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Una trama divina. Gesù in controcampo
«Il Vangelo è una sceneggiatura. Il raccontorninfrange sempre le regole perché contienernle sbavature della vita: gli eccessi e le depressioni,rnle frustrazioni e i desideri.» Per parlare di Gesùrnoggi, con un linguaggio nuovo, Antonio Spadarornspoglia la lettura dei testi sacri da orpelli e apparatirne traccia un percorso che, inquadratura doporninquadratura, permette di entrare in un mondorndiverso. Seguendo una tradizione che risale arnIgnazio di Loyola, secondo cui il modo migliorernper meditare non è riflettere sulle parole marnchiudere gli occhi e ricostruire la scena in cuirni personaggi agiscono, il racconto si fa immersivorne cinematografico. Nel succedersi dei ritratti erndei paesaggi emergono i rapporti tra le figure,rni contrasti, i particolari sfuggiti nell’agire di unrnprotagonista che spiazza e ribalta ogni situazionerncon i suoi gesti e discorsi. «Così – scrive PaparnFrancesco nella prefazione – la storia di Gesùrnentra nella nostra. La guardiamo alla lucerndella nostra vita, vediamo i volti, le vicende,rni personaggi… Possiamo immaginare persinornnoi stessi entrare nella storia di Gesù, vederernlui, i suoi luoghi, i suoi movimenti, ascoltare lernparole dalla sua viva voce… La storia di Gesùrnsi sposa con quella degli uomini e delle donne,rnrisveglia e potenzia le energie nascoste, la passionernper la verità e per la giustizia, i barlumi di pienezzarnche l’amore ha prodotto nel nostro cammino,rnma anche la capacità di affrontare il fallimento ernil dolore, per esorcizzare i demoni dell’amarezzarne del risentimento.» -
La vita segreta dei colori
Dinamici, avvolgenti, sbiaditi, desolanti o spaventosi, i colori esprimono i nostri stati d’animo, ispirano film, suggeriscono partiture musicali, dettano mode e gusti estetici. Non c’è corrente artistica che non influenzino con la loro straordinaria forza visionaria. Non c’è momento storico che nell’immaginario collettivo non sia legato a un colore né testo letterario che non evochi un universo cromatico indimenticabile. Intorno a questo «materiale» apparentemente sfuggente Lauretta Colonnelli costruisce una fitta trama di sguardi, vicende e aneddoti, narrati con i toni incalzanti di un romanzo e la perizia di un saggio. Un percorso che spazia dall’antichità ai giorni nostri e indaga i risvolti più enigmatici che si celano nelle infinite sfumature dei colori. Scopriamo così che possono essere temibili serial killer, come il verde smeraldo e il bianco di piombo, o amanti della pace e del quieto vivere, come l’azzurro. Che il loro studio ha portato a elaborare teorie psicologiche e scientifiche, tra cui quelle di John Tyndall, il fisico irlandese al quale si deve la spiegazione del perché il cielo è blu. Che generano ossessioni – pare che Van Gogh mangiasse la vernice gialla direttamente dai tubetti, convinto che quella tinta brillante e solare lo avrebbe salvato dalla depressione – e libere associazioni, come quando Proust, nella Recherche, descrisse l’«essenza colorata» di città che non aveva mai visto: Venezia con «le vie scroscianti, arrossate dal riverbero degli affreschi di Giorgione», Firenze «bagnata nell’oro», Parma «compatta e liscia, mauve e dolce nel riflesso delle viole». Un racconto appassionato che coinvolge ogni campo del sapere, dalla storia alla matematica, dall’arte alla musica. Una celebrazione originale e suggestiva dell’ingrediente irrinunciabile della nostra esistenza e del suo prodigioso potere espressivo. -
La democrazia non è gratis. I costi per restare liberi
