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Mauro Bolognini. Un nouveau regard. Il cinema, il teatro e le arti
Il regista pistoiese Mauro Bolognini (1922-2001) è stato un protagonista della cultura italiana del secondo dopoguerra. Nel centenario della nascita si propone una riconsiderazione complessiva della sua opera, capace di spaziare tra cinema, televisione, teatro e opera lirica, sottolineando in particolare i fecondi rapporti intrattenuti con il cinema francese e con la cultura italiana a lui contemporanea (in particolare con Pasolini). Regista di decine di pellicole, con lui hanno recitato tra gli altri Claudia Cardinale, Ottavia Piccolo, Isabelle Huppert, Jean Paul Belmondo, Marcello Mastroianni, Alberto Sordi. Nel catalogo verrà riproposta l'ampia selezione di opere (manifesti, bozzetti, costumi, fotografie, oggetti di scena...) presente in mostra, che consente di seguire, anno per anno, i momenti più significativi della vita e dell'opera del regista. Ma il catalogo ha anche un'ambizione più vasta: ricostruire il rapporto intrattenuto da Bolognini con le arti. Si proporrà una riconsiderazione ad ampio raggio dei suoi gusti artistici, a partire dalla formazione toscana, a contatto con i capolavori della pittura macchiaiola e con le esperienze della scuola pistoiese del primo Novecento, e dal periodo di studio con Ottone Rosai, presso l'Accademia di Belle Arti di Roma. I saggi in catalogo avanzeranno anche un approfondimento sulle sue preferenze estetiche, attraverso lo studio degli oggetti e le opere di cui amava circondarsi nelle sue case (ritratte nelle fotografie di Aurelio Amendola), nonché sui rapporti intrattenuti con vari artisti contemporanei, con un focus specifico su Mario Ceroli. Un'ulteriore riflessione sarà dedicata a rievocare la passione storico-artistica che ha caratterizzato l'intera opera del regista, inducendolo ad arricchire molte sue pellicole - e in particolare La Viaccia del 1961 e Metello del 1970 - di vere e proprie citazioni figurative di capolavori della pittura italiana e francese, puntualmente illustrate in mostra e in catalogo. -
Le tribolazioni del povero Bobby
Bobby, dal nome del protagonista, Bobby Wirton, era il libro per ragazzi che Silvio D’Arzo stava per pubblicare per Vallecchi nel 1947. Pronto per la stampa, con le illustrazioni di Piero Bernardini, il libro rimase inedito. Noto finora solo in un manoscritto incompleto, grazie alle ricerche d’archivio svolte da Alberto Sebastiani, il suo principale specialista, viene ricomposto, per la prima volta, in questa edizione. Bobby è un romanzo di formazione, avventuroso e magico, ambientato nel Settecento: protagonista un ragazzino, orfano di padre, che trascorre la sua adolescenza a Pictown, una cittadina inglese dove vive con la madre, una levatrice-maga che ogni sera sale al cimitero a parlare con il marito defunto. Emarginato dai coetanei, ma curioso di vita, Bobby è assoldato dal Cieco, un mendicante-cantastorie, per scovare nel paese nuove storie da cantare alle fiere, e scopre così verità scomode, tenute da sempre nascoste. Come la vera natura del padre, molto lontano da quella figura di eroe con cui Bobby era stato cresciuto. Dopo la rivelazione-shock il ragazzo fugge, ma tornerà a Pictown per salvare la madre da un processo persecutorio, intentatole dai notabili del paese. Se la vicenda è in sostanza la medesima di Penny Wirton e sua madre – il libro per ragazzi più noto di D’Arzo, nato dalla riscrittura di Bobby nel 1948 e pubblicato postumo – la narrazione presenta numerose e significative varianti nella struttura e nella trama, nonché episodi inediti o con differente svolgimento, specie nella parte finale. Il testo ha la godibilità di un romanzo di avventura, ma reca già l’atmosfera sospesa e magica della narrativa di D’Arzo, e si offre in questa inedita versione, testimone chiave, dopo Gec dell’Avventura, scritto tra il 1943 e il 1946, della svolta «realistica» di uno degli autori più originali del Novecento. -
L'esperienza medievale dell'arte. Gli oggetti e i sensi
Attraverso nove capitoli dedicati ad altrettanti motivi esemplari (e un epilogo ambientato ai nostri giorni), Herbert Kessler offre la più aggiornata e articolata introduzione al mondo delle immagini del Medioevo. Quali sono ad esempio i rapporti di patronato e auto-coscienza degli artisti che traspaiono dalle opere di quel tempo? Come poteva la pluralità delle tipologie e dei materiali degli oggetti partecipare alla loro dimensione simbolica? Dove entravano in contatto il sacro, il profano e l’antico? E in che modo le immagini architettavano lo spazio, agivano su chi lo percorreva, e la Chiesa guidava la loro visione spirituale? In questa monografia, Kessler estende la critica della visione medievale fino alla più organica esperienza degli oggetti. Ma ad un tempo egli rispecchia nelle «comunità sensoriali» dei secoli di mezzo quelle degli osservatori – studiosi e studenti – di oggi. Pertanto, essi troveranno, oltre a una trattazione erudita e metodologicamente pregnante dell’autore, che le decine di esempi concreti e il ricco apparato di illustrazioni hanno creato, nelle pagine del libro, un’esperienza dell’arte medievale parallela a quella che tanto acutamente riescono a descrivere. -
La grande guerra contadina in Urss. Bolscevichi e contadini (1918-1933). Con una selezione dalle Lettere da Kharkov. La carestia in Ucraina e nel Caucaso settentrionale nei rapporti dei diplomati...
