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Cesare Pavese controcorrente
Questo saggio comincia con un ricordo del santuario di Crea, dove Cesare Pavese svelò di aver compreso l'essenza del mito e di averla riversata nella prosa di «Feria d'agosto» e nei «Dialoghi con Leucò». Tra quest'ultima opera e la traduzione di «Moby Dick» si distingue un filo che in Pavese tiene insieme e, allo stesso tempo, distingue la vita dalla morte: è il problema dell'origine, il momento di passaggio tra la trascendenza e l'immanenza, tra il non essere e l'essere: chi sono? Da dove vengo? Queste domande che siamo soliti ricondurre all'enigma della vita mascherano, nel loro fondo, il problema della morte. Ciò che nasce, perisce. Indagando questa comunanza di vita e morte, Pavese incentra un'ampia parte della propria dimensione estetica sul problema dell'originario, soprattutto con l'aiuto dell'antropologia e alla psicoanalisi del primo Novecento. Attraverso un percorso originale, l'autore affronta alcune delle opere chiave di Cesare Pavese. -
Spinoza e il problema dell'espressione
Le definizioni correnti della filosofia male si applicano a Spinoza: pensatore solitario e controverso, che concepisce la filosofia come un'impresa di liberazione e di demistificazione radicali, che ha equivalenti solo in Lucrezio o più tardi in Nietzsche. Il pensiero di Spinoza pone oggi questioni attualissime che riguardano il ruolo dell'ontologia (teoria della sostanza), dell'epistemologia (teoria dell'idea), dell'antropologia politica (teoria dei modi, delle passioni e delle azioni). L'oggetto di questo libro è di determinare il nesso fra queste tre dimensioni: l'affermazione speculativa o l'univocità dell'Essere nella teoria della sostanza; la produzione del vero o la genesi del senso nella teoria dell'idea; la gioia pratica o l'eliminazione delle passioni tristi, l'organizzazione selettiva delle passioni nella teoria dei modi. Queste tre dimensioni sono ordinate secondo un concetto sistematico, quello di espressione (la sostanza si esprime negli attributi, gli attributi si esprimono nei modi, le idee sono espressive). Senza dubbio il concetto di espressione ha una lunga storia già prima di Spinoza, esso ha caratterizzato una delle forme essenziali del neoplatonismo cristiano ed ebraico così come si svilupparono nel Medioevo e nel Rinascimento. In che modo allora Spinoza si inserisce nella tradizione espressionista? La domanda è importante soprattutto perché anche Leibniz fa dell'espressione uno dei suoi concetti fondamentali. In Spinoza come in Leibniz l'espressione anima la teoria di Dio, delle creature e della conoscenza. In maniera indipendente l'una dall'altra, le due filosofie si affidano all'idea di espressione per superare le difficoltà del cartesianesimo, per riproporre una filosofia della natura e della sua potenza e per ricreare una logica e un'ontologia: un nuovo ""materialismo"""" e un nuovo """"formalismo"""". Ma il modo in cui Spinoza comprende e sviluppa tale concetto, conferendogli una nuova struttura, costituisce forse il cuore del suo pensiero e del suo stile, ed è uno dei segreti dell'Etica."" -
Almanacco di filosofia e politica (2020). Vol. 2: Istituzione. Filosofia, politica, storia.
