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Carne da macello. Le lotte degli operai della logistica e il teorema repressivo contro il SI COSAS e le conquiste dei lavoratori e delle lavoratrici in Italia. Con DVD
Le lotte degli operai della logistica e il teorema repressivo contro il SI Cobas e le conquiste dei lavoratori e delle lavoratrici in ItaliarnIn allegato il DVD contenente il film-documentario FINO ALLA VITTORIA dedicato alle lotte del settore carni del modenesernGuadagnano stipendi da fame eppure subiscono turni di lavoro massacranti. Non godono di alcuna garanzia contrattuale ma sulle loro spalle ricade l'intero peso di settori strategici dell'industria italiana. Vengono denunciati, aggrediti e diffamati e, ciò nonostante, non passa giorno che la loro organizzazione cresca, che i loro scioperi siano sempre più partecipati e che le loro azioni non obblighino nuove aziende a sospendere il regime di sfruttamento e arbitrarietà a cui sono costretti un numero enorme di lavoratori e lavoratrici in Italia.rnDedicato agli operai protagonisti di un'intensa stagione di riscatto collettivo, questo libro-inchiesta è dedicato alle loro lotte e ai diritti che uomini e donne provenienti da ogni parte del mondo hanno saputo conquistare ""a spinta"""". Allo stesso tempo, nelle pagine di """"Carne da macello"""", s'indaga sulla fitta rete che, dalla magistratura fino alle forze dell'ordine, prova a stringere intorno ai sindacati conflittuali le maglie di un assurdo teorema repressivo, nel tentativo - come testimonia quanto avvenuto nel modenese dopo le mobilitazioni dei lavoratori del settore carni e l'arresto del coordinatore nazionale del SI Cobas, Aldo Milani - di attaccare e mettere in discussione una volta per tutte le conquiste dei lavoratori e delle lavoratrici in Italia.rnAl testo, scritto in presa diretta rispetto alle decine di picchetti che ogni giorno bloccano i principali poli logistici reclamando reddito e dignità, è allegato il documentario """"Fino alla vittoria"""" che, per la prima volta, racconta con le immagini i volti e le storie dell'irriducibile opposizione operaia alle politiche di austerità con cui si vorrebbero condannare quote sempre più alte di popolazione a un destino di fame e precarietà."" -
Poema pedagogico
Nella futura Unione Sovietica, gli eventi rivoluzionari che culminarono nell'Ottobre del 1917 furono, prima di tutto, un momento di rottura radicale con l'immobilismo autocratico che aveva contrassegnato secoli di dominio zarista. Infatti, a una lunga era in cui il destino sociale degli oppressi non poteva offrire possibilità troppo diverse dal nascere servo della gleba per morire servo della gleba, fece seguito un'epoca nuova: un assetto sociale in cui i figli dei carpentieri diventavano astronauti e in cui, dalle grandi metropoli fino ai villaggi più remoti, l'istruzione sarebbe stata a portata di mano per milioni di bambini e bambine, altrimenti destinati a un lavoro precoce e schiavile. Anche rispetto agli adulti, contadini o operai non importa, le occasioni di una formazione continua non sarebbero mancate e, il tutto, grazie al dispiegamento di un potere popolare capace di sottrarre il campo dei «diritti» al dominio della merce, luogo in cui lo Stato borghese lo aveva, di fatto, confinato. Anton S. Makarenko vive e lavora nel cuore di simili stravolgimenti. E se l'essere umano poteva dirsi frutto della società in cui era accolto, il pedagogista sovietico studia in tempo reale la necessità di fare della libertà un bene comune e della disciplina uno strumento che, estrapolato da qualunque ordine del discorso repressivo, avrebbe potuto mettere l'individuo nelle condizioni di affrontare il processo dialettico che lega il sé all'altro in una prospettiva collettiva. -