Dileggiata e dichiarata «fuori corso» dai nuovi despoti, la democrazia è oggi la principalernimputata in un processo collettivo in cui è in gioco il futuro dell’Occidente. Magistrato e arnlungo protagonista della vita delle istituzioni, fervente studioso della storia e della culturarnclassica, Luciano Violante analizza alcune preoccupanti tendenze per fare luce sui rischirnreali e smascherare i falsi idoli.rnIl punto di partenza è il grande malinteso che l’autore individua come causa dellarnsituazione attuale: aver limitato il concetto di democrazia a un elenco di diritti darngarantire, rimuovendone la naturale contropartita, i doveri a cui adempiere. Attraverso ilrnconfronto con contesti politici drammaticamente emergenti – in particolare Russia ernUngheria – scava in un passato comune per ritrovare l’origine dei tanti mali, in primis lern«presunzioni» dell’Occidente (dall’esportazione della democrazia all’ingenua equazionerntra sviluppo economico e avanzamento dei diritti), per fare i conti con il narcisismo di unarnciviltà che ha preferito lo scaltro Ulisse all’onesto Palamede.rnRipercorre inoltre le tappe della storia italiana recente, alla ricerca di quel che resta dellornspirito della Costituzione, per comprendere come si sia arrivati ad attribuire le colpe dellarnpolitica alla democrazia ridotta a un complesso di regole, a mera «tecnica di governo»,rnalimentando così l’errata convinzione che essa interessi e dipenda solo da chi quellernregole è chiamato a stabilirle e a farle rispettare.rnUn pamphlet appassionato e severo che pone l’accento sulle responsabilità di ciascunornper rimettere a fuoco e al centro dei comportamenti parole che ritrovino un significatorncondiviso – diritto e dovere, libertà e uguaglianza, pace e giustizia – e far sorgere unarnnuova e piena consapevolezza civica. -
Febbraio 1933. L'inverno della letteratura
Un mese. Tanto basta perché dal conferimentorndell’incarico di cancelliere a Hitler si arrivi al decretornche elimina di colpo i diritti civili. Nella vorticosarne drammatica ricostruzione di giorni decisivi per larnstoria europea e mondiale, Uwe Wittstock si metternsulle tracce di trentatré personaggi della scenarnletteraria e artistica tedesca, imbastendo un’efficacerntrama di luoghi, volti e voci che raccontano comernla vivace realtà di Weimar abbia ceduto il passorna un momento tra i più bui del secolo scorso.rnDa Thomas Mann a Else Lasker-Schüler, da BertoltrnBrecht ad Alfred Döblin, da Erich Maria Remarquerna George Grosz, dalle pagine di diari, testimonianzerne lettere, traspare la lenta e inesorabile avanzatarnverso una morte annunciata, quella di una interarnsocietà che, col senno di poi, incredibilmenternnessuno sembra aver previsto.rnUn paesaggio di sentimenti, pulsioni e avvenimentirnin cui affiora l’umanità di scrittori, artisti, editori,rngalleristi e attori che si divisero tra chi riconobbernimmediatamente il pericolo e coloro per i qualirnl’esitazione iniziale si sarebbe rivelata fatale.rnSe Bertolt Brecht reagisce con spirito battagliero,rnErich Maria Remarque sale a bordo della sua autornsportiva e parte alla volta del confine svizzero:rnrivedrà il suo paese solo vent’anni dopo. Il «reporterrnscatenato» Erwin Kisch, certo della vittoriarndel comunismo nella lotta per il potere, arrivarna Berlino per raccontare dal vivo il clima politico.rnMentre i nazisti opprimono la Germania con ilrnloro spudorato antisemitismo, Else Lasker-Schülerrncelebra in un suo dramma la riconciliazionerntra le religioni.rnDagli echi pericolosamente familiari di quello chernnon fu soltanto un lungo inverno per la letteratura,rnma per la civiltà, attraverso il precipitare di eventirne pensieri, emerge una consapevolezza: «quantornsiano preziosi la democrazia e il diritto diventarnevidente appena iniziano a scomparire». -
Le ripetizioni
