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Breve trattato sulla stupidità umana
Che cos’è la stupidità e come si manifesta? Come possiamo evitare quella degli altri e (ancor più) quella che, in percentuali variabili, alberga in ognuno di noi? Il tema dell’insipienza umana – della sua natura, del rapporto che intrattiene con la cattiveria e l’infelicità – si dipana in questo breve saggio dall’impianto gustosamente filosofico: l’autore espone le proprie considerazioni con un andamento che occhieggia ai trattati di qualche secolo fa, con grazia e buona scrittura, e con argomentazioni sostenute dalle massime dei pensatori di tutte le epoche. Universale nei concetti ma non priva di attenzione ai dilemmi del mondo contemporaneo, questa lettura ha il potere di suscitarci il dubbio (buon segno!) e incoraggiarci al più robusto degli antidoti all’idiozia: la cultura. -
Artù. Leggenda e storia
Nel caos che seguì l'abbandono della Britannia da parte dei Romani (V secolo d.C.), orde di barbari provenienti dalla Germania e dall'Irlanda sbarcarono a ondate nell'isola seminando morte e distruzione. Fra le nebbie della leggenda emerse un giovane condottiero di origini romane, Artorio, che la leggenda farà universalmente conoscere come Artù. Comandante militare di eccezionale talento, Artù condusse le sue armate in un lungo ed estenuante conflitto contro i Sassoni riuscendo a riportare su di essi una schiacciante vittoria nella battaglia del monte Badon e concedendo all'isola quasi mezzo secolo di pace. Rispondendo all'appello del morente Impero Romano d'Occidente, Artù combatté a lungo anche in Gallia, seppur con minore successo, per finire poi, anziano, tradito dal parente Mordred e ferito mortalmente nella battaglia di Camlann. La sua scomparsa fu subito seguita da voci e leggende che lo volevano dormiente nella misteriosa isola di Avalon in cui nove maghe cercavano di risanare la sua eterna ferita, nell'attesa del risveglio in un imprecisato futuro per porlo come eterno baluardo della Britannia. Attorno alla figura storica, di cui le fonti più antiche ci tramandano solo stringate ma affascinanti notizie, si intessé nei secoli una fitta rete di figure, leggende e racconti che lo storico medievale Goffredo di Monmouth e il poeta francese Chrétien de Troyes resero note e immortali: la Tavola Rotonda, il mago Merlino, i nobili Cavalieri di Camelot, la spada Excalibur, l'infedele Ginevra, la fata Morgana... Mirko Rizzotto, avvalendosi delle varie fonti, cerca di fendere queste dense nebbie e di consentire al lettore di gettare uno sguardo sul ""vero"""" Artù, l'uomo il cui ipotetico ritorno impensieriva realmente i sovrani normanni medievali d'Inghilterra."" -
In nome di Maria. L'era defilippica della tivù
Nella storia quasi settantennale della televisione italiana, Maria De Filippi costituisce un'eccezione e un unicum per una serie di ragioni oggettive: presentatrice, autrice, produttrice dei propri programmi (e non soltanto quelli); in onda tutti i giorni della settimana nell'intera stagione tivù (e in orari diversi), con una serie di appuntamenti diventati tra i più longevi e amati del palinsesto, da Amici a C'è posta per te, passando per Uomini e donne; sulla cresta dell'onda ininterrottamente da quattro decenni (il suo debutto in video è nel 1992 con il talk Amici, il sabato pomeriggio su Canale 5). In occasione delle sue prime 60 primavere, e alla vigilia dei 30 anni dal debutto, In nome di Maria ripercorre la carriera, unica non soltanto in Italia, di una presentatrice per caso che è diventata la regina del piccolo schermo, senza se e senza ma: dal debutto in un programma di cui era autrice (la prima edizione era presentata da Lella Costa), fino all'attuale, inscalfibile status di Queen Mary, alla guida di un regno che non conosce tramonto, come chiarisce il sottotitolo di questo saggio: L'era defilippica della tivù. -
Un altro Natale