L'Almanacco di Filosofia e Politica, diretto da Roberto Esposito, intende essere uno spazio aperto per una riflessione sulla politica - sul suo statuto, sulle sue crisi, sulle sue potenzialità - da un punto di vista filosofico. Non si tratta dunque di una ricerca storico-filologica sui concetti politici, né di un'analisi empirica di carattere sociologico o politologico sulla cronaca politica. Ciò che l'Almanacco intende attivare è un'interrogazione rigorosamente filosofica sull'attualità. La domanda di fondo da cui nascono questi saggi riguarda la relazione tra la crisi globale della politica e i punti ciechi del pensiero contemporaneo. Quali paradigmi teorici hanno contribuito a provocare, o hanno reso possibile, tale cedimento? Ma scopo dell'Almanacco è soprattutto quello di elaborare nuove categorie capaci di riaprire un varco in un orizzonte apparentemente chiuso. Che contributo può dare, la filosofia, per avviare una nuova stagione politica? Questo secondo volume prosegue la ricerca inaugurata nel primo numero, cercando nella categoria di istituzione una via di uscita alla crisi del pensiero dell'immanenza. Anche questa volta, i contenuti sono organizzati in tre sezioni. La prima raccoglie i saggi di alcuni tra i più affermati pensatori contemporanei come Roberto Esposito, Massimo Recalcati, Paolo Napoli, Judith Revel, Miguel Vatter, Ubaldo Fadini e Nadia Urbinati. La seconda si compone invece degli interventi di studiosi più giovani che partecipano, durante l'anno, a un progetto di ricerca collettivo. La terza è infine formata da testi di autori ormai classici - ma particolarmente rilevanti per il tema oggetto del volume -, quali Yan Thomas, Paul Ricoeur e Cornelius Castoriadis. -
Della materia spirituale dell'arte-On the spiritual matter of art. Catalogo della mostra (Roma, 17 ottobre 2019- 8 marzo 2020). Ediz. illustrata
Della materia spirituale dell’arte è un progetto che indaga il tema dello spirituale attraverso lo sguardo dell’arte contemporanea e, al contempo, della storia arcaica di Roma. Il volume, come l’esposizione, dà la possibilità di percorrere in maniera multipla i lavori di diciannove artisti, nomi di spicco del panorama internazionale, provenienti da culture e background differenti. In una visione rigorosamente non confessionale, il catalogo riunisce opere d’arte contemporanea con una selezione di reperti archeologici provenienti dai principali musei della capitale: i Musei Vaticani, il Museo Nazionale Romano, i Musei Capitolini e il Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia.rnIl volume include opere di: John Armleder, Matilde Cassani, Francesco Clemente, Enzo Cucchi, Elisabetta Di Maggio, Jimmie Durham, Haris Epaminonda, Hassan Khan, Kimsooja, Abdoulaye Konaté, Victor Man, Shirin Neshat, Yoko Ono, Michal Rovner, Remo Salvadori, Tomás Saraceno, Sean Scully, Jeremy Shaw, Namsal Siedlecki.rnCon testi di: Paolo Benanti, Andrea Carandini, Stefano Catucci, Eleonora Farina, Raffaella Frascarelli, Bartolomeo Pietromarchi, Riccardo Venturi. -
Insulti al pubblico e altre pièces vocali
"Insulti al pubblico"""" è il testo più provocatorio dello scrittore austriaco Peter Handke. Il bersaglio sono le abitudini e il torpore intellettuale degli spettatori. Fu una provocazione maestosa e insieme sommessa, fatta con una scrittura che incanta ed è ad altissima tensione analitica. Il testo di Handke si serve «di forme naturali di espressione quali l'insulto, l'autodiffamazione, la confessione, l'affermazione, la domanda, la giustificazione, la scusa, la profezia, il grido d'aiuto». Handke lavora sapientemente con le ripetizioni, i ritmi cadenzati, il montaggio di frasi fatte, per esibire la standardizzazione e l'arbitrarietà del linguaggio, ma anche una vitalità che in esso resiste. Talvolta le voci si intrecciano in un brusio in cui si sente il risuonare di un inconscio linguistico e dei suoi condizionamenti. Il linguaggio di Handke lavora per «rendere l'apparato di percezione così preciso al punto che la natura in questa nostra società diventa riconoscibile come falsa, manipolata»." -
QU3. iQuaderni di U3 (2019). Vol. 18: Nuove architetture urbane.
