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Le mucche di Vijfsprong hanno le corna. Percorsi di ecologia integrale
Nelle campagne che circondano il piccolo villaggio olandese di Vorden e tra le case della vicina città di Zutphen, esistono due realtà in cui il lavoro terapeutico, la qualità delle relazioni sociali e soprattutto il rispetto e il senso di responsabilità per l'uomo e la natura s'incontrano, dimostrando come sia possibile dissociarsi dalle logiche del profitto basato sullo sfruttamento scriteriato di risorse e persone per dar vita a nuove pratiche di sviluppo ecosostenibile, attente al bene comune, all'ambiente e alla società. Le due realtà raccontate in questo libro sono Urtica de Vijfsprong, fattoria biodinamica e comunità di lavoro terapeutica, d'ispirazione antroposofica, per ragazzi autistici e con disturbi neuro-psichiatrici, e la Kas, un ampio parco ecologico, che oggi ospita un'interessante iniziativa sociale che coinvolge associazioni, scuole, organizzazioni sociosanitarie e decine di volontari secondo il modello della Weconomy. Entrambi questi «laboratori», pur nella loro diversità, praticano i principi dell'ecologia integrale, secondo i quali il suolo e la vita che si sviluppa su di esso costituiscono un unico organismo in cui ambiente, uomini, animali e relazioni sociali sono tra loro connessi e interdipendenti. Viste tali premesse, si potrà forse intuire perché Le mucche di Vijfsprong hanno (ancora) le corna. -
Lettere a un giovane poeta
Oltre ai circoli letterari come il famoso Bloomsburv Group e alla Hogarth Press - la casa editrice fondata insieme al marito Léonard -, Virginia Woolf frequentò gli ambienti più esclusivi della Londra e dell'Inghilterra dell'epoca. Questa ricchezza di relazioni è testimoniata dallo sconfinato epistolario, che conta circa quattromila pagine. Quello di scrivere lettere era un appuntamento fisso nelle sue giornate che spesso la impegnava a lungo. In questo volumetto presentiamo due lettere che Virginia scrisse nel 1932 a John Lehmann, collaboratore e poi direttore della casa editrice. La questione al centro della prima nasce da una domanda dello stesso Lehmann: «Dove sta andando la poesia, o è morta?». Virginia, in quel momento particolarmente reattiva, scrive una lettera piuttosto vivace al Giovane Poeta. Per dare una lezioncina al suo interlocutore, articola una serie di considerazioni molto interessanti sul lavoro di scrivere, sulla differenza fra prosatori e poeti, sulla ricchezza di autori e opere che l'Inghilterra può vantare e che sono ormai parte di tutti. Tutto un altro il tono della seconda lettera. Virginia, forse pentita e con un diverso stato d'animo, riscrive dopo pochi giorni al Giovane Poeta: fra accenni ad altre questioni letterarie chiude quasi materna: «Per piacere guarisci presto [...] Léonard si unisce a me per ringraziarti della tua lettera». La burrasca è passata, è tornato il sereno. -
Lettere a un giovane amico. «Felice è l'uomo che è niente»
Prendendo le mosse dalle concezioni non dualistiche radicate nel pensiero indiano, Jid-du Krishnamurti ha sviluppato una filosofia originale il cui obiettivo è la crescita e la liberazione spirituali. Al centro di essa si trova l'idea che l'uomo non possa davvero esperire la realtà (e quindi vivere in modo autentico la propria esistenza) senza prima essersi liberato da quella sovrastruttura costituita da tradizioni, religioni, ideologie e simboli che gli arrivano dal proprio passato c da quello della civiltà cui appartiene. In questa raccolta di lettere scritte a un giovane amico ferito nell'anima e nel corpo, Krishnamurti riprende - in un linguaggio semplice ma poetico, ricco di immagini e di metafore - molti dei temi già affrontati nelle sue opere maggiori: l'innocenza e la purezza dello sguardo, simile a quello di un bambino che sperimenta il mondo senza condizionamenti; la libertà, intesa come radicale abbandono degli schemi mentali; la necessità di superare la dualità soggetto-oggetto e ogni forma di artificiosa contrapposizione. -
Cosmologia e alchimia babilonesi
