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Storie di pirati. Ediz. illustrata
Chi l'avrebbe mai detto che tra le primissime storie di pirati saccheggiate a piene mani dalle sceneggiature di tanti colossal ambientati nei Caraibi ci fossero quelle firmate dall'inventore di Sherlock Holmes? La serie di storie dedicate da Conan Doyle allo spietato capitano Sharkey e alle sue scorrerie nei mari dei Caraibi e delle Antille, è un vero forziere di trame avventurose, colpi di scena, travestimenti, ammutinamenti, battaglie all'ultimo sangue e inseguimenti in tempesta. Per non parlare dei personaggi - da Sharkey e la sua marmaglia di ribaldi avidi e ubriaconi, pronti a tutto pur di mettere le mani sul bottino, ai capitani coraggiosi di mercantili e ai balenieri che solcano gli oceani, pur consapevoli di essere ghiotte prede per quegli insaziabili lestofanti. Non c'è dettaglio del nostro attuale immaginario piratesco che non sembri uscito in prima istanza dalla penna di Arthur Conan Doyle, e dal ciclo di avventure che qui si presenta. Ad accrescere l'ebbrezza di questa epopea, il lettore scoprirà tra le pagine del volume un altro autentico tesoro: i disegni e le illustrazioni di Howard Pyle, l'artista americano cui dobbiamo lo stereotipo moderno dell'immagine del pirata. Talento contemporaneo a Conan Doyle, attivo sull'altra sponda dell'Atlantico, Pyle fu uno dei più apprezzati e influenti maestri dell'illustrazione americana. -
Come fiamma che brucia. Io, la mia vita e Marc Chagall
"Mio Dio, è così difficile estrarre dai ricordi inariditi un frammento di vita! E come lo si può fare se questi scarni ricordi si estinguono e finiscono con me? Vorrei salvarli. E mi sono ricordata che tu, amico mio devoto, spesso mi chiedevi di raccontarti la mia vita, del tempo in cui ancora non mi conoscevi"""". Con queste parole rivolte al marito Marc, Bella comincia ad affidare alla penna i suoi ricordi nel 1939, di ritorno da un viaggio in Polonia. Era nata nel 1895, da una famiglia ebrea, la più giovane di sette fratelli, ed era stata l'unica a frequentare una scuola pubblica, anziché ebraica. Studentessa brillante, si era guadagnata una medaglia d'oro che le aveva aperto le porte dell'Università di Mosca - cosa di norma vietata ai figli degli ebrei. Presa la laurea in letteratura, era tornata a Vitebsk, per lavorare con successo in teatro fino al 1915 quando, sposato Marc, si era trasferita con lui a Parigi. Anche Marc era nato a Vitebsk, e lì si erano conosciuti nel 1909. Quel loro primo incontro e l'inizio del grande amore sono tra i ricordi più toccanti raccontati da Bella in queste pagine. """"Per anni il suo amore ha influenzato la mia pittura"""", dice Marc nella postfazione al libro, da lui pubblicato tre anni dopo la morte di lei, corredandolo con 68 disegni, rimasti tra i suoi più celebri di sempre, per rendere ragione al suo talento di scrittrice, forse col rammarico di averlo oscurato con la sua fama di pittore." -
Per filo e per segno
Che passione ascoltare le storie, a Silva piacciono così tanto che non ce n'è una che non resti impigliata al suo orecchio, come fosse un filo; e infatti la storia di Silva è tutta imbastita di fili. Quelli avanzati alla sarta, che Silva annoda uno all'altro per farci una rete in cui infilare tutte quelle storie rimaste impigliate - così anche lei può mettersi a raccontarle! Ma una rete non basta, le storie sono troppe, allora Silva chiede un panno bianco al cenciaiolo e l'inchiostro al pescatore di seppie, e tutte le sue storie, per non perderle, le scrive. Ma quelle sue storie sono troppe pure per il panno, che s'è fatto troppo pesante per portarlo in giro e mostrarlo agli altri bambini; allora Silva ritaglia ogni storia come un foglio - il filo già ce l'ha, così prende l'ago, cuce le storie tutte insieme ed ecco fatto un libro. Tutti vogliono farsi leggere quel libro, ma un bel giorno dal suo Palazzo, il Capitano manda un caporale con tanto di forbici a ridurre quel libro nei mille fili e mille cenci da cui tutto era cominciato... e che ne sarà allora delle storie di Silva? Niente paura, ci penseranno i bambini che non vogliono certo perdere il filo di quelle storie... Età di lettura: da 4 anni. -
