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Esoterismo e linguaggio mitologico. Studi su Rainer Maria Rilke
«... Tutto questo è per me oggi il significato della parola mito. Una macchina che serve a molte cose, o almeno il presunto motore immobile e invisibile di una macchina che serve a molte cose, nel bene e nel male. È memoria, rapporto con il passato, ritratto del passato in cui qualche minimo scarto di linea basta a dare un'impressione ineliminabile di falso; e archeologia, e pensieri che stridono sulla lavagna della scuola, e che poi, talvolta, inducono a farsi maestri per provocare anche in altri il senso di quello stridore. Ed è violenza, mito del potere; e quindi è anche sospetto mai cancellabile dinanzi alle evocazioni di miti incaricate di una precisa funzione: quella, innanzitutto, di consacrare le forme di un presente che vuol essere coincidenza con un ""eterno presente""""». Forse nessuno come Furio Jesi ha saputo tradurre il programma poetico di Rilke nella ricerca di una vita. Scienza mitologica e critica letteraria, scrittura saggistica e autobiografia intellettuale sono in questo libro impossibili da separare: la loro più intima tensione anima uno dei vertici dell'opera jesiana."" -
La scommessa psichedelica
«Dai quattordici saggi brevi che il volume La scommessa psichedelica raccoglie, emerge e si impone l'immagine di un pesce gatto lisergico. Evocato soltanto dall'LSD, vive negli specchi della casa dello scrittore Peppe Fiore, uno degli autori chiamati da Federico di Vita, il curatore dell'opera, a descrivere il rinnovato interesse scientifico, culturale e politico — per le sostanze psichedeliche.» - Danilo Zagaria, la LetturaÈ possibile immaginare un mondo in cui la depressione è risolta (in due sedute, con l’ayahuasca), anche quella resistente a trattamenti (grazie alla ketamina); dove le dipendenze sono un ricordo: la psilocibina ha lavato via quelle da alcol e tabacco, e l’ibogaina quelle da eroina e cocaina; in quel posto, la paura della morte dei malati terminali è dissolta dall’LSD; mentre il DMT ha aperto le anime a una nuova idea di spiritualità. In realtà quel mondo potrebbe essere già qui, sempre che la scommessa psichedelica venga vinta. Gli autori di questo libro tentano di farlo, domandandosi come la psichedelia definisca già oggi la realtà, provando a dire non solo cosa sono queste sostanze ma indagando cosa fanno e cosa potrebbero ancora fare. In queste pagine si cerca di capire perché, anche se sottotraccia e in modo impalpabile, queste molecole ci riguardano. A scriverle è un gruppo di intellettuali – scrittori, giornalisti, politici, raver, scienziati, critici letterari e memer – che raccontano cosa si nasconde oltre la facciata del «Rinascimento psichedelico», ovvero la serie di rivoluzionarie scoperte scientifiche degli ultimi quindici anni. Oltre a queste c’è un vero e proprio universo da mappare, con un panorama tanto vario quanto imprevedibile, svelato il quale sarà più facile sedersi al tavolo del croupier e puntare consapevolmente. In fondo si tratta di una scommessa, no? -
In domum. Ediz. illustrata
In Domum è il titolo dell'opera di Adinda-Putri Palma, la giovane artista che si è aggiudicata il Premio ""Per chi crea"""", promosso dal Mibact e gestito da Siae. Un potente dispositivo per innescare un'intensa riflessione sul """"costruire"""" e l'""""abitare"""", ma anche sulle risposte che l'arte può dare per far fronte a situazioni traumatiche."" -
Preventive urbanism. The role of health in designing active cities
“We must integrate our concepts of ‘publichealth issues’ with ‘urban planning issues’.Urban planners, engineers, and architectsmust begin to see that they have a criticalrole in public health. Similarly, public healthprofessionals need to appreciate that thebuilt environment influences public health asmuch as vaccines or water quality.”Richard J. Jackson, Chris Kochtitzky“Our bodies are designed to move. Ourcities should be too.”