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Storia della musica. The New Oxford History of Music. Vol. 10: La musica moderna (1890-1960).
Questo decimo volume della ""Storia della musica"""" riprende il discorso interrotto sulle figure di Brahms, Verdi, Wagner e la loro epoca per illustrare, in una puntuale, attentissima carrellata attraverso il nostro secolo, le successive vicende musicali fino al 1960. La trattazione è condotta prendendo in esame separatamente tre grandi periodi: dal 1890 al 1914, dal 1918 al 1939 e dal 1945 al 1960. A parte viene trattata la musica teatrale dal 1890 al 1918, periodo che segna il riavvicinamento fra operisti e sinfonisti, e a parte vengono descritte la situazione musicale americana e quella sovietica, sviluppatesi in condizioni anomale. I primi capitoli, dedicati all'apogeo e al declino del romanticismo, (Strauss, Mahler), alla reazione ad esso (Debussy, Ravel) e alla musica teatrale fino alla Grande Guerra (Puccini, il verismo, i balletti russi), offrono un quadro chiaro e particolareggiato del cambiamento di scena avvenuto all'inizio di questo secolo: se da un lato la musica si afferma definitivamente come arte di massa, da arte elitaria che era stata in passato, dall'altro si assiste all'apparire delle prime avanguardie, nel senso contemporaneo di questo termine. Lo sviluppo delle comunicazioni rende ora possibile la conoscenza reale della musica extraeuropea, particolarmente di quella orientale, e parallelamente hanno inzio ricerche serie e scientifiche sulla musica popolare (valgano per tutti i casi di Kodaly e Bartok), spesso condotte con l'ausilio di strumenti forniti dalla neonata linguistica strutturale. Ma il segno più evidente della modernità di questo periodo e dei successivi può forse essere colto nella rapidità con cui ogni estetica viene bruciata e sostituita da un'altra, a sua volta condizionata, anche se di ispirazione diametralmente opposta, da questa sorta di """"conformismo alla rovescia."""" Il periodo fra le due guerre, oltre al neoclassicismo e alle prime affermazioni della dodecafonia, vede anche la comparsa sulla scena musicale di nazioni da [...]"" -
Gilles Deleuze. Credere nel reale
Da sempre il sogno della filosofia è quello di provocare uno stato prossimo alla veggenza. Per farlo, la filosofia deve affidarsi a concetti spiazzanti, che non temono il paradosso, in rotta con l'esperienza ordinaria. Gilles Deleuze (1925-1995) è stato uno dei pensatori contemporanei più fedeli a questa inaugurale vocazione della filosofia, e il libro di Rocco Ronchi ci consente di gettare uno sguardo estremamente originale sul suo laboratorio teorico. Ci suggerisce come il lavoro filosofico di Deleuze si radichi in un'esperienza vivissima del suo tempo, si tratti del Maggio 68, del cinema come arte specificamente novecentesca, delle scienze del vivente come antica questione filosofica esplosa all'estrema frontiera del sapere contemporaneo. Ci mostra come la forza innovativa di questo pensiero nomade ed enigmatico coincida in realtà con la sua piena appartenenza a una linea che discende direttamente da Platone, passa attraverso Plotino e Cusano, arriva a Spinoza, Nietzsche, Bergson, Whitehead. E ci introduce passo a passo ad alcune delle creazioni concettuali più avanzate e feconde del pensiero deleuziano: quelle di vita, evento, differenza, immanenza. -
John Maynard Keynes
Il fascino della visione di Keynes nasce dalla ricchezza di un pensiero capace di ricollocare l'economia in un vivo dialogo con la storia, la politica, la società, la filosofia. Keynes è stato il pensatore di un'epoca di crisi profonda. La Grande guerra, il crollo di Wall Street nel 1929, la Seconda guerra mondiale segnano drammaticamente il suo tempo. E la forza del suo messaggio non sta solo nell'offrire una spiegazione convincente delle cause storiche e politiche di quella stagione devastante. Sta nel rifiutare di rassegnarsi, nel continuare a cercare soluzioni concrete e sperimentabili, nel riaffermare l'idea scandalosa secondo cui la scienza economica non