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Solitudine e bellezza del terzino sinistro. Davide Santon e gli altri. Vite laterali
"Non di eroi, non di meravigliosi pedatori, nemmeno di formidabili dialogatovi con la sfera, né di imprendibili funamboli. Non si parlerà di questo. Solo, di terzini. Tra tutti i ruoli, il più triste. 'Every day I work so hard, bringin' home my hard earned pay.' 'Ogni giorno lavoro molto, e porto a casa la mia faticosa paga.' Spunta da Dazed and Confused dei Led Zeppelin, e non è scritta per un terzino, ma è come se. Perché un terzino lavora, fatica, si sbatte e combatte e poi resta comunque là in fondo, indietro, lontano, di lato e comunque, un terzino è il più piccolo, il meno influente in genere sul destino del gioco, uomo di fatica, di copertura, di lavoro, di carboneria. Piccolo minatore del verde, nel rugby sarebbe una seconda linea, un quattro o un cinque, uomini da ruck, da maglia sporca, da contesa cruda, sostegno, sostegno, salti, ricerca del pallone, e in mezzo botte, spinte, terra, tanta terra raccolta, arata, insanguinata." -
Il curioso caso di Ciro Ferrara
Ci sono persone baciate dal dio Talento, che vengono al mondo con tutto l'occorrente per il successo, e ci sono persone che nascono con un feroce desiderio di migliorarsi, per le quali l'obiettivo raggiunto è solo un punto di partenza verso un'altra avventura da affrontare con rinnovata determinazione e coraggio. Ciro Ferrara appartiene a quest'ultima tipologia di uomini. Caso più unico che raro, è stato il primo allenatore al mondo a difendere la società che lo stava licenziando. Una Juventus accusata di non aver accompagnato e protetto come si conveniva il suo giovane comandante in uno dei periodi più delicati della sua storia. L'autore esamina il fallimento della stagione bianconera ripercorrendo la gestione Ferrara tra rapide impennate e brusche discese: infortuni in serie, giocatori incapaci di reagire di fronte alle difficoltà, una società senza più timone. Ma la storia di Ferrara è anche altro, e parte da lontano: è la storia di un giocatore che, insieme a stelle come Maradona, Zola, Zidane e Del Piero, ha fatto la storia del Napoli e della Juventus, del calcio italiano e di una fetta di quello mondiale, da Stoccarda a Tokyo, passando per Lecce, Udine e Berlino. Una storia che non è certo finita in una fredda notte di Milano. Il ritratto a più voci del calciatore-allenatore si salda strettamente con quello dell'uomo Ciro Ferrara, campione sui campi di calcio e persona perbene nella vita di tutti i giorni. (Prefazione di Darwin Pastorin) -
Non solo coppe. Berlusconi e il Milan
Primavere 1986: il Milan di Giussy Farina allenato da Nils Liedholm è sull'orlo del fallimento, sportivo e societario. Azioni sequestrate dalla magistratura, un presidente in fuga e creditori inferociti alle porte di Mianello. Un attimo prima che i libri contabili vengano portati in tribunale Silvio Berlusconi, dopo mesi di tentennamenti e trattative al ribasso, compra il club di via Turati per cambiare la storia. Del calcio, certo, ma anche della sua vita. Maggio 1994: vinte le elezioni, quattro mesi dopo aver annunciato ufficialmente la sua discesa in campo, Silvio Berlusconi varca le soglie di Palazzo Chigi pattinando sul pantano di Mani Pulite. Il Milan, ad Atene, ha appena conquistato la quinta Coppa Campioni, la terza della gestione del Cavaliere. E il compimento di una storia parallela fatta di calcio e autopromozione, trionfi personali e vittorie societarie. Pallone, televisione e politica. Van Basten, Pippo Baudo e Bonaiuti. I riflettori di San Siro, gli schermi tv e le luci della ribalta internazionale. -
Una vita da Capello
