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Repubblica o democrazia? John C. Calhoun e i dilemmi di una società libera
La riflessione politica e costituzionale di John Caldwell Calhoun (1782-1850) è il prodotto più sofisticato scaturito dall'esperienza americana di autogoverno prima della Guerra Civile. Per quanto noto solo a pochi esperti fuori dal suo paese, il suo pensiero politico è di grandissima rilevanza per comprendere come le questioni poste dalla ""sovranità popolare"""" - che assillano oggi tutte le società democratiche - fossero già ben visibili agli albori delle istituzioni democratiche. Nella sua analisi di Stato, federazione, nazione, interessi (legittimi e inconfessabili), Calhoun non si muove sulle coordinate del diritto pubblico europeo, ma si interroga su come costruire convivenze umane fondate su principi di giustizia. Autorevolissimo indagatore della politica come fenomeno autonomo, Calhoun è anche una sorta di Marx rovesciato: la fonte dei privilegi ingiustificati dei quali godono individui e gruppi deve essere ricercata nei meccanismi del potere politico e non nel modo in cui la ricchezza viene prodotta."" -
Tutti gli errori di Piketty. Saggi su Il capitale nel XXI secolo
"Il capitale nel XXI secolo"""" di Thomas Piketty è il libro più influente di questi ultimi anni. Ha fatto discutere e ha prodotto un acceso confronto fra economisti e studiosi. Secondo Piketty, le differenze di reddito tra ricchi e poveri tendono inesorabilmente a crescere in un'economia capitalista, che per questa ragione avrebbe bisogno di forti """"correzioni"""", ovvero di un robusto intervento pubblico. I saggi raccolti in questo volume - opera di importanti economisti come Martin Feldstein, di divulgatori come Matt Ridley e di uomini di finanza come Charles Gave - criticano l'impostazione e i risultati di Piketty, contestando le inesattezze metodologiche così come le discutibili prescrizioni di policy dell'economista francese. L'edizione italiana include anche tre contributi di Anthony de Jasay, Antonio Foglia e Deirdre McCloskey." -
I fuochisti della vaporiera. Gli economisti del consenso
Le analisi degli economisti seguono le mode? I fuochisti della vaporiera, che Sergio Ricossa scrisse nel 1978, è un viaggio alla scoperta delle principali tendenze succedutesi nel secolo scorso: da quella ""liberale"""" a quella """"eurocomunista"""", passando per quelle """"keynesiana"""", """"della programmazione"""" e """"sindacale"""". Il libro passa in rassegna gli entusiasmi, più o meno temporanei, che hanno condizionato il pensiero degli economisti. Proprio questa rassegna conduce a un certo scetticismo sulle capacità e sulle virtù degli economisti quali consiglieri del principe. Secondo Ricossa, che sia «chiara od oscura» ogni economista ha «una sua filosofia della vita di un tipo o dell'altro», da cui deduce anche il proprio modo di sentire l'economia e impostarne i problemi. In questo non c'è nulla di male, a condizione che le preferenze personali non vengano contrabbandate al grande pubblico come """"scienza"""" e che proprio questa """"scienza"""" non venga utilizzata per indirizzare e limitare la libertà dei singoli."" -
Potere e mercato. Lo Stato e l'economia
Come sarebbe un mondo senza tasse e spesa pubblica? Davvero le politiche pubbliche riescono a risolvere i conflitti fra gli attori economici? O invece li creano? Esiste infine una ""giusta misura"""" di interventismo? In """"Potere e mercato"""" Murray N. Rothbard analizza gli effetti dell'azione dello Stato in campo economico. Nella sua visione la coercizione esercitata dal potere s'oppone sempre alla libertà permessa dal mercato. Per questa ragione, l'economista americano prova a immaginare istituzioni volontariamente scelte, le quali assolvano anche a quei compiti (difesa, polizia, giustizia) che nelle nostre società sono oggi affidati allo Stato. È il tema delle """"agenzie private di protezione"""", quale alternativa radicale al monopolio statale della violenza. Quello che viene alla luce è un liberalismo estremamente coerente, rigoroso, che non ammette compromessi: il tutto all'insegna di una riflessione sul migliore ordine sociale secondo cui gli uomini hanno diritti naturali che nessuno, e per nessun motivo, può violare."" -
Lo Stato