Il circo di Berta e Pablo
Berta ha cinque anni, Pablo sette e sono fratello e sorella. Un giorno lo zio Maurizio li porta a vedere il circo - che spettacolo! I pagliacci, i domatori, i leoni nel cerchio di fuoco, e poi i trapezisti, le amazzoni e soprattutto il mago! Berta è persino salita sul palco per aiutarlo e ha pure scoperto il trucco, ma Pablo non ci crede. Fatto sta, che appena tornati a casa, Berta e Pablo decidono di farselo da soli il circo, e di invitare gli amici a guardare. Raccattano per casa tutto il necessario - palloni, vecchi vestiti della mamma, e soprattutto i loro aiutanti: il cane Benito e il criceto Peluso. Ma quando è il momento del numero di magia... Età di lettura: da 4 anni. -
Storie d'amore
"Essere una psicoanalista significa sapere che tutte le storie finiscono per parlare d'amore"""". Julia Kristeva spiega così l'origine di questo libro, ormai divenuto un classico. Il dolore che i pazienti confessano è sempre generato da una mancanza d'amore, sia essa presente o passata, reale oppure immaginaria. E se una possibilità c'è, per chi si pone all'ascolto, di intercettare e intendere questa sofferenza, essa è legata solo alla scelta di condividere quel senso di smarrimento che l'amore sempre mette in scena, dando così all'altro la possibilità di comporre il senso della propria avventura. """"Storie d'amore"""" si confronta così con tutte le forme dell'amore: dall'agape cristiana all'amore sessuale, dall'amore fraterno a quello dei genitori verso i propri figli. Kristeva analizza quale sia la natura di questo sentimento, tanto vasto e universale, attraverso le sue molte manifestazioni: da Platone a san Tommaso, da Romeo e Giulietta a Don Giovanni, dai trovatori a Stendhal, dalla Madonna a Baudelaire o a Bataille. L'amore come figura delle contraddizioni insolubili, laboratorio del nostro destino: come se tutta la storia umana non fosse che un immenso e permanente transfert. Un'appassionata difesa dei sentimenti in un discorso che a partire dal metodo della psicoanalisi attraversa il pensiero, la letteratura, l'arte dell'Occidente, arrivando al cuore di tutti noi." -
Israele e la sinistra. Gli ebrei nel dibattito pubblico italiano dal 1945 a oggi
Nell'Italia repubblicana, numerosi ebrei aderirono ai partiti di sinistra. Questa scelta sgorgava naturalmente dall'opposizione al regime, che aveva visto ebrei e antifascisti partecipare alle stesse lotte e piangere gli stessi morti. Ben presto, Israele assunse un ruolo altrettanto centrale nella definizione dell'""autocoscicnza"""" ebraica, creando così un piano di aperta conflittualità con buona parte di quelle stesse sinistre, di sovente arroccate su posizioni fortemente terzomondiste. Nacque un terreno di ibridazione simbolica di grande interesse, nel quale gli ebrei italiani di diverse generazioni avviarono continui ripensamenti della tragica eredità della Shoah, del legame con Israele, e di un impegno politico che spesso fu un aspetto essenziale delle loro vite. Il libro analizza i percorsi ideologici e intellettuali di alcuni di loro rimandando sempre al più ampio dibattito sul Medio Oriente. Da Franco Fortini a Emilio Sereni, da Amos Luzzatto ad Arrigo Levi, da Luca Zevi a Fiamma Nirenstein, le storie di tanti intellettuali solcano, mostrandone le profonde spaccature, i principali snodi di un paese oscillante tra rielaborazioni e rimozioni di un passato totalitario. Aprono squarci sulle complesse combinazioni di identità e politica. Offrono un punto di vista interno, quasi intimo, da cui poter seguire il cammino delle sinistre italiane."" -
La riforma obliqua. Come cambiare la pubblica amministrazione giocando di sponda
