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Vento forte. Eolico e professioni della green economy
La transizione ecologica è un tema di grande attualità. La società industriale ha determinato l’emergere di nuovi rischi per la salute dell’uomo e per gli equilibri ecosistemici del pianeta. La consapevolezza della necessità di un profondo mutamento in senso ecologico sembra piuttosto radicata e il sostegno, in generale, alle green policies pare confermarlo. Nell’elaborazione di soluzioni innovative green, i “saperi esperti” giocano un ruolo rilevante. In questo scenario, il testo prova a indagare il ruolo e la funzione dei professionisti verdi nel caso dell’energia dal vento, concentrandosi sul profilo professionale dello sviluppatore di impianti eolici (wind-farm developer). Di che tipo di professione si tratta? Qual è il bagaglio di conoscenze di tali figure? Che rapporto intrattengono con il contesto socio-territoriale in cui operano? In che modo si interfacciano con gli interessi del capitalismo green? In quale maniera mediano gli interessi delle comunità locali? Il volume vuole contribuire a rispondere a questi quesiti, delineando inoltre la possibilità di un professionalismo “verde”. -
La religione come fenomeno. Ricerche e studi a partire da Michel Henry
L’incontro tra fenomenologia e religione è da sempre oggetto di vivaci dibattiti. Non è possibile non notare come questo interesse per tematiche inerenti alla sfera del “religioso” attraversi il campo delle ricerche fenomenologiche fin dalla formazione dei primi circoli animati dagli allievi di Husserl. Pensare, accostandole, fenomenologia e religione non significa però pretendere di subordinare uno dei due termini all’altro. Che cosa vuol dire allora trattare la religione come fenomeno? E che cosa è da intendere per fenomeno? La questione riguarda il “senso” dell’apparire e della connessione che, nel suo darsi, l’apparire offre al pensiero. Gli studi raccolti in questo volume si confrontano con le sollecitazioni provenienti dalla filosofia di Michel Henry e dal suo progetto di revisione della fenomenologia che, nella sua radicalità, apre lo spazio per ripensare in modo nuovo il legame antico che, nel pensiero dell’origine, vede inestricabilmente intrecciarsi filosofia e religione. -
Sentire il grisou
La domanda che Georges Didi-Huberman pone all’inizio di Sentire il grisou è vertiginosa: come veder venire la catastrofe? Come percepire il livello di grisou nell’aria, questo gas inodore e incolore altamente infiammabile che saturando i pozzi minerari rischia di provocare un’esplosione? Era uso corrente, presso i minatori di un tempo, discendere nel ventre della terra con un pulcino in gabbia: brutto segno quando le ali iniziavano a fremere… Secondo Didi-Huberman le immagini hanno la stessa funzione, al contempo divinatoria e alare: se iniziano a fremere, ad agitarsi, a smarcarsi dalla quieta “normalità” che le rende quasi invisibili (e di conseguenza illeggibili e inconoscibili), qualcosa sta per spiccare il volo. Attraverso un’operazione di montaggio in cui “rime di voci” e “rime di immagini” innescano un potente movimento dialettico, è sorto (o si è sollevato) La rabbia, film “lirico-documentaristico” che Didi-Huberman non esita a definire «un atlante in movimento dell’ingiustizia contemporanea» e di cui offre, in queste pagine, una lettura nuova e penetrante. -
Cure palliative simultanee e sviluppo delle virtù
Il tema delle cure palliative ha acquisito sempre maggiore centralità e urgenza, non solo in ambito sociosanitario, ma anche filosofico e bioetico: la necessità di un modello di palliazione simultanea (e non più solo terminale), come pure la riattualizzazione della nozione di “dolore totale”, hanno riportato l'attenzione sul significato della molteplicità di sintomi secondari di una patologia. Fra essi, oltre al dolore fisico, c'è il dramma del dolore esistenziale, che può intaccare le emozioni, le relazioni, i pensieri. A partire da ciò, il volume mostra l'esigenza di un ripensamento profondo della filosofia della palliazione, che possa intercettare realmente il fenomeno della sofferenza umana, e grazie a ciò elaborare proposte applicative adeguate. La scuola delle virtù si rivela, in questo senso, un'opportunità interessante per elaborare “dal di dentro” il dolore, accogliendo la sfida insita nella domanda: “può la vita sofferente essere buona?”, ovvero, “può diventare anch'essa luogo di fioritura dell'umano?”. -