La battaglia di Cable Street. La disfatta delle camicie nere inglesi e la nascita dell'antifascimo militante europeo
Subito dopo la fine del secondo conflitto mondiale, insieme alla pacificazione imposta dall'ordine capitalista e alle mancate epurazioni di fascisti e nazisti dai ruoli-chiave che occupavano prima della guerra (e che continuarono a occupare dopo), iniziò a farsi strada una comoda interpretazione revisionista della storia contemporanea. Secondo questa vulgata, infatti, l'età dei fascismi poteva essere archiviata come se si stesse parlando di una malattia, un virus che, per ragioni oscure, aveva colpito nazioni come l'Italia e la Germania, a causa di una presunta assenza di anticorpi democratici in simili paesi. Le cose, in realtà, andarono in maniera diversa. E che il fascismo non fu - e non è - altro che una risposta con la quale il capitalismo affronta le ristrutturazioni imposte dalle crisi a cui è periodicamente soggetto, è dimostrato da un contesto come quello britannico e dalla spettacolare affermazione che, anche in terra d'Albione, ebbe una formazione come la British Union of Fascists di sir Oswald Mosley, seriamente intenzionata a imporre a Londra lo stesso regime razzista, totalitario e corporativo già in vigore a Roma e a Berlino. Sostenute da importanti organi di informazione, coperte dall'ambiente conservatore e finanziate da ricchi industriali oltre che dallo stesso partito di Mussolini, le camice nere di Mosley imperversarono nell'Inghilterra degli anni trenta senza trovare in alcun ambito istituzionale o legale un vero argine contro le loro azioni. La sorte dei fascisti britannici, al contrario, venne sconvolta dal basso e, in modo particolare, grazie a una decisiva azione di piazza. Correva il 4 ottobre del 1936, infatti, quando una corale azione di popolo attaccò le camice nere di Mosley nel corso di una manifestazione organizzata a Cable Street, sbaragliando i fascisti insieme alle forze dell'ordine accorse in loro difesa. Quella giornata, le cui vicende sono ricostruite da Silvio Antonini in questo libro, fu determinante perché, dimostrando come soltanto fuori dalle istituzioni è possibile combattere e vincere i movimenti di estrema destra, segna idealmente la nascita dell'antifascismo militante europeo. -
Ostia! Romanzo di una periferia
Ostia! Qualcosa di più di una semplice bestemmia, una terra magica alla foce del Tevere, distesa sul mare come una meretrice datata e trafitta come un Cristo da una ferrovia che l'attraversa. Non può esistere delazione su questa terra, c'è il rischio di impantanarsi continuamente nella narrazione, di mutarsi da narratore in narrato, di muovere dalla diegesi alla mimesi, è questo che ci spinge a rimanere, l'idea di poter schioccare le dita, un giorno, se solo volessimo, o forse la consapevolezza di essere anche noi, semplicemente, parte di questa grande storia. Questo è il romanzo della nostra terra raccontato dalle voci di chi a Ostia è nato o ha deciso di vivere; perché noi non siamo mai andati via, da qui veniamo ed è da qui che dobbiamo proseguire, perché una terra non raccontata è una terra che non esiste. -
Dov'eri tu nel '77?