Cosa faresti, se fossi tu lo Stato? Comincia così, con questa domanda semplice e sorprendente, uno dei più importanti libri di teoria politica degli ultimi cinquant'anni. Anthony de Jasay, il suo autore, arrivò tardi a occuparsi di filosofia politica, dopo un'intensa vita professionale. Con straordinario rigore analitico, in questo lavoro compie un'operazione apparentemente paradossale e nello stesso tempo fondamentale per comprendere come funzionano le istituzioni politiche della modernità. De Jasay considera lo Stato come una entità che vive di vita propria. In questo modo, contraddicendo solo apparentemente la grande lezione dell'individualismo metodologico, ci porta a ragionare sulle conseguenze delle azioni dello Stato, che sono l'esito dei fini che è plausibile attribuirgli. Esiste, sostiene de Jasay, una logica che è propria dello Stato e che lo conduce a monopolizzare sempre più compiti e attività. A spese della libertà del singolo e della società. -
Gesù economista. Ricchezza, proprietà privata e giustizia sociale
Questo non è un libro sulla religione, ma un saggio di economia che si basa sui Vangeli. Mentre molti hanno trovato nel Nuovo Testamento una giustificazione di natura morale al socialismo e all'intervento dello Stato, Charles Gave accosta i testi sacri per mettere in risalto il messaggio di libertà e responsabilità individuale che caratterizza la predicazione di Gesù Cristo. Secondo l'autore, gli scritti di Matteo, Marco, Luca e Giovanni non sono stati adeguatamente letti e compresi dagli economisti, con il risultato che il loro significato sociale è stato in larga misura travisato. Con la semplicità delle sue parabole, Gesù ha invece saputo parlare in maniera assai interessante di questioni economiche, riuscendo a piantare i semi di una riflessione che è tuttora attuale per comprendere la realtà produttiva e finanziaria dei nostri giorni. -
Venticinque% per tutti. Un sistema fiscale più semplice, più efficiente, più equo
La flat tax serve solo ad ""aiutare i ricchi""""? In Italia sarebbe incostituzionale? Scardinerebbe il meccanismo della progressività fiscale e lo stesso Stato sociale? Questa ricerca suggerisce che i luoghi comuni sulla flat tax hanno davvero scarso fondamento. In parte perché il sistema dell'imposta sul reddito, in Italia, è progressivo di nome e non di fatto: il suo disegno è ormai caotico e contraddittorio, e i suoi effetti sono ormai impredicibili per il singolo contribuente. In parte perché la flat tax è concepita come complementare, secondo la lezione di Milton Friedman, a una misura universale di contrasto alla povertà: il """"minimo vitale"""". A determinate condizioni queste due misure sono fatte per stare insieme e completarsi. E potrebbero ridefinire la struttura (e la natura) tanto del nostro sistema fiscale quanto del sistema di trasferimenti."" -
In difesa dei combustibili fossili
Tutto quello che sappiamo sui combustibili fossili è falso? Per decenni ci è stato detto che il loro utilizzo avrebbe portato il nostro pianeta alla distruzione. Eppure, durante gli stessi anni, secondo ogni indicatore del benessere umano - dall'aspettativa di vita all'acqua pulita, dal livello di prosperità alla sicurezza del clima - la qualità delle nostre esistenze è andata migliorando. C'è infatti un legame incredibilmente forte tra uso di combustibili fossili, aspettativa di vita e reddito, specialmente nei Paesi che si stanno sviluppando più rapidamente degli altri. In questo libro Alex Epstein ci racconta quali sono gli aspetti positivi dell'uso di petrolio, carbone e gas naturale: in primo luogo, la loro capacità di fornire energia economica e affidabile a un mondo popolato da sette miliardi di persone. E ci spiega come molte delle critiche non reggano alla prova dei fatti: i benefici che derivano dall'uso dei combustibili fossili sono ampiamente superiori ai rischi. È anche grazie a queste fonti energetiche che il mondo è diventato un posto migliore per gli esseri umani. -
Storia e cambiamento sociale. Il concetto di sviluppo nella tradizione occidentale