Concepito come «capitolo introduttivo di un’opera più ampia sull’evoluzione mentale dell’umanità», Cosmologia e alchimia babilonesi (1937) mette in luce l’interdipendenza tra le rappresentazioni cosmologiche e le misteriose pratiche alchemiche e metallurgiche assiro-babilonesi, sottolineandone il simbolismo religioso e le valenze esoteriologiche: concezioni molto arcaiche, con cui il pensiero occidentale si è costantemente confrontato fino all’Età Moderna. Sorretto da una solida documentazione e caratterizzato da un’esposizione chiara e accessibile, questo brillante saggio del giovane Eliade anticipa in modo esemplare i suoi contributi maggiori all’ermeneutica del sacro, conosciuti soprattutto grazie al Trattato di storia delle religioni, Lo sciamanesimo e le tecniche dell’estasi e ad altri lavori pubblicati nel secondo dopoguerra, che lo hanno consacrato come uno degli storici delle religioni più importanti e innovatori del ʼ900. -
Paisie Olaru. Istruzioni per la vita spirituale
Romania, 5 agosto 1986. Un piccolo gruppo di pellegrini (padre Ioanichie Bălan, padre Tomáš Špidlík, padre Elia Citterio e padre Adalberto Piovano) giunge nel monastero di Sihastria, una tappa fondamentale del lungo viaggio intrapreso alla ricerca della testimonianza dei padri e delle madri spirituali che allora arricchivano il monachesimo romeno. Padre Bălan è una guida d'eccezione: oltre a essersi formato proprio in quel luogo, ha già riunito in un libro le parole di vita e gli insegnamenti raccolti dalla viva voce di questi uomini e donne dello Spirito e sente il dovere morale di preservare quella insostituibile eredità e di renderla feconda per gli uomini di oggi. Proprio a Sihastria vivevano all'epoca i due più famosi padri della Romania, Cleopa Ilie e Paisie Olaru. Il racconto di questo incontro e di due lunghi colloqui con Paisie Olaru – consigliere spirituale molto ricercato in vita, considerato un santo dei nostri tempi e ancora oggi oggetto di un culto che porta migliaia di monaci e di laici a continuare a nutrirsi dei suoi consigli –, costituiscono il cuore di questo libro. Che si rivela quindi una testimonianza preziosa sul cristianesimo ortodosso, sul mondo dei monasteri e degli starec e su una tradizione che discende dai Padri del deserto, ma soprattutto una testimonianza ardente di «ciò che lo Spirito può comunicare attraverso un uomo che si lascia abitare da lui». -
Carne zen ossa zen: 101 storie zen-La porta senza porta-10 Tori-Trovare il centro
In questo volume sono per la prima volta pubblicate insieme quattro importanti raccolte di testi della tradizione zen: ""101 Storie zen"""", La porta senza porta, 10 Tori e Trovare il centro. Nella prima sono riunite le esperienze vissute da maestri zen cinesi e giapponesi nell'arco di oltre cinque secoli. La porta senza porta raccoglie i kòan di cui i maestri si servono per guidare i propri studenti verso la liberazione, messi per iscritto nel 1228. In 10 Tori è proposta la traduzione di un famoso commento del XII secolo sugli stadi di consapevolezza che portano all'illuminazione. Trovare il centro, infine, trascrizione di un antico manoscritto sanscrito, descrive un antico insegnamento, tuttora vivo in Kashmir e in alcune zone dell'India dopo oltre quattromila anni, che potrebbe essere alla base dello Zen. Ampiamente citati ma ancora insufficientemente conosciuti, i testi poetici e i brevi racconti che compongono le quattro raccolte rappresentano in qualche misura il nucleo fondante e la sostanza dello Zen, «la carne e le ossa» cui si fa riferimento nel titolo. Da leggere e meditare, per comprendere le verità profonde che vi sono sottese e aprire le porte alla fonte del nostro essere."" -
Il mondo fluttuante. Introduzione ai maestri della stampa giapponese
Harunobu, Kiyonaga, Utamaro, Hokusai, Hiroshige: ecco alcuni fra i grandi protagonisti della stampa ukiyo-e, che da oltre un secolo affascina l'Occidente e molto ha contribuito alla conoscenza della cultura nipponica. L'Europa aveva da poco imparato ad apprezzarla, quando Louis Aubert redasse questa magistrale introduzione, che ci presenta l'arte dei maestri nel contesto più ampio della società e della storia giapponesi. Caratterizzate da una grande capacità evocativa e dalla straordinaria raffinatezza del tratto, le stampe si distinsero fin da subito per la scelta dei soggetti rappresentati: attori, cortigiane, scene di vita quotidiana dei quartieri popolari delle città, in particolare di Edo (l'odierna Tokyo). Raggiunsero però le vette più alte nei celebri paesaggi, dominati da una natura maestosa e ricca di mistero in cui le figure umane sembrano perdersi e svanire, e che celebrano la bellezza dell'effimero: il vento, l'acqua, i fiori, gli uccelli, lo scorrere delle stagioni, insomma l'intima, fugace poesia del «mondo fluttuante». -