Capello è un testimone importante degli ultimi 60 anni di vita italiana. Ma Capello è qualcosa di più, è anche il simbolo di un italiano che ce l'ha fatta. Lui, figlio del maestro elementare Guerrino, nato a Pieris, cresciuto all'ombra della cortina di ferro, venuto su tra pallone e immersioni nel fiume Isonzo per cacciare le anguille, diventato uomo a Ferrara e calciatore importante a Roma, conquistati successi e fama a Torino e Milano, gavetta da allenatore nelle giovanili del Milan, scudetti e Coppa dei Campioni a Milano, Madrid, Roma e Torino, lui, Fabio Capello, sale sul trono della Nazionale inglese. E riscopre l'altra Inghilterra, quella che cova sempre sotto traccia e che continua a considerare gli Italians ""camerieri"""". È l'ennesimo giro di giostra della vita di Capello. Lui va avanti, tiene duro, non molla e non è solo una questione di soldi. Il calcio per lui è qualcosa di più: è una sfida continua."" -
La sua Africa. Storia di Samuel Eto'o
"Io lavoro in Europa, ma sogno in Africa"""". Con questa frase Samuel Eto'o ha sintetizzato il legame inscindibile con la terra delle sue origini. Quasi a voler sottolineare che, sì, gioca, vince e guadagna nel Vecchio Continente, ma, quando sogna, il suo cuore torna in Camerun. Questo libro è, così, un omaggio al giocatore Eto'o, ai gol con il Maiorca - la squadra del cuore -, ai trionfi con il Barcellona, alle vittorie con l'Inter. Ma, già nel titolo, è anche un omaggio a un continente contraddittorio, bello e povero, affascinante e dimenticato, ricco di umanità e tormentato da guerre. Un continente pieno di luci e ombre, proprio come Eto'o, giocatore di gran classe, """"capitano coraggioso"""" dei Leoni Indomabili del Camerun, protagonista di battaglie contro il razzismo e di una fondazione per aiutare i bambini del suo Paese. Ma anche dell'aggressione a un giornalista in sala stampa e di qualche caduta di stile nella vita privata. L'essenza di Eto'o è però forse nel gesto con cui, dopo il gol, esulta. Corre felice, il camerunese, e nello stesso tempo batte dei colpi con la mano destra sulle vene del braccio sinistro. """"Es el sangre de mi padre"""", """"E il sangue di mio padre"""", spiega. Con quel gesto Eto'o vuole ricordare da dove proviene il suo sangue. Sì, lui si è affermato in Spagna, con il Barcellona è salito sul tetto d'Europa, e in Italia, con l'Inter, ha vinto tutto, scudetto, Coppa Italia e Champions League... Ma il suo sangue è nero, lui è un figlio del Continente africano. Prefazione di Darwin Pastorin." -
La coscienza del diavolo. Leonardo o il lato umano del calcio
Coraggio e dignità. Anche quando c'è da ammettere di essere diversi, forse incompatibili. Incompatibili con un calcio in cui il lato umano è un po' messo da parte. In cui i sentimenti finiscono in secondo piano. Leonardo Nascimento de Araujo è un uomo che vive di sentimenti. Ha vinto un Mondiale da calciatore ma ha anche studiato da manager, spinto da un innato desiderio d'imparare, retaggio della adolescenza in una famiglia che ha sempre avuto a cuore gli studi. La sua stella polare però resta il cuore. Un cuore che ha spesso battuto per il Milan, la società che ha storicamente contraccambiato di più l'affetto di Leo. ""Nice guys finish last"""": così titolano i Green Day in una loro canzone, utilizzando quello che per un vecchio combattente del tennis come l'americano Brad Gilbert era diventato un aforisma. Leonardo è quello che definiremmo un bravo ragazzo, per la sua correttezza e la sua lealtà. Ma non arriva ultimo, perché ha il coraggio delle proprie idee, pur rispettando profondamente quelle altrui. Perché a il coraggio, spesso, di ragionare col cuore. I giocatori l'hanno capito, pur in una stagione difficile. I tifosi l'hanno sovente applaudito, nonostante due derby persi male. Il popolo del Milan ha preso una coscienza diversa. La coscienza del Diavolo."" -
El principe. Diego Milito
Argentino di nascita, italiano di discendenza, la storia di Diego Milito è la storia di un calciatore che appartiene a due continenti. Se i nonni erano partiti da Terranova di Sibari, provincia di Cosenza, per cercare fortuna in Sud America, lui, al contrario, la sua fortuna l'ha cercata e trovata in Italia. Arrivato con un bel carico di speranze, è riuscito nel Paese delle origini a raggiungere gli obiettivi più ambiziosi. Dagli esordi nel Racing Avellaneda che, dopo 35 anni di astinenza, conquisterà il titolo, al trasferimento al Genoa, grazie alla felice intuizione di Enrico Preziosi. La revoca della promozione in A della