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Arcipelago malinconia. Scenari e parole dell'interiorità
L'arcipelago è un insieme di isole tra loro separate, ma connesse da una comunanza geografica e geologica. È il modo di essere della «malinconia», mondo di comportamenti, idee e sentimenti apparentemente frammentari, ma legati da una storia e una fenomenologia che accompagna la cultura e la civiltà da cui tutti proveniamo. La malinconia è la Dea della cultura occidentale antica e moderna. Arcipelago Malinconia è il titolo del volume tratto dal Convegno tenuto a Roma al Teatro Argentina il 10, 11 e 12 novembre 1999. Il volume è introdotto da James Hillman, famoso maitre à penser e ultimo allievo vivente di Jung. La prima parte riguarda tre grandi Scenari della malinconia («Il corpo malinconico», «La mente malinconica» e «Malinconia dei molti: ovvero malinconia e comunità») sui quali riflettono psichiatri e psicoanalisti (E. Borgna, M. T. Colonna), studiosi dell'antichità greca (A. Roselli), storici della cultura e delle idee (A. Prosperi, G. Ferroni, M. Galzigna, M. Ciavolella, A. Quondam, J. Clair, J. Schiesari), critici letterari e saggisti (A. Berardinelli, N. Fusini, A. Dolfi, J. Risset, P. Fasano, G. Patrizi, S. Perrella, P. Matvejevic), teorici della politica e politici (R. Esposito e R. Rossanda). Il volume, curato e prefato da Biancamaria Frabotta, si conclude nella seconda parte con una originale rassegna di saggi che esemplificano quattro parole-chiave della malinconia: Umori (J. Schiesari), Specchi (M. Fusillo), Travisamenti (D. Del Corno), Lontananze (A. Prete). -
Errare e perseverare. Ambiguità di un Giubileo
Dalle parole e dagli atti della Chiesa cattolica nell'anno giubilare emergono contraddizioni teologiche e politiche: da un lato la Chiesa confessa gli errori del passato, dall'altro, beatificando Pio IX o il cardinale Stepinac', propone a modello dei fedeli chi da quegli errori non era affatto immune; da un lato promette di correggersi, dall'altro riconferma la propria infallibilità e continuità, e pretende supremazia. Ambiguità e pretese che, mentre manifestano contrasti interni irrisolti, compromettono il dialogo ecumenico e interreligioso promosso dallo stesso Papa Giovanni Paolo II, e incidono sui rapporti tra Chiesa e Stato, tra credenti e non credenti, tra maggioranza e minoranze.Il punto di vista da cui Stefano Levi Della Torre osserva i fatti e i documenti è quello di un cittadino italiano, laico, appartenente alla minoranza ebraica; e da anni impegnato attivamente nei colloqui ebraico-cristiani. Se pure critica e senza reticenze, la sua riflessione intende proporsi a laici e credenti in modo interlocutorio. -
In casa Cupiello. Eduardo critico del populismo
L'itinerario prevalente di questo volume si svolge all'interno delle opere maggiori di Eduardo De Filippo (Natale in casa Cupiello, Napoli milionaria !, De Pretore Vincenzo, Il Sindaco del Rione Sanità e Le voci di dentro). Attraverso un dialogo serrato con i testi e le interpretazioni critiche più autorevoli (Asor Rosa, La Capria, Taviani), l'autore perviene al risultato di proporre l'immagine di un Eduardo «critico del populismo», alternativa alla prevalente collocazione all'interno della letteratura e del teatro populisti. Fuori dalla dimensione populista, Eduardo De Filippo emerge da quest'analisi «come un acuto spirito europeo che, già nel 1945, le rovine ancora fumanti, ha individuato, facendosi forte proprio della critica impietosa del populismo, i nodi e i percorsi della ricostruzione morale e civile: la memoria, l'identità, lo Stato».La percezione che di Eduardo ha la sua città, il sentimento d'amore che il napoletano nutre nei suoi confronti, ne hanno fatto un'icona, hanno fissato i tratti fondamentali del suo teatro, nel quale Napoli ritrova se stessa, in una forma di rassicurante autoreferenzialità. Se prescindiamo dalla critica più propriamente teatrale, Eduardo è collocato nel filone del «regionalismo populista», all'interno di un gioco di rimandi in cui autore e personaggi da una parte e lettore-spettatore dall'altra si rinviano all'infinito la medesima immagine della «napoletanità». Restano così esclusi universalità e senso del tragico, non attingendo ai quali