I primi quindici anni dell'Unione Sovietica furono dominati da una guerra feroce tra bolscevichi e contadini e nomadi di più nazionalità che avevano dapprima apprezzato il sostegno dei comunisti alla divisione della terra e la loro denuncia dell'imperialismo grande-russo. Il conflitto, in tre atti, si concluse tragicamente tra il 1931 e il 1934 quando Stalin, dopo aver imposto la fame ai kazaki per rifornire le città sovietiche, trasformò le carestie provocate dalle sue politiche in strumenti per sottomettere chi rifiutava la «seconda servitù» imposta alle campagne dalla collettivizzazione. L'Ucraina, già granaio d'Europa, fu uno dei teatri principali di questa guerra e Stalin, che negli anni Venti ne aveva appoggiato la «costruzione nazionale», vi adottò nel 1932 politiche di sterminio dei contadini, ritenuti base del movimento nazionale ucraino, e di liquidazione delle élite politiche e culturali. La «decostruzione» nazionale che ne seguì impose una versione sottomessa e provincializzata di una cultura ucraina la cui esistenza non fu tuttavia negata. Affondano in quel periodo le loro radici tanto il nazionalismo grande-russo di cui Stalin avviò allora una rivitalizzazione poi sanzionata dalla vittoria del 1945, quanto un sentimento di alterità ucraino, che si nutrì del trauma dell'Holodomor. Il libro è composto da un testo su questa guerra, scritto nel 1996 sulla base delle fonti d'archivio resesi disponibili dopo il crollo dell'URSS, e da un'ampia selezione dei bellissimi e terribili rapporti diplomatici italiani sulla grande carestia ucraina del 1932-33, che l'autore pubblicò più di 30 anni fa. Una nuova introduzione dà conto dei recenti sviluppi della ricerca, che ha indagato i legami tra guerra contadina e carestie e insistito sulla natura plurale e differenziata di queste ultime, inserendo il caso sovietico negli studi comparati sulle carestie politiche e i genocidi del XX secolo. -
Architettura da camera
Pubblicato nel 1993 da Rizzoli, ""Architettura da camera"""" si può considerare un classico dell'architettura di interni. A lungo esaurito, viene ora riproposto in una nuova edizione, curata dalla nipote di Mongiardino, Francesca Simone, che mantiene il testo originale ma modifica in parte l'apparato iconografico e la veste grafica per renderli più aderenti al testo. Laureatosi con Gio Ponti nel 1942, dagli inizi degli anni Cinquanta si afferma come architetto realizzando alcune delle case più affascinanti della seconda metà del XX secolo, destinate ad una clientela internazionale e prestigiosa di colti collezionisti e grandi imprenditori tra cui Thyssen, Onassis, Agnelli, Safra, Zanussi, Valentino, Versace, Rothschild e Hearst. Contemporaneamente porta avanti la sua attività di scenografo per il teatro e per il cinema lavorando con Franco Zeffirelli, Peter Hall, Giancarlo Menotti, Raymond Rouleau. Architettura da camera si articola in una serie di lezioni-racconto volte a spiegare metodo e canoni della sua architettura di interni. Riccamente illustrati con riferimenti storici e a dimore realizzate da Mongiardino, i capitoli affrontano ciascuno uno specifico problema (la stanza troppo alta, la stanza lunga) o una questione di gusto, per esempio quello per le rovine, per mostrare come risolverlo prima da un punto vista spaziale e di proporzioni e poi attraverso la minuziosa progettazione di ogni dettaglio, eseguiti dai fedeli artigiani che collaborarono con lui per tutta la sua carriera. Abilissimo creatore di spazi spettacolari, Mongiardino ha saputo accostare oggetti comuni e di antiquariato in un gioco magistrale di tessuti preziosi o dipinti, pannelli scolpiti e non e una gamma di trompe-l'oeil grazie ai quali otteneva capolavori con materiali poveri. Lo """"stile Mongiardino"""" è ormai divenuto leggendario tanto da meritare continue pubblicazioni sulle più importanti riviste di architettura e interni, ma anche su quelle di larghissima circolazione, come il magazine del «New York Times», oltre a numerosi libri."" -