deve mirare al bene dei mercati ma al bene dell'umanità. Dopo Keynes la scienza economica sembra di nuovo avere perso di vista questa sua ragion d'essere non solo economica. Oggi tocca di nuovo a una crisi violentissima, di cui non vediamo la fine, il compito di riaprirci gli occhi sulla verità dell'economia. Viene meno ogni illusione circa le presunte virtù della ""mano invisibile"""", che avrebbe dovuto condurre i mercati a uno spontaneo equilibrio e le ricchezze a un'armoniosa ridistribuzione. La """"mano visibile"""" della politica torna ad apparire come un ragionevole e necessario contrappeso alla cieca autonomia dei mercati. E nel quadro di questo grande dibattito che va imponendosi con sempre più forza e necessità, Keynes torna a essere una guida indispensabile, per il nostro presente e il nostro futuro."" -
Umberto Eco. Tra ordine e avventura
Umberto Eco ha raggiunto fama mondiale come romanziere, intellettuale pubblico, esperto di filosofia medievale, semiologo e studioso di letteratura, arte, storia. Ma, prima di tutto questo, è stato un grande maestro, all'università e fuori. Claudio Paolucci del professor Umberto Eco è stato uno degli ultimi allievi e suo collaboratore all'Università di Bologna. Ma, prima di tutto questo, è stato un ragazzo che nel 1997 si presenta al ricevimento docenti per mettere in dubbio alcune idee di 'Kant e l'ornitorinco'. ""Quel professore, che era incidentalmente l'intellettuale italiano più famoso del mondo, passò ore e ore a discutere con un ragazzo di ventiquattro anni con un look che lo disturbava moltissimo"""". I pilastri del lavoro di Eco sono stati per decenni l'amore per i dubbi e la fiducia nella negoziazione, l'attitudine a gettare ponti tra idee, persone e istituzioni diverse, l'ironia e il riso come test dell'ordine esistente, ma anche la limpida vocazione alla didattica e alla ricerca. In questo libro, Paolucci tenta una prima ricognizione dell'eredità (filosofica, pubblica, umana e intellettuale) di Umberto Eco, mostrando le strette relazioni interne tra le sue differenti attività: la teoria semiotica e la pratica di romanziere, l'analisi dei mass media e l'amore per il Medioevo, il gusto per la barzelletta e la serietà con cui prendeva il suo lavoro di professore."" -
Friedrich Nietzsche. Tentativo di labirinto
Susanna Mati rilegge la poetica di Nietzsche alla luce di un'ipotesi sconcertante: che non esista una filosofia di Nietzsche e che Nietzsche non credesse ai suoi stessi gridi di battaglia.rnrnOgnuna delle parole di Nietzsche è da sempre anzitutto un enigma: superuomo, volontà di potenza, eterno ritorno, nichilismo, morte di Dio. Ognuna delle sue parole chiave può essere letta nei modi più diversi. E di fatto è stata letta, e rilanciata, in direzioni opposte. Come una chiamata alla libertà o all'ordine più cupo e totalitario. Come la constatazione più cinica e pessimista o come l'indicazione più ispirata e segretamente mistica. L'ipotesi sconcertante e liberatoria che ci propone Susanna Mati, dopo aver ricostruito e riattraversato quelle parole e quelle prospettive, è che si debba congedare anche l'immagine del Nietzsche pensatore tragico, enigmatico, oracolare. Forse la sua parola non vuol dire molte cose o troppe cose, ma nessuna. Forse Nietzsche non credeva affatto ai suoi concetti. Forse Nietzsche non era un filosofo ma un grande commediante, un imitatore di voci, un burattinaio. Un burattinaio è alle prese con i suoi burattini, ma naturalmente non crede a quel che dicono ai burattini. Mira semmai a produrre un effetto ""estetico"""", come lo definisce Susanna Mati. Forse quella di Nietzsche non è una filosofia ma un'opera d'arte, anzi un'operazione artistica, una sorta di happening. Qualcosa che chiede di essere attraversato e lasciato a spalle. Perché essere nietzscheani oggi significa smascherare il maestro che ci ha insegnato le virtù dello smascheramento."" -
Emmanuel Lévinas. Le due sapienze