Dir vero su se stessi. Conferenze all'Università Victoria di Toronto, 1982
Perché nelle nostre società siamo sempre obbligati a dir vero su noi stessi? Qual è il prezzo, e quali sono gli effetti soggettivanti di questo obbligo generalizzato di verità? Nel 1982 Foucault tiene un ciclo di conferenze all'Università Victoria di Toronto che si inscrive nel progetto di una genealogia del soggetto occidentale moderno ed è dedicato alla nascita dell'ermeneutica di sé. Dopo aver analizzato il tipo di conoscenza di sé e di rapporto a sé che caratterizza la askesis greco-romana, Foucault studia il rovesciamento che nei primi secoli del cristianesimo ha condotto alla nascita di un'ermeneutica di sé concepita come l'esplorazione e la decifrazione, da parte del soggetto, della sua stessa interiorità. Per caratterizzare questo rovesciamento Foucault introduce un'inedita distinzione tra due forme di ascesi, l'una rivolta verso la verità e l'altra rivolta verso la realtà. Parallelamente alle conferenze di Toronto, Foucault tiene anche un seminario dedicato allo studio dettagliato dei testi degli autori antichi su cui si fondano le sue analisi dell'antica cultura di sé e presenta un abbozzo dei differenti significati della nozione di parresia. -
Scritti sull'empatia
Che cos’è l’empatia? Che cosa ci accade quando sentiamo la disperazione di Faust o la rabbia di Mosè? Ecco le domande a cui risponde Theodor Lipps nei saggi raccolti in questo volume. L’esperienza empatica non può essere ridotta a semplice sensazione organica, ma neanche descritta come se fosse un processo del solo pensiero che non coinvolge la sfera emotiva e la corporeità. L’empatia si costituisce invece come un meccanismo psicologico in grado di fungere da anello di congiunzione, intermedio ma autonomo, tra fisiologia e psicologia, corpo e mente, natura e spirito. -
Natura, ragione e relazione. Una prospettiva sulla legge naturale a partire da Alasdair MacIntyre
Quello della legge morale naturale è uno dei grandi temi che hanno impegnato la riflessione filosofica di Alasdair MacIntyre (Glasgow, 1929) negli ultimi tre decenni. Si tratta di un discorso che il filosofo scozzese sviluppa in costante dialogo con Tommaso d'Aquino e dentro un più ampio affinamento della propria teoria della razionalità pratica: il risultato di un simile sforzo è un'idea di legge di natura dai connotati fortemente dinamici, che aggrega gli esseri umani nella ricerca del vero, in un'intrapresa critica che non fa sconti né lascia spazio a facili compromessi. Lo studio esposto in questo volume si propone di offrirne una ricostruzione sistematica, non trascurandone i legami vitali con altri aspetti della speculazione macintyreana e promuovendo un rinnovato confronto con le fonti tommasiane. Esso si compendia in un invito a ripensare la legge morale naturale come logica delle relazioni buone con altri, con se stessi e con l'Altro. -
Pluriverso. Dizionario del post-sviluppo
Pluriverso contiene oltre cento saggi sulle iniziative di trasformazione sociale e sulle alternative allo sviluppo oggi dominante, e più in generale ai processi di globalizzazione. Questi ultimi affondano le radici nella modernità, nel capitalismo, nel dominio di Stato e nelle pratiche maschiliste. In questo Dizionario del post-sviluppo sono contenute da un lato riflessioni critiche rispetto alle soluzioni di mercato, al greenwashing delle multinazionali e agli approcci riformisti. Dall’altro lato, il volume raccoglie pratiche globali e cosmovisioni radicalmente alternative: in esse trova espressione la consapevolezza che un mondo ecologicamente saggio e socialmente giusto non solo sia possibile e necessario, ma per certi versi già esista. Per conoscerlo, non resta che immergersi nella lettura di questo libro. -
Ipocrisia. Storia e critica del più socievole dei vizi