Mario è un uomo che inventa storie, modifica la realtà, non è interessato alla verità, né sulle cose né sulle persone. Mario sfugge, per indolenza, all’obbligo di capire che tutti ci lega e tutti ci frustra. Vuole sposare Viola ignorandone la doppia, forse tripla vita. Anni prima è stato lasciato da Bianca, subito prima che nascesse Agnese, che forse è sua figlia o forse no. Tuttavia, se Bianca, spuntando dal nulla dopo anni, chiede aiuto, Mario subito accorre, disponibile ad accollarsi la paternità. È succube di Santiago, un ragazzo dedito a pratiche sessuali estreme, e affida alle fotografie la coerenza e consistenza della propria vita. Se dei giorni della vita di Mario possiamo dire – quasi sempre è il 17 giugno –, degli spazi in cui Mario si muove non siamo certi. La ripetizione è l’unica realtà di Mario. Con una scrittura avvolgente, sensuale e che procede per variazioni capitolo dopo capitolo, pur conservando un incalzare ipnotico, Giulio Mozzi guida il protagonista, e chi legge, attraverso avventure in parte reali e in parte – ma la cosa è sempre indecidibile – del tutto immaginarie, portandoli a sfiorare le vite strane e misteriose di personaggi senza nome – il Grande Artista Sconosciuto, il Terrorista Internazionale, il Martellatore di Monaci, il Capufficio – che Mario contempla come enigmi incomprensibili e rivelatori. Arrivando, nell’ultima pagina, alla più orribile delle conclusioni. -
Anfitrione. Variazioni sul mito
La vicenda di Anfitrione è tra i miti antichi più ripresi in età moderna: valoroso condottiero e sposo felice di Alcmena, l’eroe è vittima di un inganno perpetrato da Giove, che ne assume le sembianze per sedurne la sposa e generare con lei il semidio Ercole. Connesso da un lato all’archetipo del fanciullo divino, figlio di un dio e di una donna mortale, dall’altro al tema del doppio, il mito si è prestato a molteplici riletture. Tra i testi qui proposti – coincidenti con i momenti chiave della lunga storia di Anfitrione – la «tragicommedia» di Plauto si impone come ineludibile punto di partenza: commedia degli equivoci e degli inganni, incentrata sul «furto di identità» (nasce da qui il significato moderno di «sosia»), l’Anfitrione plautino è un esempio di come la cultura antica intendeva il tema del doppio. L’adulterio è invece al centro dell’Amphitryon di Molière, che rilegge il modello antico adattandolo alla realtà e ai gusti del suo tempo: sulle inquietudini del doppio prevale la beffa ai danni del marito tradito. Ancora diverso il testo di Kleist: apparentemente ispirato al fortunatissimo modello molieriano, in realtà se ne distacca radicalmente, sviluppando in modo originale il potenziale tragico della vicenda. Segnata dal conflitto tra apparenza e realtà, la commedia di Kleist appare perciò venata da una sottile amarezza. Infine, l’Amphitryon 38 di Giraudoux, meno noto al pubblico italiano, è forse la più brillante tra le varie riprese del mito nel Novecento: commedia degli equivoci lieve e ricca di humour, pone in primo piano il tema della coppia che miracolosamente resiste alle insidie del destino ed esalta il personaggio di Alcmena come donna padrona di se stessa e capace di gestire la propria vita. -
Tornare dal bosco
Il bosco è il bosco, la montagna è la montagna, il paese è il paese e la maestra Silvia è la maestra Silvia, ma è scomparsa. In una piccola comunità agitata dal vento della Storia che investe tutta l’Italia all’inizio degli anni Settanta, Silvia, la maestra, esce di casa una mattina e invece di andare a scuola entra nel bosco. Il motivo, o forse il movente, è la morte di una sua alunna. Non la morte: il suicidio. La comunità la cerca, ma teme che sia troppo tardi, per trovarla o per salvarla, e in qualche modo che queste due morti siano una maledizione. Il paese è di montagna e le paure e i sentimenti, che pure non possono essere negati, non possono nemmeno essere nominati. Teme il paese il contagio di una violenza tutta umana e mai sopita, una violenza che dopo due guerre mondiali si è trasfusa in una guerra civile, politica. La maestra però non si trova e il paese, per continuare a vivere e convivere con il lutto e l’incertezza, si distoglie. In questa distrazione, Martino, il bambino che non è nato nel paese e