Eduardo non troverebbe posto nella letteratura «alta», italiana ed europea. In realtà, sebbene non estraneo alla «napoletanità», Eduardo andava molto oltre, indicando, con straordinaria lungimiranza, il percorso del riscatto dalla tragedia che la seconda guerra mondiale aveva prodotto, e di cui la Napoli milionaria-stracciona era solo un luogo simbolo.Il Natale si esprime in una dimensione dell'esistenza umana sovrastorica e senza tempo, il sogno: in esso non vi è un percorso storico nel quale costruire un'identità e una coscienza non cieche al mondo, che consenta la speranza e il riscatto, come in Napoli milionaria !. Qui, alla rimozione e al rifiuto della memoria di una Napoli che vuole a tutti i costi dimenticare per cambiare e per vivere dopo il disastro della guerra, il protagonista oppone un ancora più intenso e reiterato richiamo alla formazione di una memoria storica e alla solidarietà come valore civile e non solo personale da porre alla base della ricostruzione dell'identità dello Stato, in una precoce prospettiva di ricomposizione nazionale. -
Non sulle mie scale. Diario di un cittadino alle prese con l'immigrazione clandestina e l'illegalità
Torino, San Salvario. Il palazzo è di quelli dignitosi e un po' severi: in passato ha ospitato, col dovuto, sobrio decoro, addirittura Quintino Sella. La buona borghesia delle professioni che ora lo abita - colta, democratica, civile - non avrebbe mai immaginato, solo un decennio addietro, di doverne dividere l'androne, le scale, le soffitte con «quei delinquenti».Si può sopportare una simile presenza che inquieta, che turba le coscienze, che modifica alla radice persino i più banali comportamenti quotidiani? Si può auspicare di non dover convivere in casa propria con immigrati clandestini e spacciatori, senza perciò sentirsi razzisti? Si può esprimere un bisogno di sicurezza, una vocazione alla legalità e al rispetto delle regole, senza per questo essere considerati xenofobi? L'autore di questo libro ha deciso di superare la ritrosia per la scrittura, e di raccontare una storia che giudica emblematica. Non si sente un eroe, non ha voluto sfidare nessuno. Ha solo deciso di richiedere il rispetto di piccole regole. C'è chi le infrange, le regole: ma c'è anche chi - più insidiosamente - omette di tutelarle. I secondi non sono migliori dei primi.«È una storia al tempo stesso personalissima e generale, in cui mi sono trovato coinvolto, insieme a centinaia e centinaia di cittadini del quartiere in cui vivo, a migliaia e migliaia di persone di tante altre città. Voglio raccontarla perché penso che soltanto chi abbia patito sulla propria pelle il problema possa mostrarlo con maggiore chiarezza, possa aiutare gli altri a identificarlo nella sua pericolosa portata. La delinquenza non ha colore di pelle, né tanto meno ha a che vedere con la diversità delle etnìe o delle culture. La delinquenza resta tale in sé anche al di là dei modi, delle armi e delle infamie in cui si esprime». -
A vela e a vapore. Economie, culture e istituzioni del mare nell'Italia dell'Ottocento
I rapporti intercorsi tra la nostra comunità nazionale e il mare, negli anni che vanno dal processo di formazione dello Stato unitario alla prima guerra mondiale, furono caratterizzati da elementi di radicale trasformazione. Non solo intervennero in quella fase rivoluzionari cambiamenti tecnologici, ma mutò il rapporto stesso tra il mare (anzi i mari) e la rappresentazione complessiva dell'Italia , in un paese che si avviava a diventare Nazione. I contributi di questo volume si interrogano non solo su alcuni dei nodi strategici della nostra storia marittima - mercati, mezzi di comunicazione, mestieri del mare - , ma anche sugli effetti dei processi politici e istituzionali che, dall'Unità in poi, regolano, con intensità crescente, il ruolo, la presenza e l'identità della gente di mare. L'attenzione si concentra sui cambiamenti subiti dall'Italia minore che lavora a bordo delle agili navi a vela transoceaniche o risiede nelle comunità del mare; ma si guarda anche a quel confine mobile e permeabile tra terra e mare sul quale si muovono ceti professionali e apparati burocratici chiamati a confrontarsi con la gestione delle questioni marittime; o per altro verso a quelle élites desiderose di distinguersi socialmente attraverso la pratica sportiva dello yatching.Prende così forma, anche grazie alla valorizzazione di fonti «specializzate» come i giornali di bordo o gli statuti dei circoli nautici, un punto di vista storiografico che, attraverso la rappresentazione degli ineludibili limiti geografici e culturali dell'Italia marinara del XIX secolo, fa emergere le radici di più recenti e tumultuosi cambiamenti, destinati a segnare, per tutto il secolo successivo e fino ad oggi, il tormentato rapporto del nostro paese con l'ambiente marino. -