Saggio vincitore dell'edizione 2018 del Premio letterario Amerigo delle Quattro Libertà promosso dall'Associazione Amerigo, un riconoscimento inteso a valorizzare quelle opere letterarie che si ispirino alle libertà fondamentali del convivere civile e della pace internazionale quali: la libertà di parola, la libertà di religione, la libertà dal bisogno e la libertà dalla paura.rnCome viene scritto nelle motivazioni del premio: «Siamo di fronte ad un libro che vuole farci rileggere la storia del pensiero occidentale attraverso una ""storia"""", la storia dell'idea di progresso e di civiltà. Così facendo, l'autore descrive e, al tempo stesso, smonta un pezzo alla volta la nostra idea di cambiamento sociale: nella cultura occidentale, il concetto di cambiamento rimanda a quello di sviluppo e lo sviluppo sociale viene di solito pensato in termini di crescita. Cambiare significa svilupparsi e crescere. Dietro a questa metafora per noi ormai radicata c'è l'idea che, come ogni essere vivente, anche gli Stati e le civiltà nascano, crescano, e, infine, finiscano. Per Nisbet, invece, l'evoluzione della società, il cambiamento, il progresso è il risultato di tante piccole e grandi contingenze, di eventi, di scelte, di persone. La storia è tutt'altro che predefinita, ma è sempre legata all'imprevedibile e all'individuale».rn""""Storia e cambiamento sociale"""" è la biografia di una metafora. Per più di due millenni il pensiero occidentale ha spiegato l'evoluzione sociale attraverso un'immagine presa in prestito dal mondo degli organismi viventi: la metafora della crescita. Così come una pianta nasce, cresce e muore secondo una sua dinamica interna, lo stesso accade per i fenomeni sociali. Questa impostazione è alla base di quella che Nisbet chiama la teoria """"sviluppista"""", che ha caratterizzato gran parte delle riflessioni di filosofi, storici, letterati e sociologi, dai greci fino ai giorni nostri. Esiste infatti un nesso molto stretto tra la teoria greca dei cicli e quella moderna del progresso, entrambe figlie della stessa metafora e della medesima concezione della storia come sviluppo verso un fine. Prefazione di Sergio Belardinelli."" -
Nati per la libertà. L'inutile tentativo di sopprimere lo spirito umano
«Gli stipendi dei manager sono troppo alti», «a nessuno dovrebbe essere permesso di possedere yacht lussuosi», «le aziende non dovrebbero licenziare i dipendenti per aumentare i profitti»: ogni giorno, al bar, in treno, a cena, sentiamo ripetere frasi come queste. Sono opinioni di buon senso o solo luoghi comuni? Una sera anche Louis Carabini si trovò a dover ribattere a tesi di questo tipo. Proprio quelle sue discussioni sono all'origine di ""Nati per la libertà"""": un libro scritto per replicare, in modo semplice e con stile colloquiale, alle principali critiche indirizzate al libero mercato. In queste pagine Carabini tocca temi come le disuguaglianze di reddito, la redistribuzione delle ricchezze, l'occupazione, la moneta, la tassazione delle imprese e dei patrimoni, il ruolo dello Stato, il processo democratico e molto altro ancora. Argomenti di taglio etico ed economico s'intrecciano per offrire una solida difesa dell'ordine di mercato e quindi di un'economia capitalistica senza interferenze statali."" -
Lasciare in pace gli altri. Una prospettiva etica
Perché vogliamo sempre imporci sugli altri? Per quale ragione il nostro comportamento ci appare normale e quello altrui inevitabilmente da correggere? Com'è possibile, soprattutto, che altre persone sembrino conoscere il nostro bene perfino meglio di noi stessi? Secondo John Lachs è necessario riscoprire il piacere di scegliere e, ancor prima, imparare a lasciare in pace gli altri, affinché tutti possano condurre la loro vita come meglio credono. Consentire alle persone di cercare il proprio bene significa riconoscere tacitamente l'esistenza di una pluralità di modi in cui è possibile condurre vite degne. Questo non vuol dire essere indifferenti o egoisti, abbandonando il prossimo nel momento del bisogno, ma aiutarlo in forme che siano rispettose della sua autonomia. Ogni sostegno deve essere allora di natura temporanea, così da non incoraggiare comportamenti passivi e limitanti la responsabilità personale. Solo in tal modo si può creare una comunità virtuosa, tollerante e partecipe delle esigenze altrui. Dobbiamo insomma imparare a non immischiarci troppo nella vita del prossimo, anche se pensiamo che sia a suo beneficio. -
Beni comuni, diritti individuali e ordine evolutivo