squadra ligure, per una storia di tangenti, aprirà al calciatore la parentesi spagnola. Nel Saragozza, in un alternarsi di successi e delusioni, riaffiorerà il vecchio dualismo con il fratello Gabriel, difensore del Barcelona. Ma sarà l'Italia il punto d'arrivo della sua definitiva maturazione e consacrazione. Infatti, dopo un breve ritorno al Genoa, vivrà da protagonista assoluto la grande avventura dell'Inter di Mourinho affamata di titoli: la Coppa Italia, con un suo gol in finale allo stadio Olimpico contro la Roma; lo scudetto, conquistato all'ultima giornata contro il Siena, ancora per merito suo; la Champions League, infine, che l'argentino sigillerà in finale con due reti e che varranno alla Beneamata la conquista del trofeo più prestigioso dopo 45 anni. -
Ti amo. (La) Roma dritta al cuore
Il racconto di una grande storia d'amore. L'amore tra una città e una squadra di calcio, così bello, passionale e spesso perfino irrazionale che la città e la squadra finiscono per identificarsi, per essere la stessa cosa. Un amore che va oltre le vittorie, i campioni, la bellezza della squadra, ""perché i giocatori passano, ma la Roma resta"""". È il senso di appartenenza che l'autore dichiara senza pudori. È il viaggio dentro i quartieri di una straordinaria città - vicoli, osterie, muri - dalla Garbatella a Testaccio, da San Giovanni a San Lorenzo, dall'Eur alla Balduina, passando per il Centro storico e Trastevere, idealmente attraversati da un gol di Totti o una punizione di Agostino Di Bartolomei, un colpo di testa di Pruzzo, una botta dalla distanza di De Rossi e una discesa di Francesco Rocca. È un viaggio senza tempo dentro l'educazione sentimentale di un bambino e l'amore collettivo di una città dove si intrecciano racconti di vita e partite epiche, volti sconosciuti e i nomi di quei """"figli"""" prediletti di cui andare orgogliosi. Roma e la Roma, un """"unico grande amore"""" come dice l'inno di Antonello Venditti. Roma e la Roma, perché qui, più che in qualsiasi altro posto, sembra che vivere tutti sotto la stessa bandiera abbia un senso, che la città e la squadra abbiano un unico respiro. Il volume è introdotto dalla Prefazione di Antonello Venditti."" -
Giochi proibiti. Cina e Tibet, l'Olimpiade senza pace
Questo libro ha solo la piccola pretesa di provare ad approfondire la cosiddetta ""questione tibetana"""" e di raccontare quanto è accaduto alla vigilia dell'Olimpiade di Pechino del 2008. È un libro di cronaca, che cerca di esplorare dentro i fatti. Le opinioni riportate sono quelle di alcuni personaggi - giornalisti, ex sportivi, atleti di oggi, manager - e di documenti ufficiali, firmati Amnesty International e Reporters sans Frontières. I fatti sono il punto di partenza. La protesta scoppiata il 10 marzo 2008 a Lhasa, la capitale della regione autonoma del Tibet, culminata nelle violenze del 14, ha riportato al centro dell'attenzione il problema del Tibet, una terra grande quattro volte l'Italia, occupata dalla Cina nel 1950 e con la massima autorità in esilio dal 1959. Nei giorni della protesta di marzo, il Dalai Lama ha usato un'espressione forte per descrivere l'attuale situazione in Tibet: """"È in atto un genocidio culturale"""". Il governo di Pechino ha rigettato le accuse, ma la verità, come diceva Gandhi, ha una faccia sola. Chi correrà per vincere la medaglia dei 100 metri, o cercherà di segnare il canestro decisivo nella finale del basket deve sapere che non lontano dalla pista, dal parquet ci sono migliaia di persone alle quali vengono negati i diritti più elementari o costrette a vivere in campi lager. Ha il diritto-dovere di sapere che laggiù, dove si alzano le vette più alte del mondo, c'è un popolo che reclama la sua identità."" -
Il mio amico Nils. Liedholm, l'uomo che spaventò Pelè