La città contemporanea, costruita nel corso degli ultimi decenni, appare oggi come una somma di edifici-eccezione, apparentemente autoreferenziali e incapaci di entrare in dialogo tra loro. Negli ultimi anni alcune rilevanti figure del panorama architettonico hanno proposto una visione alternativa dello spazio urbano, fondata su alcuni caratteri tipici della città europea: il ruolo centrale assegnato all'architettura nella costruzione dello spazio urbano, la funzione della facciata come elemento in grado di conferire carattere e forma alla città, l'equilibrio tra uniformità e variazione architettonica, sono gli aspetti qualificanti di un modello spaziale e figurativo radicato nel senso comune. La ricerca di una continuità con la città storica e la rielaborazione dei temi tradizionali della facciata urbana si traduce in architetture dal carattere rigoroso e seriale che sembrano porsi in alternativa alle architetture singolari caratteristiche del passaggio al nuovo millennio. -
Mots de faune
Entre terre et ciel, air et eau, les animaux ont toujours entretenu un lien fort avec les hommes, en sollicitant un imaginaire porteur d’une relation complexe et changeante au fil du temps. Aujourd’hui, la présence des bêtes permet de faire affleurer un écosystème en co-évolution où la notion de vivant exige une réflexion plus vaste. Loin des enjeux esthétiques, éthiques ou ontologiques qui font l’actualité du débat sur la question animale avec les risques d’un acharnement idéologique sans issue, il est donc opportun de s’interroger plutôt sur l’impact que les animaux – en tant que matière artistique et donc souple – peuvent avoir sur l’écriture pour dire leurs manières d’habiter le monde et d’y cohabiter – de façon plus ou moins complice – pas seulement avec les humains. Ce recueil où les lignes d’auteurs de l’extrême contemporain croisent des études critiques explore donc les configurations possibles de l’élément naturel sur la page et essaie de redessiner des zooécritures sensibles aux mouvances de la biodiversité. -
Literarische Bilder und Vorbilder der Ewigen Wiederkunft
«Ist Nietzsches “abgründiger Gedanke” auch eine auf das Diesseits bezogene Wette, ein Versuch, den pascalschen Abgrund der Leere einer Welt ohne Gott zu füllen? Anhand einiger in Nietzsches Bibliothek enthaltener Bände versucht dieses Buch Aufschluss über diese rätselhafte Lehre zu geben».DE. Der erste und einzige Aphorismus, den Nietzsche der Idee der ewigen Wiederkunft widmet, fängt mit einer Frage an: «Wie, wenn [...] ein Dämon [...]?» Dieselbe Frage «Wie wär’ es, wenn der Dämon [...]?» stand im Mittelpunkt eines der schönsten Briefe des jungen Philologen Erwin Rohde an Nietzsche und bezog sich hier auf die tief erlebten gemeinsamen Augenblicke. Welches ist also der biografische und literarische Hintergrund dieses rätselhaften Gedankens, den Nietzsche in seinen Aufzeichnungen durch wissenschaftliche Hypothesen zu stützen versuchte? Ist die ewige Wiederkunft ein Versuch, der Leere der Welt nach dem Tod Gottes zu entkommen? Was haben die Zeitauffassungen von Marc Aurel, Montaigne und Pascal, ihre Gedanken zur Spannung zwischen Vergänglichkeit und Dauer, aber auch einige Bilder von Leopardi damit zu tun? Wie schließlich hängt das berühmte Mitternachtslied im Zarathustra mit der ewigen Wiederkunft sowie mit Rohde und Wagner zusammen? Anhand einiger in Nietzsches Bibliothek enthaltener Bände versucht dieses Buch Aufschluss über einen Gedanken zu geben, in dem Nietzsches radikaler Rationalismus – wie Mazzino Montinari schrieb – zu seinen letzten, hellsichtigen Aporien gelangt.EN. The first and only aphorism that Nietzsche devotes to the idea of eternal return begins with the words: “What, if a demon [...]”? The same words “What would be, if the demon [...]