Le «invenzioni di tante opere». Domenico Fontana e i suoi cantieri
Il volume indaga l'opera dell'architetto Domenico Fontana (Melide, 1543-Napoli, 1607), puntando l'attenzione sui suoi cantieri, caratterizzati dal dialogo tra artisti e maestranze che collaborano alla realizzazione delle fabbriche da lui progettate e dirette. Nei cantieri di committenza papale e reale (a Roma, palazzo Lateranense, la Scala Santa, l'obelisco Vaticano in piazza San Pietro e il palazzo Apostolico ecc.; a Napoli, il palazzo Reale, a Salerno e Amalfi, le cripte delle cattedrali, ecc.) al lavoro di muratori, vetrai, stagnai e fabbri si sovrappone l'opera delle botteghe artistiche di pittori, scultori, bronzisti, stuccatori, indoratori, incisori: di questa straordinaria coralità, che unisce le più diverse competenze, il volume offre un'approfondita e sfaccettata disamina. Dagli esordi romani di Domenico Fontana e dell'impresa familiare, dalla sua affermazione durante il pontificato di Sisto V (1585-1590) e all'opera compiuta a Napoli per Filippo III (1598-1621), re di Spagna, e i viceré suoi rappresentanti, una lettura in parallelo delle opere romane e di quelle napoletane, mai prima svolta in questi termini lascia emergere con evidenza la complessità e la modernità che caratterizza i cantieri del Fontana sia in termini di risorse (economiche, materiali, umane) sia di competenze professionali. I saggi dipanano il complesso intreccio che si crea tra architettura e decorazione, tanto a livello di progetto, quanto nel processo di messa in opera, aggiornando e arricchendo le conoscenze sull'architetto. -
Michelangelo: le opere giovanili. Nuove acquisizioni
La Madonna della scala e la Battaglia dei centauri di Michelangelo, capolavori dell'attività giovanile dell'artista e vanto delle collezioni di Casa Buonarroti, sono state sottoposte negli anni 2020-2021 ad un restauro. L'intervento ha portato ad una possibilità di lettura dei due rilievi ch'era impensabile e tale da consentire nuove considerazioni sulla prima attività di Michelangelo come scultore, nel giardino di San Marco, sotto la protezione di Lorenzo il Magnifico (1490-1492). L'intervento e l'opera di Daniela Manna e Marina Vincenti, già autrici della pulitura dei marmi michelangioleschi della Sagrestia Nuova, e i risultati emersi vengono messi a disposizione degli studiosi e del pubblico nel terzo numero della collana «Buonarrotiana». Il volume ospiterà uno studio sull'apprendistato, sotto la guida di Bertoldo, del giovane Michelangelo nel Giardino di San Marco, a cura di Alessandro Cecchi, un saggio di Silvia Ginzburg sui rapporti fra Poliziano e Michelangelo, un contributo di Claudia Echinger-Maurach sulle sculture giovanili con una revisione delle attribuzioni, e una ricostruzione di Emanuela Ferretti della storia collezionistica e museologica dei due rilievi rimasti alla famiglia e donati alla collettività, con tutto il patrimonio, da Cosimo Buonarroti, l'ultimo discendente di Michelangelo. Al restauro e alle indagini diagnostiche sarà dedicata la seconda parte della pubblicazione con scritti di Jennifer Celani, della Soprintendeza di Firenze, delle restauratrici Daniela Manna e Marina Vincenti, e di Donata Magrini, Barbara Salvadori e Silvia Vettori dell'Istituto di Scienze del Patrimonio Culturale del CNR, responsabili della parte scientifica. In appendice saranno infine illustrati il nuovo allestimento e la nuova illuminazione della sala del museo che ospita le opere. -
Meraviglia senza tempo. Pittura su pietra a Roma tra Cinquecento e Seicento. Ediz. illustrata