A quarant'anni dalla nascita del punk e a dieci anni dalla sua prima edizione - ormai introvabile - torna il libro-culto del leader dei Diaframma: ""Dov'eri tu nel '77?"""" - pagine di energia, rabbia e amore declinate con spietata irriverenza da Federico Fiumani, dai primissimi anni ottanta protagonista, insieme ai suoi Diaframma, della new wave italiana."" -
Rino Gaetano. Il figlio unico della canzone italiana
Trentuno anni, sei dischi e tra ""Tu, forse non essenzialmente tu"""", prima traccia dell'LP """"Ingresso libero"""" (1974) e """"Scusa Mary"""", l'ultimo titolo di """"E io ci sto"""" (1980), decine di pezzi destinati a cambiare la musica leggera italiana, proponendosi come colonna sonora di un immaginario collettivo ben più ampio rispetto a quello contrassegnato dal tempo in cui Rino Gaetano scrisse e interpretò le sue canzoni. Ma chi era Rino Gaetano? Quali furono le fonti della sua ispirazione? A chi parlava la poetica trasgressiva e struggente che attraversa il suo lavoro? E per quali motivi il suo stile, profondo e disincantato al tempo stesso, contribuì a renderlo con il tempo un personaggio tanto popolare quanto scomodo? Ripercorrendo la storia del cantautore nato a Crotone e cresciuto a Roma, Yari Selvetella dedica a Rino Gaetano una biografia dove la vita dell'artista - stroncata da un discusso incidente d'auto il 2 giugno del 1981 - s'intreccia con quella delle sue opere in un libro per conoscere o riscoprire il figlio unico della canzone italiana."" -
Le avventure di Layka, cagnetta spaziale
Cosa ci fa una cagnetta di tre anni nello spazio? E come ha fatto, piccolina com'è, a salire tanto in alto nel cielo da vedere la Terra diventare minuscola come un puntino? A raccontarcelo è proprio lei: Layka, la cagnetta spaziale capace di parlare usando l'alfabeto morse e poi di mettersi alla guida di un razzo per esplorare lo spazio. Sì, perché schivando enormi meteoriti e lanciandosi con il suo paracadute di fortuna, Layka sbarca su un pianeta molto strano chiamato Gora. Un luogo dove nel cielo ci sono due soli e dove i topi hanno otto zampe ma, soprattutto, un mondo dove non esistono né padroni, né servitori, né ricchi, né poveri, dove le guerre sono sconosciute e dove tutti gli esseri viventi sono uguali, quelli che sulla Terra potrebbero essere chiamati ""uomini"""" o """"donne"""" ma anche quelli che, sempre sulla Terra, vengono detti """"animali""""... c'è n'è abbastanza per restare con la bocca spalancata dalla sorpresa ma le avventure di Layka non finiscono qui. A Gora, infatti, ci sarebbero delle vecchie astronavi abbandonate. E allora perché non aggiustarne una per tornare a trovare i vecchi amici rimasti sulla Terra? Layka sa bene che dall'Universo c'è tanto da imparare. Mica per niente la chiamano """"cagnetta spaziale""""! Postfazione di Giuseppe Longo."" -
Paese basco e libertà. Storia contemporanea di Euskadi Ta Askatasuna: dalla fondazione di ETA alla riconsegna dei depositi di armi. Nuova ediz.
Ancora oggi, e malgrado un «cessate il fuoco» definitivo proclamato nel 2011, la cronaca del Paese Basco e l'immaginario di questa terra sono legati in maniera indissolubile al nome, ai simboli e alle idee prodotti da Euskadi Ta Askatasuna: l'organizzazione armata, più nota con l'acronimo di ETA, che dalla fine degli anni Cinquanta combatte per un Paese Basco indipendente e socialista. Marco Laurenzano, insieme alle vicende di ETA e del suo attacco allo Stato spagnolo, racconta la storia della «transizione alla democrazia in Spagna» dopo la morte del dittatore fascista Francisco Franco dal punto di vista dell'indipendentismo radicale basco e delle sue diverse ramificazioni politiche, sindacali e militari. Dal 1958, anno di fondazione di ETA a opera di un gruppo di studenti, al 1973, quando il commando «Txikia» fa saltare in aria a Madrid l'ammiraglio Luis Carrero Blanco, delfino di Franco e candidato designato alla sua successione; dal 