Non mi lasciare. Breve viaggio nell'universo della memoria
Tutti, prima o poi, perdiamo la memoria. Ci sono vari modi in cui ciò avviene. Si va dal lento, progressivo degrado di questo bene alla sua caduta repentina e traumatica. Di questo parlano le pagine di ""Non mi lasciare"""", scritte da chi ha vissuto e vive la perdita lineare e metodica di un patrimonio di ricordi che credeva intoccabile fino a che non ha scoperto il contrario. Sappiamo tutti che cosa sia la memoria, ma pochi si pongono il problema o il compito di definirne i caratteri, i confini, gli orizzonti, e i pericoli che la sovrastano e la minacciano. E quanto cerca di fare questo testo in modo informale, offrendo degli spunti che altri potrebbero approfondire, completare, arricchire e discutere. Partendo dall'Antichità classica, e specialmente dalla cultura greca, considera poi le ricerche degli studiosi rinascimentali ed elisabettiani e, dopo avere esaminato i prodigi della memoria - oltre che i suoi eccessi e disastri - attraverso i resoconti di memorialisti come Casanova, romanzieri come Balzac e autori come Borges, rievoca il profilo di alcuni personaggi della cronaca, quale l'emblematico Smemorato di Collegno. Non trascura, inoltre, l'apporto delle neuroscienze, né l'ingresso in scena delle demenze senili e del male di Alzheimer, che aggrediscono, umiliandole, le crescenti aspettative di durata della vita. Questo testo è però anche una preghiera, come dice il titolo, che cerca di meritare la benevolenza divina impegnandosi in prove e resoconti narrativi, testimonianze dello sforzo di rimandare il momento della smemoratezza totale."" -
Ricominciare da capo. La pratica dell consapevolezza per riconciliarsi con gli altri
Rapportarci al prossimo - e specialmente alle persone che amiamo - non è facile. L'incomprensione reciproca genera tensione e sofferenza, e relazioni che potrebbero essere fonte di gioia e di crescita personale si guastano. La pratica che Sister Chan Khong ci presenta in questo libro si chiama Ricominciare da Capo, ed è intesa come un percorso di riconciliazione con gli altri. In essa confluiscono gli aspetti più importanti dell'insegnamento di Thich Nhat Hanh: la consapevolezza, l'ascolto profondo e non giudicante, lo sguardo e la parola compassionevoli e il respiro che acquieta la mente, ancorandola al «qui e ora». “Ricominciare da Capo” ci guida nella difficile arte di prenderci cura delle nostre relazioni, insegnandoci e riconoscere e a coltivare le molte qualità presenti in noi stessi e nelle altre persone, a gestire il rimorso, la rabbia e la sofferenza, a condividere i nostri sentimenti, i nostri sogni e le nostre aspirazioni, e a portare maggiore comprensione e armonia in ogni aspetto della nostra vita con gli altri. -
Il cinema saggistico di Ansano Giannarelli
Sulla scorta della tradizione letteraria, risalente a Montaigne, la forma saggio richiede anche nel film il radicale mettersi in gioco dell'autore, l'auto-riflessività del linguaggio, l'attraversamento dei generi, l'interpellazione dello spettatore, nel tentativo di restituire sullo schermo il processo, talvolta accidentato, quasi mai lineare, del pensiero. Sono i tratti di una identità che è possibile scoprire nell'opera di Ansano Giannarelli (1933-2011), regista e intellettuale piuttosto anomalo nel panorama italiano: prima in forma embrionale (fin dal suo esordio, nel 1960, con il corto 16 Ottobre 1943), poi in forma pienamente consapevole nei suoi lavori più importanti, Sierra Maestra (1969) e Non ho tempo (1972), notevoli e originali esempi di film-saggio, che si collegano alle più innovative esperienze cinematografiche internazionali degli stessi anni. È proprio usando questa chiave di lettura che il libro intende proporre una riconsiderazione critica del lavoro di Giannarelli, per sottrarlo alla frettolosa rubricazione di cineasta legato alla stagione del '68 (inevitabilmente datato?), e restituirgli tutta l'attualità di una tensione intellettuale, politica e personale volta a sovvertire i linguaggi consolidati, sperimentando forme di cinema inedite e originali. -
Magia e superstizione in Europa dall'antichità ai giorni nostri. Nuova ediz.