Che cos'è il mondo contemporaneo? Questa domanda è alla base dello straordinario cammino di pensiero di Emmanuel Levinas. La risposta del filosofo francese è semplice e profonda. Il mondo contemporaneo è la Grecia più l'ebraismo.rnrnEmmanuel Levinas è un ebreo lituano che diventa allievo di Martin Heidegger nella Germania dell'ascesa hitleriana, si trasferisce in Francia e traghetta in terra francese il lessico drammatico dell'esistenzialismo tedesco, si riavvicina gradualmente alle sue radici, ripercorre la ricchissima tradizione della teologia ebraica fino ad arrischiare una toccante, radicale, personalissima rivisitazione della tradizione ebreo-orientale dei lettori e commentatori della Torah. Levinas è il pensatore che si trova a lavorare al confine tra due mondi e tra due linguaggi. Tra due sapienze, come le definisce Silvano Petrosino. Da un lato c'è l'invenzione greca della filosofia, della scienza dell'essere, del sapere come ricerca della verità, della tecnica e dell'economia come estrema realizzazione di quella ricerca e di quella vocazione. Dall'altro c'è l'invenzione ebraica del monoteismo, la fede inaudita di un popolo in un Dio che promette, che giudica, che consegna all'uomo una parola decisiva ed enigmatica. L'Europa di oggi, con le sue contraddizioni e le sue ricchezze, con lesue aperture irrinunciabili e le sue chiusure catastrofiche, è la terra dilaniata in cui greci ed ebrei continuano questo loro millenario e impossibile dialogo. -
San Paolo
Una nuova lettura del pensiero di San Paolo, che ne rivela tutta l'attualità.rnrn""Paolo mostra che il Messia interrompe la legge e apre la possibilità di qualcosa di nuovo. E lo fa in virtù della sua debolezza, del suo essere un Figlio abbandonato.""""rnrnSan Paolo è stato un pensatore rivoluzionario e dalla filosofia politica del Novecento è stato interpretato come il maestro del rifiuto della legge e dell'ordinamento presente, con tutte le sue ipocrisie. È stato cioè letto attraverso lo spirito gnostico di Marcione, che nel II secolo si richiamava a san Paolo per contrapporre un Dio del presente malvagio, creatore di questo mondo ingiusto e oppressivo, a un Dio del futuro buono e redento. Secondo Luca Bagetto, al contrario, san Paolo si oppone fortemente allo gnosticismo. Nella sua visione il Messia, che pure interrompe la legge, la dispiega in modo più profondo e più autentico di quanto non faccia la garanzia dell'ordine. In corrispondenza dell'annuncio messianico della vita nuova è fondamentale il tema dell'Esodo, simbolo dell'uscita da una situazione oppressiva. Esiste un parallelo tra l'epoca ellenistica e la globalizzazione, che in comune hanno la ricerca di un riparo dalla legge astratta e oppressiva. Bagetto propone una nuova traduzione della Seconda lettera ai Tessalonicesi, centrale per l'individuazione dell'Anticristo e per la definizione del rapporto del cristianesimo con l'ebraismo, e dimostra che san Paolo traccia una nuova strada non moralista per concepire anche oggi il rapporto tra la fede e il potere politico."" -
Giorgio Agamben
Un viaggio nell'orizzonte di senso del più grande filosofo italiano vivente.rnrnGiorgio Agamben è uno dei maggiori filosofi viventi. Il suo pensiero è studiato in tutto il mondo. La sua opera si costituisce di incontri ripetuti e profondi con i problemi e i protagonisti della filosofia occidentale. Da Aristotele a Leibniz, da Carl Schmitt a Walter Benjamin, da Heidegger a Foucault, le voci più autorevoli della storia del pensiero occidentale sono presenti in un confronto serrato sui temi della filosofia del linguaggio e della rappresentazione, della storia e della temporalità, della forza della legge e della biopolitica. Riccardo Panattoni ha deciso di avventurarsi nell'orizzonte di senso di Giorgio Agamben e per ripercorrere i suoi scritti si lascia guidare dal filo rosso della clandestinità. La clandestinità appartiene alla natura della nostra vita. Caratterizza l'esperienza e si manifesta nell'incapacità che abbiamo di appropriarci del nostro corpo, per esempio nei disturbi della parola e della gestualità come i tic. È testimoniata dal concetto di inconscio, che irrompe per deludere ogni illusione di integrità di un qualche Io, di un'identità personale. Un percorso sulle tracce di un grande filosofo, una guida rigorosa e appassionante attraverso le sue parole. -