I beni comuni sono spesso evocati quale strumento di lotta nei confronti del mercato e delle libertà individuali. Questo volume mostra invece come una società aperta veda emergere in maniera spontanea proprietà condivise e in questo senso comuni, le quali non sono una negazione della proprietà e dell'ordine giuridico, ma anzi ne rappresentano una possibilità fondamentale. I beni comuni non sono dunque un'alternativa alla proprietà, bensì una forma specifica della proprietà stessa e un'istituzione che, se lasciata crescere, è in grado di erodere quel potere coercitivo che lo Stato continua a esercitare sugli individui e sulle comunità. -
Progresso. Dieci motivi per guardare al futuro con fiducia
Prefazione di Francesco Giavazzi. -
Foucault e Hayek. Tra biopolitica e liberalismo
Esiste una relazione tra due autori come Michel Foucault e Friedrich von Hayek caratterizzati da universi di pensiero apparentemente così distanti? In questo libro si cerca di mostrare come un accostamento sia possibile. Se l'interpretazione biopolitica del mercato data da Foucault, in cui l'attore sociale è primariamente definito dal paradigma razional-utilitaristico dell'homo oeconomicus, denota grande distanza dal pensiero di Hayek, è sul tema del ""governo dei poteri"""" che i due finiscono per incontrarsi. Per entrambi, infatti, il potere è una costante delle relazioni umane e, prima di essere concettualizzato all'interno di forme giuridico-politiche, viene esercitato nello scambio."" -
Il pubblico ha sempre ragione? Presente e futuro delle politiche culturali
Quale ruolo deve avere lo Stato in ambito culturale? Come si può incentivare la produzione e il consumo di arte? In quale modo è possibile favorire la buona gestione di un museo? Che importanza hanno le preferenze degli spettatori? In definitiva, quali obiettivi dovrebbero avere e quali forme dovrebbero assumere le ""politiche culturali""""? Dal settore educativo alla gestione del patrimonio, l'impostazione seguita nel nostro Paese è ancora oggi """"statocentrica"""". Si tratta, però, di un sistema che è all'origine di numerosi problemi e che andrebbe ripensato, per restituire spazio allo spirito d'iniziativa e alla creatività dei singoli, capaci - oltre che di fare scelte consapevoli come consumatori - di fornire un'offerta culturale ampia e plurale. Tutti i capitoli del libro (scritti da importanti studiosi e operatori di settore) cercano di fare una fotografia del presente e di indicare una nuova direzione da seguire, per rendere il settore culturale più flessibile, vivace ed economicamente sostenibile, e per offrire sia agli individui sia alle organizzazioni più libertà, ma anche più responsabilità."" -
Cosa succede se usciamo dall'euro?
Cosa succede se l'Italia esce dall'euro? Tra piani A, piani B, minibot e pugni sul tavolo, pressoché tutti i partiti politici hanno caldeggiato, esorcizzato, pubblicamente negato e privatamente accarezzato l'ipotesi del ritorno a una moneta sovrana. Questo libro intende presentare - attraverso i punti di vista degli studiosi - le modalità, le conseguenze e i costi di tale prospettiva. I contributi qui raccolti gettano luce sugli aspetti meno conosciuti e più critici: come dovrebbe avvenire l'uscita? Quali implicazioni avrebbe sulla partecipazione italiana al mercato interno? Chi ne trarrebbe vantaggio, e chi ne pagherebbe i costi? La risposta è che per il nostro paese l'uscita dall'euro sarebbe un disastro: l'economia andrebbe a rotoli, le finanze pubbliche entrerebbero in crisi, le disuguaglianze aumenterebbero, il sistema bancario andrebbe incontro a fallimenti e disservizi, le nostre imprese perderebbero l'accesso ai mercati europei e molti posti di lavoro sarebbero distrutti. -
Imposizione fiscale e libertà. Sottrarre e ridistribuire risorse nella società contemporanea