?” appeared in one of the finest letters the young philologist Erwin Rohde sent to Nietzsche, and which referred to deeply felt moments they spent together. This study seeks to recreate the biographical and literary background to the intriguing idea that Nietzsche tried to support in his notes with scientific hypotheses. How important for Nietzsche’s thought are the views on time of Marc Aurel, Montaigne, Pascal and their ideas on the relationship between transience and eternity? Is Nietzsche’s “most abyssal thought” also a Wager in favor of this life, an attempt to escape from or to fill the Pascalian abyss of the emptiness of a world after the death of God? How influential are some of Leopardi’s poetic images? Finally, how does the famous midnight song in Zarathustra relate to the eternal return and to Rohde and Wagner? Drawing on works to be found in Nietzsche’s private library, this book attempts to shed light on Nietzsche’s “radical rationalism”—to quote Mazzino Montinari—and on the ways in which it reaches its final, clairvoyant aporias. IT. Il primo e unico aforisma, che Nietzsche dedica all’idea dell’eterno ritorno, inizia con una domanda: «Come sarebbe se […] un demone […]?» La stessa domanda: «come sarebbe, se il demone […]?» era il punto cardine di una delle più belle lettere scritte dal giovane filologo Erwin Rohde a Nietzsche che si riferiva a tutti i momenti vissuti fino in fondo. Qual è dunque lo sfondo biografico e letterario di questo misterioso pensiero, che Nietzsche nei suoi appunti ha cercato di... -
Healthscape. Nodi di salubrità, attrattori urbani, architetture per la cura. Ediz. italiana e inglese
La caratteristica emergente e peculiare dei nodi di salubrità è nella loro transitorietà; non solo sono destinati a modificarsi continuamente nelle strategie di cura urbana, ma anche, come prospettiva di fondo, a perdere di senso in una città sana, dove le azioni diffuse di cura dei cittadini prendono definitivamente il sopravvento, assolvendo di fatto al compito di operare per la prevenzione della salute urbana attraverso un rinnovamento dell’architettura.rnOggi la salute non riguarda più soltanto l’ambito medico, ma è diventata una questione molto più complessa, che investe la definizione di strumenti per il benessere dei cittadini e anche per una cura strutturale della città. Alla luce di ciò, il progetto di architettura non può rispondere semplicemente a requisiti di natura materica, ma deve riflettere sulla propria specificità, per poter dare un proprio contributo al radicamento di una nuova idea di cura e garantire il requisito della salubrità urbana.rnIl volume, con contributi di architetti, paesaggisti, filosofi, accademici di fama internazionale, presenta un ripensamento progettuale dei luoghi della cura come ospedali, scuole, stazioni e spazi legati alla mobilità, parchi e aree verdi, attraverso il superamento della logica degli spazi chiusi e monofunzionali.rnRidefinire, a partire da questi elementi, il sistema di relazioni significa principalmente costruire nuovi meccanismi di cura della città, in cui entra in gioco una forte responsabilità nei confronti della salute dei cittadini che non può originarsi da una scelta estemporanea, ma deve essere il risultato di un approfondito lavoro di ricerca. -
Fortini '17. Atti del convegno di studi di Padova (11-12 dicembre 2017)