1979, data di approvazione dello statuto di automia del Paese Basco, fino al 2011, mentre la «cessione definitiva dell'attività armata» annunciata da ETA non cancella certo la questione dell'autonomia basca dall'agenda politica internazionale, il libro di Laurenzano ripercorre anni di lotte durissime e di pesante repressione. Una storia contemporanea di ETA in cui, tra dibattiti infuocati e la comparsa di numerose formazioni armate di matrice separatista, si registra la nascita di un movimento sindacale tra i più agguerriti del vecchio continente sullo sfondo di una lotta di liberazione nazionale in grado di mettere pesantemente in discussione la stessa identità europea. -
Storia del partito comunista (bolscevico) dell'URSS. Redatto dalla Commissione incaricata dal Comitato Centrale e diretta da Iosif Stalin
Testo principe dell'esperienza del movimento operaio, ""Storia del partito comunista (bolscevico) dell'URSS"""" venne redatto da una commissione del Comitato centrale diretta da Iosif Stalin e pubblicato per la prima volta nel 1938. Il libro affonda le sue radici nel lontano 1883, con l'esplosione delle lotte per l'abolizione della schiavitù della gleba, e, passando attraverso la fondazione del Partito operaio socialdemocratico e la formazione delle frazioni bolscevica e menscevica, culmina con l'esplosione dell'Ottobre rosso e la vittoria della rivoluzione prima di dare la parola alla gigantesca lotta per edificare il socialismo in un paese semifeudale come la vecchia Russia. Con una narrazione animata dagli stessi protagonisti delle vicende insurrezionali sovietiche, """"Storia del Partito comunista (bolscevico) dell'URSS"""" illustra, attraverso le battaglie congressuali, le sfide affrontate e le lotte sostenute, il percorso di un partito capace di porsi alla testa delle masse popolari per mettere in discussione - e cambiare - lo stato delle cose presente."" -
Con ogni mezzo necessario. Militanti dei percorsi rivoluzionari in Italia dalla fine degli anni Ottanta a oggi
Alla fine degli anni Ottanta, la situazione politica in Italia appare improvvisamente mutata. Soprattutto la prospettiva di un possibile superamento del capitalismo sembra affossata per sempre. Eppure, nonostante le sbandierate pretese di ""fine della storia"""", non è mai mancata una presenza militante di classe, in continuità col grande ciclo di lotte del periodo precedente. In questo volume, parte di un più ampio progetto editoriale dedicato alla ricostruzione dei percorsi rivoluzionari in Italia dalla fine degli anni Ottanta, si raccontano le vite e le lotte di otto militanti, comunisti e anarchici - uccisi in scontri armati, morti """"di"""" carcere o ancora attivi politicamente - interni a percorsi organizzativi politico-militari o ad aree libertarie caratterizzate dall'azione diretta e dall'illegalità contro lo Stato e il capitale. Le biografie di Sergio Spazzali, Edoardo """"Baleno"""" Massari, Mario Galesi, Diana Blefari Melazzi, Luigi Fallico, Marilù Maschietto, Marco Camenisch e Vincenzo Sisi ci parlano di uno scontro di classe che non potrà mai finire, dimostrandoci che per ribaltare la spirale distruttiva connaturata al modo di produzione capitalista la lotta rivoluzionaria resta l'orizzonte necessario e possibile."" -
Città in vendita
Negli anni '60 interi quartieri di Manhattan erano considerati luoghi degradati. Quegli stessi quartieri, oggi, ospitano gli appartamenti più costosi del pianeta. Questo tipo di fenomeno, in realtà, non è affatto esclusivo di New York. Come mostrano gli autori di ""Città in vendita"""", infatti, l'espulsione degli abitanti dei quartieri popolari a vantaggio di classi sociali con maggiore disponibilità economica è un fenomeno che riguarda tutte le città del mondo e che ovunque produce effetti simili. Così, che si parli di Belleville, di el Raval o del Bronx, le attività economiche tradizionali cedono il passo a botteghe alternative