La rinascita dell'Europa. Husserl, la civiltà europea e il destino dell'Occidente
Che cosa vuol dire, oggi, essere europei? In che cosa gli abitanti d'Europa possono riconoscere una cifra comune, che li ponga in condizione di dialogare con i differenti mondi, senza chiudersi nei propri particolarismi e senza d'altro canto manifestare aggressive volontà di conquista? La questione dell'identità è forse il problema principale che sta di fronte all'Europa del nostro tempo: dalla soluzione che ad esso verrà data dipenderà quella di tutti gli altri complessi problemi dell'Europa attuale. In questo libro, frutto di una ricerca promossa dall'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici di Napoli, il metodo fenomenologico di Edmund Husserl viene applicato all'Europa in quanto dimensione culturale e spirituale. Analizzando le riflessioni husserliane sulla crisi delle scienze e sul destino della civiltà europea, l'autore traccia un percorso ermeneutico che oltrepassa il piano ricostruttivo per approdare a una riflessione sull'Europa futura. Ne scaturisce un doppio esito: da un lato, una verifica delle capacità del pensiero fenomenologico di interpretare in chiave critica la realtà europea attuale; dall'altro, un abbozzo dei compiti più urgenti che, da questa prospettiva fenomenologica, l'Europa si trova a dover affrontare. -
Sicurezza e giustizia. Conversazione con Paolo Borgna
Esiste un'emergenza giustizia nel nostro paese? È vera la rappresentazione diffusa che dipinge il nostro sistema giudiziario come affetto da un'endemica inefficienza? E cosa si deve fare per restituire ai cittadini la fiducia necessaria in questo grande bene collettivo? Piero Fassino, guardasigilli e dirigente della sinistra, si confronta sul funzionamento della giustizia con Paolo Borgna, pubblico ministero a Torino. Da un lato, il politico, responsabile del ministero della Giustizia in un momento di complesse e controverse riforme e di continue e opposte sollecitazioni. Dall'altro, il magistrato impegnato nella procura di una grande città del Nord, investita dai fenomeni di criminalità urbana connessi in parte non secondaria ai forti flussi migratori di questi anni. Ne nasce una discussione serrata, giocata sul filo della passione civile. E il confronto parte proprio dalla sicurezza: dalla denuncia dell'inadeguatezza, giudiziaria e culturale, ad affrontare il fenomeno e del ritardo nel comprendere quanto questa sottovalutazione contribuisca a deteriorare il rapporto fra cittadino e istituzioni. Ma la denuncia del ritardo non basta se non se ne affrontano, senza paura di scavare a fondo, le radici culturali. È forse vero - come molti sostengono - che una specifica resistenza va ricercata proprio nella cultura diffusa della sinistra? E peraltro, che uso ha fatto la magistratura italiana della sua straordinaria indipendenza di fronte alle richieste di giustizia dei cittadini? Da queste domande il confronto si estende ai temi più generali della giustizia: al ruolo della magistratura, alle scelte e responsabilità dei capi degli uffici, ai rapporti con le sollecitazioni della politica, sino a toccare le riforme più recenti e quelle sul tappeto. -
Povera scuola! Promesse e realtà di una resistibile riforma