Negli ultimi vent'anni tutti i tentativi di riformare la pubblica amministrazione in Italia sono falliti. Perché? Si tratta - secondo gli autori di questo volume - di un'impresa difficilissima, ma non impossibile. L'immagine che meglio racconta la situazione che ci troviamo a fronteggiare è quella della semina nel deserto, sconfinato e apparentemente così saldo nella sua impenetrabilità. Il nuovo, tuttavia, può fiorire anche in una realtà complessa e indisponibile al cambiamento. L'imponente macchina pubblica italiana, come il deserto, non è scalfibile per editto. Il cambio d'epoca ha bisogno di un cambio di approccio. Ha bisogno di una strategia finalmente obliqua. Quanto compiuto finora non è soddisfacente; occorre mettere a punto un approccio nuovo fatto di norme ma anche e soprattutto di azioni in grado di assicurare la loro efficacia. Nella prospettiva di elaborare una proposta multidisciplinare e non semplificabile in sterili definizioni giuridiche, gli autori dialogano con altre importanti voci - Giuliano Amato, Cristiano Castelfranchi, Giuseppe De Rita, Massimo Egidi, Jean-Paul Fitoussi - il cui contributo è integrato nel volume. Emergono sette fondamentali questioni: dalla stessa definizione di pubblica amministrazione alla difficile percezione del bene pubblico come dovere individuale, dal tema del capitale umano a quello del diritto a un ""lavoro felice""""."" -
Se la pietra fiorisce
"Disloca, il punto d'osservazione, porta il pensiero fino all'orlo di una nuvola, e ancora più oltre, di là dal cerchio lunare: vedrai allora, in quelle lontananze, che niente della terra è cancellato.""""" -
Il cambiamento possibile
Saggi di: Laura Azzolina, Carlo Colloca, Alessandro Lattarulo, Stefano Neri, Emmanuele Pavolini, Stefania Profeti, Onofrio Romano,Massimo Tagarelli. Nell’ultimo ventennio la sanità è diventata l’attività di maggior rilievo – sia in termini di competenze che di spesa – delle Regioni. Quali conseguenze ne sono derivate per la finanza pubblica e per la qualità delle prestazioni? Le distanze tra le Regioni si sono ridotte o sono invece aumentate? E che effetto hanno avuto i recenti tentativi del governo centrale di contrarre il deficit e controllare la spesa?Partendo dall’esperienza emblematica della Sicilia, la ricerca della Fondazione Res ha messo a confronto Regioni del Sud e del Centro-nord. Non solo il divario tra le due aree è marcato, ma è cresciuto nel tempo, sia dal punto di vista finanziario che delle prestazioni offerte. Nelle Regioni meridionali la sanità è arrivata a svolgere maggiormente funzioni improprie, più legate alla creazione di occupazione e alla distribuzione di risorse pubbliche per motivi di consenso politico, che alla sola promozione della salute e della cura. Questo fenomeno ha coinvolto una molteplicità di attori: dagli amministratori pubblici ai professionisti del settore (in primis i medici) alle imprese private erogatrici di servizi. Questo scenario è stato messo in discussione negli ultimi anni dal tentativo dei governi nazionali di porre sotto controllo la spesa regionale con lo strumento dei Piani di rientro. Non tutte le Regioni hanno però risposto secondo le attese ai nuovi vincoli (che prevedono tra l’altro sanzioni fiscali per i contribuenti). In alcuni casi gli amministratori locali hanno utilizzato consapevolmente i Piani per cercare di ristrutturare i propri sistemi sanitari, in altri casi hanno deciso di limitarne la portata. Su questi esiti hanno pesato molto le scelte strategiche delle leadership politiche maturate nei diversi contesti. Quanto avvenuto in Sicilia è particolarmente significativo. In pochi anni si stanno riportando sotto controllo i conti di una delle Regioni con più elevati deficit e con forti inefficienze. Dunque, il cambiamento è possibile, anche nei contesti più disagiati. Resta però da vedere in che misura si estenderà anche alla qualità delle prestazioni per i cittadini. -