Magia, stregoneria e superstizione rappresentano da sempre il lato «altro», oscuro e affascinante, della civiltà europea. Anche in un'epoca come la nostra, caratterizzata dal materialismo e dalla fiducia nella ragione e nella scienza, esse costituiscono una corrente sotterranea. Parla quindi del passato, ma anche del presente, questo saggio di Michael Bailey, una delle più complete e approfondite analisi oggi disponibili sull'argomento. Se una speciale attenzione è dedicata all'Europa medievale e agli albori dell'età moderna, l'autore non trascura l'antico Vicino Oriente, la Grecia classica e Roma, o, in tempi a noi prossimi, il diffondersi di sistemi magici - in particolare la Wìcca, una forma contemporanea di stregoneria - dall'Europa agli Stati Uniti. Il libro mostra al lettore come la magia e la superstizione siano state definite nelle varie epoche e come i loro tratti costitutivi siano mutati nel tempo, analizza i modi in cui sono stati condannati specifici tipi di magia ed è stato accusato e perseguitato chi li praticava (o si riteneva lo facesse). L'autore dimostra infine che la magia - o, per dire meglio, ciò che nei diversi contesti si è considerata tale - è stata quasi sempre utilizzata per tracciare il confine tra le azioni socialmente accettabili e quelle illecite, e più in generale tra il noto e il comprensibile e l'ignoto e l'occulto. -
Yoga. Saggio sulle origini della mistica indiana. Nuova ediz.
Nata come tesi di dottorato in filosofia, discussa da Eliade all'università di Bucarest nel giugno del 1933 e pubblicata nel 1936, è presentata qui per la prima volta in edizione italiana. Sullo yoga il grande storico delle religioni ritornò con altre tre opere: “Tecniche dello yoga” (del 1948), il fondamentale “Lo yoga. Immortalità e libertà” (risalente al 1954) e “Patanjali e lo yoga” (del 1962). Ma proprio il confronto con tali testi rivela al lettore - anche a quello non specialista - l'importanza di questo primo saggio, che ci offre l’opportunità di cogliere Eliade nel momento stesso in cui imposta e definisce la propria metodologia di lavoro. Come scrive Alberto Pelissero nell'introduzione, in quest'opera emerge «la progressiva emancipazione [di Eliade] dai maestri indiani, in cerca di un'epistemologia e di un'ermeneutica che svincolasse lo studio dello yoga dalle pastoie della filologia sanscrita e consentisse la nascita di un metodo più largamente storico-religioso, con maggiore attenzione al contenuto speculativo (filosofico, rituale, relativo alla prassi religiosa) rispetto alla mera venerazione testuale». -
Piccoli racconti di un'infinita giornata di primavera
«Un incontro, un'emozione possono trasmettere la sensazione di un tempo infinito, suggeriscono questi racconti del padre del giapponese moderno, nato a Edo nel 1867» - L'EspressornI 25 ""Piccoli racconti di un'infinita giornata di primavera"""" apparvero sull'""""Osaka Asahi Shimbun"""" a partire dal 1909, e vennero riuniti da Soseki in questa raccolta nel 1910. A prima vista, non sembra esistere un filo conduttore che li leghi, tanto sono diversi sia nel contenuto sia nello stile - soprattutto nelle pagine in cui vengono utilizzate tecniche sperimentali di scrittura. Ma è proprio il titolo così fortemente evocativo, Eijitsu Shohin, a contenere l'elemento unificante. """"Eijitsu"""", la """"giornata lunga"""", non indica soltanto un giorno in cui il tempo sembra dilatarsi all'infinito, ma evoca anche ciò che accomuna i protagonisti dei diversi racconti: il desiderio di conservare quella sensazione di intensa felicità legata a un momento, a un'occasione, a una stagione, nella speranza che possa non finire mai."" -