«A questo mondo non v'è nulla di certo tranne la morte e le tasse». Così scriveva Benjamin Franklin al fisico francese Jean-Baptiste Le Roy il 13 novembre 1789, ma forse in poche altre realtà come nell'Italia odierna queste parole, che accostano morte e imposizione fiscale, suonano angosciose. Le cifre parlano infatti chiaro per quel che riguarda le ricadute della nostra fiscalità sulle attività produttive e, dunque, su quanto costituisce condizione di ogni sostentamento e progettualità. Alla base di questa abnormità del prelievo fiscale nel nostro paese vi è peraltro l'esasperazione di presupposti tipici dell'età moderna, studiati con accuratezza soprattutto dalla tradizione liberale propriamente detta, la quale non ha mai mancato di evidenziare nello Stato, e nell'ideologia che lo sorregge, la radice ultima del problema del progressivo incremento dei poteri coercitivi fiscali. È allora con l'accettazione di una mentalità ""impositiva"""", inculcataci fin dalla nascita, che bisogna confrontarsi (anche) quando si parla di fisco; una mentalità per la quale lo Stato, ammantato da un'aura sacrale, di tutto sarebbe chiamato a incaricarsi e, dunque, tutto potrebbe pretendere."" -
La guerra degli intellettuali al capitalismo
Perché gli intellettuali non amano il capitalismo? Saggi, romanzi, opere teatrali e manifesti: da sempre gli uomini di cultura puntano il dito contro i mali prodotti dal sistema economico basato sulla proprietà privata. Posizioni simili uniscono personalità molto diverse tra loro: da Gustave Flaubert a Karl Marx, da T.S. Eliot a Friedrich Nietzsche, da Ezra Pound a Pablo Picasso. Da due secoli, l'intellighenzia rifiuta il progresso economico e la libera impresa, affidandosi di volta in volta a movimenti politici diversi, dal nazionalismo al socialismo, dal fascismo al comunismo, col solo obiettivo di superare il grigiore e la volgarità della società commerciale. Ai nostri giorni, come scrive Kahan nella sua prefazione, tutti i movimenti populisti «esprimono una comune antipatia per il libero mercato e per la crescente autorità delle organizzazioni sovranazionali che incoraggiano la libera circolazione dei capitali e delle persone (cioè l'immigrazione)». ""La guerra degli intellettuali"""" al capitalismo racconta la storia di questo scontro, prova a spiegare i motivi di tale ostilità e tenta di individuare possibili forme di convivenza pacifica fra intellighenzia e mondo produttivo."" -
Morire di aiuti. I fallimenti delle politiche per il Sud (e come evitarli)
Cosa sappiamo dell'efficacia delle politiche per lo sviluppo del Mezzogiorno? Hanno raggiunto gli obiettivi che si proponevano? Ci sono stati degli effetti collaterali negativi? Negli ultimi venticinque anni il progresso della scienza economica e la disponibilità di nuovi dati hanno consentito di passare da una generica aspettativa alla misurazione rigorosa degli effetti degli aiuti al Meridione. Siamo ora in grado di verificare, con metodologie statistiche rigorose, se i trasferimenti monetari abbiano effettivamente contribuito a sollevare le sorti del Sud. Quello che emerge dalla lettura di questo libro è che l'evidenza a favore di tali interventi è scarsa, ed è più deludente di quella desumibile da politiche simili messe in atto negli altri Paesi. Come scrive Nicola Rossi nella sua prefazione, «il pamphlet di Accetturo e de Blasio è, per certi versi e giustamente, financo impietoso nel segnalare l'inefficacia delle politiche di sviluppo territoriale. Non uno degli strumenti messi in campo dalla politica regionale dell'ultimo quarto di secolo viene in qualche senso e in qualche misura risparmiato dal lavoro puntuale dei due economisti». -
Noi e lo Stato. Siamo ancora sudditi?
Il 2 giugno 1946, la maggioranza degli italiani votava per la Repubblica. La parola ""sudditi"""", presente per due volte nello Statuto albertino, sarebbe di lì a poco scomparsa, per lasciare spazio ai """"cittadini"""" evocati per ben 33 volte nella Costituzione. La promessa di un agire libero e responsabile, da cittadini e non da sudditi, può dirsi oggi, dopo più di settant'anni, compiuta? Come già aveva fatto il libro """"Sudditi"""" - pubblicato nel 2012 da IBL Libri, a cura di Nicola Rossi - """"Noi e lo Stato"""" raccoglie esperienze di subalternità all'imperio e all'arbitrio dello Stato. Studiosi, giornalisti e scrittori raccontano di attitudini, prassi e regole che mostrano una sorta di continuità tra il suddito dell'antico regime e il cittadino dello Stato democratico. """"Noi e lo Stato"""" non vuole essere una raccolta di lamentele riguardanti la giustizia, il fisco, la tutela della proprietà privata o il fare impresa oggi in Italia. Al contrario, il libro indaga, attraverso le diverse prospettive degli autori, le ragioni di un rapporto asimmetrico e immaturo tra il cittadino e il potere pubblico, a partire da una nostra acerba vocazione alla libertà.""