Il futuro della Toscana tra inerzia e cambiamento. ""Sintesi di Toscana 2030""
Il modello di sviluppo della Toscana, caratterizzato da un'economia manifatturiera aperta sui mercati internazionali attraverso prodotti realizzati prevalentemente all'interno di sistemi locali di piccola impresa, rappresenta molto bene l'intero modello di sviluppo nazionale. Come nel resto del paese, questo modello ha cominciato a perdere colpi a partire dalla seconda metà degli anni novanta, alimentando la discussione sul presunto declino della nostra economia. Il presente lavoro entra in questo dibattito cercando di comprendere quali possano essere le cause profonde di tale declino in una regione caratterizzata da un elevato livello di benessere; in particolare si chiede se l'ipotesi - dominante nel dibattito nazionale - che il problema stia proprio nella specificità del nostro modello, ovvero nella dimensione eccessivamente piccola delle imprese e nella loro prevalente specializzazione nelle produzioni più tradizionali, non sia un po' troppo semplicistica. Il volume aderisce a un'altra lettura che allarga lo sguardo all'intero sistema produttivo, non solo quindi alle piccole imprese manifatturiere, ma anche al settore dei servizi, a quello delle professioni, della pubblica amministrazione, domandandosi se la perdita di competitività sia, in larga parte, attribuibile anche al fatto che questi settori - spesso al riparo della concorrenza - abbiano agito da freno allo sviluppo della competitività dell'intero paese. -
Perugia in giallo 2009
Saggi di:M. Pistelli, Pregiudizi estetici e censure morali nel romanzo d’indagine italiano; E. Guagnini, Un «noir» per la provincia che cambia; A. Sorbini, Fra caponatine e anolini: il cibo nei gialli di Camilleri e Varesi; B. Brunetti, Giallo comeMilano; P. Quazzolo, Indagini, colpi di scena e qualche parodia nel teatropoliziesco di Guglielmo Giannini; N. Cacciaglia, Perché la letteratura gialla ha tanto successo?; G. Capecchi, Sciascia e il «giallo pirandelliano»; S. Ragni, Che nessuno tocchi Salieri! Riflessioni sull’«assassinio» di Mozart; P. Bertini Malgarini e U. Vignuzzi, L’impasto linguistico nel «Sette bello» di Alessandro Varaldo; G. Leoni, Il set della morte. Le diverse e complicate declinazioni del giallo «storico»; P. Colaprico, Scrivere fiction nell’epoca dei telegiornali noir; L. Beccati, La Storia come co-autrice nei thriller storici; A. Perissinotto, Verità vo cercando; F. Melelli, Gocce di sangue sul pentagramma; A. Tentori, Note d’Argento; M. Werba, «Profondo giallo». La musica nel nuovo film di Argento; F. Pezzarossa, «Io dico che chillo albanese è il vero assassino». Migranti, crimini, romanzi. Da diversi anni si assiste sempre più a proficue contaminazioni tra il giallo e la letteratura tout court. Il risultato è l’affermarsi di una narrativa ormai di riconosciuto livello artistico che, grazie soprattutto alla varietà dei temi, alla complessità degli elementi messi in gioco e alla ricerca sofisticata della struttura, risulta degna di essere esposta senza remore sugli scaffali delle librerie, accanto ai classici di ogni tempo. Siamo di fronte, dunque, a una vera e propria legittimazione estetica del giallo e di conseguenza a una sua necessaria rilettura critica; e ciò in contrasto con il passato, quando si riteneva che il romanzo d’indagine fosse da assimilare solo a una cultura di mero consumo, rivolta alle masse.Liberato il campo da una serie di persistenti luoghi comuni, il giallo – etichetta da intendersi nella sua massima elasticità, come un arcipelago capace di abbracciare e ibridarsi con molteplici tipologie narrative – ha quindi acquisito una sua acclarata dignità letteraria, imponendosi altresì come fenomeno editoriale per antonomasia degli ultimi decenni. Del resto in una società dominata da messaggi audiovisivi, è proprio l’impianto incentrato su trame ricche di suspense, mistero, indagine a risultare uno dei pochi