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Territorio e produzione
«La produzione non costruisce lo scenario che crediamo: un ambiente profondamente elaborato, razionale, efficiente e accuratamente acconciato. Ma una sovrapposizione di processi poco ordinati che hanno implicazioni spaziali multiple e spesso contraddittorie. È sempre stato così. E lo è ancora oggi». rnrnNel campo degli studi urbani sta tornando un forte interesse nei confronti delle dinamiche e delle questioni legate alla produzione. Molte ricerche, tra loro anche diverse, sembrano ora convergere verso un’accezione aperta del termine “produzione”, che la riconduce alle modalità grazie alle quali un determinato territorio può divenire più fertile, fruttifero, ricco e creativo.rnI ventitré saggi raccolti nel volume raccontano il modificarsi dei rapporti tra produzione e territorio attraverso casi italiani, europei, del Nord e del Sud America. Gli autori sono studiosi di diverse generazioni e tradizioni disciplinari: urbanisti, geografi, sociologi, economisti, esperti di politiche urbane e fotografi. L’intento è quello di dare evidenza a pratiche e stili di ricerca che stanno riposizionando, in una fase storica di profondi cambiamenti, la tradizione italiana degli studi sui molteplici nessi tra territorio, economia e società. -
Gli Stati Uniti d'Europa
Al centro di questo volume vi è un intreccio di tematiche approfondite a più riprese da Vincenzo Cento, prima con la Memoria, premiata al Concorso internazionale per l'Europa del 1924 e ripubblicata alla fine dello stesso anno su «La vita internazionale»; quindi, nel 1926, con il saggio su Gli Stati Uniti d'Europa, nella versione definitiva che qui si ripropone. Il testo è ispirato da un bisogno pressante di pace e di collaborazione internazionale, che l'autore tuttavia interpreta in maniera alternativa tanto alla soluzione confederale di marca wilsoniana - quella di una Società delle Nazioni che troppo concede alle sovranità dei singoli Stati -, quanto alla soluzione federale di ispirazione kantiana, che di quelle sovranità dichiara di voler fare completamente a meno. Il futuro degli Stati Uniti d'Europa, se futuro può esservi, è un altro. È il futuro assicurato da un legame organico e solidaristico fra Stati sovrani, federati tra loro su basi comuni non astrattamente idealistiche, ma immediatamente storiche e politiche, commerciali e culturali. -
Dalla Grande Dimensione alla Bigness. Il progetto delle relazioni tra architettura, città e territorio globale
Due diverse concezioni della dimensione si sono, nel secolo scorso, contese il campo del pensiero architettonico e urbanistico, nel confronto con le grandi trasformazioni della città moderna e contemporanea: l'idea della Grande Dimensione e quella della Bigness. Dietro questi due paradigmi - di cui vengono qui ricostruite le decisive tappe teoriche e progettuali - si fronteggiano, in realtà, due diversi modi di concepire il ruolo del progetto e di intendere la responsabilità, da parte di architetti e urbanisti, nella costruzione del mondo urbano. Dove la Bigness ha rappresentato il ripiegamento dell'architettura su un metro puramente quantitativo, operando di fatto la segregazione e la lobotomia dei fatti architettonici, delle esperienze e delle scale della progettazione, la Grande Dimensione è stato invece il tentativo di intendere le dimensioni urbane non più in termini semplicemente quantitativi, ma qualitativi, ossia in termini di relazione: dimensione vuol dire innanzitutto rapporto e misura, capacità di creare relazioni immateriali, piuttosto che egemonia. -
Germania. Testo latino a fronte. Ediz. critica