nemmeno è stato accolto, tagliando per il bosco incrocia un capanno abbandonato, e nel capanno, color della muffa e dorata come il cappello di un fungo, sta la maestra. Il bambino non dice di averla trovata, e la maestra non parla. Ma il bambino torna e la maestra, in fondo, lo aspetta. A partire da fatti reali e racconti di famiglia, articoli di giornali, dicerie e mitologie, Maddalena Vaglio Tanet racconta una storia di possibilità e di fantasmi, di esseri viventi che inciampano in vicende più grandi di loro, e di bambini dei quali – come scriveva Simona Vinci, al suo esordio – non si sa niente, se non che sono gli unici a conoscere quanta realtà ci sia nelle fiabe, quanto amore stia nella paura, e quante sorprese restino acquattate nel bosco.Proposto da Lia Levi al Premio Strega 2023 con la seguente motivazione:rn«La storia narrata è ambientata in un paesino di montagna certo più aspro che confortevole. Un giorno la tragedia: Giovanna, una scolara di undici anni si è suicidata e Silvia, la sua maestra, è sparita senza lasciare tracce. Tutto il paese si affanna alla sua ricerca ma senza risultato. La troverà per caso Martino un bambino di città trasferito a forza, per motivi di salute, in quella zona montana. Silvia, accucciata in un capanno abbandonato nel cuore del bosco, muta, stracciata, è ridiventata creatura della terra allo stato primigenio. Sarà Martino a portarle acqua, cibo e a riuscire a farla di nuovo parlare mantenendo la promessa di non rivelare a nessuno il suo nascondiglio.rnAlla fine della vicenda tutto si scioglierà in un finale che, però, non risolverà del tutto i tratti misteriosi di certi inestricabili comportamenti umani. Ma l’elemento che per me è risultato vincente è stata la doppia sfaccettatura dello stile letterario con cui la Vaglio si rivela. Da un lato un linguaggio sfumato con punte di... -
L' uomo che amava le donne
"L'uomo che amava le donne è la sceneggiatura, scritta dal regista in forma di romanzo, del film con lo stesso titolo girato nel 1977. È la storia di Bertrand Morane, ingegnere di Montpellier ma soprattutto cacciatore di femmine. Bertrand non è uno svagato play-boy; è piuttosto un inquieto Don Giovanni nel senso che l'intensa emozione che gli procura ogni nuova donna nasce dalla promessa di un piacere che svanisce con la conquista."""" (Daniela Pasti)." -
Arianna
Arianna e la sorella Fedra, principesse di Creta e figlie del temuto re Minosse, crescono ascoltando riecheggiare il rumore degli zoccoli del fratello, il Minotauro, nel labirinto costruito sotto il palazzo. Ogni anno, quattordici giovani ateniesi vengono sacrificati per placare la fame del mostro. Quando il principe Teseo giunge a Creta per immolarsi alla creatura, Arianna si perde nei suoi occhi verdi e se ne innamora follemente.rnMa aiutarlo a scappare dal labirinto significherebbe tradire la famiglia e il regno, e la ragazza conosce fin troppo bene le implicazioni di un gesto simile. Assillata dai dubbi ma determinata a farsi valere, Arianna prenderàrnuna decisione che ribalterà tanto la sua sorte quanto il destino di Fedra. Entrambe dovranno affrontare le conseguenze di una scelta coraggiosa e sovversiva, che le spingerà a mettere in discussione il proprio ruolo inrnquanto figlie, mogli e madri in un mondo in cui le donne non sono altro che pedine su una scacchiera dominata dagli uomini e dagli dèi. -
Ci giudicheranno i bambini. Dall'azienda alla politica una via per l'Italia