strumenti in mano allo scrittore per catturare e avvincere il lettore. Ad accrescere infine la qualità di certi polizieschi sono la ricchezza delle storie raccontate, l’intreccio calibrato e complesso, nonché soluzioni stilistico-formali decisamente innovative e meno schematiche.Gli scritti qui raccolti sono stati presentati in occasione della seconda edizione del convegno Perugia in giallo: prestigiosi interventi che, spaziando dalla letteratura alla musica, al teatro, al cinema – soprattutto quello dell’indiscusso maestro Dario Argento – hanno proposto suggestive riflessioni incentrate sul giallo nazionale; delimitazione geografica, questa, dettata dal desiderio dei curatori di focalizzare l’attenzione proprio sull’affascinante storia del nostro poliziesco. -
Il segreto di Garmann
"Tu ce l'hai un segreto, mamma?"""", chiede Garmann quando la madre va a dargli la buona notte. La mamma esita un istante. """"Sì, può darsi. Credo che tutti abbiano dei segreti"""", dice lentamente mentre disegna una faccia sul vetro appannato della finestra. """"E tu, Garmann?"""". Età di lettura: da 6 anni." -
Angelo
La teneva ancora in braccio quando giunse sulla porta di casa. ""E va bene, ma solo per stanotte - borbottò -, e dormirai fuori, sul terrazzo"""". Quando però vide un grosso gatto affilarsi le unghie sul tetto di fronte, la riportò dentro. """"Diamine, io restauro muri, mica piccioni"""". Continuò a brontolare mentre le preparava il letto. Età di lettura: da 5 anni."" -
Sulle vie del Brasile
Rio, San Paolo, la nascita di Brasilia, le favelas, l'architettura modernista, l'incipiente urbanizzazione, e poi l'Ovest impervio, il Rio delle Amazzoni, il Mato Grosso - da nord a sud, da est a ovest, non c'è regione che Dos Passos non abbia visitato e raccontato ai suoi lettori, nei tanti reportage firmati per ""Life"""", la celeberrima rivista americana, a cavallo di un quindicennio, tra il 1948 e il 1962. Un arco di tempo che vide cambiare il volto del Brasile, alle prese con un rivolgimento economico, politico e sociale che l'avrebbe trasformato nel paese che oggi conosciamo. Ma Dos Passos non è solo un testimone d'eccezione dell'impatto del Brasile con la modernità, è una delle prime penne d'America che si alimenta di una dichiarata empatia con quella terra e soprattutto con i suoi abitanti. Sono infatti proprio loro la principale ricchezza del Brasile. Dai capi di Stato agli imprenditori in ascesa, dagli indiani delle foreste ai lavoratori delle miniere, non c'è incontro che Dos Passos non inscriva nel percorso di espansione su cui il Brasile si è appena incamminato. Ecco perché oggi, mentre il paese si afferma tra le superpotenze mondiali, le pagine di Dos Passos ci svelano l'essenza più recondita e le radici profonde dei mille luoghi e delle mille culture che lo compongono."" -
Memorie della campagna d'Italia
Durante gli anni dell'esilio a Sant'Elena, Napoleone si dedicò con impegno sistematico a mettere ordine nei ricordi del lungo periodo storico del quale era stato protagonista assoluto. I testi qui presentati, da non confondersi con i numerosi ""memoriali"""" più o meno veritieri e fedeli, composti dai contemporanei che poterono raccoglierne le testimonianze o le confidenze, sono quelli che Napoleone dettò personalmente ai suoi più stretti collaboratori, rivedendone puntigliosamente le varie versioni fino a giungere alla compiuta definizione del proprio testamento intellettuale. Queste Memorie, nel testo stabilito dall'edizione pubblicata sotto il Secondo Impero sulla base dei manoscritti originali, vengono riproposte dopo oltre un secolo al pubblico moderno, che oggi può apprezzarne ancor più la rilevanza sullo sfondo della nuova luce che la recente storiografia ha gettato sulla controversa vicenda napoleonica, che già contiene in sé molte delle contraddizioni della storia contemporanea. Per il lettore italiano, le dinamiche della prima campagna d'Italia, che imposero all'attenzione dell'Europa le doti militari del giovane generale còrso, costituiscono un ulteriore motivo di riflessione su un momento cruciale della storia nazionale, che vide il primo annuncio dei fermenti destinati ad animare la lunga stagione del Risorgimento. Introduzione di Ernesto Ferrero."" -