A cento anni dalla nascita, diversi convegni e iniziative hanno provato a fare il punto sull'eredità, oggi, di Franco Fortini (1917-1994). Un'eredità che si suppone multipla e difficile da misurare esattamente, la cui natura problematica risiede, oltre che nel tempo che è passato, nella qualità insieme sfaccettata e profondamente unitaria dell'opera fortiniana. Per provare a dar conto di essa si è proceduto, nel convegno e in questo volume che ne presenta gli atti, a un doppio movimento: a un'articolazione che rispecchia i molti piani dell'impegno di Fortini (la traduzione, la poesia, la saggistica politico-culturale e letteraria) risponde la portata trasversale di alcune parole chiave capaci di fare da bussola nel suo pensiero (dialettica, comunismo, classico e figura). Un elemento di omogeneità è dato dalla scelta di concentrarsi sul testo nel suo concreto svolgimento, intendendo per «testo» sia il singolo prelievo testuale che il macrotesto nel quale esso risulta inserito, e per «interpretazione» il movimento costante tra l'uno e l'altro. -
Colloqui con il professor Y
«I colloqui sono una jam-session in cui l'anarco-dinamitardo delle banlieu scatena il suo jazz percussivo, trascinando il lettore in una specie di trance uditiva» - Ernesto Ferrero, Il Sole 24 Orern«Si ritrova il ritmo céliniano, il triplo punto e tritare tutto, l'invettiva e l'analisi impietosa, come poi in seguito sapranno fare solo i grandi comici americani» - Marco Ciriello, il MattinoQui Céline in un'intervista a se stesso (1955), nel suo stile forsennato, da ossesso recriminante, parla del romanzo tradizionale, cioè ne sparla, poi della razza insopportabile degli scrittori, del cinema, degli editori, ma soprattutto del suo personalissimo modo di scrivere, che va via ... alé! ... come un metrò emotivo, che acchiappa emozioni; questa la sua trovata, la sua invenzione di stile; e i tre puntini tipici sarebbero le traversine su cui la rotaia del metrò si appoggia. Un libricino che espone, con gli inconfondibili scatti di nervi, i principi della sua poetica e la novità che in letteratura ha portato, da tanti in seguito imitata; anche se tutti imitatori incapaci, lui dice. -
Pignolerie
«Mi aspettavo qualcosina di più, son sincero».rnUn critico pignolo all'inverosimile commenta le più note e scolasticizzate poesie italiane, e trova errori di calcolo, di misura, di chilometraggio, di logica, e poi errori di meteorologia, di tempi di percorrenza, di acustica, di assonometria, di parallasse e così via. E vorrebbe consigliare l'autore, se mai tornasse in vita, di aggiustare la sua poesia, perché se già è in parte valida, lo diventerebbe di più. Va detto che ci si appassiona a leggere queste meticolose e paradossali disamine, senza che il poeta, se è un grande poeta, ne resti scalfito o irriso. Casomai è il critico che, nella sua maniacalità, nella sua stringente incomprensione, diverte. -
Saggi libertini
«I saggi libertini si soffermanornin modo particolare sui rapporti frarnItalia e Inghilterra ma assumendorncome punto di vista quello deglirn«ateisti», degli «epicuri», deglirn«empi», in breve dei «non conformistirn», gettando nuova luce sull'influenzarnche su grandi rappresentantirndella cultura inglese, come Ralegh,rno Bacone, o Marlowe, o Shakespeare,rnha avuto la cultura italiana» - Michele Ciliberto, Il Sole 24 Ore«Se agli uomini viene proibito di esprimere seriamente le loro opinioni su certi soggetti, lo faranno ironicamente. Se viene loro proibito di parlare del tutto di questi soggetti, o se troveranno troppo pericoloso farlo, allora raddoppieranno il mascheramento, si avvilupperanno di misteriosità, e parleranno in modo di non essere quasi capiti, o per lo meno facilmente interpretati da coloro che sono disposti a far loro dei danni». Shaftesbury, Sensus Communis, an Essay on the Freedom of Wit and Humour. -
Poetici primati. Saggio su letteratura e evoluzione