e le case già abitate da sottoproletari vengono popolate da manager ed artisti. Per definire un simile cambiamento si parla di """"rigenerazione urbana"""" ma c'è chi preferisce usare il termine """"gentrification"""" affermando come, di fronte al fenomeno del cambiamento nel tessuto sociale, non vi sia alcun """"rinascimento urbano"""" da festeggiare, ma, al contrario, soltanto un nuovo processo speculativo, l'ennesimo grazie al quale i ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri, emarginati ed esclusi persino dai quartieri in cui sono nati. Prefazione di Daniela De Leo."" -
Andare a Kobane
Era il 20 luglio del 2015. A Suruç, capoluogo dell'omonimo distretto turco confinante con la Siria, centinaia di ragazzi e ragazze, militanti della Federazione delle Associazioni Giovanili Socialiste e provenienti da ogni angolo del paese, si trovano nel giardino del centro culturale insieme a ciò che hanno portato con loro: libri, giocattoli e vestiti utili a dare un contributo alla ricostruzione di Kobânê, la città-martire della rivoluzione del Rojava, il luogo in cui l'autorganizzazione popolare ha dimostrato di poter tenere testa e addirittura sconfiggere le milizie fasciste dell'Isis. «L'abbiamo difesa insieme, la ricostruiremo insieme», hanno scritto i giovani socialisti turchi su uno striscione: un messaggio di pace e solidarietà destinato a essere travolto da un violento attacco islamista quando, poco prima di mezzogiorno, la bomba di un attentatore sucida – probabilmente una ragazza diciottenne – uccide 33 persone, ferendone oltre cento. Immediatamente, sorda a qualsiasi dolore, sulla strage di Suruç cala la censura di Erdogan. Gli stessi social network vengono oscurati dal regime del ""Sultano"""", senza riuscire, però, a impedire che tra l'opinione pubblica circolasse una domanda: come è stato possibile, per un attentare e la sua ingente quantità di esplosivo, riuscire ad attraversare il blindatissimo confine turco-siriano? Oggi che Erdogan guida in prima persona l'offensiva turca contro la Siria del Nord, la storia e la memoria delle vittime di Suruç, raccolte da Arzu Demir, rappresentano un atto di accusa senza precedenti nei confronti dell'ipocrisia turca e dei suoi alleati europei e statunitensi. Perché """"andare a Kobane"""", per i giovani uccisi a Suruç nel 2015 e, oggi, per un numero sempre maggiore di persone di qualunque nazionalità, continua a essere, più che un messaggio, una sfida lanciata a tutti i regimi che, arrogandosi con la forza il diritto di agire nel nome della """"democrazia"""", credono di poter continuare a soffocare le aspirazioni alla giustizia e alla libertà."" -
1968: la rivolta necessaria. Controstoria dei movimenti giovanili in Italia: quando nascono, come si organizzano, perché sono destinati a svolgere un ruolo decisivo sulla scena del conflitto sociale
Prendete migliaia di giovani e concentrateli negli stessi luoghi. Al tempo stesso, a forza di privatizzazioni, di peggioramento delle condizioni lavorative e di tagli alla spesa sociale, private questi giovani di ogni possibilità di identificarsi con una prospettiva futura, condannandoli a un presente che parla di disagio economico e di precarietà. Questa, in effetti, non è altro che una fotografia della condizione studentesca oggi: oltre due milioni di studenti che, tra superiori e università, assistono allo smantellamento dell'istruzione pubblica in un contesto di deprimente erosione di qualunque diritto sociale. Mezzo secolo fa, nel 1968, una situazione per certi versi simile innescò una ribellione senza precedenti, capace di saldarsi con le mobilitazioni operaie nel corso dell'Autunno Caldo e cambiando per sempre, sulla scia di quanto accadeva a livello globale, la società che conosciamo. Ritornando sulla scena di quegli avvenimenti, Nando Simeone scrive una storia inedita dei movimenti studenteschi e giovanili: il 1968, il 1977, ma anche i ragazzi