Come salvare il mercato dal capitalismo. Idee per un'altra finanza
La finanza ha un compito vitale: dare respiro e slancio all'economia. Oggi predomina una forma di finanza, quella dei mercati finanziari, che non svolge bene il suo lavoro. Anzi talvolta lavora contro. Occorre pensare e praticare un'altra finanza. A dispetto della crisi economica che essi stessi hanno innescato, i mercati finanziari hanno acquistato un potere sempre crescente. Lungi dall'essere divenuti l'oggetto di riflessione e di riforma, essi continuano a dettare legge. Impongono politiche economiche agli Stati, depongono governi che giudicano inadempienti, abrogano diritti che vedono come intralci, scardinano patti sociali, ridisegnano equilibri e alleanze internazionali. Il tutto senza che nessuno si assuma personalmente e politicamente la responsabilità di tali decisioni. Il dominio dei mercati è politicamente illegittimo, economicamente dannoso, umanamente aberrante. Bisogna venirne fuori. Non si tratta tuttavia di ""abolire la finanza"""", ma di impegnarsi nel progetto di cambiarne radicalmente la forma. Sul piano pratico alcuni germi di cambiamento stanno già emergendo. Assistiamo al ritorno a pratiche finanziarie e bancarie fino a poco tempo fa considerate obsolete, ma che ora mostrano tutta la loro solidità, come le forme di credito cooperativo e di finanza senza interesse. D'altra parte, emergono spontaneamente altre pratiche, come i sistemi di compensazione, locali e internazionali. Quello che invece manca ancora è una prospettiva d'insieme, teorica e politica."" -
La battaglia delle ciliegie. La mia storia d'amore con Hannah Arendt
Ogni tanto nella storia si combinano strane costellazioni di eventi e incontri. A guardare indietro, con gli occhi smaliziati di chi sa com'è andata a finire, sembrano quasi impossibili. Così nel 1925, in quella Germania che è ancora il cuore della cultura europea, ma sta rapidamente correndo verso il baratro della catastrofe nazista, Günther Anders, fresco della sua dissertazione con Edmund Husserl, e la giovane studentessa di filosofia Hannah Arendt si conoscono a Marburgo, dove seguono entrambi il seminario di Martin Heidegger sulla Critica della ragion pura. Si incontrano di nuovo solo nel 1929, questa volta a Berlino, in occasione di un ballo in maschera. Si sposeranno subito dopo, precipitosamente, per separarsi poi già nel 1937. Lei avrebbe in seguito ricordato il matrimonio con Günther come la fuga dal grande e impossibile amore della sua giovinezza, quello per Martin Heidegger. Per Günther, invece, Hannah sarebbe sempre rimasta il primo, forse l'unico vero amore di tutta una vita. Nel Natale del 1975, all'indomani della morte di Hannah, Günther riprende in mano gli appunti degli anni berlinesi trascorsi con lei; è soltanto tra il 1984 e il 1985 che prende la sua forma definitiva questo testo. Scritto sull'onda del dolore per una perdita che la lunga separazione non ha reso meno amara, e rimasto da allora nel segreto delle carte andersiane, questo piccolo, unico gioiello è qui pubblicato per la prima volta in edizione italiana, pressoché in contemporanea con l'uscita tedesca. -
Continenti a confronto. Antropologia e storia