©Nike Inc.This essay explores the broad and fast-developing field of the socalled Healthy, Active City and shifts the theoretical point of view from a medical, almost curative, issue to an urban one. Urbanism is therefore affirmed as a fundamental and preventive discipline, capable of enhancing the health and quality of life of urban populations.Especially in times of a global pandemic such as the one that beganin early 2020, the relationships between urbanism, urban health,and the built environment are of fundamental importance.The author tackles, from an urban design and planning perspective,the complex connections and cause-effect processes that link thecharacteristics of our cities to the well-being of populations, focusing on the dichotomy between urban and human bodies, with specific emphasis on physical activity because of its role as a principal contributor to health conditions. For a long time, such relationships were predominantly approached from an epidemiological and so-cial point of view, which saw the features and structure of the cityas the determinants of the levels of health and physical activity; yetthese were rarely investigated in depth. Since the industrial revolution of the mid-nineteenth century, when urbanism as a modern discipline was born, the sanitation issues of the contemporary cityhave greatly changed, as have the socio-demographic structures andpeople’s needs.Nowadays, health and the practice of physical activity must be seenas relevant goals to be achieved also through comprehensive andintegrated interventions in the physical environment, where communities live and develop, addressing through urban policies and programs, and from a design perspective, the problem of urban living in terms of sustainability, safety, accessibility, and attractiveness. -
Communicate. Villardjournal (2020). Vol. 2
Texts byatelier bow-wow marianna charitonidou giovanni corbellini luca di lorenzo latini luca galofaro stavros kousoulas linda matthews piero medici giulia menzietti alessandro panzeri mark sawyer federica soletta giulio testori leonardo zuccaro marchi -
Costumi degli italiani
Tutti gli ultimi racconti di Celati riuniti; appartenenti alla serie che a lui piace chiamare Costumi degli italiani (già pubblicati in questa collana con i titoli Un eroe moderno, 2008, Il benessere arriva in casa Pucci, 2008, e Selve d'amore, 2013).«Questi racconti, uniti dal titolo ""Costumi degli italiani"""", sono come un romanzo frastagliato e rimontato, mostrano con dolcezza gli """"eroi pascolanti"""" che ogni volta ritornano, con i loro tormenti, con le fissazioni che cominciano in quarta ginnasio e sono capaci di condurli al manicomio» - Annalena Benini, il Fogliorn«Celati è il più probo e generoso degli scrittori italiani di oggi, come narratore e come critico» - Internazionalern Più che racconti sono un romanzo smontato, perché l'ambientazione è la stessa, la cittadina di provincia con la sua piazza, il circolo culturale, il bar del biliardo, certi vicoletti e luoghi di ritrovo; e ricompaiono pure gli stessi personaggi, Pucci il protagonista, i compagni di scuola con il collega Bordigoni e la bella Veratti, i professori e tanti altri. E anche l'epoca è sempre quella del boom economico, primi anni Sessanta, con le tipiche figure, il prete e i comunisti, l'industriale che vuole far soldi e il sindaco corrotto, con relative consorti, speculazioni e truffe. Anche tanti elementi autobiografici trapelano; è l'adolescenza e la prima giovinezza di Celati che è messa in scena, come lui stesso dice, con le figure buffe ritornanti, le storie della sua famiglia, le storie scolastiche, le idiozie dell'adolescenza, i ritratti di provvisorie celebrità, le vacanze, la politica, il cattolicesimo, il sesso misterioso, il calcio, la morale. Ma è anche l'adolescenza che chiunque può riconoscere, con la sua comicità congenita, la malinconia soffusa, gli sbandamenti, quando si è solo dei pascolanti senza orientamento. I primi abbozzi dei racconti sono a partire dal 1986, quando Celati abitava e insegnava in Normandia, a Caen; lì nasce il nome del protagonista coi relativi colleghi d'avventura, forse suggeriti dalla vista delle mucche normanne al pascolo. Ma la stesura della maggior parte è successiva al 2000, con pubblicazioni parziali poi ampiamente rielaborate. Per la prima raccolta di tre racconti (Vite di pascolanti, Nottetempo 2006) ha avuto il premio Viareggio."" -
Ciò che è nostro non ci sarà tolto mai. Carteggio 1918-1980
