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Amore a prima vista. Testo polacco a fronte
"Con uno sguardo mi ha reso più bella, e io questa bellezza l'ho fatta mia. Felice, ho inghiottito una stella""""rnrnSi parla molto di amore nelle poesie di Wislawa Szymborska: ma se ne parla con una così impavida sicurezza di tocco e tonalità così sorprendenti che anche un tema sin troppo frequentato ci appare miracolosamente nuovo. «Sentite come ridono - è un insulto» scrive di due amanti felici. «È difficile immaginare dove si finirebbe / se il loro esempio fosse imitabile» - e ad ogni modo «Il tatto e la ragione impongono di tacerne / come d'uno scandalo nelle alte sfere della Vita». Anche parlando d'amore la voce della Szymborska sa dunque essere irresistibilmente ironica: non a caso Adam Zagajewski diceva di lei che «sembrava appena uscita da uno dei salotti parigini del Settecento». Ma sa anche essere, dietro lo schermo della colloquiale naturalezza e dell'ingannevole semplicità, grave e trafiggente, come quando affida a un panorama divenuto ormai intollerabile il compito di proclamare l'assenza («Non mi fa soffrire / che gli isolotti di ontani sull'acqua / abbiano di nuovo con che stormire») o all'amore a prima vista quello, ancor più temerario, di smascherare il caso-destino che ci governa: «Vorrei chiedere loro / se non ricordano - / una volta un faccia a faccia / in qualche porta girevole? / uno 'scusi' nella ressa? / un 'ha sbagliato numero' nella cornetta? / - ma conosco la risposta. / No, non ricordano»." -
Il fondo della bottiglia
«In fondo P.M. non conosceva per niente ilrnfratello. A parte qualche vago ricordo d’infanzia,rnlo conosceva meno di un estraneornappena incontrato. A Emily Donald chiedevarnregolarmente soldi, no Nelle sue tascherndovevano essere finiti tutti i risparmirndella sorella. Di sicuro la impietosiva conrnqualche frase ben congegnata, le parlava dirnMildred, dei bambini. Probabilmente avevarnprovato a batter cassa anche dal padre.rn«Quelli come lui, che parlano con compiacimentorndella propria sfortuna e della propriarnonestà, credono che tutto gli sia dovuto».rnrnAccade molto di rado che Simenon segnalirnche i personaggi e gli eventi da lui narratirnsono «puramente immaginari e privi dirnqualsiasi riferimento a persone viventi orndefunte». Per capire come mai in questorncaso ne abbia sentito il bisogno occorrerntornare al 1945, quando al fratello Christian,rncondannato a morte in contumaciarnper aver coadiuvato le SS in una spedizionernpunitiva che aveva fatto ventisette vittime,rnGeorges aveva consigliato di arruolarsirnnella Legione straniera: un modo perrnscomparire, certo, e per riscattarsi – ma anche,rncambiando cognome, per non comprometterernlo scrittore ormai celebre conrnuna parentela imbarazzante. «È colpa tua!rnLo hai ucciso tu!» si sentì rinfacciare dallarnmadre allorché, ai primi di gennaio delrn1948, lo stesso Georges le comunicò la morte,rnnel Tonchino, del figlio preferito. Neirnmesi immediatamente successivi, quasi volessernespellere i propri fantasmi, Simenonrnscrisse due dei suoi romanzi più neri e potenti:rnLa neve era sporca e Il fondo della bottiglia.rnIn quest'ultimo, uno stimabile avvocato,rnche è riuscito, partendo dal basso, arnconquistarsi un posto nella ristretta comunitàrndei notabili di Nogales, al confine trarngli Stati Uniti e il Messico, vede vacillarerntutte le sue certezze quando gli comparerndavanti, evaso dal carcere in cui scontavarnuna condanna per il tentato omicidio dirnun poliziotto, il fratello minore – quellorndebole, irresponsabile, sfortunato, eppurerndotato di un inquietante potere di seduzionern–, che gli chiede di aiutarlo a passarernla frontiera. Nel piccolo mondo costituitorndai ricchi proprietari dei ranch l'arrivorndell'estraneo scatena una sorta di psicodramma,rnche culminerà in una vera ernpropria caccia all'uomo, mentre, fra odiorne amore, rancori e sensi di colpa, sbronzerne scazzottate, si consuma la resa dei contirntra i due fratelli. -
Aua