Jacques Derrida. Il desiderio della scrittura
Una meditazione sull'eredità, la letteratura e la decostruzione, per disegnare una nuova costellazione del pensiero del grande filosofo francese.rnrnNell'ultima intervista rilasciata prima di morire, Jacques Derrida affermava di provare due sensazioni contrastanti, opposte, in merito al proprio lascito e alla propria eredità. Da un lato pensava che subito dopo la sua morte non sarebbe rimasto più nulla, a eccezione dei libri depositati nelle biblioteche. Dall'altro, sentiva che la sua opera non era ancora stata davvero letta, e che questa lettura restava a venire. Oggi Derrida è un autore consacrato come uno dei classici della filosofia del Novecento: un filosofo letto e commentato, su cui si è scritto e si continua a scrivere molto, e di cui è in corso di pubblicazione l'opera omnia a partire dai seminari inediti. La ""decostruzione"""", formula con cui si è voluto riassumere il suo pensiero, è stata ricostruita dal punto di vista storicofilosofico. Temi come la decostruzione delle idee di verità e di realtà sono entrati nel dibattito pubblico. Che cosa resta da fare dunque? Occorre cominciare a leggere Derrida in modo nuovo, per provare a ereditare il cuore della sua filosofia e condurla verso l'avvenire. Si tratta, per citare Derrida, non tanto di ordinare i resti secondo la logica dell'archivista, ma di """"vagliare il fuoco"""" per provare a portarlo. La sfida dell'eredità, la sfida per gli """"eredi"""", è questa: provare a portare il fuoco. Quella di Simone Regazzoni non è una ricostruzione storicofilosofica del pensiero di Derrida. È un dialogo serrato, e selettivo, con Jacques Derrida, a partire dai suoi testi. Tenendo presente la sua intera produzione e gli snodi della sua biografia, che per Derrida è intimamente intrecciata al pensiero e non può essere dimenticata."" -
Jean-Paul Sartre. La scoperta dell'esistenza
"Il romanzo-diario pubblicato nel 1938 è un'autentica miniera di filoni problematici, di motivi filosofici, culturali, stilistici, con un ventaglio quanto mai ricco di allusioni, ammiccamenti, trasposizioni, parodie, pastiches. Una costruzione estremamente composita, a svariati piani, affrontabile sotto molteplici e diverse angolature, certamente anche a causa della continua 'ambiguità' (o mediazione) tra filosofia e letteratura"""". Franco Fergnani scriveva così nel 1978 a proposito della """"Nausea"""" di Jean-Paul Sartre, con la chiarezza capace di illuminare la complessità del pensiero di uno dei più grandi filosofi del Novecento. Un Sartre, quello di Fergnani, allievo ed erede radicale di Heidegger e di """"Essere e tempo"""". Con Antoine Roquentin, il protagonista della """"Nausea"""", scopriamo che l'esistenza sfugge a ogni significazione e coincide con l'assoluta presenza. La nausea è il sentimento cosmico che unisce la noia assoluta all'angoscia dell'abisso. E l'abisso è la consapevolezza della caduta nell'irrilevanza da parte di ogni ente nel mondo: la coscienza si avverte vanificata, perché si sente oppressa da fuori e fa esperienza di sé soltanto come corpo. L'ordine del mondo è irrimediabilmente sconvolto. Prefazione di Massimo Recalcati." -
André Green. Il potere creativo dell'inconscio
Il pensiero del più grande studioso del narcisismorne dell’angoscia. Un’analisi più chernmai attuale delle nostre fragilità.rnrn“Moi, j’aurais dit plutôt que, Io, avrei detto piuttosto… CosìrnGreen iniziava a volte la sua riflessione su di un caso clinicorndopo che gliene avevo parlato. Da lì procedevarnnell’esplorazione di un’altra linea di pensiero che potevarnincrociare o discostarsi da quella che era stata presentata,rnma che ben più sostanzialmente tentava di evidenziare larnstraordinaria arborescenza delle comunicazioni analitiche,rnla selezione di uno snodo piuttosto che di un altro,rnnon tanto in termini conflittuali quanto in una modalitàrnche mi