Due racconti natalizi: uno con le atmosfere della campagna toscana di un 1927 non troppo diverso da oggi; l'altro calato nel nostro tempo e nei suoi meccanismi. A unirli, il Natale in cui viene appagata la fame, quella materiale (che, nelle parole di Ferdinando Paolieri, aggredisce le viscere di Granfialunga nel bosco) e quella affettiva (come accade al protagonista del testo di Susanna Trossero, il quale comprende infine quale nome dare al vuoto che si accompagnava alla sua diffidente libertà). Quel che emerge per tutti è l'augurio che ciò che è stato negato, ci raggiunga il 25 dicembre, come un regalo. -
Notte tenebricosa
Pubblicato postumo nel 2015 da Aragno con il titolo Catatonia notturna, il manoscritto di quest'opera si può far risalire al 1965. Siamo nel pieno della neoavanguardia del Gruppo 63, del quale Giorgio Manganelli fu membro attivo, anche se la sua produzione letteraria e giornalistica difficilmente si può inquadrare sotto un'unica etichetta. Caratteristica che vale anche per Notte tenebricosa: in queste pagine l'autore costruisce e descrive - nei toni del trattato filosofico - un universo mitico, teologico e a tratti psicoanalitico intorno al concetto della notte. Così essa diventa la pentola nella quale i viventi sono cucinati, o la femmina delirante di storie archetipiche, e ancora la figura mitologica nel cui manto oscuro si celano innumerevoli altre (demoni, angeli, simboli) tramite le quali si potrebbe interpretare il destino, terreno e ultraterreno, dell'umanità. Un'immersione preziosa nel linguaggio peculiare e nelle radici tematiche tipiche di uno scrittore che merita di essere riscoperto e studiato. Questa nuova edizione, meticolosamente curata, si arricchisce dell'intervista (a cura di Emiliano Tognetti) a Lietta Manganelli, figlia dell'autore e depositaria - oltre che del corpus di libri e materiali - di uno sguardo unico e fondamentale sul padre, come uomo prima che come penna. Con testi di Lietta Manganelli, Emiliano Tognetti. Prefazione Alessandro Zaccuri. -
San Giuseppe. Percorsi iconografici natalizi tra Oriente e Occidente
Nella presepistica moderna Giuseppe ha un ruolo preminente. Insieme a Gesù e Maria è un «protagonista» della rappresentazione dello straordinario evento della nascita di Gesù. Appare quasi sempre in ginocchio, volto al Bambino, simmetrico a Maria, a mani giunte o a braccia incrociate sul petto, assorto in preghiera e in adorazione. Questa attitudine pia e devota diverge da quella che si vede nelle icone bizantine e nelle opere pittoriche e plastiche realizzate in Occidente nell'alto-medioevo, dove compare relegato in un angolo, il più delle volte solo, molto rattristato, affranto dal dubbio e dal dolore. Queste due modalità rappresentative, nella loro specificità, potrebbero sembrare i punti di partenza e di arrivo di un percorso dell'iconografia della Natività. In realtà tali diversità non sono dovute a un processo evolutivo più o meno sequenziale, bensì ad un evento che segnò una vera e propria svolta, improvvisa, nell'arte occidentale: la narrazione della nascita di Gesù nelle Rivelazioni celesti di santa Brigida di Svezia (1303-1373), che ebbe una grande fortuna. Anche in questa nuova tipologia iconografica, tuttavia, la figura di Giuseppe, pur tra alterne vicende, rimase particolare. Seguendo il filo ideale delle rappresentazioni iconografiche bizantine, bizantineggianti e occidentali della Natività e dell'Adorazione dei pastori, viene riproposta la figura di san Giuseppe attraverso le espressioni artistiche, in stretta correlazione con quanto riferito dagli evangeli canonici e apocrifi, dai padri della Chiesa e dagli scrittori ecclesiastici. Un percorso che riserva non poche sorprese. -
Il cercatore di asparagi
La guerra è da poco finita e rinasce, negli abitanti di Campoluongo, la speranza di tornare alla normalità. Riprende anche la scuola, e il piccolo Damiano ne è così contento da voler cercare un giorno gli asparagi più succosi per regalarne un mazzetto alla maestra. Fra i rovi scopre invece ciò che resta di un soldato tedesco. Eppure anche da questo cupo episodio qualcosa rinascerà: un albero, piantato da Damiano stesso; poi un mestiere antico, scaturito dal legno; e, infine, le incredibili ramificazioni della vita stessa, che porteranno il protagonista molto lontano per ricondurlo poi, adulto, di nuovo alle proprie radici. Età di lettura: da 8 anni. -