Nella Vita dedicata a Sebastiano del Piombo, Giorgio Vasari scrive: [] «ha lavorato sopra le pietre di peregrini, di marmi, di mischi, di porfidi e lastre durissime, nelle quali possono lunghissimo tempo durare le pitture; oltre che cio ha mostrato, come si possa dipingere sopra l'argento, rame, stagno e altri metalli». Nel breve passaggio appare la motivazione attribuita a questo uso innovativo dei materiali: la possibilità di protrarre la vita dell'opera, di renderla, come scriveranno altri autori, «poco meno che eterna». A questo tipo di pittura, ai suoi sviluppi e alle sue implicazioni storiche e semantiche nel corso del Seicento, la Galleria Borghese dedicherà una mostra nell'autunno del 2022. Nel corso del Cinquecento, la discussione sulla durabilità delle opere d'arte si era inserita nel dibattito sul paragone, opponendo i pregi della scultura a quelli della pittura. Il confronto fra le due arti, all'inizio del Seicento, avviene all'interno delle collezioni, nuovi spazi del dibattito storico artistico. Si infittisce il gioco fra le arti sorelle: gli scultori usano marmi colorati e i pittori dipingono su pietra (lavagna, lapislazzuli, pietra paesina, ecc.), mentre metalli e legni preziosi concorrono alla creazione di oggetti straordinari, come piccoli altari, stipi e orologi, dalle forme architettoniche complesse e adorni di sculturine, rilievi e pittura. Alcuni di questi oggetti, nei quali pietra e metalli erano impiegati non solo per la durabilità dei materiali, ma per il loro valore e per la loro stupefacente fattura, la cui bellezza stessa dava il senso di trascendere le epoche, saranno parte della mostra, integrandosi con quelli che facevano parte della collezione di Scipione Borghese, oggi ancora in galleria. -
Timeless wonder. Painting on stone in Rome in the Cinquecento and Seicento. Ediz. illustrata
Nella Vita dedicata a Sebastiano del Piombo, Giorgio Vasari scrive: [] «ha lavorato sopra le pietre di peregrini, di marmi, di mischi, di porfidi e lastre durissime, nelle quali possono lunghissimo tempo durare le pitture; oltre che cio ha mostrato, come si possa dipingere sopra l'argento, rame, stagno e altri metalli». Nel breve passaggio appare la motivazione attribuita a questo uso innovativo dei materiali: la possibilità di protrarre la vita dell'opera, di renderla, come scriveranno altri autori, «poco meno che eterna». A questo tipo di pittura, ai suoi sviluppi e alle sue implicazioni storiche e semantiche nel corso del Seicento, la Galleria Borghese dedicherà una mostra nell'autunno del 2022. Nel corso del Cinquecento, la discussione sulla durabilità delle opere d'arte si era inserita nel dibattito sul paragone, opponendo i pregi della scultura a quelli della pittura. Il confronto fra le due arti, all'inizio del Seicento, avviene all'interno delle collezioni, nuovi spazi del dibattito storico artistico. Si infittisce il gioco fra le arti sorelle: gli scultori usano marmi colorati e i pittori dipingono su pietra (lavagna, lapislazzuli, pietra paesina, ecc.), mentre metalli e legni preziosi concorrono alla creazione di oggetti straordinari, come piccoli altari, stipi e orologi, dalle forme architettoniche complesse e adorni di sculturine, rilievi e pittura. Alcuni di questi oggetti, nei quali pietra e metalli erano impiegati non solo per la durabilità dei materiali, ma per il loro valore e per la loro stupefacente fattura, la cui bellezza stessa dava il senso di trascendere le epoche, saranno parte della mostra, integrandosi con quelli che facevano parte della collezione di Scipione Borghese, oggi ancora in galleria. -
Alla ricerca dell'eternità. Dipingere sulla pietra e con la pietra a Roma. Itinerari. Ediz. illustrata