I continenti esistono? È possibile scriverne una storia? Un'antropologa e uno storico avviano in queste pagine un dialogo che vuole coinvolgere il lettore nella necessità di una piccola rivoluzione copernicana: ripensare i modi e i criteri con cui, all'alba del terzo millennio, le rispettive discipline possono accostarsi a una simile impresa. La convinzione di fondo è che l'Europa abbia inventato i continenti e disegnato la cartografia del pianeta, riuscendo a presentare questa sua costruzione come un fatto naturale. Primi ostaggi di tale operazione ideologica sono state le stesse scienze umane, che hanno assunto come realtà ciò che era artificialità. Ma l'allargamento della visuale a una pluralità di mondi e modelli divergenti, talvolta dotati di una vitalità superiore rispetto all'Occidente, porta oggi alla luce il problema della storia, della sua metodologia e dei suoi rapporti con le altre discipline, prima fra tutte l'antropologia. Quello che ne deriva non è solo la necessità di un confronto tra i continenti che sappia prescindere dall'impatto con l'Occidente, e sappia riconoscere le trame plurime e multiculturali di cui forte è rimasta l'impronta, nonostante la distruzione, la conquista e la creazione di falsi Stati e confini. È la stessa revisione della storia europea ad essere posta all'ordine del giorno; e, prima ancora, una ridefinizione delle due discipline fondanti, la storia e l'antropologia, destinate a una trasfusione di idee e a una dissoluzione dell'una nell'altra. -
Napoli in scena. Antropologia della città del teatro
Napoli, nell'immaginario comune, è la città-teatro per eccellenza e per raccontarla si è sempre fatto ricorso - fino ad abusarne - alla metafora della scena, tanto che gli stessi abitanti sono convinti di vivere su un palcoscenico, dal quale recitano ogni giorno la loro vita quotidiana. Per vedere se c'è del vero nello stereotipo della Napoli-teatro, il lettore viene guidato nei vicoli della città antica, come in un caleidoscopio, attraversando storie di vita, scorrendo giornali e testi letterari, seguendo tracciati familiari o rituali di interazione, fino ad affrontare alcuni aspetti della produzione e dei consumi culturali. Strumenti utili a ricostruire le pratiche di un'identità che traeva forza da quel tessuto di vita popolare fatto di marginali e di popolo ""basso"""". Per mettere poi il tutto alla prova nel confronto con le storie raccontate dal teatro: da Raffaele Viviani al magistero di Eduardo De Filippo, passando per quella folla anonima di autori, attori, cantanti che hanno costruito la storia e rafforzato l'identità della città. Alla fine del percorso, vedremo se qualcosa, di tutto questo, è giunto fino a noi e come sopravvive. E troveremo risposta alla domanda conclusiva: ma i napoletani recitano ancora?"" -
Socialismo come libertà. La storia lunga di Gaetano Salvemini
Nel 1947, quasi alla fine della sua vita, Gaetano Salvemini annotava così nel suo diario: ""Ormai credo solo nel Critone e nel Discorso della Montagna. Questo è il mio socialismo e me lo tengo inespresso nel mio pensiero, perché ad esprimerlo mi pare di profanarlo"""". Diceva la verità, certo. Ma non tutta la verità. Salvemini rifiutò sempre di irrigidire il suo pensiero in sistemi ideologici compiuti e definitivi, tuttavia alcuni motivi della dottrina socialista non smisero mai di risuonarvi dentro. Il socialismo di Salvemini non fu cosa effimera, di breve durata, un'infatuazione giovanile, insomma. Contrariamente a un filone interpretativo di copiosissima vena, Gaetano Pecora contesta infatti la tesi secondo cui la storia della vita di Salvemini sarebbe divisa in due fasi: prima, il socialismo della giovinezza; poi, qualcosa di diverso, il liberismo per alcuni, la democrazia radicale per altri. E invece non di distacco netto, non di cesura si tratta, perché nel temperamento di Salvemini l'idea socialista lampeggia, se pur a tratti, fino all'ultimo. Talora confluendo con coerenza nei modi e nelle idee dell'età adulta, talaltra (e più spesso) contaminandosi con verità nate sotto cieli diversi e acquisite in momenti successivi. Da qui l'indole contrastata di un maestro ricchissimo di insegnamenti, che tutta via proprio per l'ampio raggio dei suoi pensieri sfugge alla presa di definizioni troppo perentorie e, nel caso del socialismo, sempre un po' frettolosamente riduttive.""