appariva complementare, attenta agli intrecci, airnrimandi, alle sommersioni e alle riemersioni di un temarnnel corso della seduta. Era il suo modo per sottolinearernquanto fosse necessario, nella riflessione su una situazionernclinica, incrociare la possibilità di un ascolto diverso,rnaprendosi ad altri vertici osservativi, senza assumerne unorncome il definitivo o il più vero, il che a suo giudizio ci permettevarndi essere analisti ed evitare di cadere nella solitudinerne nella megalomania.”rnA partire dalla sua esperienza personale al fianco di AndrérnGreen, Maurizio Balsamo traccia un percorso attraversornla straordinaria avventura umana e intellettuale di uno deirnpiù grandi psicoanalisti del Novecento. Una mappa reticolarerndel grande “pensatore delle connessioni”, del suorndialogo con Jacques Lacan, Donald Winnicott e WilfredrnBion e dell’esigenza sempre più forte di ricomporre inrnuna feconda rivisitazione le diverse letture dell’operarndirnFreud. -
María Zambrano
Luigina Mortari mostra l'eredità preziosa di una protagonista illustre della tradizione del pensiero occidentale.rnrn«Ci sono parole mai dette e molte scritte che si perdono perché non trovano voce. Si perdono realmente? No, vanno a finire in altri astri dove troveranno il suono, la vibrazione, poiché la musica è astrale, va oltre la parola e al contempo la precede». Così scrisse Maria Zambrano ne «Le parole del ritorno». Zambrano fu esiliata dopo la Guerra civile spagnola e viaggiò, peregrinando e nascondendosi, dal Messico a Cuba, da Roma alla Svizzera. Allieva di José Ortega y Gasset e di Xavier Zubiri all'Universidad Central di Madrid, nel 1984 tornò in Spagna e mise al centro della sua vasta e articolata produzione la storia e la vita del suo paese, ma anche la natura della filosofia occidentale e le condizioni della libertà umana. Per ogni essere umano trovare la propria forma significa trovare la propria verità. E per farlo ha bisogno di un metodo. La filosofia di Maria Zambrano ci guida nella ricerca di una postura e di un metodo non scientifici, ma adatti a un sapere dell'anima. Luigina Mortari mostra l'eredità preziosa di una protagonista illustre della tradizione del pensiero occidentale. -
Jean Baudrillard. La seduzione del simbolico
In una società che certa di cancellare tutto quello che considera negativo, come l'imperfezione e la morte, Baudrillard rivendica una legge che riesca a far convivere tutto quello che appartiene al mondo degli esseri umani: il bene e il male, la vita e la morte.rnrnLe idee di Jean Baudrillard hanno avuto molto successo accademico e mediatico. I fratelli Wachowski alla fine degli anni novanta si sono addirittura ispirati alle sue opere per concepire Matrix, in cui il protagonista Neo nascondeva un software piratato all'interno di una copia dell'edizione statunitense del libro di Baudrillard «Simulacres et simulation». Probabilmente, il sociologo francese deve gran parte del suo successo al fatto di essere stato etichettato, soprattutto nei paesi anglosassoni, come un tipico rappresentante del pensiero postmoderno. Questa classificazione però è fuorviante, perché Baudrillard ha raramente utilizzato il concetto di postmoderno, mentre aveva ben chiaro che, anziché sostenere che è in corso un processo di superamento della modernità, fosse necessario preoccuparsi della nostra impossibilità di uscirne. Le società moderne infatti, secondo la tradizionale visione della sociologia, si sono affermate grazie allo sviluppo di un efficiente modello basato sull'azione esercitata da diversi sottosistemi (la politica, l'economia, l'estetica, la scienza ecc.), ciascuno dei quali aveva l'incarico di svolgere una specifica funzione, ma anche di contribuire nello stesso tempo al funzionamento dell'intero sistema sociale. Questo modello però negli ultimi decenni è imploso: ogni sottosistema ha visto indebolirsi i suoi confini e la sua capacità di differenziarsi rispetto agli altri. È una ""modernità bloccata"""", che procede per forza d'inerzia ed è condannata a una crescita senza fine. Una modernità, soprattutto, autoreferenziale e dalla quale gli individui non sono in grado di uscire."" -