La tela come supporto pittorico a Roma venne adottata solo con una certa riluttanza e ancora nel Seicento non era universalmente adottata per le pale d'altare. Ad esempio, a questa data, tavole di cipresso erano previste nella cappella Cerasi in Santa Maria del Popolo sia per l'altare di Annibale Carracci che per i laterali di Caravaggio. Dal 1530 e fino alla prima decade del Seicento moltissime pale a Roma, e quasi esclusivamente a Roma, furono invece dipinte su pietra, soprattutto su lavagna. L'invenzione della tecnica si deve a Sebastiano del Piombo che la impiegò nella sua monumentale Natività della Vergine per la cappella Chigi a Santa Maria del Popolo, terminata da Francesco Salviati. La consuetudine fu poi diffusa dal gran cardinale, Alessandro Farnese, e molte famiglie della sua cerchia la adottarono nelle cappelle destinate ad uso funerario. Il ricordo del terribile Sacco di Roma che nel 1527 aveva messo a ferro e fuoco la città li spinse infatti a cercare un supporto che durasse in eterno, supplendo alla fragilità di tavole e tele. In parte per lo stesso motivo, altre famiglie nelle loro cappelle evitarono l'uso della pittura, impiegando marmi colorati e mosaici per ottenere effetti pittorici. L'itinerario presenta una scelta delle più significative pale d'altare su pietra a Roma, che sono spesso difficili da riconoscere, e qualche esempio di cappelle in cui fu deciso di non adoperare la pittura: S. Marcello al Corso, S. Prassede, il palazzo dei Conservatori, S. Caterina dei Funari, il palazzo della Cancelleria e S. Lorenzo in Damaso, S. Pietro in Montorio sono tra i monumenti inclusi in questa guida. -
Il libro della giungla
Dopo il grande successo della prima edizione, esaurita da tempo, torna disponibile in un nuovo formato ""Il libro della giungla"""", un grande classico del nobel per la letteratura Rudyard Kipling, straordinariamente illustrato da dalle eccezionali tavole ad acquerello di Quentin Gréban, che coglie e restituisce tutta l'intensità, ricchezza e umanità del mondo animale, il mondo di cui l'uomo fa parte, narrata nel libro. Età di lettura: da 7 anni."" -
Piero Adriatico
Dietro la storia di Piero della Francesca degli anni Quaranta e Cinquanta del '400 si vede scorrere un film che è tanta parte della storia d’Italia di quel periodo, prima l’Italia dei concilî, di Basilea, di Ferrara, di Firenze, l’Italia che persegue l’unione della Chiesa romana d’Occidente e della Chiesa greca d’Oriente, sullo sfondo la convinzione di molti che quell’unione sarebbe stato l’unico modo per salvare l’eredità di Bisanzio dalla minaccia turca, e poi l’Italia della caduta di Costantinopoli, l’Italia che persegue senza riuscirvi il progetto di una crociata. Che alcuni capolavori della sua pittura di quegli anni il Battesimo di Cristo (oggi a Londra) e la Flagellazione di Cristo (Urbino), le Storie della Vera Croce (Arezzo), abbiano avuto a che fare con quei due momenti della storia dell’Italia, è ipotesi da doversi tenere bene aperta. Piero è un nativo di Borgo Sansepolcro che neppure di adozione sarà mai fiorentino, cresciuto in una città dell’Alto Tevere governata per piú di un secolo dai Malatesta di Rimini per conto dei papi e che ha molto guardato, attraverso i passi appenninici, ai porti della costa adriatica. Dopo il soggiorno a Firenze, alla fine degli anni Trenta, nella città di Masaccio, Domenico Veneziano ed Alberti, ne seguiamo l’attività a Loreto, assieme a Domenico, quindi ad Arezzo dove principia, per conto dei Bacci, il ciclo delle Storie della Vera Croce, a Ferrara, nella corte di Leonello d’Este, con l'umanista Guarino Veronese ed ancora Alberti, a Venezia, ad Ancona, dunque fino alle soglie del soggiorno a Rimini nel 1451, che chiude quella stagione e ne apre un’altra. Il ciclo aretino, che Piero inizia nel 1447 e licenzierà solo nel 1460, mette in moto una serie di riflessioni che attraversano gli anni Cinquanta. Di grande conseguenza per la storia della pittura padana la sua presenza a Ferrara nel momento in cui decolla l’impresa dello Studiolo di Belfiore, non meno quella a Venezia nel momento in cui sta per partire a Padova la decorazione della cappella Ovetari (Mantegna) e prendere forma la personalità del grande Bellini. -