«Germania, terra informe, dal clima pessimo, squallida a viverci e senza nulla di bello, se non per chi ci è nato.»rn«Tra i pregi di questa edizione c'è, oltre alla bella, agile e chiara traduzione del testo, un'utile e precisa introduzione, un interessantissimo e approfonditissimo commento e un ricco apparato di note» – Tuttolibrirn«Delle varie Germanie circolanti oggi in Italia, questa è senz’altro la migliore e, senza ombra di dubbio, di gran lunga la più completa» – Doppiozerorn«Questa nuova edizione, che si avvale di un corposo apparato critico e documentario, ci riporta a uno dei testi più profetici e gravidi di conseguenze che provengano dall'antichità» – Il GiornalernQuesto è il libro che ha inventato la nazione germanica, sia nella percezione dei Romani, sia in quella degli stessi Germani, che prima non si consideravano un popolo solo destinato a unificarsi, ma un insieme vasto ed eterogeneo di tribù sparse nel nord est dell’Europa, spesso in guerra tra loro, alcune in pace con Roma, altre ostili. La «Germania» è un meraviglioso trattato etnografico scritto attorno al 98 d.C., con usi, costumi, cibi, vestiari, culti, stanziamenti, spostamenti di queste variegate e selvagge popolazioni, guardate anche da Tacito con ammirazione per le loro primitive virtù, ormai dai Romani perdute; saranno poi i Germani che, dopo aver imparato dai Romani l’arte della guerra e un po’ di civiltà, avrebbero determinato il crollo dell’impero, o forse semplicemente lo spostamento del suo centro più a nord. Anche le vicende del terribile XX secolo e dell’Europa d’oggi discendono probabilmente da ciò che inizia in questo libro. Dino Baldi, che ha tradotto il testo, lo ha corredato di un indispensabile e accurato commento che segue passo passo il testo; nonché delle altre descrizioni dei popoli nordici che ci vengono dall’antichità greco‐latina precedente: Ippocrate, Polibio, Cesare, Diodoro Siculo, Vitruvio, Strabone, Plinio il Vecchio e altri. (E.C.) -
Occhiacci di legno. Dieci riflessioni sulla distanza. Ediz. ampliata
«Tutto il mondo è paese non vuol dire che tutto è uguale: vuol dire che tutti siamo spaesati rispetto a qualcosa e a qualcuno.» Il libro indaga, da punti di vista diversi, le potenzialità cognitive e morali, costruttive e distruttive dello spaesamento e della distanza. Perché una lunga tradizione ha attribuito allo sguardo dell'estraneo - del selvaggio, del contadino, dell'animale - la capacità di svelare le menzogne della società? Perché la riflessione sul mito serve a distanziare la realtà, mentre il mito è spesso uno strumento politico per controllare gli ignari? Perché nel Medioevo, durante i funerali dei re di Francia e d'Inghilterra, veniva portato in processione un fantoccio detto «rappresentazione»? Perché il cristianesimo fece propria la proibizione mosaica delle immagini ma favorì da un certo momento in poi la diffusione di immagini devozionali? Perché lo stile è stato usato, a seconda dei casi, per includere o escludere la diversità culturale? Perché ricorriamo così spesso a metafore visive come «prospettiva» o «punto di vista»? Uccidereste un mandarino cinese sconosciuto se vi venisse offerta una grossa somma? Gesù era cristiano? Dieci sguardi sul mondo, da vicino e da lontano. Nuova edizione accresciuta. -
Un seme di umanità. Note di letteratura
Finalista al premio Viareggio-Rèpaci 2020, sezione Saggistica «Anche se oggi affermerebbe volentieri il contrario, Bellocchio torna sempre al suo amore primordiale, come attesta l'antologia Un seme di umanità. Note di letteratura che seleziona da circa quarant'anni dipartiture saggistiche i cui referenti vanno da Casanova a Herzen, da Dickens a Flaubert e Céline, da Orwell, ovviamente, a Pier Paolo Pasolini e Beppe Fenoglio» - Massimo Raffaeli, Il Venerdìrn«Bellocchio: una rilettura illuminante dei classici». - Avvenirern«Straordinaria raccolta di saggi letterari che non sono solo letterari, perché Bellocchio non è solo un critico, ma uno degli intellettuali d'altri tempi che cercano nella letteratura domande e risposte sulla vita degli individui in relazione alla società» - Corriere della Serarn«Mettendo insieme questi scritti» su autori che vanno da Casanova a Kubrick, e includono fra gli altri Stendhal, Dickens, Flaubert, i grandi narratori russi dell’Ottocento, Herzen, Hašek, Isherwood, Céline, Edmund Wilson, Orwell, Böll, Pasolini, Fenoglio, Bianciardi, Montaldi, Pampaloni, «mi rendo conto che la parzialità delle mie scelte non è stata del tutto casuale: essa