Una guida alle potenze dell'invisibile.rnrnKnud Rasmussen è stato l'etnografo ed esploratore a cui dobbiamo i materiali più preziosi sugli Inuit e altre popolazioni dell'estremo Nord. Durante la V Spedizione Thule, fra il 1921 e il 1924, Rasmussen conobbe lo sciamano Aua e stabilì con lui un contatto che gli permise di raccogliere la sua testimonianza. Come Alce Nero per Neihardt, come Ogotemmeli per Griaule, Aua è diventato la voce di una remota sapienza, qui esposta con straordinaria immediatezza attraverso episodi della sua vita. Chi incontri Aua lo ricorderà per sempre come una guida alle potenze dell'invisibile. -
La dittatura del calcolo
Perché la scienza non ha potuto prescindere dagli algoritmi, e da quanto tempo il calcolo è entrato prepotentemente in ogni settore della nostra vita? Che cosa può e che cosa non può essere automatizzato? La matematica possiede sempre e comunque le qualità che le sono generalmente attribuite, come l'utilità, l'armonia o l'efficacia in ogni sua applicazione? Questo libro offre una risposta penetrante e articolata a domande che appaiono oggi ineludibili. Zellini le affronta con un rigore e con una misura che fanno emergere con evidenza tutto l'interesse scientifico del pensiero algoritmico, come pure il carattere virtualmente apocalittico di ciò che appare ormai un dominio incontrastato del calcolo digitale. Se non si vogliono ignorare i princìpi di libertà e di responsabilità, non si può rimanere estranei o indifferenti alla diffusione di una scienza che si ispira a un criterio di effettività e di efficienza meccanica, ultimo fondamento e pietra angolare del calcolo, ma anche causa di inevitabili pregiudizi e travisamenti. -
Le metamorfosi
Nel mito greco era plausibile che uomini e donne potessero trasformarsi in animali, piante e rocce. Era l'ultima propaggine del regno della metamorfosi. E l'ultimo cantore di quelle storie fu Ovidio. Prima di lui e accanto a lui era fiorita su quei temi una intera letteratura, che il tempo ha sommerso. Ma almeno un prezioso relitto si è salvato: queste Metamorfosi di Antonino Liberale, che per alcune vicende sono una fonte unica e indispensabile e vanno poste accanto agli scritti di Apollodoro e di Igino come testimonianza di ciò che fu l'antica mitografia. -
Il metodo di Maigret e altri scritti sul giallo
Diverso da tutti gli altri investigatori è il commissario Jules Maigret, della polizia giudiziaria parigina. In primo luogo, perché non è un poliziotto privato (ma questa preferenza per il poliziotto ufficiale è forse una caratteristica comune a molti scrittori francesi di ""gialli"""":segno di un diverso rapporto tra il cittadino e le istituzioni). Poi, perché è un personaggio e non un tipo. Un personaggio che ha avuto un infanzia, che ha dei ricordi, che si è sposato, che ha il cruccio di non avere figli, che ha fatto carriera, che va in pensione. Dal 1930, anno in cui Maigret compare nel romanzo Pietro il lettone, ad oggi, l'abbiamo visto diventare sempre più vivo, più umano, più reale. Tanto reale che ad un certo punto è arrivato a sdoppiarsi, ad assumere una duplice esistenza: personaggio reale e personaggio fantastico, come quelli di Unamuno e di Pirandello; e il personaggio reale che polemizza con l'autore del personaggio fantastico, affermando la propria realtà e i propri diritti in quanto personaggio reale.rnrn""""Nel 1961, quando ancora Simenon era confinato fra gli scrittori di serie B, Sciascia, dopo aver dichiarato che i suoi romanzi valevano ben più di quelli dell'école du regard, aggiungeva: «... e forse anche qualcuna delle avventure del commissario Maigret ha più diritto di sopravvivenza di quanto ne abbiano certi romanzi che, a non averli letti, si rischia di sfigurare in un caffè o in un salotto letterario». Questione di chiaroveggenza, certo. E di perspicacia, come quando, sempre nel 1961, scriveva: «Maigret è l'elemento cui la realtà reagisce: una specie di elemento chimico che rivela una città, un mondo, una poetica». Ma anche di passione per un genere - la letteratura poliziesca - da sempre frequentato: con una spiccata simpatia per il «modulo», scaturito da Poe, che del giallo fa un rigoroso cruciverba narrativo, un gioco