Dove va la scuola italiana? La recente riforma pretende di averne individuato i mali endemici e profondi, e promette con toni trionfalistici un rapido e radicale rinnovamento. Autonomia, riordino dei cicli, moduli, competenze sono presentate come parole magiche in grado di mettere la scuola al passo con i tempi e trasformarla in un mondo operoso e funzionante. Quello che viene proposto agli insegnanti è uno schema implicito, presentato come incontrovertibile: la riforma si muove nella direzione del cambiamento, e dunque opporvisi significa restare ancorati al passato, non essere consapevoli dei mutamenti culturali e sociali in atto.Questo libro è di tutt'altro avviso, e mette la riforma sotto accusa su un triplice piano: organizzativo, dei contenuti e delle metodologie. In primo luogo, secondo gli autori, è la riforma a porsi in assoluta continuità con il vecchio; è l'ultimo passo di un'impostazione più che ventennale che ha sistematicamente ignorato i drammatici problemi che il cambiamento del mondo contemporaneo ha posto alla scuola. Di fronte alle trasformazioni di grande portata che hanno investito a un tempo la composizione sociale e i modelli stessi della conoscenza, l'istituzione non ha voluto o saputo farvi fronte, ed è caduta in un drammatico stato di degrado culturale e organizzativo. Di conseguenza, non si sfugge alla sensazione che i mutamenti proposti dal nuovo ordinamento siano di pura facciata, e che tendano a dare una parvenza di novità e scientificità a un mondo in frantumi. Sulla base di questi convincimenti, maturati dalla trincea di un'esperienza vissuta con grande passione civile, gli autori scagliano la loro accorata invettiva. Dove condurrà questa riforma? È proprio fatale rassegnarsi a un modello di scuola-azienda, in cui gli studenti siano trasformati in «utenti» o «clienti»? E cosa pensare della novità più clamorosa, quella che punta a una riduzione dei contenuti, a un sempre più esasperato tecnicismo e strumentalismo? Qual è l'obiettivo? Fare degli studenti altrettanti competenti del nulla? O è ancora possibile, nella scuola italiana, pensare in termini di valori, di etica condivisa, di rigore conoscitivo? -
Se il nord. Bossi, Berlusconi e le sirene del federalismo fiscale
C'è un asse «nordista» nella piattaforma politica con cui il Polo delle Libertà si candida a governare per i prossimi anni il nostro paese? Qual è il contenuto del «patto segreto» stilato tra Berlusconi e Bossi, e depositato presso un fantomatico notaio milanese?L'autore di questo libro, ministro per gli Affari regionali del Governo Amato, coinvolto in prima persona nel difficile ruolo di raccordo tra lo Stato centrale e i poteri delle Regioni, è convinto che quel patto riguardi la sostanza strategica, più che piccoli aspetti tattici.La questione essenziale è quella che in gergo burocratico va sotto il nome di «fondo perequativo». Di quali entità devono essere i trasferimenti che le regioni più ricche si impegnano a erogare a favore delle regioni meno ricche? Su questa percentuale, che ovviamente il patto nordista vuole ridurre al minimo, si giocano in primo luogo le sorti di un equilibrato sviluppo economico nazionale. Come il libro dimostra attraverso un'accurata simulazione statistica, le conseguenze che si avrebbero da una riduzione al minimo dei trasferimenti sarebbero disastrose, e non solo per il Mezzogiorno.Ma l'attuazione di simili propositi avrebbe effetti assai più vasti - è la tesi di Loiero - di quelli puramente economici. Le poste vere della partita sono il destino civile del Mezzogiorno, il modello di Stato, l'unità del paese. Più ancora, è lo stesso vincolo di solidarietà che lega gli individui all'idea di cittadinanza ad essere messo a rischio: una sorta di «secessione di fatto», non meno pericolosa di quella altre volte proclamata e teorizzata. -
Esistenza e interpretazione. Nietzsche oltre Heidegger
Continuare a ripetere che «tutto è interpretazione» comporta indubbiamente per la filosofia una pericolosa perdita di attrito con l'esperienza, di cui la cultura postmoderna è in parte responsabile. Ma è proprio vero che l'atto interpretativo costituisce una negazione della sussistenza della realtà oggettiva? Affermare i diritti dell'interpretazione implicherà necessariamente l'infedeltà nei confronti dell'esperienza? È corretto impostare la questione dell'identità della filosofia su una discriminante tra mondo empirico e mondo interpretato, destituita di fondamento anche dal dibattito sul metodo scientifico?Il libro di Marco Vozza intende rispondere a una domanda oggi ricorrente: la filosofia dell'interpretazione è un programma di ricerca che ha esaurito