Giacomino da Ivrea. Dallo stile alla tecnica, storia di un pittore itinerante
Giacomino da Ivrea (notizie dal 1426 al 1469), di simpatica modestia, è promotore di una cifra figurativa tardogotica dai toni popolari e naïf molto apprezzata dai suoi contemporanei. Il suo corpus conta oggi trentadue pitture murali in un’area estesa che va oltre Ivrea e la Valle d’Aosta, fino alle vallate Francesi (Tarantasia) e alla Liguria (Val Bormida). Il libro, primo di una nuova collana monografica a cura della Soprintendenza per i beni e le attività culturali della Valle d’Aosta, propone un riesame di questo mattatore del mercato artistico locale attraverso una schedatura completa delle opere, accompagnata da una campagna fotografica ad hoc, di Ernani Orcorte, e dai risultati delle indagini scientifiche. Ne emerge l’attività di un pittore-imprenditore dai gusti arcaici alla guida di una bottega itinerante e ricca di aiuti, che usava in maniera disinvolta i repertori a disposizione, condivisi con il compagno di formazione l’anonimo canavesano Maestro di Domenico della Marca d’Ancona. Suoi committenti furono i vescovi di Aosta e Ivrea, Oger Moriset e Giacomo Pomerio, la ricca borghesia che faceva capo alle corporazioni di mercanti e notai, i Savoia e la nobiltà locale, come i Saluard, gli Challant, i Sarriod d’Introd, i Tour de Villa, i San Martino, qualificandolo come il più richiesto tra i pittori di castelli, prodigo in celebrazioni araldiche e cicli profani, tra cui i nove Prodi o i paladini tratti dall’Historia Turpini. Tale successo si confronta con le molte altre testimonianze locali e con l’eredità del figlio, Gaspare, anche lui pittore, e dalla capacità di imporsi come divulgatore per immagini della spiritualità contemporanea, così affine nei modi alle predicazioni dei frati osservanti. -
Una casa sul lago
Questo libro racconta la vita di una casa-darsena (residenza estiva monofamiliare affacciata sul lago di Lugano), a Brusino, in Svizzera, a poche decine di metri dal confine italiano, dalla sua gestazione alla fine degli anni Cinquanta, all’attuale maturità. Il racconto avviene per isole narrative e stilistiche: a una prima parte formata da tre racconti e una poesia, segue una scheda storico-tecnica sull’edificio e la sua genesi con relativi disegni anche originali, quindi la parte centrale con un portfolio di fotografie della casa, per poi chiudere con un saggio sulla figura defilata di Giuseppe Roncati (ingegnere civile cresciuto in Italia ma di origini svizzere laureato, al politecnico di Milano nel 1928). Attraverso i continui cambi di punti di vista (le fotografie costellano il libro anche al di fuori del portfolio), che fanno pensare più a certo cinema o letteratura o addirittura musica che non al razionalismo severo che impronta l’architettura descritta, prendono forma, intorno alla casa, incroci di storia e geografia, tecnica e botanica e un racconto di persone, di mestieri. Protagonista, oltre alla casa, è la relazione disarmonica tra un padre (Giuseppe Roncati), ingegnere prestato all’architettura e una figlia: Flora Ruchat-Roncati, nata nel 1937 a Mendrisio e laureatasi in architettura nel 1962, una delle più rilevanti e innovative progettiste della storia recente, prima donna a ricoprire il ruolo di professore ordinario presso il Politecnico di Zurigo (1985 al 2002). Figura marginale ma ineludibile, simbolo della svolta generazionale e feticcio è Le Corbusier e con lui la Petite maison di Corseaux che il grande architetto progettò e costruì per i propri genitori negli anni 1923-1924. Lo sguardo di un giovane fotografo sulla casa nuda determina la sintassi del libro legando in un’unica narrazione racconti, saggi e disegni. -
Alimentazione e gravidanza. Cibo vero per mamme e bambini sani. Nuova ediz.