A che cosa serve la letteratura? Qual è la sua funzione? L'ipotesi di questo libro è che per rispondere occorra allargare lo sguardo. rn«Poetici primati, come suggerisce già l'invenzione del brillante titolo-calembour, è un libro in cui si cerca ""di dar conto di una personale immagine della letteratura o della poesia"""", modificata nel corso degli anni attraverso il confronto con la scienza e l'antropologia» - Niccolò Scaffai, AliasrnDa un lato la letteratura dev'essere considerata come un caso particolare di uso creativo - «poetico» - della parola: come manufatto verbale non legato a una situazione contingente, qui e ora, e quindi incline a durare nel tempo. Dall'altro, l'esistenza di usi non immediatamente strumentali del linguaggio si può spiegare soltanto in una prospettiva di lunghissimo periodo, cioè ragionando su come, nel corso della sua evoluzione, il genere umano abbia elaborato strategie di sopravvivenza che lo hanno distinto dagli altri primati. L'indagine ripercorre le principali tappe della nostra storia evolutiva, insistendo sul principio che ogni innovazione costituisca una risposta a pressioni ambientali, e che superando una difficoltà si possono provocare nuovi squilibri e ulteriori esigenze. La conclusione è che, in ultima analisi, la ragion d'essere di quello che chiamiamo «letteratura» consiste nelle opportunità che essa fornisce di affinare, corroborare, estendere le nostre competenze sociali."" -
QU3. iQuaderni di U3 (2019). Vol. 19: Iranian cities. An emerging urban agenda at a time of drastic alterations.
A set of crucial political and economic transformations has had in the last five decades a direct and significant impact on the material and non-material dimensions of Iranian urbanization. Shifts in the country’s national urban agenda have come hand and in hand with changes in the behaviour of individuals, enterprises and the civil society contributing to the shaping of a new field of tensions that urban scholars are just starting to grasp and address. This special issue of iQuaderni di U3 aims at showcasing debates and case studies touching upon many of these emerging tensions. From the reality of New Towns to the rise of participative practices in cities, from the ever changing nexus between formality and informality in the city economies and sociabilities to the role of public spaces in contemporary protest movements, from the role of gender in emerging urban spatialities to the new forms of politicization of the urban space the issue offers a wealth of critical entry points into the contemporary urban condition in Iran. -
I cani del Sinai
«Se tu non vuoi più credere alla verità, nessuno vorrà più credere a te». Con la citazione di queste parole che Zelman Lewental scrisse nell'agosto del 1944 ad Auschwitz prima di essere ucciso dai nazisti, si chiude ""I cani del Sinai"""", uno dei libri più intensi di Franco Fortini. Libro che sfugge ad ogni definizione, attraversa e supera ogni genere: pamphlet e autobiografia, racconto e saggio; prosa tesissima e lapidaria, scandita in brevi paragrafi, obbediente ad una metrica autonoma e rigorosa come in una poesia. Scritto «a muscoli tesi, con rabbia estrema» nell'estate del '67 a ridosso della «guerra dei sei giorni», """"I cani del Sinai"""" è un libro contro: contro «quanti amano correre in soccorso ai vincitori», contro «il diffuso e razzistico disprezzo antiarabo», contro «l'arma totale» dei media; ma è anche e soprattutto il luogo in cui Fortini volle «chiarire a se stesso la storia di un combattuto rapporto con le proprie origini». E forse proprio da questa doppia lettura di presente e passato, dalla volontà ostinata di tenere insieme l'interpretazione di sé e della storia (di sé nella storia) e di «disegnare il futuro segnando a dito, con esattezza, le fosse di quel che non c'è, le lacune del reale», nasce la forza, non intaccata dal tempo, di queste pagine, da cui Jean-Marie Straub e Danièle Huillet trassero un film a sua volta memorabile. Con una Nota 1978 per Jean-Marie Straub. In appendice """"Lettera agli ebrei italiani""""."" -
Tutte le poesie