Con questa edizione viene reso pubblico per la prima volta uno dei carteggi più significativi ed estesi del Novecento: si tratta di 338 lettere, inedite nella quasi totalità, che Eugenio Montale e Sergio Solmi si sono scambiati tra il febbraio del 1918 e il luglio del 1980.Questo scambio epistolare consente di assistere al formarsi dello stile poetico montaliano e di vederlo modellarsi lungo la dima delle indicazioni del suo interlocutore; di scoprire risvolti nuovi circa la genesi della prima e della seconda edizione degli Ossi di seppia (1925, 1928); di seguire da vicino lo sviluppo del pensiero critico solmiano e di constatare l’enorme fascino che esercitava su Montale e sull’ambiente culturale italiano; di ricostruire la rete di relazioni fitte e articolate formatasi via via attorno ai due corrispondenti, e di ripercorrere le vicende cruciali di alcune fra le principali riviste letterarie del secolo trascorso; di rileggere la portata internazionale del lancio dell’opera di Svevo (a Montale vanno riconosciuti i meriti dello scopritore) attraverso il racconto dei protagonisti e l’esplorazione dei legami da loro intrattenuti con alcune figure chiave della cultura europea, come James Joyce, Valery Larbaud, Bobi Bazlen e (non ultimi) T. S. Eliot e Mario Praz. Nello scambio, ricco delle confidenze e degli slanci affettivi permessi da un rapporto di stima incondizionata e di fervida amicizia, si riconosce la testimonianza viva di quasi un secolo di storia, visto con lo sguardo disincantato – ma sempre partecipe – di due personalità d’eccezione. Nelle considerazioni sussurrate a mezza voce tra le righe delle lettere affiorano riferimenti all’assassinio di Matteotti, alla morte di Gobetti, alla revoca della libertà di stampa, all’incontro con Gramsci.rnIl carteggio è accompagnato da un saggio introduttivo che ricostruisce passo dopo passo la storia del rapporto tra i due interlocutori, da note di commento alle singole lettere, da un ricco sistema di indici. In appendice al volume si presenta un rilevante numero di articoli, recensioni e notiziari pubblicati anonimi o con pseudonimo da Montale e Solmi tra il luglio del 1925 e il dicembre del 1935, mai finora ricondotti ai due autori e individuati grazie alle indicazioni contenute nelle lettere. -
Giochi di pazienza. Un seminario sul «Beneficio di Cristo»
Un libro scritto a quattro mani, uscito più di quarant’anni fa (1975), viene riproposto, con l’aggiunta di due postfazioni, a una nuova generazione di lettrici e lettori. Un libro anomalo, come anomala è stata la sua fortuna. Molto criticato dagli addetti ai lavori, con qualche notevole eccezione; dimenticato in Italia, ma tradotto recentemente in spagnolo (Guadalajara, Messico, 2020), Giochi di pazienza ricompare in un momento in cui i seminari a distanza, per via telematica, si configurano nelle università di tutto il mondo come una risposta (che ci si augura provvisoria) alla crisi provocata dalla pandemia.«Un volume accademico ricco e complesso che si dipana fra religiosità popolarerne Chiesa cattolica, Riforma protestante e Controriforma, agostinismo e pelagianesimo,rne che approda all'idea di una via tutta italiana alla Riforma delle istituzioni ecclesiastiche» - Gianfranco Marrone, TuttoLibrirnMa che cos’è, propriamente, un seminario? Come funziona una ricerca collettiva? Questo che presentiamo è per l’appunto il resoconto di un seminario svolto dai due autori con un gruppo di studenti dell’università di Bologna, sul testo religioso più famoso e discusso del Cinquecento italiano: il Beneficio di Cristo. Non una ricerca compiuta, quindi, ma piuttosto gli «errori» (in senso sia letterale che figurato) e gli andirivieni della ricerca. Il labirintico alternarsi di ipotesi e di controipotesi, di dissezioni testuali e di opzioni interpretative, finisce col presentare un’immagine del lavoro dello storico alquanto diversa da quella, pulita e asettica, diffusa magari con la complicità dei metodologi più autorevoli. Un’immagine più «sporca», dove il caso e i presupposti (o i pregiudizi?) ideologici intervengono in maniera imprevedibile nel rigoroso «gioco di pazienza» dell’analisi testuale e della scoperta erudita. Un vero e proprio «giallo» filologico, sarcastico e autoironico.rnLa proposta che è al centro di questo libro, nato in età pre-elettronica, è più che mai attuale: la «lettura lenta» di un testo potrà, e dovrà, intrecciarsi al velocissimo girovagare negli spazi invisibili della rete. -
