucchi usati da certi leader per contrastare le forze che minacciano la loro autorità. Moisés Naím rintraccia i nessi meno ovvi tra gli eventi globali e le strategie politiche che, se presi insieme, mostrano una profonda e spesso furtiva trasformazione del potere e della politica in tutto il mondo. C'è una nuova guerra ideologica, in cui il potere politico tende a diventare assoluto fino a rendersi invisibile e quindi incontestabile. Dunque è vero che la politica, per continuare a esistere, ha bisogno di essere sempre meno democratica e sempre più autocratica? Perché il potere si sta concentrando in alcuni luoghi mentre in altri si sta frammentando e degradando? E, infine, la grande domanda: la libertà ha un futuro? Naím rivela come, guardando bene, le strategie per consolidare il potere siano le stesse anche in luoghi con circostanze politiche, economiche e sociali molto diverse, e offre idee e intuizioni su cosa possiamo fare per difendere la libertà e la democrazia. Una storia di manipolazione e di conquista che ha per protagonisti Putin, Trump, Orbán, Duterte, Erdo?an, Berlusconi e molti altri. La fine della storia e la vittoria del liberalismo occidentale sono acqua passata. Questo è il tempo della rinascita dei tiranni."" -
La buona scuola. Cambiare le regole per costruire l'uguaglianza
La scuola italiana oggi è in stallo. In una società sempre più dura nei confronti di chi ha meno mezzi e dunque sempre più destinata alla disuguaglianza, la scuola non riesce più a svolgere il suo compito educativo. Per chi è nato in un quartiere che somiglia a un ghetto o in un territorio isolato e degradato, pensare con libertà al proprio futuro è difficile. E il sistema di formazione è ancora fermo a un modello rigido, che ostacola la mobilità sociale e impedisce la crescita culturale ed economica del nostro Paese, dividendo in modo classista il Nord dal Sud e dalle isole. Crescere nella fragilità sociale significa avere meno opportunità di coltivare sogni e desideri. La sfida che abbiamo di fronte è epocale. Rachele Furfaro ha creato un modello nuovo, con l'idea di rispondere alle esigenze del mondo contemporaneo. L'educazione non è un processo di trasmissione di conoscenze indiscutibili, di saperi prefabbricati, assoluti e immutabili, separati dalle esperienze di vita dei bambini e dei ragazzi. La scuola deve essere capace di ascolto, di attenzione al singolo e alla comunità, per renderla accogliente e inclusiva. È un luogo di partecipazione civile, di condivisione e anche di gioco. ""È un presidio indispensabile e vitale,"""" scrive Furfaro, """"perché rappresenta l'unico reale laboratorio di contaminazione sociale e culturale dove le diversità continuano a incontrarsi, a dialogare e a costruire insieme il proprio futuro."""" L'Italia ha una lunga storia di riforme, che hanno cercato di migliorare l'istituzione scolastica ma hanno lasciato dietro di sé errori, lacune e contraddizioni. Questo libro racconta una scuola buona per davvero, finalmente capace di contribuire alla costruzione del nostro futuro."" -
L' Italia nel petrolio. Mattei, Cefis, Pasolini e il sogno infranto dell'indipendenza energetica
Perché Enrico Mattei fu ucciso mentre stava per firmare una tregua con le compagnie petrolifere USA? Chi furono i mandanti del sabotaggio che il 27 ottobre 1962 provocò la caduta del suo aereo? E perché Eugenio Cefis, suo successore alla presidenza dell'Eni, sottoscrisse la pace con la Esso e con la Shell, con cui Mattei aveva avuto rapporti conflittuali? Perché scalò la Montedison - punto di incontro e di scontro fra capitale privato e capitale pubblico - di cui poi divenne presidente? Quali furono i suoi veri rapporti con i capi della Dc e degli altri partiti? È vero che cercò di favorire un riassetto istituzionale di tipo presidenzialistico? E perché Pier Paolo Pasolini avanzò il dubbio, in Petrolio, di una qualche sua responsabilità nell'eliminazione di Mattei? Gli autori rispondono a tutte queste domande con una ricca documentazione estratta dagli archivi e con l'ausilio di importanti testimonianze. Negli ultimi mesi di vita, Mattei stava lavorando a un'intesa triangolare fra Italia, Francia e Algeria per la posa di un metanodotto transmediterraneo che avrebbe dovuto far affluire nel cuore della Comunità europea il gas naturale estratto dai giacimenti del Sahara. A differenza di Cefis, che operò per riequilibrare i rapporti fra l'Eni e le ""sette sorelle"""" e per ricondurre la politica petrolifera nazionale nel perimetro degli interessi economici e militari dell'Alleanza atlantica, Mattei si impegnò fino alla fine per attuare il suo progetto di indipendenza energetica che avrebbe dovuto favorire il processo di unificazione dell'Europa e trasformare l'Italia in una potenza industriale avanzata."" -
Le nuove guerre del calcio. Gli affari delle corporation e la rivolta dei tifosi