ingegnoso. Quel che in questo libro scopriamo è che sin dai primi anni Cinquanta Sciascia ha anche costantemente indagato la letteratura gialla, quasi volesse chiarire a se stesso le ragioni della sua passione e costruire una sorta di mappa, una genealogia degli autori più amati - Chesterton, Agatha Ghristie, Erle Stanley Gardner, Rex Stout, Simenon, Geoffrey Holiday Hall e altri ancora. Offrendoci così trascinanti riflessioni e insieme gli indizi indispensabili per individuare le ascendenze dei protagonisti dei suoi gialli: dal capitano Bellodi del 'Giorno della civetta' all'ispettore Rogas del 'Contesto', al brigadiere Lagandara di 'Una storia semplice'."""" (a cura di Paolo Squillacioti)"" -
Lo spirito della fantascienza
In questo libro – che è in sé stesso un rito di iniziazione, e un ritratto dell'autore da giovane – la scrittura di un Bolaño non ancora trentenne è letteralmente sfrenata: un fuoco d'artificio di effetti speciali, apparizioni, visioni, allucinazioni, sogni psichedelici e scene surreali – quasi una scrittura «in acido».rnrnI lettori di Bolaño l'hanno capito da tempo: l'universo narrativo di questo autore (oggetto di un culto fervido quanto ormai diffusissimo) è simile a una ragnatela, a un labirinto, alla mappa di un'isola misteriosa, a una galleria degli specchi come quella della Signora di Shanghai, a una scacchiera, a un campo gravitazionale – o a un complesso organismo vivente. In ogni suo libro, infatti, quasi in ogni sua pagina, vi sono tracce, indizi, sintomi che rimandano ad altro, a qualcosa che era già – o che sarebbe poi stato – presente in altri libri. Qui, sullo sfondo di una Città del Messico concretissima e fantasmatica al tempo stesso, assistiamo all'iniziazione alla vita e all'amore di «un goffo poeta di ventun anni», «un nuovo arrivato piuttosto pretenzioso», il quale divide una stanza sul tetto con un giovanissimo scrittore che non esce mai di casa, vede topi mutanti sul soffitto e scrive lettere liriche e deliranti ad autori nordamericani di fantascienza. Un filo narrativo al quale (come sempre in Bolaño) se ne intrecciano altri: le lezioni radiotrasmesse del responsabile dell'Accademia della Patata di Santa Bárbara, scene della seconda guerra mondiale, aneddoti su altri scrittori... In questo libro – che è in sé stesso un rito di iniziazione, e un ritratto dell'autore da giovane – la scrittura di un Bolaño non ancora trentenne è letteralmente sfrenata: un fuoco d'artificio di effetti speciali, apparizioni, visioni, allucinazioni, sogni psichedelici e scene surreali – quasi una scrittura «in acido». E invece gli appunti che troviamo in appendice al volume rendono conto dell'intenso e meditato lavoro di messa a punto dell'architettura del romanzo. -
Marie aspetta Marie
Chi ha letto La donna di Gilles sa che non c'è un'altra scrittrice capace come Madeleine Bourdouxhe di raccontare gli sbigottimenti e le lusinghe dell'amore: senza sbavature né svenevolezze, ma con un'intensità e un'evidenza che hanno qualcosa di lancinante. rnrnIn questo secondo romanzo della Bourdouxhe (che Jonathan Coe ha definito «una delle più belle scoperte letterarie degli ultimi anni») non siamo più nella grigia e fuligginosa periferia di Liegi, bensì nella douceur de vivre della Parigi della fine degli anni Trenta; e se Élisa, la struggente protagonista della Donna di Gilles, viveva nell'attesa, nel dono di sé, nella devozione assoluta per un marito di cui tutto sapeva accogliere e perdonare, Marie (che pure ama profondamente il suo, di marito) scopre la violenza della passione quando, su una spiaggia della Costa Azzurra, incrocia lo sguardo di un ragazzo di vent'anni dalle spalle sottili, i fianchi stretti e le lunghe gambe abbronzate. Un pomeriggio si incontrano, come per caso, su un sentiero che costeggia il mare e, su un pezzetto di carta che lei non getterà, lui scrive un numero di telefono. Che Marie chiamerà, tornata a Parigi, dalla cabina telefonica di un caffè. In una breve Nota all'edizione Gallimard della Donna di Gilles, Madeleine Bourdouxhe aveva scritto: «L'annientamento nell'amore: un po' la storia di tutte le donne», ma qui la prospettiva è cambiata, e il suo sguardo segue con vibrante complicità il percorso di una donna che affronta, con un'audacia che quasi la stupisce, «l'intransigenza del desiderio». E che alla fine del libro, a chi le chiede il suo nome, risponde di chiamarsi Marie – «Marie e basta». -