Nell'Italia che ancora si stava ricostruendo dopo la tragedia della Seconda guerra mondiale, fece la sua apparizione nell'ormai lontano 1949 un giovane contabile svedese, alto e secco, che fra le sue molteplici qualità aveva quella, già importante a quei tempi, di saper giocare piuttosto bene al calcio. Si chiamava Nils Liedholm ed era stato medaglia d'oro all'Olimpiade del '48 a Londra. Al suo Paese era già famoso. Venne al Milan e completò con Gunnar Nordahl e Gunnar Gren il magico trio del Gre-No-Li, che per anni incantò i tifosi rossoneri e gli amanti in tutta Italia del gioco del pallone. In qualche modo, i tre campioni svedesi rappresentarono una consolazione al grande dolore per la tragica fine, nel disastro aereo di Superga, dei campioni del Torino, che componevano la Nazionale azzurra. Da allora, e sin quasi al giorno della sua scomparsa, nel novembre del 2007, Nils Liedholm, fu un protagonista assoluto del calcio italiano, vincendo scudetti come giocatore e come allenatore e lasciando un ricordo incancellabile nelle squadre per le quali lavorò, dal Milan al Varese, dal Monza al Verona, dalla Fiorentina alla Roma. -
Il Sessantotto a pedali. Al giro con Eddy Merckx
Si fa un gran parlare del '68. Forse, però, non sono molti quelli che ricordano l'anno ribelle da un punto di vista sportivo. L'anno del cinquantunesimo Giro d'Italia, vinto e stravinto da un fantastico quanto dirompente e iconoclasta Eddy Merckx. Eddy voleva tutto e tutto si prendeva, con una forza e un'arroganza bestiale. Attraverso un falso diario di un ciclista mai esistito che partecipa per caso a quell'edizione del giro, Ricci riporta il lettore nel 1968. Nel racconto allucinato, in cui avvenimenti grandi e piccoli si mescolano con le vicende agonistiche, tutto sembra accadere secondo la logica del moto perpetuo. Parigi, Milano, Cannes, Praga, Roma, Jimi Hendrix e Marcuse, la Triennale e la banda Cavallaro, Cohn-Bendit e Bob Kennedy, Dino Buzzati e Sartre, Montale e la Cederna, Pasolini e la sua lettera, Moratti che lascia a Invernizzi, Brera che torna direttore della Gazza. -
Da Marrakech a Baghdad. Viaggio nel calcio di Allah
Benvenuti nel calcio di Allah, dove l'ultimo dei muezzin conta più dell'allenatore della Nazionale. Da Marrakech a Baghdad, tra le tribù del disordine organizzato. Dove Al Owairan è più famoso di Maradona, lo zio di Zidane vanta più estimatore di Zizou, un pescatore di ostriche guadagna più di Ronaldinho e un impiegato di banca vince il Pallone d'Oro. Benvenuti nel pianeta Islam, tra Corano e petroldollari. Tra calciatori dimenticati all'aeroporto, goleador brasiliani che si improvvisano inviati di guerra, centravanti che giocano nella squadra di Bin Laden e allenatori mercenari in Sudan. Un caleidoscopio di colori, emozioni e pagine di vita. Basta non fermarsi alle apparenze, alle intolleranze e ai luoghi comuni. Il terrorismo è solo una scheggia impazzita che alberga in una civiltà meravigliosa e anche a Kabul le ragazze possono sognare Beckham... Storie sulla tracce di un calcio vero e spontaneo. È Islam, ma non chiamatelo medioevo. -
La prima volta. Perché dal 2008 l'America non sarà più la stessa
Le elezioni presidenziali americane sono l'evento politico globale del 2008. Finita l'era Bush, gli Stati Uniti dovranno scegliere chi mandare alla Casa Bianca, a chi affidarsi per sentirsi sicuri, prosperi e felici. È come se si ricominciasse da zero, perché queste sono le elezioni della storia. Le più ricche di sempre, le prime a superare la barriera del miliardo di dollari, le più lunghe, le più indecifrabili, le più dure, le uniche negli ultimi cinquant'anni in cui né il presidente, né il suo vice si ripresentano per chiedere alla gente di ridargli fiducia. Sono le elezioni della prima volta: la prima volta in cui una donna, un afroamericano, un italoamericano, un mormone possono davvero arrivare alla Casa Bianca. Queste elezioni hanno soprattutto il volto di Hillary Clinton, pronta a fare la storia. È lei il personaggio, la calamità, l'attrazione, la protagonista principale: l'ex first lady che uscì dalla Casa Bianca dalla porta di servizio pensando a come entrare dall'ingresso principale, la donna politica più celebre del pianeta. L'America la ama e la odia: queste elezioni sono quasi un referendum su di lei. Chiunque vinca, comunque, entrerà nella storia e gli Stati Uniti d'America, e forse il mondo, non saranno più gli stessi. -