Il calcio moderno negli ultimi vent’anni è stato protagonista di uno straordinario sviluppo economico e tecnologico, superando qualunque crisi – dallo scoppio della bolla della New Economy ai postumi del fallimento di Lehman Brothers – e anzi incrementando il proprio giro d’affari e la propria penetrazione nei mercati internazionali. Ma questa cavalcata, all’apparenza inarrestabile, ha generato anche una forte polarizzazione, con l’avvento di vere e proprie corporation sportive, e ha prodotto disuguaglianze e squilibri via via più marcati. La prima grande recessione abbattutasi sul sistema a causa della pandemia ha reso il calcio più vulnerabile, facendone il campo di battaglia di fondi di investimento, broadcaster, imprese di telecomunicazione e giganti del web, pronti a spendere enormi somme per accaparrarsi squadre o asset nevralgici, come i diritti tv, e i relativi dividendi. Lo sport di vertice, e i club calcistici in particolare, sono diventati ancor più che in passato l’oggetto del desiderio dei governi autocratici, interessati a farne piattaforme mediatiche per legittimarsi a livello geopolitico, alimentando non di rado episodi di sportswashing. Il calcio si è così tramutato in una sorta di faglia democratica messa in pericolo da una deriva oligarchica. Il conflitto è in atto su diversi fronti. E sarà sempre più aspro nel prossimo futuro: tra chi ambisce a edificare un calcio elitario e orientato allo show business e chi, nel solco di ciò che è stato il calcio popolare dei Maradona e dei Paolo Rossi, auspica il ritorno a un modello più sostenibile, con meno sprechi e mega-ingaggi, che riconosca e valorizzi il ruolo dei tifosi. Chi vincerà in questo scontro? Quale volto avrà il football fra dieci anni? Sarà quello virtuale della PlayStation, quello ovattato degli stadi-teatro o quello delle curve gremite e festanti? Da Maradona al metaverso, un’inchiesta sui protagonisti della deriva autoritaria e oligarchica che minaccia di trasformare per sempre il calcio. Cosa ne sarà da qui al 2030 dello sport più amato e praticato del pianeta? Il pallone scivolerà sempre più nei pixel del mondo digitale o rimbalzerà ancora fra i vicoli delle città e nei campetti di periferia? -
Bello, sembra un quadro. Controstoria dell'arte
Perché stimati professionisti, cantanti famosi in tutto il mondo, attori considerati simili a dèi, designer di moda, musicisti che riempiono sale di concerto, politici che hanno in mano le sorti di intere nazioni, perché decidono di prendere in mano un pennello nel tentativo, molto spesso fallimentare, di diventare pittori? Perché anche lo street artist più famoso del mondo, Banksy, alla fine non resiste a rimanere per strada e si mette davanti a una tela come qualsiasi artista convenzionale? Perché anche un video artista come Bill Viola che fa fare la fila ogni volta che c’è una sua mostra alla fine vorrebbe essere un pittore? Questo libro è un viaggio dentro l’irresistibile desiderio di fare un quadro e l’insostituibile spazio che è un quadro. Cosa c’è di tanto rassicurante in pochi centimetri di tela bianca e cosa c’è di così magnetico da attrarre milioni di individui a sbizzarrirsi nel creare inguardabili schifezze e, raramente, incredibili capolavori? Con i nuovi universi virtuali, digitali e immaginari che ormai fanno parte della realtà, oggi l’ansia non ce la dà più il tramonto alle spalle del Ponte Vecchio a Firenze ma il video manipolato su YouTube o su Instagram. E da questo abisso inimmaginabile di artificialità ci proteggiamo rifugiandoci nell’artificialità conosciuta e classica della pittura, che a confronto con le creazioni digitali è familiare come la minestra della nonna o il salotto con i centrini sulle poltrone delle vecchie zie. Così, davanti a immagini che non riusciamo a domare e incasellare dentro la nostra testa, l’unica esclamazione che ci può salvare è: “Bello, sembra un quadro”. -
La grande catastrofe
Ci stiamo dirigendo verso la peggiore catastrofe economica della nostra vita. I decenni postbellici all’insegna della crescitarneconomica e di una prosperità sempre più diffusa rischiano di lasciare campo libero a una crisi economica diversa darntutto ciò che abbiamo visto dai tempi della Grande depressione. Questa crisi potrebbe essere aggravata dal cambiamentornclimatico, dal collasso demografico, dalle politiche nazionaliste che limitano l’immigrazione, dalla competizione globalerntra la Cina e i suoi alleati “revisionisti” come Russia, Iran e Corea del Nord, e gli Stati Uniti assieme ai loro alleati, e infinernda una rivoluzione tecnologica che eliminerà posti di lavoro in minor tempo di quanto sia mai successo.rnNei prossimi vent’anni dobbiamo aspettarci una collisione titanica di forze economiche, finanziarie, tecnologiche,rnambientali, geopolitiche, sanitarie e sociali. Ciascuna di