Opere d'arte e nuovi inizi
L'idea di un inizio nel e dal nulla, rintracciabile nella teologia giudaica, islamica e cristiana, trasmigra da Platone a Dante, fino a Hannah Arendt. Ma è nelle arti visive che rivela una valenza affatto singolare: a partire dalla preistoria, gli esseri umani realizzano figurazioni la cui emergenza, difficilmente ascrivibile a cause determinate, può persino coincidere con una svolta antropologica in grado di ridefinire la nostra condizione emotiva, mentale e esistenziale. Un'opera d'arte segna sempre un nuovo inizio, una cesura, una mutazione priva di antecedenti. Qualcosa appare in seguito a un vuoto, sfuggendo ai vigenti criteri di intelligibilità, siano questi tecniche, convenzioni, modalità espressive, credenze o abitudini mentali. Sorprendendo sia chi la crea sia chi ne fruisce, l'opera rappresenta un'estraneità di cui il mondo non aveva necessariamente sentore né aspettativa. Nella modernità, l'aliena soglia dell'inizio sostiene il dubbio creativo di Michelangelo, ispira la critica d'arte di Denis Diderot, anima il senso di qualità teorizzato da Bernard Berenson e viene rimossa nell'anti-umanesimo di Andy Warhol. Nel quadro di una prospettiva paradossalmente storicizzante, il libro tenta di dare conto dell'ex nihilo artistico e della sua operatività, invitando a giudicare l'arte passata e presente al di là delle volatili oscillazioni del gusto di cui si nutre la demagogica supposizione di una moltiplicazione inarrestabile dei prodotti creativi. -
Il tempo della fine. Prossimità e distanza della figura di Gesù
Sette brevi riflessioni su temi estratti dai Vangeli aprono accessi inusuali ad una letteratura ormai convenzionale.«Gaeta lavora sui testi avendornchiara consapevolezza della lorornstratificazione, frutto di memoriarne interpretazione di quanto Gesùrnha fatto e detto nelle diverse situazionirnin cui i discepoli si trovavanorna vivere». - Paolo Bettiolo, il Tempo«L'autore è convinto che la distinzionerntra mondo e aldilà sia molto meno nettarndi quanto possa apparirernUn concetto che torna più volterncome una sorta di basso continuo» - Sergio Velzania, L'Osservatore Romanornrnrn«Ognuna di queste lezioni trova suo luogo di origine da un versetto evangelico» - il FogliornIl problema della vita di Gesù va posto nel modo più radicale, vale a dire come poté porsi e di fatto si pose a quanti tra i suoi contemporanei ebbero la ventura di vederlo ed ascoltarlo.rnSpogliato dal sistema di credenze che lo accompagna da sempre, l’«evangelo» è riproposto dall’autore nella sua figura originaria: racconto molteplice di una credenza segnata dall’eccesso degli atti, dalla parola che stupisce, dalle conflittualità insuperabili, dalla violenza della separazione, dallo sconvolgimento della resurrezione.rnEd è colto nel movimento significativamente contraddittorio che gli è proprio: l’«evangelo di Dio» proclamato da Gesù in vista dell’avvento di un regno di giustizia, trapassa nell’«evangelo di Gesù Cristo» inteso come annuncio di ciò che la sua morte e resurrezione significa per i credenti, senza tuttavia che venga meno il convincimento di vivere oramai nel tempo della fine, inconciliabile con la concezione lineare della storia.rnQuanto alla realtà storica di quegli eventi, a ciò che Gesù in particolare ha creduto e voluto, alla sua concezione del mondo e del tempo, da questi rapidi schizzi emerge una personalità connotata dalla consapevolezza di dover assolvere un compito radicale, che non ammette condizionamenti, sostenuta da una fede che contrasta l’accettazione dello stato attuale del mondo destinato a mutare radicalmente in forza del suo evangelo. -
La contrada Natale dei sogni. Un'antologia. Testo cinese a fronte