Il viandante musicale
Per oltre cinquant'anni, a partire da Chopinrno del timbro, Mario Bortolotto è stato la guidarnindispensabile per chiunque volesse avventurarsirnin quel territorio sconfinato ernirto di pericoli che è la musica modernarn(dal Lied romantico all'Ottocento russo ernfrancese, all’Opera, passando per Wagnerrne Strauss, fino alla Nuova Musica). rnrnE lo èrnstato per una ragione ben precisa: la suarnineguagliata capacità – unita a una conoscenzarndella materia pressoché sterminatarn– di far parlare la musica. Qualcosa dirnparagonabile forse soltanto a quello chernseppe fare Roberto Longhi con la pitturarnitaliana.rnAll'attività di storico e musicologo Bortolottornha affiancato per tutta la vita quellarndi critico, beffardo e infallibile, che harnesercitato instancabilmente in giro per ilrnmondo. Ma questa nuova scelta di suoirnscritti mostra ancora una volta, come semprernin tutte le direzioni (da Beethoven arnStrawinsky, da Schubert a Stockhausen),rnquale fosse la sua vera e più segreta vocazione:rnessere un viandante – fedele soltantorna quell'arte obliqua che amava attribuirerna Brahms, ma di cui lui stesso fu maestrorninsuperato: «l'incomparabile dono del dirernle cose a metà, del dirle e non dirle, inrnmodo da alludere o indicare sempre orizzontirnche all'inizio non erano in gioco,rnnon erano annunciati». -
Brutti incontri al chiaro di luna. Il rapimento del generale Kreipe
Un resoconto asciutto e dettagliato dei fatti, annotati in forma di diario mentre stavano accadendo, che ancora oggi non ha perso nulla della sua forza romanzesca.rnrnrn«Elias è appena tornato dal suo osservatorio sulla strada e dice che Kreipe ha lasciato la villa alla solita ora, diretto al quartier generale. Ha smesso di piovere e i cacciatori di lumache se ne sono andati. Abbiamo un paio d'ore a disposizione per indossare le uniformi tedesche, mangiare qualcosa e percorrere, in una ventina di minuti, il tratto da qui al luogo dell'operazione. E così, a Dio piacendo, si va... e al diavolo chi resta indietro!»rnrnCreta, 26 aprile 1944. Due ufficiali inglesi travestiti da tedeschi e tre partigiani cretesi rapiscono il generale Kreipe nei pressi di Villa Ariadne, la sua residenza ufficiale, e a bordo della sua automobile, come in un sogno, riescono a superare ventidue posti di blocco e a raggiungere le pendici del Monte Ida. Là si scatenerà una delle più epiche e rocambolesche cacce all'uomo di tutta la seconda guerra mondiale: venti giorni in fuga, braccati da migliaia di soldati, al termine dei quali, grazie all'aiuto della resistenza cretese, il commando lascerà miracolosamente l'isola alla volta del Cairo.rnQuei due ufficiali inglesi erano il capitano William Stanley Moss, detto Billy, un ragazzone di ventidue anni dai modi non proprio cordiali e che non sapeva una parola di tedesco, e il maggiore Patrick Leigh Fermor, detto Paddy, solo di qualche anno più vecchio, ma che già aveva attraversato a piedi l'Europa come un cavaliere errante e presto sarebbe diventato uno dei grandi scrittori di viaggio del Novecento. Molte storie sono state raccontate su questa impresa leggendaria – e Fermor stesso scrisse sull'episodio alcune pagine memorabili –, ma soltanto il libro di Moss permette di ricostruire dall'interno come siano andate veramente le cose. -
Danze e leggende dell'antica Cina