esse è formidabile. Se dovessero convergere, le conseguenzernsarebbero devastanti. La soluzione del problema imporrà un adattamento colossale di tutti gli abitanti della terra.rnNel 2008 Nouriel Roubini era stato soprannominato Dr. Doom, il dottor Catastrofe, finché le sue previsioni sulla crisirnimmobiliare e sulla Grande recessione non si sono avverate, quando ormai era troppo tardi.rnOra è tornato con una previsione molto più spaventosa: esistono dieci grandi problemi sovrapposti e interconnessi, chernci fanno pencolare sull’orlo del precipizio. Eppure quasi tutti ancora ci illudiamo che il futuro somiglierà al passato. Unrnerrore colossale. Esistono alcune strategie per sopravvivere, ma dobbiamo agire ora: “Ho scritto questo libro perchérnsono convinto che dobbiamo aspettarci dieci grandi minacce, di portata tanto immensa e di tale urgenza che siamorncostretti a guardare al futuro con la testa sgombra, e fare il possibile per impedire che ci distruggano.” -
La strage di Bologna
Il 2 agosto 1980 Anna Di Vittorio perse il fratello Mauro. In quei giorni conobbe Gian Carlo Calidori, poi divenuto suo marito,rnche nella strage aveva perso invece un amico. Una quindicina d’anni fa, dopo un lungo percorso di corrispondenza ernconoscenza con Mambro e Fioravanti, Anna e il marito scrissero la lettera di “perdono” che consentì alla Mambro dirnottenere la libertà. Poi però il fronte innocentista iniziò a sostenere che a trasportare la bomba, rimanendone vittima, erarnstato Mauro Di Vittorio, vicino a Lotta Continua. All’ipotesi aderirono senza imbarazzi proprio Mambro e Fioravanti. Larnvicenda rientrò, anche per via giudiziaria, ma permette di fare il punto definitivo sulla storia processuale e sulle novitàrnemerse dalle sentenze su Gilberto Cavallini e Paolo Bellini, entrambi condannati all’ergastolo. Lo sfondo di quest’ultimornprocesso riguardava, infatti, per la prima volta, mandanti e organizzatori della strage. E passi per Gelli e Ortolani, marnsono rispuntati nomi che sembravano appartenere a una stagione precedente, come l’ex capo dell’Ufficio affari riservatirnFederico Umberto D’Amato e il giornalista Mario Tedeschi, già senatore missino e direttore del “Borghese”.rnOggi la lettura della strage di Bologna è cambiata: non più l’opera di un gruppo di ragazzetti esaltati (i Nar), bensìrnun’operazione lungamente studiata, quanto in alto ancora non si sa, ma sicuramente organizzata e finanziata dalla P2,rninsieme a pezzi dello Stato e saldando le sigle della galassia dell’eversione nera. Tutto questo in una logica di continuitàrncon gli anni settanta: quell’aspra stagione della strategia della tensione, insomma, che nell’agosto del 1980 l’Italiarnsembrava aver definitivamente archiviato, ma che – per chi ne reggeva i fili – non era invece affatto conclusa. -
Profeti, oligarchi e spie
Fino a oggi l’Italia, insieme a molti altri, si è fatta trascinare dai produttori di tecnologia. All’inizio dell’epoca della rete siamornstati sedotti da servizi attraenti e apparentemente gratuiti. Poi è nato un mondo nuovo, tutto di proprietà delle big tech,rnpieno di opportunità ma anche carico di distorsioni potenzialmente fatali per la democrazia. Controllo dell’informazione erncontrollo dei dati degli utenti: a stravolgere i pesi e i contrappesi su cui è basata la democrazia non sono la tecnologia nérnil web, ma il modo in cui questi strumenti vengono manipolati da enormi concentrazioni di potere economico. La battagliarnnon è finita. Anzi, è appena cominciata. Abbiamo tre montagne da scalare: capire dove va la tecnologia, concordarernregole minime per una sorveglianza democratica, ripristinare i meccanismi antitrust per smontare i nuovi monopoli.rnL’Europa ha la volontà politica di andare avanti ma non ha la forza. Gli Stati Uniti hanno la forza ma non riescono arnesprimere una volontà politica. Intanto la Cina di Xi Jinping affronta il problema mettendo la museruola ai grandi capitalistirndell’economia digitale: non per liberalizzare ma per rendere il suo potere autoritario ancor più assoluto e, nei suoi auspici,rnirreversibile.rnSe il mantenimento dell’ordine e la sorveglianza sociale verranno affidati alle macchine, se in un mondo di droni killer, armirnbiologiche e pandemie vedranno nello Stato soprattutto il titolare del monopolio della violenza legale, allora ribellarsi nellerndittature sarà sempre più difficile. Mentre le democrazie faranno sempre più fatica a difendere gli spazi di libertà. Nonrnpossiamo permetterci di cedere alla logica che vede nella presunta saggezza dell’algoritmo il fattore che rende obsoletornil dibattito democratico. È questa la sfida che abbiamo davanti, la deriva che dobbiamo arrestare. Non respingendo larntecnologia ma governandola. -
Tutti gli scritti. Vol. 2: Dello spirituale nell'arte, scritti critici e autobiografici, teatro, poesie.