individua o indica molte mie reali preferenze. Anche se alcuni sono stati commissionati da editori per collane economiche, cosa che spiega la forma e il taglio delle pagine su Casanova, Stendhal, Dickens, Flaubert o il romanzo russo, la necessità di un’esposizione piuttosto didascalica la trovo tuttavia a me congeniale oltre che doverosa (e da essa mi sono distaccato solo in parte in altri testi).rnBenché con il passare degli anni la scrittura d’invenzione mi abbia interessato progressivamente meno a favore di scritture diaristiche, memorialistiche, storico-politiche, l’occasione editoriale mi ha sollecitato a tornare a certe mie passioni del passato: il risultato è perciò non di critica letteraria in senso rigoroso, ma comporta la tendenza a leggere di preferenza quella narrativa che illumina aspetti della storia sociale, verso i quali mi indirizzavano anche alcuni dei critici da cui mi è sembrato di imparare di più, come Edmund Wilson, Lukács, Adorno, senza dimenticare la saggistica di scrittori come Baudelaire, Proust, D.H. Lawrence, Orwell, Fortini... Più che dall’invenzione sono sempre stato attratto dalle testimonianze personali e dirette, dal giornalismo di reportage e dall’autobiografia».rnrnPiergiorgio Bellocchio -
Ebrei e cristiani nella Cappella Sistina
Negli affreschi sistini numerose scene o figure della storia del popolo ebraico sono presentate come origine, o prefigurazione, della storia cristiana aperta dall'Incarnazione. Il ciclo degli Antenati di Cristo, dipinto sulle lunette e sulle vele della volta, svolge un ruolo essenziale nel connettere le due «età»: l'enumerazione dei patriarchi e dei re della stirpe di Abramo si conclude, in accordo con la genealogia proposta nel Vangelo di Matteo, col nome di Giuseppe, marito di Maria e padre di Gesù. La tradizione iconografica presentava solitamente questi patriarchi come venerabili figure maschili accompagnate dai loro discendenti; Michelangelo stravolge radicalmente le consuetudini figurative accostando, nelle lunette della Sistina, ai nomi degli antenati una straordinaria serie di famiglie immerse nella vita quotidiana: donne che accudiscono i loro bambini o intente ai lavori domestici, vecchi padri pensierosi o addormentati, personaggi erranti, uomini e donne in attesa. -
Teoria dell'istituzione e della fondazione. (Saggio di vitalismo sociale)
Come nasce una società? Qual è l’origine del legame sociale? Di cosa è fatto il comune di una comunità? È solo con la pubblicazione di La teoria dell’istituzione e della fondazione che, dopo un’indagine più che ventennale, Hauriou presenta una definitiva, e per larghi tratti rivoluzionaria, risposta a una serie di cruciali interrogativi sulla natura e la grammatica del sociale. Prendendo parte da protagonista a un dibattito che segna un punto di non ritorno per la totalità delle scienze sociali dei primi anni del Novecento, in questo scritto, che viene unanimemente riconosciuto come il testo fondativo dell’istituzionalismo giuridico, Hauriou delinea una compiuta teoria sul significato e il fine delle istituzioni, intese quali contesti interazionali necessari per il funzionamento di ogni società. L’approccio giuridico che ne risulta, significativamente presentato come una peculiare forma di vitalismo, appare una validissima alternativa alle più note teorie sull’origine e sulle logiche distintive del sociale avanzate da pensatori appartenenti ad ambiti assai diversi delle scienze sociali, da Durkheim a Tarde, da Bergson alla coeva giuspubblicistica tedesca, autori con i quali Hauriou si confronta (e spesso scontra) a ogni pagina. Un testo, in sintesi, che si presenta come una lucidissima diagnosi e al contempo un tentativo di risposta a quella crisi dello Stato che, da allora, accompagna come un’ombra il destino dei sistemi politici occidentali. -
L' isola seguito da «Il ritorno del padre»