Fabio Cannavaro, lo scugnizzo d'oro
Nato a pochi passi dallo stadio San Paolo di Napoli, Fabio Cannavaro è riuscito ad alzare la Coppa del Mondo da capitano della Nazionale e a vincere il Pallone d'oro. La biografia del famoso calciatore narra gesta, segreti, ricordi e aneddoti di chi lo ha conosciuto da vicino, in una storia che ha come sfondo la sua città, Napoli, per cui Fabio Cannavaro è rimasto semplicemente lo ""scugnizzo della Loggetta"""". Una favola a lieto fine per i ragazzi napoletani, ma non solo, perché possano sognare di farcela, un giorno."" -
Lo sberleffo di Godot 2. Alessandro del Piero: l'orgoglio del campione del mondo
Alessandro Del Piero si sta confermando sempre più una delle ultime bandiere del calcio italiano: a 32 anni, la sua camera si identifica ormai in maniera assoluta con la maglia bianconera della Juventus, indossata per la prima volta quando era poco più che adolescente, e in parallelo con la maglia azzurra della Nazionale oggi campione del mondo. Simbolo di correttezza sportiva e di fedeltà ai propri colori, qui ne viene tratteggiato il ritratto attraverso le testimonianze e i racconti esclusivi di chi lo conosce bene: allenatori della Juventus e commissari tecnici della Nazionale, da Fabio Capello a Marcello Lippi; vecchi compagni di squadra come Ferrara e Di Livio; l'amico don Luigi Ciotti. È una lunga biografia che lo stesso Del Piero, attraverso un'intervista, ripercorre in prima persona nei suoi passaggi fondamentali, anche quelli più privati. Ma è anche una storia fatta di polemiche, di finali perse, di gravi infortuni, di Europei e Mondiali mai coronati dal successo. Il tutto riscattato dalla spedizione in Germania con la Nazionale di Lippi proprio mentre in Italia esplodeva lo scandalo di ""Calciopoli"""". Di questo appassionante e spesso sconcertante ultimo capitolo, Del Piero è un protagonista autorevole: c'è la sua amarezza, la sua rabbia, ma anche la voglia di combattere e reagire alle avversità, fino alla decisione, una vera e propria dichiarazione di amore, di restare alla Juventus anche in serie B."" -
Centodieci minuti, una vita. La parabola di Zinédine Zidane
Il 7 maggio aveva dato l'addio al pubblico di Madrid, giocando come un dio del pallone, e quando la gente grida il suo nome piange come un bambino. Eppure il 17 è già in ritiro con quella Nazionale che aveva abbandonato e a cui è ritornato. Va in campo e l'ultima partita si trasforma sempre nella penultima. L'ultima recita è la finale dei Mondiali 2006: Berlino, stadio Olimpico, Italia-Francia. Quella partita, così emblematica, diventa il filo conduttore, unità di tempo e di spazio, per ripercorrere gli ultimi quattro mesi di Zizou e la sua strabiliante camera. Dentro quei 110 minuti c'è tutto: il rigore calciato e segnato con il cucchiaio, il capitano che riordina la squadra, l'artista del pallone che mette alle corde Cannavaro e Gattuso, il colpo di testa che cerca il gol, come nella finale del '98, la testata a Materazzi che mette la parola fine a una carriera. Epopea di uno dei più grandi numeri 10 della storia del calcio che sfila a testa bassa verso gli spogliatoi passando a pochi centimetri da quella Coppa del Mondo che poteva alzare per la seconda volta, - e che non ricompare nemmeno al momento della premiazione. La medaglia d'argento lui non la vuole. Epopea di un'icona del calcio tra sport e letteratura, un feuilleton nella tradizione dei grandi scrittori francesi. -
Il camoscio e il borraccino. Vito Taccone. Con DVD
Attraverso la chiave della metafora narrativa, gli autori de ""Il camoscio e il borraccino"""" seguono il filo dell'ultima intervista rilasciata dal campione italiano di ciclismo, Vito Taccone, in occasione del film, qui allegato, Taccone - Fuga in salita, che Elisabetta Pandimiglio e Cesar Meneghetti girarono intorno alla figura del grande ciclista scomparso nel 2007. Soprannominato """"Camoscio d'Abruzzo"""", nel 1963 vince quattro tappe di fila al Giro d'Italia, raggiungendo rapidamente una popolarità straordinaria che lo riscatta dalla miseria a cui sembrava destinato. I suoi racconti - integrati da storie e