con le magliette a strisce del luglio 1960, i beat e gli hippy dell'area controculturale, i movimenti femministi e, quindi, la Pantera del 1990 e l'Onda Anomala del 2008, senza dimenticare le lotte contro la precarietà in Francia, le primavere arabe o, più indietro nel tempo, i fatti della Comune di Pechino e di piazza Tienanmen. Tutti insieme, questi movimenti, consegnano al presente un patrimonio di teorie e pratiche dell'autorganizzazione, ma anche un tesoro di esperienze potenzialmente capace di saldare ciò che i giovani e gli studenti rappresentano per eccellenza: un blocco sociale degli esclusi che, in vista di un nuovo '68, avrebbe da perdere soltanto le sue catene. Introduzione di Checchino Antonini. -
All'arrembaggio! Vallecas, i Bukaneros e il Rayo Vallecano: storia di un quartiere operaio, di una tifoseria di sinistra e di una squadra di calcio
Per chi segue il calcio in maniera distratta, guardando solo qualche partita sospeso fra pay-tv e poltrona, il Rayo Vallecano potrebbe apparire semplicemente come una mediocre squadra di calcio spagnola, invischiata in disperati tentativi di rimanere nella massima serie o in funamboliche promozioni dalle serie inferiori. Per gli appassionati autentici invece, cresciuti magari su una gradinata e diventati adulti durante una trasferta, il Rayo è qualcosa di più. Per loro, i veri tifosi, il Rayo Vallecano non è la terza squadra di Madrid, la sorella ""povera"""" e negletta del Real e dell'Atletico. È prima di tutto un simbolo. Un simbolo di resistenza e ribellione al calcio moderno, ma anche un ritratto gioioso di una squadra radicata visceralmente nel barrio di Vallecas, il più ribelle di Madrid. Che non rinnega la sua genesi ma che al contrario la trasforma in un baluardo, in un vessillo, in orgoglio. Perché tifare Rayo non è una cosa da tifosi """"occasionali"""" ma piuttosto una religione laica che ha delle precise ritualità, dei gesti e dei codici che si riproducono fedeli anche nelle nuove generazioni di tifosi. E di Bukaneros, il gruppo protagonista nella curva del Rayo, si parla ampiamente in tutto il libro. Delle loro imprese negli stadi, ma soprattutto del loro antifascismo, del loro antirazzismo, del loro rivendicare senza tentennamenti l'estrazione proletaria e l'orientamento di sinistra di tutta la curva. Quique Peinado, l'autore, intreccia malinconici ricordi dell'infanzia in un quartiere povero e devastato dall'eroina, cita aneddoti da Bar dello sport e rievoca assolate domenica allo stadio - non senza rispolverare antichi miti caduti in disgrazia - solo per gridare forte il suo amore verso una squadra, orgogliosa di imbracciare la fionda e di combattere come Davide contro i Golia del calcio."" -
Indiani metropolitani. Politica, cultura e rivoluzione nel '77
Nella storia italiana contemporanea, nessun anno è stato tanto indagato ma meno compreso del 1977. Epilogo di un ciclo di lotte iniziato nel 1968 e destinate e durare ben oltre gli anni Settanta, il '77 raccontato da molti storici e innumerevoli commentatori appare come sospeso tra il fermento di una rivolta esistenziale e l'organizzazione di un profondo cambiamento politico ed economico. In questo modo, per tanti, è stato semplice tirare su quella che resta una storia estremamente complessa, e in fondo non ancora conclusa, una sorta di linea, mettendo da una parte chi militò nella cosiddetta ""ala creativa"""" del movimento, i """"buoni"""", e dall'altra, considerati """"cattivi"""", chi aderì alle componenti più inclini allo scontro frontale con le istituzioni. Rifiutando una simile impostazione, frutto più di una cattiva coscienza di chi la sostiene che non di una qualche evidenza storica, Iacarella indaga sul 1977 restituendo a quel periodo la sua autonomia e riconoscendo nella sua effervescenza il portato di istanze originali e diverse rispetto a quelle inerenti il disagio giovanile o la stessa lotta di classe. Concetti come