«L'isola» (1941) narra l'«avvenimento più importante nella vita di un uomo», secondo la diagnosi di Freud di cui già aveva fatto tesoro, a Trieste, lo Svevo della «Coscienza di Zeno». rn«L'isola, per giudizio unanime, è il capolavoro di Giani Stuparich» – Il VenerdìrnUn trentenne, nella pienezza della vita, lascia la sua villeggiatura alpina per accompagnare il padre in quello che sarà l'ultimo viaggio di un vecchio uomo di mare, malato e prossimo alla morte. La meta è Lussino, l'isola istriana (oggi in Croazia) che la famiglia ha lasciato per stabilirsi nella Trieste italo-slava-tedesca, crogiolo di genti e porto dell'Impero asburgico. L'azzurro dell'Adriatico avvolge genitore e figlio, legati da una muta tenerezza che ripropone, a parti invertite, il fiducioso abbandono che ogni bambino cerca nel padre. «L'isola» (1941) narra l'«avvenimento più importante nella vita di un uomo», secondo la diagnosi di Freud di cui già aveva fatto tesoro, a Trieste, lo Svevo della «Coscienza di Zeno». Ma è anche il ritratto di un ambiente marino, di un borgo sperduto in fondo a un golfo che Stuparich dipinge con mano felice, ritrovando i colori appresi nell'infanzia, quando (come si legge nel più breve racconto «Il ritorno del padre», compreso nel volume) la figura di quell'uomo burbero ed energico era entrata per la prima volta nella sua vita, come un libero vento. -
Come frantumi di mondi. Teoria della prosa e logica delle emozioni in Gadda
Carlo Emilio Gadda, uno dei più grandi narratori del Novecento, è ancora ai margini del canone scolastico per via della sua complessità: il lettore che si avvicini per la prima volta all’opera gaddiana rischia di essere scoraggiato dalla densa stratificazione di problemi linguistici, filologici e logici posti da una compagine testuale così intricata da poter apparire illeggibile.rnCome frantumi di mondi è un libro sulla costruzione narrativa di Gadda, che prova a trattare Gadda come una sineddoche per interrogarsi sulla dialettica fra logica del mondo e racconto letterario. Vi si affrontano questioni di teoria della letteratura e di logica dell’interiorità lungo due linee di indagine diverse: quella psicologico-psicoanalitica, condotta sulla scia di Freud e Matte Blanco; e quella filosofico-scientifica, esplorata nei suoi legami con il pensiero di Leibniz, Spinoza e Kant, ma anche di Einstein, Heisenberg e Pauli. L’impostazione teorica di Come frantumi di mondi rispecchia, così, la cultura gaddiana, articolandosi attorno a tre coppie antinomiche che ritornano in tutti i capitoli: matematica ed emozioni; logica e caos; convenzioni letterarie e vissuto. -
Franco Fortini. Scrivere e leggere poesia
Franco Fortini è certo conosciuto principalmente nella veste di intellettuale e di saggista, ma, quasi a dispetto del suo ruolo di coscienza critica del Novecento italiano, nel suo lungo e articolato percorso ha sempre avuto un ruolo centrale la poesia, sia scritta sia letta. Il libro ha diversi autori ma un solo intento: cercare di raggiungere, partendo da diverse prospettive, questo legame tra scrivere e leggere, così necessario per Fortini da spingerlo a proporre la sostituzione dell’immobile parola “letteratura” con la coppia di attività “lettura-scrittura”. Parlando sempre di poesia, pertanto, si toccano questioni di politica, lingua, stile, metrica, traduzione (tradurre era per Fortini il modo più vero di leggere), critica, teoria, lavoro editoriale. E, nell’ultima parte, si può sentire quanto sia rimasto della poesia di Fortini nella voce di alcuni poeti delle generazioni successive: Gianni D’Elia, Umberto Fiori, Biancamaria Frabotta, Fabio Pusterla. -
Michel de Certeau. Per il lettore comune
Paola Di Cori è stata una delle maggiori studiose di Michel de Certeau (1925-86) e con questo volume contribuisce a definire un nuovo punto di vista nella ricezione dell’opera del gesuita, ponendo in luce la pluralità disciplinare come fattore determinante nella sua attività di ricerca che incorpora «grande erudizione e profonde conoscenze specifiche di storia del Cristianesimo, di linguistica, psicoanalisi e antropologia applicate alla realtà del presente e del passato».rnTenendo fede alla propria formazione di storica, e non venendo mai meno al rigore metodologico che la contraddistingueva, Paola Di Cori ricostruisce puntualmente le molteplici letture che l’opera di Certeau ha ricevuto nei diversi contesti culturali e linguistici, dall’Europa alle Americhe. Parallelamente, l’autrice percorre anche il labirinto intertestuale delle influenze, interferenze e suggestioni da cui prende corpo il pensiero certiano.rnIl volume è destinato non solo agli studiosi, ma anche e soprattutto al lettore comune, protagonista e interlocutore indiscusso di tutta l’opera del pensatore francese: «il lavoratore di frodo, il lettore distratto, il credente in cerca di un nuovo linguaggio, chi passeggia e sogna per le strade». -