Questo volume completa l'edizione di ""Tutti gli scritti"""" di Kandinsky, un'opera che si pone come punto di partenza e come pietra di paragone per i successivi sviluppi dell'arte del nostro secolo. Sono qui raccolti diversi aspetti dell'opera dell'artista: dai primissimi saggi in lingua russa agli scritti autobiografici - esemplare fra questi """"Sguardo al passato"""", in cui viene concisamente e acutamente colta la genesi, ricondotta a una serie di esperienze significative, del suo pensiero artistico -, agli scritti di critica e teoria dell'arte, al celebre saggio """"Dello spirituale nell'arte"""", uno tra i libri più influenti del nostro secolo. Sono inoltre raccolte nel volume le opere teatrali, pressoché tutte inedite, e le poesie, che vengono qui ristampate col testo a fronte e le illustrazioni originali dell'edizione tedesca del 1913.La lettura di questi scritti mette nettamente in risalto la centralità, in tutta l'evoluzione del pensiero artistico di 'un' problema fondamentale: il rapporto arte-natura.Kandinsky studia l'arte come altri potrebbero studiare la natura, con spirito scientifico. La sua posizione è privilegiata e al tempo stesso esposta a un rischio mortale: in lui coesistono, in virtù di un difficile equilibrio, la creazione - una creazione ispirata dal 'sentimento', dall'intuizione artistica - e un'analisi razionale di una chiarezza senza ombre e di un rigore senza cedimenti.Kandinsky è acutamente consapevole del divario esistente fra arte e natura - è impossibile esprimere pittoricamente l'ora più bella delle giornate di Mosca - e trova la giustificazione di un concetto dell'arte, della sua legalità peculiare, nella crisi stessa del concetto di natura, quale si è venuta manifestando soprattutto all'inizio del secolo con la scoperta della natura composita dell'atomo."" -
Storia della musica. The New Oxford History of Music. Vol. 1: Musica antica e orientale.
Dalla musica dei primitivi alla dodecafonia e all'elettronica: entro questi estremi confini è racchiusa la vita dei suoni prodotti dall'uomo e l'esperienza artistica che ne è derivata nelle forme più grossolane e ingenue come quelle più raffinate e cerebrali. Oggi la musica non interessa solo i melomani e gli amatori, che pure si fanno sempre più numerosi grazie ai moderni strumenti di diffusione e riproduzione, ma chiunque abbia a che fare con le scienze umane, etnografi o sociologi, filosofi del linguaggio o uomini di lettere, urbanisti e tecnici, oggi lo studio della storia musicale va rigorosamente condotta a partire dalle varie matrici culturali da cui l'arte dei suoni fu espressa nel tempo e nello spazio. La storia della musica appare perciò anche come storia di miti e di religioni, di ideologie filosofiche e di tecniche, di vicende nazionali, di situazioni politiche: così essa è stata intesa nella monumentale opera da cui questo è il primo volume.Affidato a un gruppo di autorevoli musicologi, questo primo volume della ""Oxford History of Music"""" si articola in undici saggi che trattano la musica antica e orientale: Marius Schneider si occupa dei primitivi, Laurence Picken dei cinesi e di certi popoli asiatici, Arnold Bake dell'India, George Farmer della Mesopotamia, dell'antico Egitto e dell'Islam, Carl H. Kraeling e Lucetta Mowry della musica nella Bibbia, Eric Werner del giudaismo postbiblico, Isobel Henderson dell'antica Grecia e J.E. Scott della musica romana.""