Hannah Arendt. Un umanesimo difficile
Hannah Arendt è l'esempio di un esercizio libero del pensiero, acrobatico e insieme dotato della tenacia del costruttore, arrischiato per le conseguenze irritanti dell'indipendenza, ma soprattutto per la fantasia necessaria e per il coraggio di creare nuove regole del gioco.rnrn«Se è la poesia, e non la filosofia, ad assolutizzare, allora c'è salvezza» – Hannah ArendtrnrnChi era Hannah Arendt? Oggi la filosofa è circondata da una popolarità aneddotica e alla moda. La sua vita e il suo pensiero sono divenuti oggetto di un giudizio storico. Come si può ereditarne l'opera, proteggendo la sua intimità dall'indiscrezione? Laura Boella ci conduce nella riscoperta delle esperienze fondamentali che costellano la sua biografia drammatica e avventurosa, segnata dall'esilio dalla Germania nazista, dalla faticosa ricostruzione di una vita personale e professionale negli Stati Uniti e dalla straordinaria produttività documentata da opere la cui attualità continua a rinnovarsi. Carteggi e diari costituiscono nuove chiavi d'accesso alla sua opera aperta e ci permettono di entrare nel cuore del suo pensiero, per scoprire i fili di pensiero e di scrittura intrecciati in una tela ampia e composita che resiste a ogni tentativo di appropriazione e di sistematizzazione. ""Molte questioni,"""" scrive Boella, """"vanno avanti e indietro sul campo di battaglia dell'opera di Hannah Arendt, invisibili come gli dei di Omero per chi la consideri un 'classico' del Novecento. Esse offrono l'occasione di punti d'incrocio tra strade che vanno in direzioni divergenti e sono consegnate a chi continua a leggerla perché mettono in diretto contatto con l'imprevisto, con l'inevitabile novità di un tempo che non è più il suo."""""" -
Baruch Spinoza. Libertà ebraismo filosofia scienza etica politica
«All'uomo niente è più utile dell'uomo», diceva Spinoza. Un viaggio nel ""pensiero abissale"""" del grande filosofo ebreo, eccentrico e tante volte frainteso, che ha tracciato un percorso per superare i conflitti fra le parti.La storia della filosofia è una storia di fraintendimenti. Un susseguirsi di interpretazioni dove la successiva spesso smentisce la precedente. Se questo è vero per tutti i classici, lo è a maggior ragione per Baruch Spinoza. Spinoza è un filosofo atipico, un crocevia di culture, una vera eccezione nell'itinerario del pensiero occidentale. Del resto, pochi autori sono stati così interpretati, pochi hanno rappresentato un riferimento così intenso per le epoche successive. Allora chi è davvero Baruch Spinoza? Il pensiero di Spinoza si nutre di diverse fonti: ebraica, filosofica, scientifica, solo per citare le principali. Ridurlo a una sola di queste è impossibile, perché l'una si intreccia nell'altra in una sintesi che ha pochi eguali per altezza, profondità e originalità. Tutte sono presenti nell'opera del filosofo, ma rispetto a ciascuna si registra un'eccedenza, che rende il Maledictus (uno dei tanti nomi attribuiti a Spinoza) un pensatore eccentrico e forse unico proprio per questo. Di Spinoza abbiamo infinite interpretazioni, ma da lui non nasce una scuola. Non si può parlare di uno spinozismo negli stessi termini in cui parliamo di un cartesianesimo, di un kantismo, di un hegelismo. Forse per questo la sua figura ha potuto ispirare intellettuali così diversi: dai medici e gli scienziati positivisti del Seicento e Settecento ai grandi metafisici a lui successivi, da Fichte a Hegel, da Schopenhauer a Fechner, passando per le correnti libertarie prerivoluzionarie. Forse, però, Spinoza non ha voluto parlare a nessuno. La sua è stata una riflessione solitaria, volta alla ricerca della felicità, non certo intesa come godimento dell'istante. Questo, che può apparire un limite, è in realtà la grande virtù che gli ha permesso di attraversare indenne le varie epoche e arrivare fino a noi."" -
Gandhi. Al di là del principio di potere