Techno-Thoreau. Aesthetics, ecology and the Capitalocene
EN. This essay serves the double purpose of investigating the aesthetic dimensions of Thoreau’s environmental philosophy while examining the philosophical and political implications of its capacity to break down the boundaries between the natural and the technological landscape. Deeply rooted in an Emersonian transcendentalist tradition viewing nature as an organized and holistic “whole,” Thoreau’s ecophilosophy seeks to reconcile the idealistic pole with the empirical pole in its approach to natural and technological landscapes, objects and situations. Consequently, this book starts by considering Thoreau as a “techno-author” who does not shun from embracing technological change in the Romantic period and proceeds to develop an alternative, proto-ecocritical form of the aesthetic of the sublime. It also calls for a reconsideration of Thoreau’s poetics and its legacy against the background of the “toxic sublime,” which sheds a new light on the methods and purposes of ecocriticism as well as on recent trends in environmental (non)fiction.IT. Questo saggio si propone il duplice scopo di studiare la dimensione estetica della filosofia ambientale di Thoreau e di analizzare le implicazioni filosofico-politiche della sua capacità di abbattere i confini tra paesaggio naturale e paesaggio tecnologico. Profondamente radicata nella tradizione trascendentalista di Emerson, che vede lo spazio naturale come un “tutto” organizzato e olistico, l’eco-filosofia di Thoreau cerca di riconciliare – con il suo approccio ai paesaggi naturali e tecnologici, agli oggetti e alle situazioni – il polo idealistico e il polo empirico. Pertanto, questo libro inizia prendendo in considerazione Thoreau come “tecno-autore”, che non si rifiuta di accettare i cambiamenti tecnologici verificatisi nel periodo romantico, ma sviluppa una forma alternativa e proto-ecocritica dell’estetica del sublime. L’autore cerca anche di riesaminare la poetica di Thoreau e la sua eredità sullo sfondo del “sublime tossico”, gettando così nuova luce sui metodi e sulle finalità dell’ecocritica, nonché sulle recenti tendenze della (non)fiction ambientalista. -
L' impensé du regard. Trois études sur Gianni Celati et les arts visuels
L’œuvre de Gianni Celati est une écriture du seuil, de la limite, des bords : bords du geste et du corps, bords du regard et de la vision, bords de la pensée.Ce livre enquête sur l’une des manières de l’écrivain de travailler sur les bords, en sondant sa pensée sur l’image et les arts visuels, à partir de l’exploration et de la problématisation de ses nombreux essais critiques et de ses écrits théoriques dédiés aux beaux-arts depuis les années 1960.La réflexion de Celati a donné lieu à une constellation textuelle riche, hétérogène et parfois peu connue, dans laquelle l’écrivain exprime sa recherche d’une forme de pensée et d’un style de conduite face au visuel : un « penser par images », où le figural est une manière d’accéder à un relief sensible, à une limite du regard, ainsi qu’à une forme de médiation et de compréhension de l’espace environnant.Partant de ces interrogations, ces trois études proposent de reprendre et de prolonger la pensée de Celati sur les arts visuels dans le cadre d’une réflexion sur l’image et sur le regard. Trois études, donc, sur autant de bords que Celati explore dans ses écrits, ceux de l’impensé, de l’image photographique, de l’empreinte. Bords