testimonianze che ricostruiscono l'epoca in cui ha vissuto questo combattente ostinato - si animano di passione, si accendono di scatti improvvisi come a tradurre verbalmente il suo stile sportivo e la sua scelta di vita. Il ricordo di fatti drammatici si accavalla a quello di aneddoti curiosi. La battuta sempre pronta non oscura un'istintiva capacità di organizzare e analizzare la complessità di un'esistenza fuori dagli schemi, tempestata di momenti duri in cui la sofferenza personale si intreccia strettamente a quella collettiva. E nel ripercorrere con passione le sue fughe in salita, ci svela con dolorosa rabbia le pieghe nascoste del più popolare sport italiano degli anni Sessanta, ritrovandosi improvvisamente a confessare un segreto scottante che mai avrebbe pensato di portare alla luce."" -
La partita di Cesare. Prandelli, il calcio a misura d'uomo
A Cesare Prandelli è affidato il compito arduo di ricostruire quasi da zero un ambiente umiliato e sepolto dalle macerie. Dopo una eliminazione senza vittorie dal Mondiale sudafricano, in un girone tra i più facili che si potessero sperare, il destino ha voluto che quella Nazionale che l'uomo di Orzinuovi andrà ad allenare abbia toccato il suo punto più basso. Ma se la vera vittoria di Cesare a Firenze è stata aiutare una città e la sua squadra a cambiare mentalità, rimettendosi con i piedi in terra e imparando a fare i conti con la realtà, a sognare, certo, ma senza farsi prendere dall'ansia del risultato, forse Prandelli è l'uomo giusto al posto giusto. Un capitano coraggioso e dai modi garbati - mai una parola sopra le righe, mai uno scatto di nervosismo o di frustrazione - un uomo serio, una persona per bene; che sia anche un tecnico tra i migliori in circolazione, non solo in Italia, è quasi un dettaglio. Aver scelto lui significa aver dato un nuovo senso alla Nazionale azzurra. A suo modo un saggio, dotato di intelligenza e di equilibrio. Un uomo, appunto, prima che un allenatore. -
Non dite a mia mamma che faccio il giornalista sportivo (lei mi crede scippatore di vecchiette)
E adesso eccomi qui con questo libro, io aspirante killer o quasi di un giornalismo sportivo che pure ho amato e amo, che ha dato da campare a me e alla mia famiglia. È vero, è verissimo che di questo giornalismo penso male, che voglio il suo male. Non sputo nel piatto in cui ho mangiato: lo rompo. Non so se per troppo amore verso una creatura che vorrei perfetta, secondo i miei parametri che mica sono vangelo, o per incoerenza, o per chissacosa, ma sempre più mando al diavolo tutto e tutti nel giornalismo sportivo di adesso: e non nel senso di scocciarmi di ogni cosa e di appartarmi, ritirarmi, ma di sperare di vedere la loro fine, la fine di un certo mondo. -
Il favoloso mondo di Francesca. Francesca Schiavone si racconta
La prestigiosa rivista ""Sport Illustrated"""" ha menzionato Francesca tra gli atleti candidati al titolo di """"Sportsman of the Year"""", riconoscendo all' azzurra di aver riportato il tennis d'attacco nel circuito femminile, dopo gli anni di dominio della potenza sulla tecnica: """"La vittoria in Francia della Schiavone è la storia del 2010, la sfavorita che si ribella alla piattezza stilistica del circuito. L'immagine dell'anno è il suo bacio alla terra rossa parigina"""". La milanese, classe 1980, ha vinto lo Slam, che con Wimbledon si divide lo scettro di torneo più importante, non solo grazie al suo carattere indomito: Francesca ha vinto perché ha giocato un grandissimo tennis. La sua finale è stata definita da più esperti come l'atto conclusivo più emozionante e tecnicamente più valido degli ultimi dieci anni del tennis femminile. Hanno celebrato il suo successo mostri sacri come John McEnroe, Martina Navratilova, Mats Wilander e Guga Kuerten. Ed è una vittoria che arriva da lontano, non è improvvisata e non sarà isolata. L'inizio del 2011 ha poi detto ancora di più, e cioè che la Schiavone può essere qualcosa di meglio persino dei celebrati giorni francesi, vale oltre il quarto posto - eguagliato il record di Panatta -ottenuto nella classifica mondiale dopo lo Slam australiano.""