A noi che per lo più siamo storditi dallo scetticismo, dalla frammentazione dell'esperienza, dall'individualismo e dalla saturazione mentale per l'eccesso di stimoli, Gandhi insegna la concentrazione della presenza a se stessi, agli altri, alla realtà del mondo.Il 30 gennaio 1948 Gandhi fu assassinato. Un collaboratore di Lord Mountbatten, ultimo viceré britannico in India, racconta di aver avuto questa percezione assistendo alla veglia funebre per il Mahatma: «Mentre mi trovavo lì avevo paura per il futuro, ero sgomento, eppure provavo anche un senso di vittoria anziché di sconfitta, perché la forza delle idee e degli ideali di questo piccolo uomo e la forza della devozione che egli stava suscitando si sarebbero dimostrati più forti delle pallottole dell'assassino». Gandhi ha sperimentato il senso profondo delle cose come un incontro e attraverso una serie di esperienze che hanno comportato successi e sconfitte. Roberto Mancini ci guida nella scoperta del pensiero e dell'eredità di un uomo che, nato nell'età vittoriana, ha aperto una via personale e collettiva capace di indicare ancora oggi un modo più umano di abitare il mondo. Chi cercherà in lui un modello resterà deluso, perché Gandhi offre semplicemente esempi. Lungo questo cammino incontriamo una critica della concezione della politica propria della modernità, nella quale l'autonomia del potere finisce per schiacciare la cittadinanza democratica. «Chiunque sia interessato alla ricerca di una vita sensata,» scrive Mancini, «vi troverà ispirazione e concretezza. Ispirazione, per il riconoscimento di uno spirito di verità e di giustizia senza il quale non si può vivere umanamente.» -
Henri Bergson
Henri Bergson è il più necessario, il più contemporaneo dei maestri del Novecento. Poi è anche il più lontano, il più antico, il più enigmatico. Guarda le cose con lo guardo impersonale di un greco.Bergson vede l'essere, non gli enti. Pensa la natura, non l'umano. Crede che il pensiero sia una cosa, disposta nell'universo, non una funzione del cervello o la prestazione di un soggetto. Poi, il pensatore più francese d'Europa è forse cinese. Osserva eventi impersonali, rileva equilibri momentanei, valorizza confluenze che non hanno altro fondamento che il loro breve annodamento. Pensa senza fondamento, pensa per superfici sottilissime, prive di qualsiasi spessore, aliene a qualsiasi illusione di significato. Infine è il mago, il veggente che ha parlato con un secolo di anticipo del nostro mondo, delle nostre inquietudini, delle nostre speranze. La tentazione del negativo, della denuncia, della nostalgia gli è stata radicalmente estranea. Bergson pensa che tutto sia immagine, ma non pensa che quindi sia sembianza, illusione, manipolazione. Pensa piuttosto che tutto sia immagine e cioè disseminazione di doppi, moltiplicazione di eventi, disseminazione di occasioni. Pensa che tutto sia natura, materialità, concatenamento, ma non pensa che tutto sia inerte, che ci siano solo spazi inumani, meccanismi senza invenzione. Pensa che le nostre società vadano verso forme di frammentazione sempre più spinta e di coordinamento sempre più impersonale, ma non pensa che questo significhi nichilismo, annientamento etico-politico, globalizzazione tecnocratica del mondo. Pensa piuttosto che un nuovo tempo senza soggetti apra allo scenario di un nuovo tempo comune. Non decidere ma regolare, non rivoluzionare orizzonti ma riarticolare piani d'immanenza, non oltrepassare situazioni ma riconfigurare concatenamenti. Bergson il greco, il cinese, il contemporaneo ci attende all'orizzonte, dove noi siamo già senza esserci ancora. -
Zygmunt Bauman