«La generosità è raccontare quello che hai visto e vissuto affinché sia utile agli altri. Credo che, se hai avuto tanto, tu debba dare tanto». Avvezzo alle sfide in ogni campo, dopo una brillante carriera come imprenditore Luigi Brugnaro ha deciso di accettare la più ardua: guidare una delle città che più al mondo ha saputo interpretare un doppio ruolo, di cantiere per il futuro e depositaria di un passato maestoso ma a volte ingombrante. E proprio dal passato, in particolare dalle radici ben piantate nel suolo veneto, ha inizio il percorso che dagli studi alla facoltà di Architettura all'Iuav di Venezia lo ha condotto a creare alcune delle imprese di maggiore successo in Italia - tra cui il gruppo Umana, colosso del lavoro interinale - e a fondare un partito che fin dal nome ne rispecchia la leadership: Coraggio Italia. Stimolato dalle domande incalzanti di Stefano Lorenzetto, svela verità e retroscena della sua ascesa, racconta le difficoltà e le vette faticosamente raggiunte, come l'avventura con la Reyer, la storica squadra di basket veneziana, che ha riportato al successo trasformandola in un grande progetto civico e sociale. Apre scenari e prospettive sulle iniziative da attuare perché l'Italia «torni a fare l'Italia», propone idee e progetti perché la cultura dell'impegno e il forte spirito di servizio alla comunità che contraddistinguono le sue iniziative, e che oggi lo rendono un interlocutore fondamentale e un protagonista della vita politica del Paese, tornino a far parte del patrimonio che l'Italia trasmette ai propri figli, per superare le divisioni e offrire ai giovani un'alternativa concreta al vuoto attuale. -
Soggetti cinematografici mai realizzati
Presso l’Archivio Cesare Zavattini conservato alla Biblioteca Panizzi di Reggio Emilia si trovano documenti relativi a circa duecentotrenta film scritti e firmati da Zavattini (anche come co-autore), tra i quali sono circa centosessanta i soggetti cinematografici mai realizzati, molti dei quali ancora inediti. Del lavoro incessante di Cesare Zavattini di stesura di soggetti e sceneggiature per il cinema (e a volte per la televisione) ci interessa mostrare l’officina delle scritture, anche nel loro divenire. Di fondo c’è una scommessa teorica: entrare nell’ecosistema Zavattini non dai testi più autorevoli, come le opere letterarie e poetiche, ma attraverso quelli più dimenticati e misteriosi, come i soggetti e i progetti per film non realizzati. Questo permette anche una rilettura della storia del cinema e della cultura attraverso i materiali d’archivio. -
Visto si stampi. I romanzi-film in Italia tra gli anni cinquanta e gli anni settanta
Tra gli anni cinquanta e gli anni settanta, veri e propri romanzi tratti da film circolano sugli scaffali delle librerie e delle edicole italiane. Il volume è dedicato a queste pubblicazioni e si interroga, in particolare, sulle tendenze industriali sottese alla diffusione di simili tipologie di novellizzazione. Basandosi su un lavoro d’archivio e adottando un approccio interdisciplinare che coniuga gli studi sull’industria cinematografica con i contributi sull’editoria, il libro offre un affondo sui “retroscena” dei romanzi-film. Rapporti, strategie e pratiche che, data l’esistenza di questi prodotti, in maniera più o meno estemporanea, prendono forma nello scenario cine-editoriale nazionale, rivelando un cinema più complesso di quanto siamo abituati a considerare. -
La natura sottomessa
Prona al volere dello spietato dominatore o grembo materno di cui l’essere umano non è che uno dei figli: qual è il vero volto della natura? E gli sconvolgimenti che stiamo vivendo rappresentano una seconda cacciata dal Paradiso o possono essere un’occasione per liberarci da ideologie e falsi miti che ci hanno condotti alla situazione attuale? Tra scienza e filosofia, Philipp Blom risale alle origini delle grandi narrazioni e creazioni artistiche che hanno modellato la nostra visione del mondo, mostrando come «ogni volta che distinguiamo tra cultura e natura, economia ed ecologia, ogni volta che la virtù sembra coincidere magicamente con il proprio tornaconto e i privilegi appaiono giustificabili è all’opera un pensiero di matrice teologica». Dalla convinzione che esistano gerarchie naturali sono scaturite infatti forme sempre nuove di sottomissione: dell’uomo sulla donna, di una nazione sulle altre, della cultura occidentale su immaginari e tradizioni differenti. Se gli illuministi hanno elevato il dominio a vocazione suprema del genere umano, tanto il capitalismo quanto il comunismo hanno dichiarato guerra alla natura, confondendo la sopraffazione con la ragion di Stato. -