La pubblicazione delle poesie complete di Franco Scataglini segna una data nella storia della poesia italiana contemporanea. Nelle quartine, insieme illustri e dimesse, di questo poeta, certamente fra i massimi del Novecento, emerge infatti alla luce con inedita chiarezza quell’essenziale bilinguismo della poesia italiana che la collana «Ardilut» ha inteso prendere come insegna.In queste straordinarie poesie in dialetto, raccolte qui per la prima volta insieme alle poesie in lingua, sembra naufragare ogni tentativo di assegnare una volta per tutte un’identità alla lingua della poesia. Situate nel bilico illocalizzabile che divide e insieme unisce – in un insolubile nodo – l’anconetano all’italiano e nutrite dall’innesto sapiente della lingua del Trecento e di quella di Caproni e di Montale, le poesie di Scataglini mostrano con un’evidenza incomparabile che la lingua che parliamo, scriviamo e leggiamo è costitutivamente non-una, in perenne e ardente tensione fra una realtà sorgiva e immemorabile e una memoria che cerca invano di contenerla e fissarla in una grammatica. -
Kitsch
Il volume raccoglie oltre trenta saggi, ormai classici sul Kitsch, presentati e commentati da critici, scrittori e filosofi contemporanei; una galleria di testi anticipatori; voci di dizionari enciclopedici, filosofici e artistici dedicate al Kitsch; brani di alcuni libri recenti sul tema appositamente tradotti; un questionario rivolto a filosofi, critici e artisti contemporanei; immagini di cinque artisti; una riflessione sui nani da giardino.rn«Un numero della rivista ""Riga"""" affronta una questione estetica che da oltre un secolo alimenta il dibattito culturale: non è solo indice del brutto o del cattivo gusto, ma una conseguenza della società dei consumi» - Avvenire«Inafferrabile tiresia dal mutevole sembiante, il camaleontico kitsch viene ora sviscerato nella recente, monumentale edizione della rivista Riga 41- Quodlibet, opera magistralmente pensata, curata e prodotta da Marco Belpoliti e Gianfranco Marrone» - il Foglio«Un'autentica cassa del tesoro di idee, storie, concetti, un'opera monumentale e utilissima che fornisce l'attrezzatura per fare i conti con questa categoria fondamentale dell'estetica, della politica, della vita associata» - Francesco Guglieri, il Domani«L'intento - e l'urgenza - dell'indagine sul kitsch, da parte di Marrone e Belpoliti è sacrosanta: perché è molto evidente (qualunque sia la definizione che scegliate alla fine di sposare, o tutte) che se c'è una categoria che ha vinto la sua battaglia e forse domina incontrastata nello scenario culturale contemporaneo è proprio questa» - Stefano Salis,Il Sole 24 OreKitsch = arte degenerata, massificata, inautentica e ripetitiva; pseudo-arte a buon mercato; simulazione della bellezza, esaltazione del sentimentalismo e del dilettantismo; celebrazione sommaria del piacere estetico a detrimento della fattura materiale dell’oggetto artistico; emergenza della volgarità e del male nelle arti; arte a servizio dei regimi politici totalitari e della loro propaganda; uso indiscriminato degli stilemi canonici e degli stereotipi del passato; contraffazione e simulazione; riduzione dell’opera a souvenir turistico e a gadget; diffusione di un gusto medio e massificato; cattivo gusto o totale mancanza di gusto. L’effetto che si ottiene mettendo in fila questi concetti è duplice. Da una parte sembra che il Kitsch abbia vinto, che la cultura contemporanea e la nostra stessa vita quotidiana ne appaiano permeate sin nei più intimi dettagli. La volgarità, la contraffazione, il sentimentalismo, l’autoritarismo, il dilettantismo vanno per la maggiore. Dall’altra tutto ciò sa di passato, polveroso, vintage. Siamo certi che oggi sia possibile continuare a parlare di degenerazione dell’arte e di cattivo gusto, di massificazione e di serializzazione? Che cosa significano oggi questi termini, quale funzione esplicativa conservano questi concetti, che valore hanno questi valori?rnL’obiettivo del presente numero di “Riga” è quello di usare il Kitsch come specola per riesaminare l’attualità da un punto di vista rovesciato, provando a capire che ne è di oggetti e fenomeni e tendenze come il gusto e le arti, le emozioni e i media, la quotidianità e la comunicazione. In questo senso, il problema del Kitsch ci appare ancor oggi come il nostro problema."" -