Inconfessata per definizione, l’ipocrisia è una delle categorie polemiche più usate e abusate, ancora oggi, per denunciare il “cinismo mascherato” di certi attori sociali, soprattutto quando rivestono cariche pubbliche. Ma l’ipocrisia è stata sempre e solo questo? Dovremmo davvero diffidarne sempre e contestare ogni sua manifestazione? Quali forme di ipocrisia possiamo distinguere? Quale rapporto esiste fra l’ipocrisia e la scarsa attitudine autocritica di chi è solito contestare le condotte di vita altrui? E soprattutto: quale rapporto esiste fra questo vizio comune, la politica democratica e la riproduzione istituzionale di diverse forme di oppressione e di dominio? Sono solo alcune delle domande che ispirano questo viaggio filosofico a ritroso nella storia di uno dei concetti più camaleontici della cultura occidentale. Le svolte semantiche che da Omero a Sloterdijk scandiscono questa storia sorprendente consentiranno di differenziare diverse accezioni del fenomeno: dall’ipocrisia psicologica di chi dissimula per proteggersi dall’aggressività altrui al narcisismo etico di chi tradisce le qualità professate, passando per l’opportunismo auto-indulgente e il moralismo ipocrita. -
Del modo di esistenza degli oggetti tecnici
Come restituire alla tecnica lo statuto che le spetta all'interno della cultura e quindi comprendere le vere fonti dell'alienazione di cui invece la tecnica stessa viene accusata di essere la radice? Troppo spesso, in effetti, la realtà tecnica è stata giudicata all'interno dell'opposizione tra contemplazione e azione, teoria e pratica, tempo libero e lavoro. Tali opposizioni non sono tuttavia adeguate, poiché la peculiarità dell'oggetto tecnico non è data dal suo carattere d'uso, ma dal suo funzionamento operativo. Come accade per l'oggetto estetico o per l'essere vivente, anche all'oggetto tecnico bisogna attribuire uno statuto ontologico per comprenderne il senso e la genesi. Per fare ciò è possibile studiare le relazioni dell'uomo con la realtà tecnica, soprattutto dal punto di vista dell'influenza sull'educazione e sulla cultura. Ma è anche necessario capire quale sia la genesi della tecnicità stessa, e questo è possibile mediante l'analisi dell'insieme delle relazioni fondamentali dell'uomo con il mondo. Pubblicata nel 1958, quest'opera di estrema originalità ha modificato in modo profondo e durevole la riflessione filosofica sulla tecnica. -
Pensare in tempo di sventura. Saggio sulla filosofia di Simone Weil
Mai come in un tempo di sventura, di crisi – sul piano etico, culturale, politico – sembra utile e urgente rileggere l’opera di Simone Weil. L’attualità e la potenza della sua riflessione risiedono infatti proprio nella capacità di ripensare l’esperienza del limite, di risignificare la caduta. L’indagine attenta della degradazione della sfera del lavoro, del proliferare della violenza – nella forma della guerra, ma anche della spoliazione degli ultimi, della rimozione dell’alterità nell’esperienza coloniale – e della difficoltà a mantenere viva l’attenzione e la cura verso l’inerme, non può che essere il punto di partenza per immaginare le vie d’uscita dalla crisi e la possibilità di un rinnovamento. -
Diario fenomenologico
Il Diario fenomenologico si sviluppa tra gli anni 1956 e 1961 e racconta parti della vita quotidiana dell’autore. Attraverso l’osservazione di eventi sociali e naturali, l’analisi di testi classici, i dialoghi con alcuni dei più importanti filosofi europei degli anni Sessanta (Banfi, Gurwitch, Merleau-Ponty, Ricœur, Sartre), Paci racconta il vivo farsi e l’evolversi del suo pensiero, tenendo fede all’obiettivo che ha caratterizzato tutta la sua attività scientifica: «influenzare la filosofia e la cultura italiane con la fenomenologia». Finalmente ripubblicate a sessant’anni dalla prima edizione, queste pagine testimoniano la lezione del grande fenomenologo: non cessare l’esplorazione del mondo, non adagiarsi nel senso comune, risvegliare i significati dormienti. Una lezione che ha echi e ricadute in tutte le scienze umane. -
La terra dentro il capitale. Conflitti, crisi ecologica e sviluppo nel delta del Senegal