le sue potenzialità euristiche, ragion per cui risulta agevole decretare la fine di un presunto idioma ermeneutico, oppure si tratta di un progetto incompiuto, rispetto al quale è possibile ancora attivare cospicue risorse? In queste pagine viene mostrata la legittimità della seconda opzione, a condizione che si ritorni a Nietzsche e al suo concetto di interpretazione affettiva, abbandonando ogni compiaciuta sudditanza alle auctoritates rappresentate da Dilthey, Heidegger e Gadamer e, soprattutto, a patto che venga sospesa l'adesione acritica alla contrapposizione metodologica tra arte, filosofia e scienza, su cui si articola buona parte dell'ermeneutica novecentesca. Una volta soddisfatte tali condizioni, si potrà prospettare un'inedita declinazione affettiva dell'ermeneutica, elaborata nel punto di intersezione tra esistenza e interpretazione. -
Lezioni di scrittura. Lettera a Virginia Basco (1856-83)
Le lettere che Francesco De Sanctis inviò a Virginia Basco fra il 1856 e il 1883 non sono soltanto la testimonianza di un intenso e sofferto scambio affettivo, di un amore mai fino in fondo dichiarato, che si protende lungo un arco pluridecennale, e resiste alla differenza d'età. L'asimmetria di quella relazione si esprime anche e soprattutto attraverso un rapporto di natura pedagogica. De Sanctis, il professore, l'insigne storico della letteratura italiana, elegge Virginia a sua allieva prediletta. Le scrive con l'intento dichiarato di insegnarle il bello scrivere; si fa promotore, presso di lei, di una vera e propria iniziazione alla scrittura letteraria. Pubblicate per la prima volta da Benedetto Croce nel 1917, e qui riproposte con l'aggiunta degli inediti e restituite alla lezione originaria che il ritrovamento degli autografi ha consentito, le lettere rivelano l'intensità del progetto che legava il professore alla sua allieva. Come in un romanzo di formazione, De Sanctis trasmette alla sua giovane corrispondente l'idea di una letteratura che sia soprattutto passione e strumento di conoscenza, nello stesso momento in cui, per insegnarle la tecnica della scrittura, le indica gli autori e le opere con cui confrontarsi. E dunque, vere lezioni di scrittura sono quelle che si leggono in queste pagine: la struttura della novella, del racconto epistolare, la costruzione dei personaggi ideati a partire dal dato reale, la descrizione dei tipi, la scelta della situazione, la differenza fra tragedia e dramma, la composizione poetica. E su ogni suggerimento prevale l'attenzione a una letteratura che non sia cosa morta, ma contrasto di opposti in cui si riproduca la vita. -
Filosofia dell'amore
L'eredità teorica di Georg Simmel è stata a lungo condizionata da giudizi pesantemente riduttivi: filosofo del «pressappoco», teorico dell'«impressionismo», cultore di una filosofia giornalistica. Si tratta di giudizi che non colgono la profonda capacità del pensatore tedesco di rappresentare le tensioni e i rovelli di un'epoca. Il suo rifiuto di ogni razionalismo universalistico, il suo relativismo individualistico esprimono qualcosa di più che un semplice schematismo di tipo descrittivo, sono il portato di un disagio di cui non può sfuggire il profondo significato storico.Ne sono una manifestazione esemplare gli scritti sull'amore, qui per la prima volta raccolti in edizione italiana nella loro versione completa, che comprende l'importante Frammento postumo sull'amore, mai fin qui tradotto in italiano.Simmel considera l'amore come il frutto di una motivazione primaria, estranea alla contrapposizione tra azione egoistica e azione altruistica. L'eros abolisce ogni distanza tra l'io e il tu, in virtù di una proiezione di sentimenti che determina la completa solidarietà, l'assoluta adesione dell'oggetto al soggetto. L'essenza dell'amore è dunque unitaria, non è la sintesi di fattori eterogenei, pur manifestandosi in una pluralità di modi e attributi differenti: sensualità e sentimento, istinto e affetto, attrazione e simpatia.Così inteso, l'amore è innanzitutto un rapporto che l'individuo intrattiene con se stesso, una sorta di sfida individuale irrisolta verso la propria realizzazione, che sortisce l'effetto di una continua tensione erotica, come l'«avventura» è una via intermedia nella dialettica tra vita e forma che l'amore incarna. -