«Tutte le dinastie iniziano con un sacrificio» scrive Granet in un passo cruciale di questo libro, dove, forzando le «segrete della mentalità cinese» (Wilcock), fa rivivere la struttura sociale, la mitologia, la religione della Cina arcaica. rnrnGuidandoci attraverso un mondo popolato di animali fantastici e scandito da feste primaverili, offerte al fiume, danze sciamaniche che propiziano il contatto con gli antenati, Granet ci schiude il mito di Yu il Grande, fondatore della dinastia Hia (III millennio a.C.), e per restituirne l'epopea ricorre a ogni genere di fonti: canti, proverbi, leggende, ma anche esili tracce celate nel canone della letteratura classica. Se «l'Ordine del Mondo dipende dalla Virtù Regale», la storia di Yu il Grande coincide con una nuova disposizione e organizzazione cosmica, un nuovo ordinamento dello spazio e del tempo – decisivo spartiacque fra due epoche. Questo libro, il più audace di Granet, si distanzia da tutte le opere maestre della sinologia (incluse quelle dello stesso Granet) perché non è una esposizione analitica, ma una messa in scena delle primordiali immagini del mondo cinese, come se le vedessimo incidersi sul guscio di una tartaruga, alla maniera degli esagrammi dello I Ching – come se la Cina arcaica parlasse con i suoi passi di danza e ostentando i suoi emblemi. Se un giorno si dovesse fare una lista molto severa dei libri essenziali del Novecento – di tutti i generi – Danze e leggende dell’antica Cina non vi potrebbe mancare. -
Al di là delle parole. Che cosa provano e pensano gli animali
Parliamo di ""esseri umani e animali"""", come se tutti i viventi ricadessero in due sole categorie: noi e tutti gli animali. Eppure abbiamo addestrato gli elefanti a trascinare tronchi d'albero fuori dalla foresta; nei laboratori abbiamo fatto percorrere labirinti ai ratti, per studiare l'apprendimento; e i piccioni ci hanno insegnato i rudimenti della psicologia beccando i bersagli che gli mostravamo. Studiamo i moscerini per imparare come funziona il nostro DNA, e infettiamo le scimmie per mettere a punto cure da usare sugli esseri umani; nelle nostre case e nelle nostre città i cani proteggono e guidano persone che possono vedere solo grazie agli occhi dei loro compagni a quattro zampe. A dispetto di tutta questa intimità, conserviamo una tentennante insistenza sul fatto che gli """"animali"""" non sono come noi - benché noi stessi siamo animali. Potrebbe mai una relazione basarsi su un fraintendimento più profondo?rnNegli ultimi decenni le scienze biologichernhanno ricostruito i tratti evolutivi che ci leganornagli altri animali (dai pesci ai primati)rnsul piano morfologico e genetico. Un risultatorngià stupefacente, se non fosse chernora – grazie a studiosi della finezza e percettivitàrndi Carl Safina – ci avviamo a un saltornulteriore: verificare l'incidenza di queirntratti a livello cognitivo e affettivo-emotivo.rnDa rigoroso ricercatore sul campo, Safinarnci immette in tre paesaggi esemplari: unarnriserva africana, dove elefanti dalle variegatern«personalità» si aggregano in una spiccatarnsocialità (non a caso i Masai li consideranorndotati di un'«anima» al pari deglirnumani); il parco di Yellowstone, dove i lupirn– reintrodotti di recente – si muovonornecheggiando cadenze pleistoceniche, frarnstrategie di predazione e sorprendenti gerarchiernsociali (le femmine, per esempio,rnsono deputate ai dilemmi decisionali comernrestare/partire); e le acque cristallinerndel Pacifico nordoccidentale, dove cetaceirndi diverse specie dispiegano la vertigine dellarnloro visione «acustica» e interagisconorncol Sapiens in modi inaspettati e toccanti.rnPenetriamo così in un ventaglio di intelligenze,rn«coscienze» e «visioni del mondo»rndi altri animali – con cui condividiamo moltirn«correlati neurali», a partire dal cervellorn«antico» e dalla sua tastiera emotiva – insiemernfamiliari e aliene, contigue e alternative.rnAl punto da mettere in dubbio, ancorarnuna volta, la tesi secondo la quale l'uomornsarebbe la misura di tutte le cose."" -
Il pensiero cinese