qu’il trace, formes traçantes d’un cheminement qui s’ouvre et qui nous offre une pensée de l’image et une manière de penser l’image aux bords de l’écriture, aux bords du regard.L’opera di Gianni Celati è una scrittura di soglie, limiti, bordi: bordi del gesto e del corpo, bordi dello sguardo e della visione, bordi del pensiero.Questo libro interroga una delle maniere di Celati di lavorare su questi bordi, sondando il suo pensiero sull’immagine e le arti visive a partire dall’esplorazione dei numerosi saggi e testi critici che dagli anni Sessanta lo scrittore ha dedicato alle belle arti.La riflessione di Celati ha dato luogo a una ricca costellazione testuale, eterogenea e a volte poco conosciuta, in cui l’autore mette in scena la ricerca di una forma di pensiero e una maniera d’essere di fronte al visuale: un «pensare per immagini», dove il figurale è un modo d’accedere a un rilievo sensibile, a un limite dello sguardo, e a una forma di mediazione e comprensione dello spazio esterno.Partendo da queste interrogazioni, i tre studi di questo libro propongono di riprendere e prolungare il pensiero di Celati sulle arti visive nel quadro di una riflessione sull’immagine e sullo sguardo. Tre studi, dunque, su altrettanti bordi che Celati indaga nei suoi scritti, quelli dell’impensato, dell’immagine fotografica, dell’impronta. Dei bordi che lo scrittore traccia, delle forme che tracciano un cammino che si apre e che ci offre un pensiero dell’immagine e una maniera di pensare l’immagine, ai bordi della scrittura, ai bordi dello sguardo. -
QU3. iQuaderni di U3. Vol. 17: Sguardi sul progetto urbano.
A fronte della crisi del PRG, sia quello tradizionale ma anche in molti casi dei ""nuovi"""" Piani prodotti dai primi anni duemila, le amministrazioni comunali - ma anche altri soggetti con rilevanti poteri di determinazione degli assetti spaziali - hanno preso ad interrogare le opportunità e gli obiettivi di trasformazione urbana attraverso concorsi di idee o altre forme di audit, che prevedono elaborazioni ascrivibili al cosiddetto """"progetto urbano"""". Il quaderno non intende fare una rassegna dei diversi progetti urbani realizzati alla scala nazionale, o internazionale, e nemmeno compiere un aggiornamento completo sulla condizione odierna di questo tema, poiché una sua teoria generale è ben lungi dall'essere visibile. Abbiamo cercato di raccogliere gli sguardi di studiosi, progettisti e tecnici relativi alle concrete esperienze sul progetto urbano che hanno sperimentato o studiato."" -
Opera e oggetto. Esplorazioni nella metafisica dell'arte
"Opera e oggetto"""" affronta alcune fondamentali problematiche nella metafisica dell'arte, e in particolare il rapporto che lega le opere ai materiali che le costituiscono. Nel volume vengono trattate numerose questioni relative al modo in cui le opere d'arte vengono al mondo, cosa è essenziale e cosa è inessenziale per la loro identità, quali sono le loro proprietà estetiche, come possono essere interpretate, cosa significa dire che esse hanno uno stile, in quali condizioni possono scomparire, e infine qual è la relazione che intrattengono con le loro copie perfette e percettivamente indistinguibili, come contraffazioni e parodie. La tesi centrale è l'idea che opere d'arte anche molto diverse tra loro - dipinti, sinfonie, romanzi, sculture, architetture, film, fotografie, installazioni multimediali ecc. - condividano tuttavia degli aspetti comuni in quanto artefatti culturali. Lo scopo di questa ricerca è dunque stabilire quale sia la natura di tali opere intese come oggetti particolari fondati su distinte categorie ontologiche." -
Album dei giuramenti. Tavole dei giuramenti