Miles Davis, il quintetto perduto e altre rivoluzioni
«Lo storico del jazz Bob Gluck dedica un saggio fondamentale al maestro di ""Bitches Brew"""" assetato di contemporaneità e a quel quintetto perduto di musicisti che diventano leggenda» - Giuseppe Videtti, Robinson«A vent'anni dalla morte di Davis, esce la nuova edizione della biografia di Gluck incentrata sugli anni Sessanta: dall'amore con Juliette Greco all'incontro mancato con Hendrix» - Stefano Mannucci, il Fatto Quotidianorn«Un saggio di Bob Gluck racconta i retroscena dietrornuna delle formazioni storiche del grande trombettista» - Marcello Lorrai, il Manifestorn1968, anno magico della cultura giovanile: il grande trombettista Miles Davis trasforma il proprio quintetto jazz spingendolo verso il funky e altri generi di consumo. Nel giro di pochi mesi il gruppo (con Wayne Shorter al sax) cambia tutta la sezione ritmica, ma in questa nuova veste non entrerà mai in studio d'incisione. La critica lo chiama il Quintetto Perduto: Chick Corea è al piano elettrico, Dave Holland ai bassi, Jack DeJohnette alla batteria. Il critico Bob Gluck ne esplora la musica, che si rivela un amalgama straordinario di elettronica, ritmi metropolitani, interazione collettiva e sperimentazione pura. Ma Gluck va oltre, mostrando il tessuto connettivo fra quelle idee e le nuove avanguardie. Corea e Holland uscirono dal quintetto per formare il gruppo Circle con il sassofonista Anthony Braxton; Braxton e DeJohnette erano membri di un'associazione di sperimentatori da cui nacque un altro trio da riscoprire, il Revolutionary Ensemble. La musica d'allora era tutta percorsa da aneliti rivoluzionari."" -
Il tempo come immaginazione letteraria. Studi su tre poesie di Brentano, Goethe e Keller
«Se la critica stilistica di Spitzer si concentra sul dettaglio che rivela la mente dello scrittore, quella di Staiger, maestro di Szondi, punta a una fondazione metastorica dei generi come universali atteggiamenti umani. In gioco è sempre il passaggio da uno storicismo esteriore al tentativo d'individuare le tracce della storia nella configurazione di un prodotto estetico» - Matteo Marchesini, il Sole 24 OrePubblicato nel 1939, ""Il tempo come immaginazione letteraria"""" è uno studio di forte impegno teorico, in cui vengono anticipati i temi del successivo lavoro dedicato a """"I fondamenti della poetica"""" (1946). Attraverso un percorso che dischiude la poetica di Brentano, Goethe e Keller Emil Staiger mostra la ricchezza di risultati cui può mettere capo l'unione tra la filologia e la sensibilità filosofica. Fare dell'esperienza della temporalità, che sta al centro della filosofia novecentesca di Heidegger e non solo, il punto di vista attraverso il quale comprendere la poetica di un autore significa infatti, per Staiger, anche riflettere sull'essenza dei generi letterari secondo un'ottica che coniuga letteratura, fenomenologia e antropologia. L'officio interpretativo, che si muove tra il singolo verso e l'intera poetica di un autore, convoca inoltre il confronto di Staiger con pensatori quali Dilthey e Schleiermacher, facendo del volume anche un contributo alla tradizione ermeneutica. Tale significativo impegno teorico è nondimeno accompagnato da un linguaggio pressoché privo di tecnicismi, che onora quell'erotica dell'interpretazione stando alla quale, per Staiger, occuparsi di letteratura significa, come per ogni vero lettore, esercitarsi in un atto d'amore.""