Nei primi anni Duemila il fenomeno del land grabbing, ossia del passaggio di mano di enormi estensioni di terre agricole, ha evidenziato l'affermarsi di nuovi modi di pensare al cibo e al problema della sussistenza energetica su scala globale. Sullo sfondo di una crisi ecologica epocale, nell'Africa subsahariana, nuovi modelli di sviluppo mirano a riconfigurare in maniera radicale gli spazi rurali e le pratiche produttive. Come mostra il caso delle comunità pastorali in Senegal, le cui lotte sono oggetto di questo studio, la comprensione di tali processi richiede di riflettere su una storia più ampia: i tempi lunghi dello sviluppo capitalista, l'avanzare del modello coloniale estrattivista e le forme di opposizione, a loro volta radicate nelle esperienze della dominazione coloniale. È proprio attorno alla questione della crisi e delle sue origini che emergono dinamiche di resistenza, incarnate nelle idee e nelle azioni di chi propone modi alternativi di pensare la riproduzione, il territorio e le forme dell'abitare. La possibilità di una transizione ecologica dipenderà allora dalla capacità di liberare lo sguardo, verso nuove alleanze socio-ecologiche. -
L'apparente saggezza. Machiavelli, Hobbes e la critica dell'umanesimo
Niccolò Machiavelli e Thomas Hobbes sono due giganti del pensiero morale e politico. Quali sono le affinità tra le loro dottrine? Quali, invece, le fondamentali divergenze? In che modo Hobbes ha letto Machiavelli? Come ha recepito le intuizioni antropologiche e le analisi politiche machiavelliane all’interno del proprio pensiero? Il libro tenta di rispondere a queste domande attraverso un serrato confronto storico e teorico tra queste due figure cardinali della prima modernità. Ne risulta uno Hobbes che, fin dai propri esordi giovanili nel circolo baconiano dei Cavendish, dialoga a fondo con i testi machiavelliani. Da questo dialogo, talvolta sotterraneo e talvolta esplicito, Machiavelli e Hobbes emergono come grandi critici umanisti dell’umanesimo. Entrambi, pur attingendo alle forme argomentative tipiche dell’umanesimo, condannano il pathos classicistico degli studia humanitatis come una saggezza soltanto apparente. Vera saggezza non è la storia né l’eloquenza, ma l’arte: l’attuazione metodica dei propri disegni, capace di vincere l’ostilità della fortuna e la brutale indifferenza della natura. -
Spirituale e storico nell'etica. Studi su Romano Guardini e Emmanuel Mounier
Lo spirituale e lo storico sono diversi e coglierne il nesso non vuol dire confonderli. Lo spirituale conserva rispetto allo storico un residuo di trascendenza e di ulteriorità, lo storico ha i tratti dell'imprevedibilità, della novità, della durezza. L'intreccio è però fondamentale e in tale intreccio è decisiva la dimensione etica, cioè quella tensione tra i due poli, che permette di superare ogni forma di indifferenza. Un contributo esemplare per la comprensione del nesso che, nell'etica, intercorre tra lo spirituale e lo storico è offerto dal pensiero – come pure dalle vicende biografiche – di Romano Guardini e di Emmanuel Mounier. Una connessione profonda che è cifra sintetica delle parole che Guardini e Mounier rivolgono alla nostra attenzione: essere e diventare persona, persona e comunità, interiorità ed esteriorità, silenzio e parola, libertà e responsabilità, potere e responsabilità, cristianesimo e modernità. -
Posizioni
Rilasciate intorno alla fine degli anni '60, le tre lunghe interviste che compongono Posizioni rappresentano senza dubbio il migliore ""ingresso"""" nelle opere di Jacques Derrida. In un periodo di effervescenze culturali al limite dell'ebbrezza, il filosofo franco-algerino ‒ che ha già pubblicato testi oggi considerati tra i vertici del pensiero filosofico contemporaneo ‒ viene interrogato su nozioni come """"archi-scrittura"""", """"grammatologia"""", """"différance"""", """"disseminazione"""", """"decostruzione"""" che avevano fatto irruzione nel dibattito filosofico e ne avevano sovvertito gli assunti fondamentali. Le domande che gli vengono rivolte non nascondono le perplessità, gli interrogativi, le richieste di chiarimento che tali nozioni avevano suscitato, e Jacques Derrida, pur nei limiti imposti dal genere """"intervista"""", non si sottrae a nessuna provocazione e generosamente offre agli interlocutori i passaggi, i moventi, le articolazioni del suo percorso teorico. Invitato dunque ad entrare nell'officina di Derrida, il lettore può scoprire la genesi di un pensiero che continua a sollecitare il nostro tempo senza per questo lasciarsi rinchiudere dentro accomodanti pacificazioni."" -