Torna disponibile in una nuova edizione ampliata questo agile manuale che ha già aiutato tante mamme a trascorrere una gravidanza sana, in forma e priva di disturbi, contribuendo anche alla risoluzione di problemi dall'infertilità all'allattamento, e soprattutto ponendo le basi per la migliore salute dei nostri bambini: perché non soltanto ""siamo quel che mangiamo"""", ma diventeremo quel che mangiano le nostre mamme, come illustra la prefazione del dott. Fabrizio Rapuzzi. Il dottor Enrico Colosi, già direttore dell’unità operativa di Fisiopatologia della Riproduzione Umana e del Centro PMA di Grosseto, spiega in modo semplice ed estremamente chiaro come dall’alimentazione moderna occidentale, eccessivamente ricca di zuccheri e cibi processati, e dallo stile di vita, dipendano moltissime malattie che minano la nostra salute fin dal ventre materno. Analizzando l’importanza dell’epigenetica (come l’ambiente in cui viviamo modifica l’espressione dei nostri geni), il cambiamento di metabolismo determinato da ragioni evolutive, il problema dell’obesità durante la gravidanza e, infine, l’infiammazione cronica silente alla base di tutte le patologie legate alla gestazione, Colosi dimostra quanta responsabilità abbiano i cibi di cui ci nutriamo in questi meccanismi, infondendo la motivazione necessaria per compiere cambiamenti importanti nello stile alimentare, spesso in contrasto con le nostre abitudini o con luoghi comuni tanto diffusi quanto scientificamente infondati. Ma qual è l’alimentazione “giusta” per una futura mamma (e non solo)? Colosi parte dalla definizione di “cibo vero”: gli alimenti di cui ci siamo nutriti, e coi quali ci siamo evoluti, per milioni di anni. Attraverso una pratica suddivisione a """"semafori"""", Colosi spiega per quali ragioni e quali sono gli alimenti da evitare, da limitare , e da consumare a volontà, purché alla base della scelta ci sia il criterio di qualità: frutta e verdura possibilmente biologiche e soprattutto di stagione, pesce pescato, carni da allevamenti grass-fed, uova da pollame ruspante. Come strumento per mettere in pratica i consigli alimentari, Morena Benazzi, autrice dei ricettari paleo più venduti in Italia (Armonia Paleo, In cucina con il protocollo autoimmune, Diversamente dolci deliziosamente sani), ha stilato 4 menù settimanali per ciascuna stagione, corredati da 32 ricette, dalla colazione al dessert, per future mamme in salute con gusto. Prefazione di Fabrizio Rapuzzi e 32 ricette con 4 menù stagionali di Morena Benazzi."" -
Rinascimento sotterraneo. Inquisizione e popolo nella Firenze del Cinquecento
Nel Cinquecento l’Italia è colpita da due crisi: quella economica causata dall’aumento generalizzato dei prezzi e quella religiosa portata dalla Riforma protestante. Poteva restarne immune la città che, nel secolo precedente, l’Umanesimo e il Rinascimento avevano trasformato nella nuova Atene e la meteora di Savonarola aveva provato invece a convertire nella nuova Gerusalemme? A Firenze infatti c’è chi, con soluzioni precarie ma originali, cerca di rispondere a entrambe le crisi. Sono donne e uomini spesso di bassa estrazione sociale che, attraverso incantesimi volti a migliorare un’esistenza sempre più dura, sfidano il monopolio della religione sul soprannaturale, oppure cercano di comunicare ad altri il loro travaglio interiore, trasmettendo loro la propria insoddisfazione verso la fede della maggioranza. Attirano così su di sé l’attenzione del potere spirituale della Chiesa e di quello politico della dinastia dei Medici, che agiscono di concerto attraverso un tribunale al servizio delle esigenze di entrambi: il Sant’Uffizio dell’Inquisizione. Fissando lo sguardo sulle indagini di giudici di fede come lo zelante inquisitore francescano Dionigi Costacciari, questo libro fa emergere una Firenze dove il solare Rinascimento del secolo precedente aveva assunto colori diversi ma, se osservati dal basso, altrettanto affascinanti. -
Raffaello nato architetto