Opera capitale e innovatrice, sia per la sostanza sia per il metodo, Il pensiero cinese è il libro della piena maturità di Marcel Granet, dove vengono a confluire e ad amplificarsi i risultati delle sue geniali ricerche. Il lettore non vi troverà soltanto una storia del pensiero cinese, ordinata per date e autori. Con questo libro un sinologo ha provato, con straordinaria felicità, a ricostruire una per una le categorie in cui il pensiero cinese si è manifestato.rnrn«Un uomo nel 1934 volle vincere le forze invisibili che così tenacemente difendono le segrete della mentalità cinese. Era sinologo provetto, era vissuto due anni in Cina, scriveva e pensava in francese con stile ... Si chiama Marcel Granet; tutta una vita conversò con i Maestri del quinto secolo prima di Cristo; divenne un loro contemporaneo, forse un loro adepto; in Paradiso avrà conosciuto - se ancora la ricordano - la loro dottrina vera, non deformata dalle glosse ... Le ombre parlanti di Lao Tse, di Kong Fu Tse (Confucio) , di Chuang-Tse, di Meng-Tse (Mencio) - nomi in cui il vocabolo ""tse"""" sta a significare maestro o filosofo - intrecciano coralmente nel suo libro le loro dottrine, sospese nel vuoto dei loro venticinque secoli, come quelle figure aeree dei paraventi di seta ormai scomparsi». (J. Rodolfo Wilcock)"" -
Un vaso d'alabastro illuminato dall'interno. Diari
Un moto sussultorio accompagna il transito terreno di Byron: una furiosa galoppata che possiamo ripercorrere attraverso questi Diari, unici scampati al rogo delle sue memorie. Sono sei documenti di epoche cruciali: un diario londinese, all'apice del successo mondano e letterario; il diario di un viaggio nell'Oberland bernese; un diario ravennate ove s'intrecciano i conclamati amori con Teresa Guiccioli e i moti carbonari; un breve zibaldone; una raccolta di «pensieri slegati», che mostrano un Byron epigrammatico; e infine il diario della Grecia, interrotto dalla morte a Missolungi. Ne risulta un mosso ma preciso quadro della turbolenta traiettoria byroniana. Lo stile è secco, tagliente, vivace, corso da un brivido ancora settecentesco e un'elettricità tutta romantica. Le dolorose, feconde contraddizioni si fondono in un unicum che rivela la fascinosa, fatale sintonia tra l'autore-personaggio e la nuova generazione, motivo di una celebrità fino a lui impensabile; e poi il carisma, la natura camaleontica, il mistero e il magnetismo – ingredienti che, agitati come si conviene dalla sorte, vanno a comporre una miscela capace ancora di stordire. -
Nietzsche. Nuova ediz.
«Come Nietzsche aveva riconosciuto in Wagner il suo unico antagonista esistente e con ciò gli aveva tributato il più grande onore, così Heidegger ha dedicato a Nietzsche il suo scritto più articolato che tratti di un pensatore moderno, anche se in questo caso cronicamente inattuale, dandogli il supremo onore di definirlo ""l'ultimo metafisico dell'Occidente"""". E come Nietzsche si distacca in tutto dagli oppositori di Wagner, così Heidegger non ha molto a che fare con tutte le generazioni di critici e biasimatori di Nietzsche - è molto di più, è l'unico che risponda a Nietzsche.» (Roberto Galasso)"" -
Il fiume della coscienza
Una raccolta di scritti che ci offre la sintesi di tutte le tensioni conoscitive di Sacks nell'ampio ventaglio di discipline che si intersecano con la neurologia.rn""Conoscere la mia unicità e la mia antichità biologica, sapere che sono biologicamente imparentato con tutte le altre forme di vita, mi riempie di gioia. Questa conoscenza mi radica, permette che io mi senta a casa nel mondo della natura, che io abbia una percezione del mio significato biologico - quale che sia il mio ruolo nel mondo degli esseri umani e della cultura. E benché la vita animale sia di gran lunga più complessa di quella vegetale, e la vita umana di gran lunga più complessa di quella degli altri animali, io riconduco questa percezione del significato biologico all'epifania di Darwin sul significato dei fiori, e agli indizi che io stesso ne colsi, in un giardino londinese, ormai quasi una vita fa.""""rnRimasta sulla scrivania di Oliver Sacks finorna due settimane prima della morte, questarnraccolta di scritti ci offre la sintesi di tutte lernsue tensioni conoscitive nell'ampio ventagliorndi discipline che si intersecano con larnneurologia: botanica e anatomia animale,rnchimica e storia della scienza, filosofia e psicologiarn– senza dimenticare la passione letteraria.rnEd è proprio questo ventaglio a permettererna Sacks di scomporre il fiume dellarncoscienza umana, e di farne emergere i caratterirnpiù sconcertanti e controintuitivi.rnEsplorando