"Allo stesso modo in cui Max Weber, agli inizi del Novecento, aveva rifondato la sociologia, si può dire che fra il 1990 e il 2017 Zygmunt Bauman ne abbia identificato e sviscerato un nuovo paradigma a cui difficilmente essa potrà sottrarsi dopo di lui. Per certo Bauman, oltre a trasformare la sua disciplina rivitalizzandola e riconferendole lo statuto di scienza sociale veramente feconda, ha trasformato me, che ebbi la fortuna di conoscere la sua opera negli anni novanta. Proprio quando lui, andato in pensione a sessantacinque anni, si era comprato una pipa."""" Per Riccardo Mazzeo, Zygmunt Bauman è stato un maestro e un amico. Questo libro getta luce sui movimenti intimi e reconditi del pensiero e, attraverso lo sguardo di un testimone d'eccezione, del più grande sociologo del nostro tempo restituisce un ritratto da vicino, costruito giorno per giorno. Il cuore della rivoluzione di Bauman rispetto a Max Weber sta nell'idea che la conoscenza di ciò che ci circonda vada declinata in termini di prassi, come era stato per Gramsci. Se la conoscenza si traduce in azione per trasformare il mondo, deve necessariamente farsi partigiana: deve cioè esprimere e difendere valutazioni e corsi di azione che siano in grado di incidere sulla complessità della vita. Nell'opera di Bauman si riflette tutto il Novecento, con i suoi momenti più bui, e si dispiega un'idea della modernità con la quale non abbiamo mai finito di fare i conti. La società ci si rivela come un corpo pulsionale, dotato come ciascun individuo di una parte emersa, conscia, dignitosa, e di un'altra parte tumultuosa, fluviale, disordinata. Descriverla non basta: bisogna cambiarla." -
Françoise Dolto. Il corpo come teatro del desiderio
Françoise Dolto è stata una personalità di rilievo nel panorama intellettuale francese del suo tempo; ha goduto di una certa fama, è stata amata e osteggiata, esaltata e detestata, mentre oggi rischia di essere dimenticata o fraintesa e ridotta a stereotipi. È stata medico, pediatra, psicoanalista, psicoanalista infantile, ma anche, secondo la definizione che lei stessa ha formulato nel corso della sua travagliata infanzia, “medico dell’educazione”. Si è lasciata interrogare dai problemi dei bambini, lavorando con una inesausta determinazione a intrecciare pratica clinica e speculazione teorica, nutrendo la prima con la seconda e viceversa. Ha ripreso e ripensato in modo originale il concetto di “desiderio” e ha formulato l’enigmatica idea di “immagine inconscia del corpo”, che costituisce il fil rouge di tutto il suo pensiero. In Dolto coesistono elementi diversi che ne rendono difficile una lettura unilaterale: impegnata in opere di prevenzione a livello sociale e in sperimentazioni pionieristiche e rivoluzionarie in ambito scolastico e educativo, è stata anche un’attenta rilettrice di Freud; non ha mai fatto mistero della sua fede e dell’intreccio fra questa e il modo di intendere e affrontare il proprio lavoro. Questo volume è una mappa della sua vita e della sua opera, dalla quale Dolto emerge come una pensatrice creativa e visionaria, che ha ancora molto da dire al nostro presente. Raccogliere la sua eredità è una sfida umana, teorica e politica. -
Marcel Proust. Il romanzo del desiderio
Il desiderio, l’amore, le passioni, sono il campo privilegiato dell’arte, in particolare della letteratura, e rappresentano una grande sfida per la filosofia. Questo saggio intende rinnovare l’indagine sull’opera immensa di Proust, che non è stata ancora compresa adeguatamente, e non solo per ciò che riguarda i temi della memoria e del tempo. Con troppa disinvoltura si è affermata l’equivalenza tra amore e gelosia, si è attribuita alla gelosia una valenza conoscitiva, si è enfatizzato il suo versante “infernale” trascurando quello comico, che Proust fa emergere implacabilmente. Si è dato per scontato che l’innamoramento sia la prima tappa dell’amore, ma nella Recherche non è così: c’è un’estasi nell’innamoramento (per Gilberte, per le fanciulle in fiore) che l’amore disconosce, tanto più quando diventa la follia di voler possedere un altro essere. In Proust, l’oggetto del desiderio è una nebulosa di tratti, instabile, turbinosa, che si riflette nello stile labirintico, composto da stili in conflitto. Perciò l’indagine sulle passioni (e sul soggetto diviso) genera una teoria del “linguaggio diviso”, grazie alla quale soltanto il tempo può giungere alla resurrezione. Nel centenario della morte di Proust, una nuova lettura rivelatrice della Recherche, il romanzo del desiderio.