Non tutti sanno che Raffaello è stato anche un grandissimo architetto con il suo più autentico seguace, Andrea Palladio, uno dei più influenti architetti del Rinascimento. Attraverso la celebre lettera a papa Leone X (scritta con l'amico Baldassarre Castiglione) e grazie ai suoi edifici e progetti, Raffaello trasformò il disegno d'architettura, lo studio dell'antico e le forme e decorazioni dell'architettura moderna. La mostra indagherà la complessa relazione fra lo studio dell'architettura romana antica e la progettazione di edifici moderni in Raffaello e Palladio, nonché il recupero, da parte di entrambi, di tecniche costruttive e modelli decorativi del passato in un momento in cui l'arte e l'architettura veneta sono investite dall'impatto rivoluzionario di Raffaello e Michelangelo, che scardina le scuole regionali proponendo un linguaggio nuovo, di portata nazionale, e che trionferà in tutta Europa nei secoli successivi. Il volume raccoglie gli esiti delle nuove ricerche sulle architetture costruite e dipinte di Raffaello e sugli effetti che esse ebbero sull'opera di Palladio in un momento cruciale del Rinascimento in cui i modelli del classicismo romano arrivano nel Veneto rivoluzionandone il gusto. In particolare il volume, che prevede contributi dei curatori e di tutti gli specialisti che hanno partecipato al gruppo di lavoro, vedrà per la prima volta pubblicate le ricostruzioni dei progetti perduti di Raffaello. Alcuni contibuti sono tradotti da Ilaria Abbondandolo e Maria Beltramini. -
Orazio Gentileschi e l'immagine di san Francesco. La nascita del caravaggismo a Roma. Ediz. a colori
Un inedito ""San Francesco in estasi"""" di Orazio Gentileschi, notificato dallo Stato italiano nel 2021 quale opera di eccezionale importanza storica e artistica, è al centro di una mostra dossier che offre un’originale angolazione da cui guardare alle origini del caravaggismo. Rara e rilevante testimonianza dell’avvicinamento del grande pittore toscano alle novità poetiche e stilistiche elaborate a Roma da Michelangelo Merisi, il quadro sembra infatti inserirsi nello stesso decisivo momento del ben noto processo per diffamazione che nel 1603 Giovanni Baglione aveva intentato contro alcuni colleghi, tra cui appunto Caravaggio e lo stesso Gentileschi. In tale occasione, quest’ultimo aveva dichiarato di aver prestato al maestro lombardo un «par d’ale» e «una veste da cappuccino», probabilmente la medesima raffigurata – dal naturale e con il modello in posa, secondo il rivoluzionario metodo caravaggesco – nell’opera in questione. Il nuovo dipinto è messo a confronto con alcuni oggetti che evocano il contesto cappuccino del tempo e con diverse potenti immagini del santo di Assisi, tra cui spiccano quella attribuita a Caravaggio, proveniente da Carpineto Romano, e un secondo e più maturo capolavoro dello stesso Gentileschi, conservato al Prado."" -
Dove sono i miei pantaloni?! Ediz. a colori
Panico nello spogliatoio della piscina! Nikoala ha calzini, mutande e maglietta ma... dove sono i suoi pantaloni?! Spariti, scomparsi, evaporati! ""E adesso come faccio ad uscire in mutande?! Mi prenderanno in giro tutti!"""" Ma Nikoala deve tornare in classe... e fare in modo che nessuno a scuola scopra il suo imbarazzante segreto. Ma quando Pandanna, la piccola panda di cui è innamorato, è in pericolo, potrebbe dover rivedere le sue priorità. Età di lettura: da 4 anni."" -
L'immagine sovrana. Urbano VIII e i Barberini. Ediz. illustrata
Nel 2023 le Gallerie Nazionali di Arte Antica dedicheranno un’importante mostra al pontificato di Urbano VIII Barberini, unanimamente ritenuto il più grande papa committente-mecenate del Seicento. Per Maffeo Barberini, letterato e poeta, il mecenatismo e la promozione delle arti concorsero in modo sostanziale al potenziamento del governo spirituale e temporale della Chiesa, e non solo all’accrescimento del prestigio personale e famigliare. Papa Barberini diede un timbro inconfondibile al suo pontificato, promuovendo imprese colossali, come il baldacchino di San Pietro di Gian Lorenzo Bernini o l’affresco del grande salone di palazzo Barberini di Pietro da Cortona. Si impose un nuovo stile, che ebbe immediata diffusione non solo a Roma e in Italia, ma nell’intero scenario europeo: il barocco nasce a Roma con i Barberini. Per la prima volta, protagonisti e capolavori di questa eccezionale stagione saranno riuniti nuovamente a palazzo Barberini il cui contesto offre un’opportunità unica: raccontare protagonisti e comprimari della cultura barocca attraverso gli oggetti che ne rappresentano la visione culturale, religiosa, politica ed emotiva, nel luogo stesso dove furono concepiti.