le forme di vita «senziente» lungornl'intera scala degli «esseri organizzati» –rna partire da piante come la Mimosa pudica,rnle cui foglie si contraggono alla minima sollecitazionerntattile, e da certi vermi capacirndi auscultare le vibrazioni del terreno e dirnsfuggire così agli uccelli predatori –, Sacksrnci mostra come molte «menti» elementarirncondividano con noi proprietà fondamentali.rnE ci rivela anche come la fluidità e continuitàrndi quel «fiume» sia in realtà compostarnda una successione di microsequenze discreterne possa essere minata da «bachi» sensorialirnquali gli scotomi o l'ampia gamma dirnamnesie e inganni della memoria che varndai traumi sessuali immaginari a vere e propriernaffabulazioni (come quella di BinjaminrnWilkomirski, che descrive una sconvolgenternesperienza concentrazionaria senzarnaverla mai vissuta). La somma di queste indaginirnfinisce così per assumere un valorerntestamentario, facendo confluire le scoperterne gli interrogativi di un grande esploratorerndella mente e della natura."" -
Moravagine
"E se invece ce la facessimo? Se la nostra opera fosse coronata dal successo?... In questo caso dovremmo demolire tutto; demolire... ah ah ah... demolire perfino la sinistra. E poi... E poi?... Alcuni proseguiranno la lotta altrove, alcuni si butteranno addirittura con entusiasmo in un'azione su scala internazionale, un'universale impresa di demolizione. Ma noi, i capi, non ne abbiamo forse abbastanza, non siamo stanchi, sfiniti? Allora dovremmo disertare, abbandonare il campo, lasciare la nostra opera ad altri, ai dissidenti, ai seguaci, agli epigoni che si impadroniscono di tutto e prendono tutto sul serio, sempre... e realizzano... decidono... comandano... nuove leggi... un nuovo ordine... ah ah ah!... No, dopo ciò che abbiamo fatto non possiamo più accettare nulla, neanche la distruzione, la ricostruzione postuma... Annientare... Bisogna riuscire a far saltare in aria il mondo intero...""""rnBlaise Cendrars è stato definito «il grande avventuriero della letteratura moderna». Da quando scappò di casa, a sedici anni, «la sua vita non ha fatto che cambiare rapinosamente scenari». E molteplici, e rapinosi, sono anche gli scenari che attraversiamo in questo romanzo, una botte à surprises dalla quale vengono fuori, a ogni pagina, orrori e magnificenze. A farci da guida è un doppio dell'autore, che non per caso porta il nome di un anarchico ghigliottinato nel 1913, Raymond la Science. E un doppio diabolico e allucinato dell'autore è lo stesso Moravagine, ultimo discendente di una famiglia reale, che Raymond aiuta a fuggire da una clinica per alienati e in compagnia del quale vivrà le peripezie più mirabolanti: saranno terroristi nella Russia zarista del 1905, prigionieri degli indios blu sulle sponde dell'Orinoco, volontari nei corso della prima guerra mondiale... Moravagine è la «grande belva umana», «amorale», «fuorilegge», un essere che incarna la follia e il male, che uccide «spesso per puro divertimento», di preferenza giovani donne, e teorizza che «tutto quanto è solo disordine» e che chi ha paura del disordine ha paura della vita stessa: la quale non è altro che «delitto, furto, gelosia, fame, menzogna, sborra, stupidità, malattie, eruzioni vulcaniche, terremoti, mucchi di cadaveri», e che non esiste verità, ma solo l'azione, «l'azione effimera», «l'azione antagonista». Tra digressioni fascinose, anse maestose, deviazioni fulminee, veniamo irresistibilmente trascinati da una scrittura che, come rilevò la critica del tempo, possiede una «prodigiosa potenza pittorica, un misto di crudeltà, sensualità e lirismo» - uno stile la cui sfrenata libertà continua a vibrare." -
L' arte della matematica
Questo volume comprende otto lettererndi Simone Weil (tra le quali una minuta,rndue abbozzi e un testo mai spedito) ernquattro del fratello André, tutte scritterntra febbraio e aprile 1940.rnrnrn«... la matematica non è altro che un'arte;rnuna sorta di scultura in una materiarnestremamente dura e resistente (comerncerti porfidi che a volte usano, credo,rngli scultori)» - André Weilrn«Tu parli di arte e di materia dura; marnio non riesco a concepire in che cosarnconsista questa materia. Le arti propriamenterndette hanno una materia che esisternnel senso fisico della parola. La stessarnpoesia ha per materia il linguaggio vistorncome un insieme di suoni. La materiarndell'arte matematica è una metafora;rne a che cosa corrisponde questa metafora» - rnSimone Weil -