Le macchine e il pensiero
La macchina e il pensiero non sembrano avere molto in comune. Non solo, ma un certo discorso della filosofia ha strenuamente inteso opporre il meccanico allo spirituale, considerando queste istanze come i poli di un rapporto che può sussistere solo negando la sua stessa possibilità. Sul piano della storia delle idee, questa visione ha determinato il ritrarsi della riflessione dalla domanda intorno ai modi in cui l’innovazione tecnologica, incarnata nelle macchine, abbia agito sulla genesi di apparati di pensiero, che forse proprio per questo rimangono ancora in parte inesplorati nelle loro più interne motivazioni. Nel presente lavoro la tendenza appena descritta inizia a invertirsi. Mettendo a tema il campo travolgente della rivoluzione macchinale che si compie in Europa tra le fine del Settecento e la metà del secolo trascorso, il libro legge pagine decisive di filosofi, tra i quali Ure, Marx, Jünger, Heidegger e Anders, proiettando su di esse il profilo dei grandi congegni – telai, torni, macchine da guerra e computer – che hanno fatto la storia recente della tecnologia. -
L'età della tecnica e la fine della storia
L'indagine sull'origine della storia porta Umberto Galimberti a risalire ancora una volta ai Greci, prima fonte della nostra cultura. Se la storia, tuttavia, è “tempo fornito di senso”, allora i Greci, più che storici, furono “cronisti”. Kairos, ciclicità e piena consapevolezza della morte hanno fondato una temporalità senza storia. Quest'ultima appartiene infatti solo alla religione giudaico-cristiana, in quanto percorso di salvezza, basato su un “disegno sacro”, che unisce passato, presente e futuro. Il Cristianesimo accetta anche la tecnica, che è manipolazione della natura da parte dell'uomo che ne è il “padrone”, laddove per i Greci la natura è solo lo scenario immutabile in cui egli abita. In un confronto serrato che, attraversando il Medioevo, arriva ai giorni nostri, Galimberti riflette su quanto l'avvento del mercato e l'uso del denaro ci abbiano annullato come persone. Siamo di fronte al nichilismo e ai suoi sviluppi: è l'età della tecnica, dunque, a segnare la fine della storia e dell'Occidente come lo conosciamo. -
Il filo del pensiero. Tessere, scrivere, pensare
«Quel che ci tranquillizza… è infilare un filo, quel famoso filo del racconto di cui è fatto anche il filo della vita», dice Musil. Il filo è il caos fatto ordine, è il groviglio che trova struttura, è la linea che esce dal labirinto. Filare, pensare, scrivere: tutte azioni che sgorgano da questa necessità primordiale di imprimere una forma, una direzione, un senso. Già la Bibbia indicava, accanto al bisogno del cibo, quello di avere una «seconda pelle» come protezione. Filava Eva, tesseva Pelenope, cuciva e lavorava a maglia Maria. Dal filo di Arianna alla tela di Aracne, dalla corda di Ananke alle abilità tessili di Atena, il volume segue il farsi metaforico del filo, del tessuto e dell’intreccio, per approdare al contenuto simbolico del vestire e dello spogliare, che evocano l’interno e l’esterno del corpo, l’ambito morale e quello materiale, sofisticazione e virtù, menzogna e verità. Un percorso, questo, che ci porta direttamente alla metafora della rete internet, odierna «tessitura» che comprime il tempo e dilata lo spazio, e tradisce la profonda aspirazione contemporanea, inebriata di immanenza, a non accettare né prima e dopo, né inizio e fine. -
Ecologie della cura. Prospettive transfemministe
Prendersi cura è un lavoro svalutato e, insieme, una forma di relazione che coinvolge esseri umani, non-umani e tecnologie. Che cosa significa prendersi cura al tempo di disuguaglianze sociali vertiginose, di crisi sanitaria ed ecologica? A partire da diverse coordinate geopolitiche e da prospettive transfemministe e anti-razziste, il volume raccoglie contributi che mettono a fuoco le ambiguità e i paradossi della cura. Esplora teorie e pratiche di auto-difesa, riparazione e guarigione che sostengono corpi e comunità alla ricerca di alternative all’organizzazione neoliberista della cura. Anziché assumerla come un sentire positivo, questo libro problematizza la cura per riorientarla nel tempo che ci attende.