Inedita in Italia, la poesia di Yang Wanli è qui presentata in un’ampia antologia con testo cinese a fronte nella traduzione di Paolo Morelli, un autore da sempre attento a quella visione del mondo.«Il testo cinese a fronte non è solornuna squisitezza editoriale, ma anche implicitornincoraggiamento alla conoscenza dellalingua erndella cultura della Cina.» - Alfonso Berardinelli, Avvenirern«È fuorviante paragonare Yang Wanli a poeti occidentali: qualcosa del suo nucleo poetico ci sfuggirà per sempre» - Filippo La Porta, LeftrnLa poesia di Yang Wanli, dal nome d’arte di Cheng Zhai («Studio – nel senso di laboratorio – della sincerità»), ci presenta intatta a distanza di quasi un millennio l’immagine di una natura restituita alla vita quando una fantasia smisurata ne personifica le forze e ne intuisce le volontà. Nei circa 20.000 componimenti che formano il suo sterminato lascito si avverte il rispetto callido, partecipe, navigato per la natura nei suoi diversi aspetti, con una fiducia generata dalla consapevolezza che questa può essere capita solo ubbidendole, e che un comportamento esistenziale dignitoso si trova quando si riesce a rinunciare alla pretesa di controllo su quello che può essere invece vissuto a pieno solo se a tale controllo si impara a rinunciare.rnSecondo l’insegnamento, la stesura delle poesie dovrà avvenire in uno stato di wu wei (letteralmente «non-fare»), cioè comportare un’azione non finalizzata, un’intenzione non intenzionale, priva di interferenze mentali; il che è possibile solo sviluppando la facoltà di non aderire passivamente e inconsapevolmente agli oggetti del pensiero, e quindi la capacità di non rispondere in modo obbligato o compulsivo agli impulsi, esterni o interni che siano.rnLe tappe di un viaggio a sud del fiume Azzurro, su barche che solcano laghi e fiumi, navigando in zone selvagge, alle prese con le asperità delle stagioni e gli animali selvatici; la poesia come ascolto delle parole di un universo sensibile e animato, la cui essenza più vera è di solito oscurata dai feticci del noto, del risaputo; uno studio della sincerità che, per il lettore occidentale di oggi, è in grado di rinnovare quella schiettezza di visione e percezione di fronte al reale che forse, sola ormai, potrebbe salvarci. -
La situazione della scienza giuridica europea
Cosa resta dell'ordine giuridico in una società dominata dagli automatismi della tecnica, in cui la produzione di leggi sembra rispondere sempre più a esigenze e interessi estranei alla sfera pubblica? Qual è il compito della scienza giuridica in una situazione storica segnata da una babele di contesti regolativi irrelati e spesso in conflitto? E quale, in questo quadro, il destino dell'Europa, culla e unica erede di una tradizione giuridica più che millenaria? La situazione della scienza giuridica europea, pubblicato nel 1950 ma scritto significativamente negli ultimi anni di guerra, è al contempo un'originale ricostruzione genealogica del diritto moderno e un drammatico appello alla missione del giurista, chiamato a prendere coscienza del proprio ruolo di custode dell'autonomia e della dignità del diritto, massimamente in tempo di crisi. È alla scienza giuridica, infatti, che il saggio affida il compito di garantire l'unità politica e culturale dell'intero continente europeo all'indomani del più cruento conflitto della storia dell'umanità. Nelle pagine tanto polemiche quanto appassionate di quello che resta un testo ineludibile per pensare il ruolo del diritto nella tribolata Europa di oggi, Schmitt rievoca i fantasmi di una storia irrisolta, rimossa troppo in fretta: le lacerazioni della guerra, il fondamento dell'identità europea, la responsabilità della scienza, e non da ultimo lo spettro di un uomo che si richiama alla sacralità di principi di civiltà e conquiste giuridiche che solo pochi anni prima, da goffo apologeta del nazismo, aveva contribuito a distruggere. -
Diritto vivente. Ravaison, Tarde, Hauriou
Il diritto non coincide esclusivamente con la forma di legge e la legge non coincide con l'imperatività del comando. È quanto emerge, in particolare, nella riflessione filosofica della seconda metà dell'Ottocento e quanto torna nella rivalutazione delle pratiche giurisprudenziali e dell'istituzione in Deleuze. Il libro lavora su di una ontologia della potenza che permetta di decostruire la modernità - incentrata sulla figura dello Stato e della sovranità - e di elaborare le dinamiche istituenti della relazione affettiva tra le persone. In questione, è la possibilità di pensare la politica oltre l'esaurimento delle categorie moderne e di riformulare il diritto oltre le l'idea statica di ordinamento. In questione non è solamente la ricostruzione di un archivio alternativo o minore rispetto al discorso egemonico della modernità (Ravaisson, Tarde, Hauriou), ma di dischiudere delle possibilità di intervento, anche politico, nell'epoca ormai apertamente postatuale e postdemocratica alla quale apparteniamo. -