Camminare
In Camminare la prosa labirintica di Bernhard ha toccato una vetta di corrosiva perfezione. rn«È la prima uscita in lingua italiana di questo breve e acuminato romanzo del 1971. Una magistrale riflessione sulla follia del vivere cadenza un itinerario viennese nel quale si riversa la feroce amarezza esistenziale bernahardiana» - Robinson, La Repubblicarn«Mentre io, prima che Karrer impazzisse, camminavo con Oehler solo di mercoledì, ora, dopo che Karrer è impazzito, cammino con Oehler anche di lunedì ... ho salvato Oehler dall'orrore ... perché non c'è nulla di più orribile del dover camminare da soli di lunedì»: bastano poche frasi, ad apertura di pagina, a immergerci nel flusso ipnotico della scrittura di Thomas Bernhard. Ma perché, e quando, Karrer è impazzito? Forse, dice Oehler (che come molti personaggi di Bernhard è contagiato da una «micidiale tendenza al soliloquio» e al «meditare sino allo sfinimento su cose insolubili»), c'entra il suicidio dell'amico Hollensteiner – il chimico annientato dalla «bassezza» dello Stato austriaco, che «nulla odia più profondamente di chi è fuori dall'ordinario». O forse l'aver esercitato sino in fondo «l'arte di esistere contro i fatti» – di esistere, cioè, «contro ciò che è insopportabile e contro ciò che è orribile». Al momento in cui Karrer ha varcato «il confine della pazzia definitiva», Oehler ha assistito personalmente: ed è, quella che racconta con precisi, ossessivi, grotteschi dettagli, una sequenza di irresistibile e insieme tragica comicità che fa pensare a certe pagine di Kafka. In Camminare la prosa labirintica di Bernhard ha toccato una vetta di corrosiva perfezione. rnTraduzione di Giovanna Agabio. -
Un momento di guerra
"Eravamo una compagnia diseguale: grandi e piccoli, per lo più giovani, dalle guance incavate, cenciosi, pallidi, figli della depressa e inquieta Europa. Ma pur confusi com'eravamo durante la marcia, sembravamo avere negli occhi un fervore crescente. Cercavamo maldestramente di trovare un ordine che dimostrasse il nostro coraggio, e nel momento in cui ci mettemmo in riga e al passo insieme e sfilammo di nuovo davanti al comandante, alzando il pugno chiuso provammo un ardore in petto e un nodo alla gola che fecero di tutti noi degli eroi e dei guerrieri.""""rnLaurie Lee ha ventitré anni quando, unrngiorno d'inverno del 1937, parte alla voltarndella Spagna per combattere per la causarnrepubblicana. Questo libro è il raccontorndelle sue avventure durante quella tragicarnpagina di storia, in una terra dove tuttornciò che incontra è estremo: la natura asperrimarndei luoghi, la durezza del clima,rnla scarsità di cibo. Ma lui non batte ciglio.rnCosì un episodio atroce come la guerra civilernspagnola, trattato per una volta senzarnretorica, ci appare di colpo nuovo. Lorenzorn– questo il suo nome di battaglia – si ritrovarnfra i tanti uomini di ogni tendenzarnideologica accorsi da tutto il mondo nellernbrigate internazionali: una congerie chernsarebbe eufemistico de$nire sprovveduta.rnGià le esercitazioni – gli assalti alla collinarncon i fucili $nti, e in cima le mitragliatricirnsimulate battendo con i bastoni sullernlatte d'olio – danno un'idea di come andràrna $nire. I «nostri» devono ancora impararernche «l'idealismo non ha mai fermatornun carro armato» – e non fermerà quellirndi Franco, pesantemente equipaggiatornda tedeschi e italiani. L'occhio di LauriernLee, la sua felicità di lingua e di scritturarnilluminano momenti, luoghi, uomini conrnun fascio di luce vivissima, e il racconto, insiemerningenuo e clinico, resta dolorosamenternlieve a dispetto di tutto, $no al ritornorn«senza onore» a Londra – poichérn«entrare in Spagna e in una guerra» furn«sin troppo facile», ma «uscirne lo fu ancorarndi più»."