Roma quanta fuit. Tre pittori fiamminghi nella Domus Aurea
Prima di questo volume, poco si conosceva dei rapporti tra l'arte fiamminga e quella italiana nella prima metà del secolo XVI. Il vasto reticolo dei rapporti di reciproca influenza, di condizionamenti e di «risposte» tra le due tradizioni artistiche, che ebbe certamente in Roma il suo punto di incontro e scontro, restava per molti versi oscuro, impenetrabile. Partendo da un paesaggio di rovine romane - con una data, 1536 e una firma, Herman Posthumus - Nicole Dacos ha collegato quel quadro a un nome apparso, con quelli di Maerten van Heemskerck e di Lambert Sustris, tra i graffiti della Domus Aurea. Allievi di Jan van Scorel, che a Roma lavorava per Adriano VI prima del rientro a Utrecht, e venuti dall'Olanda «per imparare», Posthumus, Heemskerck e Sustris nelle loro scorribande romane sono legati direttamente alla veduta, genere destinato a un avvenire straordinario di cui qui si analizza la formazione. Il filo rosso dell'indagine è Posthumus, del quale si ricostruisce grazie a documenti, e soprattutto all'analisi stilistica, la vita errabonda: dal viaggio a Tunisi insieme a Jan Vermeyen al soggiorno a Roma, dove lavorerà all'ingresso trionfale di Carlo V, dall'attività a Landshut in Baviera sino al ritorno ad Amsterdam. La nuova edizione di questo libro apprezzato fortemente dalla critica e dal pubblico (la prima edizione, andata presto esaurita, era uscita nel 1996) aggiorna e integra l'indagine. Così un quadro inedito permette di rivisitare la formazione di Sustris dall'Olanda a Roma, a Padova. Viene altresì arricchita la conoscenza dell'allievo tedesco di Scorel, Calcar, che in quella città lo aveva preceduto, anche lui dopo un soggiorno romano. -
Lo specchio. Scritti di critica d'arte
La pubblicazione delle ""Opere in prosa di Carlo Levi"""", inaugurata con il volume """"Le mille patrie. Uomini, fatti, paesi d'Italia"""", prosegue ora con """"Lo specchio"""", che raccoglie gli scritti sull'arte del grande artista torinese: riflessioni teoriche e annotazioni critiche, sviluppate - dal 1926 al 1970 - con tono appassionato e partecipe, ma anche con lucida capacità di giudizio. Cifra comune di queste pagine è un'idea dell'arte come momento creativo che, ispirandosi al mito di Narciso, guarda alla realtà come in uno specchio, ed è cartterizzata da una dimensione poetica ed etica insieme, dato che l'arte si fonda sull'uomo quale """"misura di libertà morale"""".Levi sviluppa così riflessioni sulla sua stessa pittura e, più in generale, sul significato del fare pittura nella società moderna, ma i saggi documentano anche i variegati interessi dell'artista verso il cinema, la scenografia, l'architettura, il design, la fotografia, i cartoni animati e persino il fumetto.Sono qui raccolti infine gli scritti dedicati a varie e significative personalità dell'arte antica e contemporanea, in un itinerario ideale che accoglie al suo interno i fartelli Carracci, Manet e Cézanne, Mondrian e Picasso, fino agli amici e sodali: Casorati, Guttuso e Manzù."" -
I diritti dei bambini e degli adolescenti. Una ricerca sui progetti legati alla legge 285 e le sue applicazioni
Questo volume raccoglie i risultati di una ricerca sui progetti presentati in Italia in base alla legge 285/97 sui diritti per dell'infanzia. Vengono esaminati, in particolare, i progetti che intendono promuovere la partecipazione sociale dei bambini e degli adolescenti, in tre diverse forme: ludica (ambiti nei quali i bambini e gli adolescenti possono aggregarsi ed esercitare il ""diritto al gioco"""" o all'autogestione del tempo libero); decisionale (forme di coinvolgimento dei bambini e degli adolescenti nelle decisioni collettive); progettuale (occasioni di coinvolgimento dei bambini e degli adolescenti nei progetti per il territorio). Il volume riflette anzitutto sui significati della legge e fornisce per la prima volta un quadro chiaro e sintetico dello stato della progettazione in Italia. Esso si avvale poi di una metodologia di analisi valutativa della progettazione che si propone di comprendere le forme di partecipazione privilegiate in Italia, nonché gli obiettivi e le caratteristiche degli interventi promossi. Gli autori pongono in evidenza l'intreccio problematico e le oscillazioni tra innovazione e tradizione nelle proposte che vengono rivolte all'infanzia e all'adolescenza, e si interrogano sulle prospettive di partecipazione che la società italiana intende effettivamente offrire alle nuove generazioni. Amministratori, progettisti e operatori hanno così la possibilità di riflettere, in modo documentato e sulla base di nuovi strumenti analitici, sui significati culturali e i risvolti pratici dei progetti che essi attivano."" -