Il confronto con l'alterità tra Ottocento e Novecento. Aspetti critici e proposte visive
Questo libro raccoglie i contributi di studiosi italiani e stranieri impegnati a mettere a fuoco i complessi e affascinanti rapporti che, in particolar modo dalla seconda metà dell'Ottocento, si svilupparono tra gli stati del Vecchio Continente e le altre civiltà. In un simile confronto-scontro le arti hanno avuto un ruolo centrale, che tuttavia resterebbe incomprensibile se non supportato da ampie ricerche storiche, antropologiche ed epistemologiche. I saggi qui raccolti seguono tale linea di lavoro, con particolare attenzione a temi specifici quali: il contributo degli artisti allo sviluppo dell'arte coloniale e delle sue manifestazioni; gli aspetti critici connessi al ruolo dell'arte come strumento utile alla propaganda per la costruzione di una coscienza coloniale nazionale; i legami che tale particolare produzione ebbe con la storia e le vicende politiche che segnarono lo sviluppo dell'imperialismo europeo. A tutto questo si affiancano contributi che rilevano l'attuale assetto del binomio identità-alterità, così come affrontato dai musei e dalla critica nella frequentazione congiunta di oggetti europei e non europei. -
La critica a effetto: rileggendo «La trans-avanguardia italiana» (1979)
Apparso quarant'anni fa, La trans-avanguardia italiana di Achille Bonito Oliva è stato uno dei più controversi articoli della critica d'arte italiana. Ultimo del nostro Novecento a sancire il successo di un movimento artistico, esso ha decretato, allo stesso tempo, la fine del modello culturale delle avanguardie. Ancora oggi la sua interpretazione è contesa tra le due fazioni che seppe generare: i sostenitori del ""ritorno alla pittura"""" postmoderno, da un lato, e i detrattori del """"riflusso"""" targato anni Ottanta, dall'altro. Questo libro avvia una rilettura di quel testo a partire da metodi e ricerche inediti, riflettendo soprattutto sulle nuove funzioni e il nuovo statuto della critica negli anni in cui si lasciava alle spalle le contestazioni politiche e una lunga tradizione letteraria."" -
Geometria del conflitto. Saggio sulla non-corrispondenza
Mai come negli ultimi decenni il pensiero filosofico sembra aver assunto il conflitto politico come suo nodo centrale. Dall'inimicizia quale nucleo del politico alla microfisica degli antagonismi sociali, dalla competizione come distinzione individuale al rapporto agonistico tra discorsi e pratiche, il conflitto si presenta come istanza costitutiva del pensiero contemporaneo. Contemporaneamente, tuttavia, sta venendo meno il suo radicamento nell'esperienza reale. Del tutto assente o incapace di incidere sulla realtà, l'antagonismo contemporaneo sembra confinato ai margini della vita politica. Interrogando alcune tra le principali teorie che hanno formato l'idea contemporanea di conflitto politico - da Schmitt a Foucault, da Althusser a Laclau - questo volume si chiede se le modalità in cui esso è stato pensato abbiano in qualche misura concorso a questa crisi di presenza ed efficacia. La geometria del conflitto, la forma specifica in cui è stato immaginato - di volta in volta come produzione sociale immediata o come autonoma decisione politica - potrà forse illuminare la disarticolazione attuale tra conflitti e istituzioni e la conseguente incapacità della politica di trasformare la nostra storia. -
Soggettività e potere. Ontologia della vulnerabilità in Simone Weil
Cosa significa essere vulnerabili? In che senso possiamo definire la vulnerabilità come ciò che è più proprio dell'essere umano? In che relazione sta la vulnerabilità, la possibilità, cioè, di essere feriti, soggetti a un vulnus - a ogni tipo di vulnus, fisico, psichico, sociale -, con l'esposizione a un fuori che può nutrirci o distruggerci? Simone Weil si interroga su tali questioni a partire dalle differenti forme assunte dal malheur, la sventura, concetto attorno al quale ruotano le sue ricerche. Che tipo di soggettività può farsi carico del malheur e della vulnerabilità degli esseri umani? Che rapporto c'è tra potere e malheur? La filosofia, per Simone Weil, è «cosa esclusivamente in atto e pratica». Non si può, dunque, prescindere, per rispondere a tali questioni teoretiche, dal costante riferimento non solo alla ""disciplina spirituale"""", centrale per Simone Weil, ma anche alla politica, e, in particolare, al rapporto tra diritti e obblighi, pietra angolare per la costruzione di un mondo sempre più giusto."" -