Il mistero di Edwin Drood
Il mistero di Edwin Drood, l’ultimo incompiuto romanzo di Dickens, stupisce e disorienta, smentendo le aspettative di chi legge. Si alterano infatti i tratti distintivi dell’autore, e si svuotano di senso i temi esplorati nella sua lunga carriera. Londra, fin qui presenza ineludibile, perde la sua centralità; l’infanzia sopravvive solo come lontano ricordo; il Natale smarrisce lo spirito di condivisione, divenendo il tempo del disordine e del perturbamento. A Cloisterham, non più a Londra, si svolge l’azione: la città di provincia rasserenante e bonaria, e tuttavia greve di oscurità e segreti, in cui si reca Edwin Drood. Fa visita a Jasper, lo zio fine musicista e appassionato oppiomane, e incontra Rosa, in previsione del matrimonio ormai prossimo – frutto di un accordo dei padri defunti, non di una libera scelta dei due giovani. Ma Edwin scompare, senza che il romanzo incompiuto risponda alla domanda cruciale: allontanamento volontario o morte violenta? Eppure, lungi dallo scoraggiare la lettura, l’incompiutezza avvince e si carica di suggestioni, grazie alla sapienza di Dickens che dissemina indizi e stimola a indagare: a maggior ragione, di fronte a una scomparsa che snatura il Natale e infetta la benevolenza, portando il tempo della nascita sacra a coincidere con il tempo tetro del mistero. -
Memorie inutili
Le Memorie inutili ripercorrono la vita privata e pubblica dello scrittore, allora settantasettenne, dedicando molto spazio alla scena teatrale, e più in generale culturale, della Venezia settecentesca, tra le più importanti capitali europee del tempo. Il lungo resoconto autobiografico è in buona parte incentrato sulla controversa relazione amorosa dell’attrice Teodora Ricci, amica di Gozzi, con uno spregiudicato diplomatico, Pietro Antonio Gratarol, cui seguì nel 1777 uno scandalo pubblico – fuga, condanna a morte, esilio, pubblicazione di una Narrazione apologetica severa verso i suoi persecutori: istituzioni e patrizi veneziani, tra cui il “rivale in amore” – e vicissitudini varie che si prolungarono negli anni. Esso si svolge come un’accattivante ed estrosa contronarrazione letteraria, piena di personaggi e colpi di scena, sullo sfondo di una Venezia vivacissima. Sicché le Memorie inutili, scritte con stile arguto ed elegante e fine ironia, spesso velenosa, sono un libro originale e godibile anche per il lettore contemporaneo. Stesa una prima volta nel corso del 1780, ma bloccata dalla censura, l’autobiografia fu riscritta nel 1797, dopo il crollo della Serenissima e l’avvento dei francesi, quando il “caso Gratarol” tornò alla ribalta e divenne emblematico delle malefatte dell’antico regime. -
«Nei decreti di Venezia». Legge tragica e giurisprudenza comica in Shakespeare
Il titolo, traduzione di «in the decrees of Venice», proviene da Il mercante di Venezia e indica il terreno sul quale si muovono le due letture shakespeariane qui proposte, che riguardano questo testo e Otello: una commedia e una tragedia di ambientazione veneziana entrambe ispirate a novelle italiane, per le quali, nei rispettivi “lieto fine” e compimento tragico, si rivela il fondamento profondo dei due generi. Esso risiede, secondo la prospettiva di queste pagine, nel rapporto tra invenzione drammatica e sfera della legge e del diritto, ovvero nella contrapposizione di una “legge tragica” inesorabile, nel segno del destino, e di una “giurisprudenza comica”, che apre a un orizzonte di salvezza. L’autore riprende e approfondisce in rapporto a Shakespeare le tematiche del suo precedente volume L’incerto fine, liberando il testo da ipoteche di lettura tanto pesanti quanto sostanzialmente retrospettive. -