Nel paese dei balocchi. La politica vista da chi non la fa
Nell'ultimo decennio del Novecento i nostri rapporti con la politica sono profondamente cambiati. E chiunque viva fuori dell'universo politico tende a chiedersi sempre più spesso: «Che cos'è la politica? Cosa dovrebbe essere? Perché pensarci?». I capitoli del libro nascono da questi interrogativi elementari e decisivi, formulati ogni volta da angolazioni diverse nel corso di un processo di trasformazioni difficili da definire e tuttora in corso. Usando anche differenti espedienti stilistici, Berardinelli ci offre una serie di quadri che segnano altrettante tappe della storia recente: dagli anni della partitocrazia alla caduta del Muro e al declino internazionale della cultura comunista, dalla modifica del sistema politico italiano dopo Tangentopoli alla scesa in campo di Berlusconi, dalla prolungata e irrisolta crisi della sinistra alla difficoltà di capire davvero la portata di conflitti internazionali drammatici, anche molto vicini ai nostri confini, come la guerra del Kosovo, fino ai più recenti e terribili esiti del terrorismo internazionale, con le incognite politiche e militari che ne seguono.Alfonso Berardinelli non è né uno storico, né un politologo. Non è uno specialista della politica, e questo gli dà qualche vantaggio: anzitutto un distacco spietato e ironico che ci restituisce un'immagine insolita dell'oggetto-politica. Scrittore e critico, l'autore è attento alle trasformazioni della cultura e del linguaggio, della mentalità e delle idee. I suoi dubbi e interrogativi sono quelli di un comune cittadino, ma anche di un intellettuale che guarda sempre di più «come dalla luna», o da fuori e dal basso, gli scenari politici, in particolare quelli italiani. Ne nasce un libro in cui alla politica vengono rivolte domande provocatorie e radicali, in una scrittura fantasiosa, aforistica, «straniante», nella quale si esprime ancora una volta e sempre di più l'idea che la politica sia una cosa troppo importante per essere lasciata agli esperti e agli addetti ai lavori. -
Poeti della malinconia
Poeti della malinconia è una raccolta di testi poetici appartenenti per lo più alla seconda metà del secolo appena conchiuso. Non una rassegna, ma - parafrasando il titolo della poesia di apertura di Giovanni Giudici - piuttosto un'antologia di ""visitazioni"""" poetiche: poeti classici della modernità letteraria, scelti secondo la scansione delle differenti parole chiave della Malinconia (Umori, Silenzi, Specchi, Travisamenti, Lontananze), in grado di trasmettere il testimone di un intenso messaggio malinconico al nuovo secolo. A questi poeti italiani e stranieri (G. Caproni, A. Rosselli, P. Celan, N. Sachs, P. Larkin, Z. Herbert, I. Brodskij, ) sono dedicati altrettanti Omaggi di critici lettererari, filosofi e saggisti tra i più attivi nel panorama italiano (R. Ronchi, E. Tandello, C. Miglio, I. Porena, F. Buffoni, F. Fornari, M. Martini).Questo volume, che fa seguito ad Arcipelago malinconia (pubblicato da Donzelli nell'aprile 2001 e originato dal medesimo convegno svoltosi a Roma nel novembre del 1999), una raccolta di saggi in cui comunque """"la poesia si aggirava come un'inquilina clandestina, ma tutt'altro che inoperosa"""", come scrive Biancamaria Frabotta nella sua premessa, si conclude con una scelta di versi di poeti viventi di varie generazioni e nazionalità - B. Achmadulina, I. Sarajilic, R. Baldini, A. Blandiana, M. De Angelis, P. Jacottet, J. Koneffke e V. Magrelli -, qui introdotti e tradotti da A. Alleva, F. Brevini, B. Mazzoni, E. Affinati, S. Agosti, I. Heimbacher Evangelisti, A. Cortellessa."" -
Storia dell'emigrazione italiana. Vol. 1: Partenze.