Luca Maria Patella disvelato. Ediz. illustrata
Artista singolare e inesauribile, Luca Maria Patella sfugge da sempre a ogni definizione: per descriverne l'opera sono state spesso impiegate etichette come «sperimentale» o «interdisciplinare», a indicare il ricorso a tecniche inconsuete (tutte drasticamente reinventate), l'impiego simultaneo di più strumenti e linguaggi, l'intreccio di sapere tecnico-scientifico e scienze umane. Ma queste approssimazioni critiche rivelano spesso più imbarazzo che comprensione. Attivo fin dagli anni '50, Patella ha attraversato da protagonista i decenni seguenti e i vari movimenti che li hanno segnati, dando alla luce forme e immagini anticipatrici entrate nell'immaginario collettivo, dai «mari e cieli firmati» alle «terre animate», dai «muri e alberi parlanti» alle varie sperimentazioni fotografiche e cinematografiche, dagli «ambienti proiettivi animati» ai vasi fisiognomici e molto altro. Questa monografia ricostruisce l'ordine della riflessione teorica d'un artista da riscoprire, e permette di orientarsi nella profondità della sua proposta e della sua ampia opera, all'insegna del motto che Patella ha elevato a proprio, citando dall'amato Diderot: «Io non appartengo a nessuno e appartengo a tutti. C'eravate prima di entrare e ci sarete quando ne sarete usciti». -
La rovina come pretesto. Continuità e metamorfosi in tre musei ricostruiti
Il libro prende le mosse dalla ""vita degli edifici"""" valutati come opere dell'uomo e testimoni, dunque, di vicende plurime: fondazioni, usi, abbandoni, trasformazioni, distruzioni, ricostruzioni. Si riflette sulla metamorfosi delle architetture al fine di conoscere, insieme alle fasi ideative, i momenti di crisi connessi alla perdita d'immagine e d'uso, che hanno investito manufatti del passato riducendoli in rovina e la cui sorte ha poi fortunatamente assegnato una rinascita. All'interno di tale casistica, si è circoscritto il campo d'indagine a interventi esemplari di ricostruzione, testimoni di un felice rapporto fra antico e nuovo. Si tratta di architetture storiche distrutte nella Seconda Guerra Mondiale - l'Alte Pinakothek, il Palazzo Abatellis, il Neues Museum - su cui sono intervenuti noti architetti contemporanei (Hans Döllgast, Carlo Scarpa e David Chipperfield) per riconferire funzionalità e immagine. La destinazione museale comune alle tre opere non è indifferente alla tematica antico/nuovo: il museo nasce infatti come luogo basato sulla raccolta spaziale di artefatti di tempi molteplici. I progetti intervengono tutti su edifici """"morti"""" per restituirgli una nuova vitalità. Tale vitalità è il risultato della tensione generata da calcolati scarti linguistici, formali e materici, che danno un'idea di architettura come opera aperta."" -
Urbs urbis. Una spontanea e inevitabile alleanza tra idea e realtà
Esiste una città nella quale convivono la pianificazione utopico-progressista e la complessità di accadimenti disorganizzati, in cui il concatenarsi di progetti ed eventi produce tracce antropiche sconnesse e apparentemente prive di valore. Tale città appartiene da sempre alla cultura umana, tuttavia fatichiamo a riconoscerla e a darle un nome. Si tratta della città che nasce e trova sviluppo dal confronto dialettico tra realtà e idea, nella quale i bisogni stimolano la costruzione del pensiero pianificatore e il progetto è chiamato a adattarsi alla storia di un territorio reso più o meno fecondo dall'economia, dalle dinamiche sociali, dai vincoli normativi. «La successione delle città ideali - sostiene l'autore - trascrive la storia umana, saturando come un calcolo spazio potenziale trascurato dalla realtà. La loro forma testimonia la necessità di evasione che ogni cultura e ogni tempo maturano nei confronti della propria condizione».