Album dei Giuramenti e Tavole dei Giuramenti - i due volumi che qui presentiamo - vogliono condividere con il lettore i tratti di un'avventura teatrale memorabile - che ha portato allo spettacolo omonimo - e soprattutto fissare quanto si è depositato nel lungo periodo di lavoro, in pensieri, versi e immagini, quanto cioè, al di là dello spettacolo, mantiene vitalità propria, in dialogo col più vasto e comune canone teatrale. Dopo due anni di incontri e seminari, Cesare Ronconi ha formato un gruppo di dodici attori e con loro, in un luogo appartato e selvatico, l'Arboreto di Mondaino, ha guidato tre mesi di vita in comune, in un tempo che era insieme di prove teatrali, di studio, di vita nel bosco, fino alla formazione di un «corpo di corpi», cioè di un Coro teatrale caratterizzato da «empatia, impasti profondi che lo generano e lo tengono in vita». -
Teoria dell'oggetto
L'oggetto, di cui questo libro ci presenta la teoria, è giusto il contrario di quanto siamo abituati a pensare con questo termine: non qualcosa che ci sta prepotentemente davanti, ma «ciò che è indifferente all'esistenza», un coacervo di creature kafkiane, «prive di patria» e essenzialmente impresentabili, come il quadrato rotondo o la montagna dorata. Con un gesto inappariscente ma deciso, Meinong dischiude, cioè, alla contemplazione filosofica un ambito dell'essere che non è quello della realtà, sovranamente indifferente all'essere e al non-essere: il fuori-essere. E, con altrettanta discreta eleganza, mostra così che la filosofia è innanzitutto invenzione di concetti (è questa la lezione che saprà trarne Gilles Deleuze). Questo suddito malinconico «della vecchia Austria... patria fidata della nostra gioventù e del nostro lavoro», è, in realtà, un implacabile agrimensore dell'inesistente, l'inventore di una scienza che - come scrive non senza ironia nella sua autopresentazione - «elabora i suoi concetti senza limitarsi al caso particolare della loro esistenza». Per questo, più che lo spirito del suo maestro Brentano, è quello del giovane Musil che sembra di percepire in queste pagine. Nel 1908 per un attimo i loro destini si incrociarono: mentre il giovane neolaureato stava per decidersi ad abbandonare la filosofia per la letteratura, Meinong lo invitò a proseguire con lui a Graz i suoi studi. «Pare che il mio sviluppo naturale» scriveva Musil ancora trent'anni dopo «avrebbe dovuto essere il seguente: accettare l'offerta di Meinong di conseguire la docenza a Graz». (Giorgio Agamben) -
Roma in movimento. Pontili per collegare territori sconnessi. Ediz. italiana e inglese
"Roma in movimento"""" muove dalla constatazione di come nella metropoli-capitale si stiano generando nuove condizioni di prigionia urbana, inedite forme di esclusione sociale connesse, in particolare, all'aumento del traffico automobilistico entro e oltre il Grande Raccordo Anulare. Ma a fronte di tale analisi, gli esiti di questa ricerca individuano anche potenzialità nascoste e si rivelano funzionali a progettare nuove traiettorie, a partire proprio dalla questione del diritto allo spostamento come titolo di cittadinanza. Il tema della mobilità assume quindi i caratteri di un progetto sociale capace di riattivare lo spazio aperto di Roma grazie a una rete di movimenti locali organizzati attraverso nuove infrastrutture paesaggistiche denominate Pontili. Attraverso i Pontili si tenta così di rilanciare la Cura del ferro, promossa negli anni Novanta e poi interrotta, avviandone un nuovo ciclo di vita, grazie al quale le ferrovie non andranno più intese solo come linee che attraversano un territorio da un punto all'altro, ma come infrastrutture capaci di raccordarsi a una rete flessibile di connessioni dirette tra insediamenti e stazioni." -
Il lavoro e le cose. Saggio su Heidegger e l'economia
Indagando per la prima volta la concezione dell'economia nascosta tra le pieghe dell'ontologia heideggeriana, questo libro restituisce l'ordito teorico che la fonda, svelandone l'implicita visione del mondo e il giudizio che essa formula sul lavoro e i suoi prodotti. Emerge che, nel forgiare le proprie categorie filosofiche, Heidegger pensa anche - inaspettatamente - in termini economici, e che le teorie economiche a lui contemporanee incidono non poco sulla sua critica della metafisica. Al centro dell'analisi si pone così il rapporto tra la filosofia, con le sue categorie e costruzioni teoriche, e l'organizzazione produttiva e riproduttiva del mondo in cui Heidegger vive e opera.