Volevo morire a vent'anni
Uno dei pochi aspetti positivi della vecchiaia è forse questo: la libertà di non preoccuparsi per ciò che pensano gli altri, per quanto avrebbe dovuto essere in un certo modo e così non è stato, per tanti supposti «doveri» che hanno rivelato nel tempo la loro sostanziale superfluità o inconsistenza. Proprio all'insegna di questa conquistata libertà si dipana il racconto di ""Volevo morire a vent'anni"""", che, grazie allo spirito dell'autrice, mai preda della malinconia per la fine di tante cose, guarda al passato, al presente e anche al futuro con gratitudine ed entusiasmo. Oltrepassata la soglia dei novant'anni, Camilla Salvago Raggi, scrittrice e ultima discendente di un'antica famiglia genovese, non tenta un bilancio (nessuno può farlo da sé), ma piuttosto evoca persone, situazioni, incontri e pensieri con uno sguardo a un tempo lucido - dunque talvolta severo - e sempre profondamente partecipe. Il libro è però soprattutto un'alta lezione di stile: stile letterario, dunque di scrittura, e stile di vita e nella vita, unica vera bussola nel marasma dell'esistenza."" -
Vita selvatica. Manuale di sopravvivenza alla modernità
Un compendio, una summa sotto forma di dialogo del pensiero di Caludio Risè, uno dei maestri della psicologia italiana contemporanearnrn«In consonanza con gli studi di Slavoj Zizek, viene osservato che il capitalismo e la globalizzazione non sono più fondati sulla contrapposizione freudiana fra Io, Es e Super-Io.» - Cesare Cavallieri, Avvenirernrn«Un colloquio sui mali della contemporaneità e sulle nuove ideologie che stanno piegando l'Occidente.» - La VeritàrnrnUn libro intervista nel quale si parla di identità, scomparsa del padre, immigrazione e crisi, ma anche di cibo e società liquida. Da anni Risè - che ha inaugurato in Italia lo studio psicoanalitico del maschile - presenta i percorsi suggeriti dall'archetipo del Selvatico. Insieme a Borgonovo riesce a dar vita a un testo che si stacca dalla tradizione del saggio psicologico per diventare, anche grazie all'informalità della forma dialogica, utile strumento e guida nella società contemporanea. Il risultato finale è un percorso di ri/costituzione simbolica della tradizione maschile e femminile, calata nella vita quotidiana di oggi, sulla strada di quella rigenerazione dell'identità richiesta con urgenza da molteplici fenomeni psicologici e sociali. -
L'innocenza di padre Brown
In questa raccolta di racconti Chesterton ci regala una serie di gioielli narrativi, caratterizzati dal suo gusto per il colpo di scena e il paradosso, con l'aggiunta di quel tocco di mistero che ha reso immortali le avventure di «questo piccolo prete dalla faccia tonda e paffuta, dall’aria attonita e un po’ stolida», come lo definisce Gian Dàuli. È nel racconto che apre il libro, «La croce azzurra», che Padre Brown compare per la prima volta tra le pagine di Chesterton. Così diverso da tutti gli altri investigatori letterari, Padre Brown è stato capace di incantare generazioni di lettori per il modo in cui risolve casi complicatissimi senza battere ciglio, affidandosi solo al suo intuito e alla sua conoscenza del mondo. «Noi preti dobbiamo per forza essere informati» scherza Padre Brown, «la gente viene e ci racconta tutto». Supera i furfanti nella conoscenza dei crimini, i detective per lo spirito d'osservazione, e gli eroi «duri e puri» per il beneficio che concede ai colpevoli: cercare di comprendere le persone, oltre ai delitti. -
Sull'estetica giapponese. Nuova ediz.