quello, decisivo, di """"desiderio"""", ma anche drammi come la diffusione dell'eroina, diventano per l'autore la chiave di accesso per raccontare dall'interno le politiche e le poetiche che, in modo particolare, caratterizzarono l'azione degli Indiani Metropolitani e la loro militanza dentro e a volte contro il movimento. Una vicenda discussa e misconosciuta a cui Iacarella dà voce ricorrendo a un altro grande rimosso degli anni Settanta: la pratica dell'analisi collettiva dello psichiatra Massimo Fagioli che, proprio in quegli anni, tentò una difficile ricomposizione di quell'Io che, nella voce di tanti testimoni del movimento, continuò a risuonare come """"schizzato"""" e """"dissociato"""" tanto nei momenti di festa e di condivisione che nei frangenti in cui a imporsi era la durezza della lotta."" -
Fuoco! Voci di lotta e racconti militanti
Sono poche le parole che, come ""fuoco"""", contengono in sé il significato profondo della distruzione. Una metafora fin troppo reale per descrivere i tristi esiti dell'attuale sistema di produzione e del suo portato di guerre e di devastazioni sociali e ambientali. È contro tutto questo che si avverte più che mai il bisogno di parole capaci di colpire nel segno e di rompere il diffuso silenzio sulle contraddizioni e sui conflitti. Parole in grado di svelare il fuoco che sta divorando le vite di un numero sempre crescente di persone e, a passi da gigante, il mondo stesso. Parole che diano voce alle morti sul lavoro, alle vittime della furia razzista, alla distruzione della natura e della civiltà urbana; voce alla sete, alla fame, alla paura e alla rabbia. Parole con cui recuperare l'altra faccia del fuoco e dare spazio, finalmente, all'incendio delle lotte, alle pratiche di organizzazione e di resistenza; spazio a narrazioni consapevoli che per assaltare il cielo è necessario non avere paura di bruciarsi."" -
Fare come in Russia. La Repubblica viareggina, i disordini nel derby con la Lucchese e l'insurrezione del 1920: una storia del «Biennio rosso»
Sembrava solo una partita di calcio. Invece era l'incontro tra lo Sporting Viareggio e la Lucchese, non un ""semplice"""" incontro sportivo, dunque, ma l'evocazione di una sfida che, da sempre, nell'immaginario dei partecipanti, opponeva la borghesia del capoluogo agli operai della provincia, trasportando il tema del pallone dal campo da gioco al terreno della lotta di classe. Accadde così, il 2 maggio del 1920, a Viareggio, che l'intera formazione della Lucchese fu costretta a fuggire per i campi per sottrarsi alla folla inferocita. Ma non solo. Dopo che un carabiniere aprì il fuoco e uccise un viareggino, la storia accelerò il suo passo e, sostenendosi sulle solide tradizioni anarchiche e socialiste dei lavoratori marittimi e portuali, chiamò il popolo tutto alla lotta, ricordando come fosse giunta anche in Italia l'ora di «fare come un Russia», vale a dire sovvertire a beneficio dei molti tutto ciò che allo stato delle cose presente esisteva soltanto a favore di pochi. Si dipanano così le brevi ma intense giornate della Repubblica Viareggina: un'insurrezione popolare che anticipa le future repubbliche partigiane e a cui Andrea Genovali rende il giusto tributo storiografico, scrivendo una pagina inedita in quello che resta il percorso di lunga durata della guerra civile italiana. Prefazione di Alexander Höbel e introduzione di Franco Pulzone."" -
Un' utopia concreta. Le montagne del Kurdistan e la rivoluzione in Rojava: un diario di viaggio