Il teatro del lusso. Tra storie, sfide e performance
Il lusso è un fenomeno antico legato alla storia delle culture e dei costumi, allo sviluppo dei sistemi economici e all’evoluzione del pensiero filosofico. Considerato a lungo fattore di corruzione e di disequilibri sociali, di instabilità politica e degrado morale, il lusso diventa, nell’età moderna, fattore decisivo e strategico del capitalismo e, nel contempo, oggetto di accese polemiche filosofiche circa l’utilità del superfluo e la sua giustificazione morale. Questo libro parte da un’analisi genealogica del concetto di lusso attraverso un dialogo con i molti autori che lo hanno analizzato per concentrarsi poi sull’esperienza del lusso nelle sue mutevoli pratiche e performance, ponendosi dal punto di vista dei grandi marchi – soprattutto della moda – che creano e maneggiano il lusso e soffermandosi in particolare sulla formazione dei “lavoratori” del lusso. -
Il cinema e l'oggetto perduto
L’oggetto perduto, concetto arcano e inafferrabile – causa e non oggetto del desiderio –, è presente in ognuno di noi sotto il segno della pura mancanza, una mancanza inconscia e inconsapevole per “non si sa cosa”, ed è originato dal rapporto del lattante con il seno materno e con il sorgere del «primo mitico godimento», da sempre perduto e mai ritrovato. Da Freud a Lacan, è l’oggetto centrale della teoria e della clinica psicoanalitica. Lucilla Albano ne ha qui percorso la raffigurazione in una ventina di film, in forme sempre originali e sorprendenti. In particolare, tale enigmatico concetto è evocato in queste opere per mezzo di grandi e a volte impossibili storie d’amore. L’oggetto perduto richiama a sé infiniti sostituti e quindi può essere rappresentato o suggerito mediante innumerevoli immagini e racconti, ispirando emozioni che commuovono spettatori e spettatrici, ma che non si è sempre in grado di definire o interpretare. Tra le opere analizzate: All’Ovest niente di nuovo, Il ponte di Waterloo, Prigionieri del passato, Duello a Berlino, Il posto delle fragole, Hiroshima mon amour, L’anno scorso a Marienbad, Persona, La donna del tenente francese, Il filo nascosto, Dolor y Gloria. -
Poesie
Enzo Mandruzzato (1924-2012) è stato un illustre traduttore di classici greci e latini (tra i quali Catullo, Marziale, Orazio, Pindaro, Fedro ed Esopo) e di Hölderlin. Insieme è stato un apprezzato divulgatore con opere fortunate sul piacere e i segreti della lingua latina e Omero. Nel 1990 ha pubblicato il suo primo romanzo, Quinto non ammazzare. Meno conosciuta è la sua produzione poetica, valorizzata da recensori come Mario Luzi e Andrea Zanzotto. Questo volume raccoglie tutte le sue poesie edite e una parte di quelle inedite a testimonianza di una vita dedicata alla parola poetica anche come autore. -
Carlo Kechler e il Friuli. Tra Risorgimento, Stato unitario e Italia liberale
Carlo Kechler nasce a Trieste e si trasferisce da giovane in Friuli, entrando a lavorare nel saponificio della famiglia Chiozza a Scodovacca. Viene notato dall’industriale Pietro Antivari, che lo porta con sé a Udine e lo impiega nella sua azienda tessile. Inizia così una carriera straordinaria. Diviene in breve tempo il procuratore e braccio destro di Antivari sino a rilevarne la filanda di Venzone; crea poi altri due opifici per la trattura della seta a San Martino di Codroipo e a Palmanova, e costruisce un filatoio a Ospedaletto: il suo conglomerato industriale diventa ben presto il più importante della provincia, con seta quotata sul mercato di Lione (unica seta friulana a ottenere questo risultato). Attraverso le sue iniziative in campo economico, politico e finanziario è possibile seguire la nascita e lo sviluppo del Friuli contemporaneo, cui Kechler ha conferito l’impronta e la fisionomia che ancora oggi lo connotano.