La ricerca della bellezza sembra avere compenetrato in Giappone gli ambiti più diversi: non solo la pittura, la scultura, le arti applicate, o il teatro e la letteratura. Anche il semplice spazio della vita domestica, il ristretto giardino che lo circonda, la disposizione dei fiori, la cerimonia del tè, sono divenuti oggetto di un investimento estetico intenso e prolungato. Ma quali sensibilità e quali concetti sono alla base di questo impegno costante? Quando si scrive di estetica giapponese, le convenzioni utilizzate in Occidente - ordine, successione logica, simmetria - impongono all'argomento un punto di vista che non gli appartiene. L'estetica orientale suggerisce, tra le altre cose, l'idea che una struttura ordinata intrappoli, che l'esposizione logica falsifichi e che una discussione lineare alla fine limiti. Il godimento estetico riconosce schemi artistici, ma essi non possono essere né troppo rigidi né troppo ristretti. E quindi più facile riuscire a definire l'estetica giapponese attraverso una rete di associazioni costituite da elenchi e da annotazioni legate tra loro in modo intuitivo, che formano lo sfondo dal quale emergerà l'argomento in esame. Così si regola, in questo libro, Donald Richie, costruendo un saggio, breve ma folgorante, su una costellazione di parole collegate (""wabi, sabi, awarcfùryù e yùgen""""), talvolta enigmatiche, spesso sfuggenti, eppure tutte sottilmente rivelatrici."" -
L'oppio degli intellettuali
Classico del pensiero liberale contemporaneo, a cavallo tra il pamphlet e il saggio di sociologia culturale, questo libro rappresenta forse la più penetrante critica agli intellettuali occidentali di sinistra che sia mai stata scritta. Raymond Aron da un lato ricostruisce gli argomenti di cui una certa intellighenzia si è nutrita nella sua polemica contro la «democrazia capitalista» e ne mostra tutti i punti deboli; dall’altro analizza le cause di questo atteggiamento mediante un esame delle diverse figure di intellettuale e delle funzioni sociali da esse soddisfatte, offrendo una spiegazione delle ragioni che spingono uomini intelligenti ad adottare idee stupide. Nelle prime due parti del libro, l’autore prende di petto soprattutto i «miti» politici (sinistra, rivoluzione, proletariato) e quella forma di idolatria della storia attraverso cui i maîtres à penser «progressisti» (Jean-Paul Sartre, Albert Camus, Maurice Merleau-Ponty…) hanno giustificato il totalitarismo sovietico e i suoi crimini. L’ultima parte è dedicata a una riflessione, sempre di grande attualità, sul ruolo degli intellettuali e sul rapporto tra questi e la politica. -
E adesso cosa faccio? Ripensare il rapporto fra genitori e figli. Nuova ediz.
È sempre più difficile fare i genitori. Alle tradizionali preoccupazioni quotidiane (la scuola, le amicizie, i capricci), se ne aggiungono di inedite che rischiano di trovarci impreparati: le nuove tecnologie, Facebook, la realtà virtuale, ad esempio. ""E adesso cosa faccio?"""" (una frase che, prima o dopo, tutti abbiamo pronunciato) affronta le questioni più urgenti, con un taglio originale: non offre ricette o istruzioni per l'uso, ma propone uno sguardo nutrito di stima verso il bambino e il ragazzo. Con i figli, infatti, le strategie e le pianificazioni non hanno successo. Non si gestiscono i figli. I giovani sono più di ciò che sembrano, sanno costruire desideri grandi e soprattutto pensano: pensano sé, il mondo e gli altri. Riconsiderare e rilanciare il rapporto con loro è quanto tocca, oggi più che mai, ai genitori. Perché ricompaia la soddisfazione e la pace nelle nostre case."" -
Parole nella polvere
Da un piccolo cimitero del Connemara, di fronte all'Atlantico, si levano voci che dicono la loro su tutto e tutti: fatti personali, tragedie recenti (siamo all'epoca del nazismo e della seconda guerra mondiale), leggende popolari, guerra civile, rugby. Dialogano fra loro morti che non sono morti, e che anzi intervengono come se fossero ancora nel pieno delle loro vicende quotidiane. Sopra tutti risuona la voce di Caitríona, sanguigna vedova in perenne dissidio con nuora e consuocera, col prete, con la sorella, col mondo intero insomma. Parole nella polvere è un brulicante viluppo di storie radicate in un mondo intimamente orale, un'incessante conversazione che ripercorre le contraddittorie vicende di una comunità, tra accuse e controaccuse che parlano di proprietà della terra, di matrimoni più o meno d'amore, di debiti ed eredità. Ó Cadhain costruisce in questo modo un quadro grottesco dell'Irlanda di quegli anni, segnata dalla miseria della vita rurale e dalle tensioni politiche e sociali, oltre che dalla paura e dalla meschinità umane.