L'emigrazione italiana nel mondo ha rappresentato uno dei tratti più peculiari dell'intera storia dell'Italia contemporanea. Il fenomeno migratorio non ha inciso solo sull'economia italiana, ma sulla costruzione stessa della cultura e dell'identità del paese. L'intento di quest'opera, commissionata dal Comitato nazionale di celebrazione ""Italia nel mondo"""", è quello di sintetizzare l'intera vicenda della nostra emigrazione all'estero."" -
Fiabe e storie. Ediz. integrale
Composte e pubblicate in danese fra il 1835 e il 1874, le fiabe di Hans Christian Andersen scaturiscono dalla fantasia dell'autore e solo in minima parte dalla materia popolare cui pare, almeno inizialmente, egli dichiarò di ispirarsi. Andersen non si limita a ripercorrere e reinterpretare il filo della grande tradizione favolistica europea, ma ""cambia radicalmente la prospettiva della fiaba"""" operando una sorta di umanizzazione di animali e cose. Questo è il segreto del suo successo: inventare figure irreali, per poi subito immergerle nella quotidianità delle passioni e delle pulsioni. Ne deriva una conseguenza apparentemente paradossale: quelle di Andersen sono anche, e forse soprattutto - fiabe e storie per grandi. È lo stesso autore a rivendicarlo con forza: """"le mie fiabe sono più per gli adulti che per i bambini, che possono comprendere le cornici, gli ornamenti. Sostenuta dalla consapevole ripulsa di ogni concessione all'ingenuità, la padronanza narrativa dell'autore si distribuisce su differenti registri di scrittura, e Andersen può scrivere qui con spirito creaturale e francescano, là con pietà e dolore, là ancora con ironia acre e cattiva. Questo volume, con duecentosessanta illustrazioni, raccoglie il corpo completo delle centocinquantasei fiabe riunite da Bruno Berni, in una traduzione omogenea e integrale condotta sull'edizione critica danese. Introduzione di Vincenzo Cerami. Età di lettura: da 10 anni."" -
Prima e dopo le parole. Scritti e discorsi sulla letteratura
In questa raccolta di scritti di teoria e critica letteraria compaiono alcune significative testimonianze del rapporto di Levi con la creazione artistica in generale, nelle sue prime o più compiute manifestazioni. Si susseguono dunque, nella prima parte, scritti di teoria, compresi in un arco temporale che va dagli inizi degli anni cinquanta ai primi anni sessanta, riflessioni sul linguaggio, sull'arte moderna, sulla poesia, sull'""arte del tradurre"""".Nella seconda parte compaiono invece testi di differente natura: veri e propri saggi critici o recensioni, ricordi, presentazioni, discorsi, attraverso i quali si delinea il confronto di Levi con i suoi scrittori, quelli che lo hanno segnato. In questo sguardo a largo raggio Levi restituisce contemporaneità alle grandi opere del passato, stabilendo con esse un rapporto di scambio e un dialogo che le pone come possibili risposte alle domande del presente e alle esigenze esistenziali dell'io. Dietro a ognuno di questi saggi critici è implicito, insomma, il modo leviano di fare arte e d'intenderla.Levi si muove nella letteratura del Sette e Ottocento europeo fino ai suoi termini di crisi, ne riconosce i momenti essenziali via via fino al Novecento (Sterne, Stendhal, Tolstoj, Cechov, per fare alcuni esempi), si confronta con le voci poetiche che sentiva più prossime, Saba e Scotellaro. E scrive pagine penetranti, per quel suo pensare grande, guardando come dall'alto intere parabole di storia, e insieme da vicino, per il bisogno di scoprire la sua consanguineità con quel mondo, la sua simpateticità con certe opere, guadagnandole al presente, cointeressandole a una vicenda ancora in atto.""