Nel nord della Siria, nel mezzo di una delle guerre più crudeli dei nostri tempi, centinaia di migliaia di persone stanno conquistando, insieme a istituzioni basate sulla democrazia consigliare e la parità tra uomo e donna, meccanismi di convivenza pacifica tra tutte le etnie e gli orientamenti religiosi del Medio Oriente. Nella primavera del 2017 alcuni redattori di «Lower Class Magazine» hanno viaggiato dalla Germania al Kurdistan e, dopo un soggiorno nella zona montuosa sul confine turco-irakeno, sono entrati nelle pianure del Rojava per mettersi a disposizione della rivoluzione in corso e, soprattutto, per imparare da questa esperienza straordinaria. Così, vivendo sulle montagne insieme alla guerriglia, sperimentando in prima persona il funzionamento del confederalismo democratico nella Siria del Nord, costruendo case e pascolando pecore, indagando sulla provenienza delle armi europee usate contro la popolazione civile e combattendo a Raqqa contro lo Stato Islamico, ha preso corpo questo libro: un diario di viaggio che entra nel vivo dei profondi cambiamenti in corso e che mostra in presa diretta come la Rivoluzione del Rojava stia salutando l'avvento di un'utopia concreta. Prefazione di Anja Flach. -
Lettere dalla Catalogna
Cosa sta succedendo davvero a Barcellona? Cosa sta spingendo le masse a scendere in strada, a occupare le piazze e a sfidare una dura repressione pur di ottenere l'indipendenza dallo stato spagnolo? Si tratta davvero, come alcuni osservatori sembrano suggerire, di un fenomeno di puro ""egoismo"""" promosso dalle élite borghesi catalane, ansiose di liberarsi dal giogo economico di Madrid? O non c'è piuttosto, dietro le imponenti mobilitazioni, il desiderio di un cambiamento reale che, a partire dal riconoscimento della lingua, della cultura e della storia catalana, imposta un discorso capace di coniugare indipendenza e giustizia sociale? Dov'è, insomma, il punto in cui il discorso sull'indipendentismo lascia spazio al più ambizioso obbiettivo della rivoluzione? Senza avere risposte precostituite, """"Lettere dalla Catalogna"""" affronta la montante effervescenza catalana senza paura di cimentarsi con le sue contraddizioni, ma dando spazio alla viva voce dei militanti di un ciclo di lotte capace di toccare punte altissime di partecipazione popolare e di mettere in crisi il discorso sull'""""ordine"""" portato avanti non soltanto dallo stato spagnolo ma da tutte le istituzioni politiche ed economiche europee."" -
Non è un quartiere per ricchi. Come il Raval di Barcellona ha fronteggiato la speculazione e affrontato l'espulsione dei suoi abitanti. Una storia esemplare
Il Raval, già noto per aver incluso nei suoi confini meridionali la storica Chinatown di Barcellona, non è soltanto uno dei quartieri-simbolo della metropoli catalana ma, in una dimensione globale, rappresenta un vero e proprio laboratorio di ""igiene sociale"""". Si tratta, a ben vedere, di un luogo capace di rappresentare i peggiori incubi delle classi dirigenti e, di conseguenza, anche tutte le politiche che, nel corso di un secolo, le stesse classi dirigenti hanno scelto di portare avanti per superare una situazione di volta in volta definita come """"pericolosa"""", """"amorale"""" e """"degradata"""". A causa del sovraffollamento, della povertà e di attività economiche stigmatizzate come la prostituzione, in effetti, il Raval si è sempre configurato come spazio altro rispetto ai canoni morali della buona borghesia di Barcellona anche grazie alla conflittualità politica e sociale che ha sempre animato il quartiere, contribuendo a renderlo oggetto di una permanente condanna sociale nonché territorio perennemente esposto alle mire speculative del capitale finanziario. Questa attitudine si è manifestata nella contemporaneità con rinnovata virulenza, salutando l'epoca di una vera e propria colonizzazione urbana del Raval dove, per facilitare lo sfruttamento, è stato necessario espellere una popolazione evidentemente incompatibile con le caratteristiche del quartiere-vetrina pensato da palazzinari avidi e urbanisti compiacenti. Eppure, come spiega bene Miquel Fernández, il Raval non è un quartiere per ricchi. E così chi credeva di poter fare soldi facili sulla pelle degli storici abitanti del quartiere ha dovuto fare i conti con strategia di resistenza tanto effcaci quanto inaspettate.""