Cuori a Kabul. Poesie per l'Afghanistan
Pochi italiani ormai conservano ricordi diretti di cosa significhi davvero la guerra, l'oppressione, la disperazione che ne consegue; ma l'idea risuona in noi con un'eco ugualmente minacciosa, perché è cosa anche della nostra storia, e di quella dell'umanità intera. C'è chi si pacifica pensando: «Per fortuna l'Afghanistan è lontano»; in molti invece sorge immediata la più urgente delle domande: che cosa possiamo fare? Se le parole, come si dice, sono cose, allora una cosa che possiamo fare è parlare. In versi, nello specifico: ai toni monocromi della guerra si possono opporre le sfumature della poesia, un mezzo universale che permette di allargare lo sguardo e la gamma delle percezioni, e aiuta a comprendere, condividere, esprimerci come umani fra umani. Ciò che passa di bocca in bocca sarà dunque la voce tremante di un canto poetico che nelle sillabe più dolenti celebra la speranza, la pace e la fiducia nel futuro. E ha un nome: Ghazal. Così è stata chiamata la prima bambina nata in Italia dopo la fuga della madre da Kabul; nella nostra lingua significa ""poesia"""". Il ricavato delle vendite del libro sarà destinato a Emergency, che è presente in Afghanistan dal 1999 e ha curato più di sette milioni di persone nei suoi ospedali a Kabul, Lashkar-gah e Anabah. Con testi di Stefano Bidetti, Gisella Blanco, Emanuela Botti, Isabella Braggion, Fabrizio Cavallaro, Agnese Coppola, Clarissa Costanzo, Tommaso Fiscaletti, Cettina Garigali, Simona Magagnin, Chiara Lev Mazzetti, Eleonora Molisani, Monia Moroni, Claudia Muscolino, Veronica Paladini, Mirella Parisi, Selene Pascasi, Francesca Pizzo, Miriam Maria Santucci, Emma Saponaro, Giuseppe Traina, Asia Vaudo"" -
Magia e poesia. Mistero di maghi poeti e di grandi poeti maghi
Il poeta, quello vero, anche se non lo rivela o forse non ne è pienamente cosciente, ha in sé la natura del mago perché è il maestro della parola e delle parole. I poeti sanno che in un termine c'è qualcosa di tenacemente collegato con l'anima della cosa designata. I versi e le espressioni che li compongono entrano nell'anima smuovendo un mondo recondito e portando a galla sensazioni e fatti forse superficialmente dimenticati. Carlo Lapucci, con l'attenzione antropologica che lo contraddistingue, ci conduce nel mondo dei maghi poeti (da Medea alle Sibille, da san Cipriano a Nicholas Flamel, senza dimenticare Nostradamus e Cagliostro) e dei grandi poeti maghi (Virgilio e Dante in primis) e si sofferma anche su quelle formule che spesso ripetiamo a memoria (come, per esempio, Ambarabà ciccì coccò) per farci scoprire la bellezza insita nei grovigli di parole, suoni e versi. -
Breve storia del romanzo poliziesco
Pubblicato per la prima volta nel 1975 su Epoca in forma di duplice articolo, più tardi confluito nella raccolta Cruciverba edita da Adelphi, il breve saggio riproposto in questo volume consente una preziosa visuale su come apparisse il cosiddetto ""giallo"""" all'interpretazione di uno straordinario scrittore come Leonardo Sciascia. Non che quest'ultimo si riconoscesse come appartenente a tale genere letterario, per alcuni aspetti del quale non risparmia anzi le critiche; eppure i lettori appassionati della sua opera si rendono certo conto di come Sciascia abbia sfiorato e talvolta percorso - a suo modo - le strutture del noir e del poliziesco, e troveranno estremamente interessanti le parole che egli spende sul tema."" -
Voltarsi
I componimenti di questa raccolta antologica apparentemente non hanno un solo riflesso: nascono da spinte diverse, ma figli di un'unica radice si possono quindi - come l'autore ha fatto - riunire sulla base di somiglianze difficili da descrivere a parole; ma il movimento, la direzione, un impercettibile unisono portano il lettore a trovare un filo conduttore ben saldo. Una consanguineità versificatoria che si esprime tramite un numero relativamente ristretto di chiavi: per esempio il corpo (parola e concetto che torna, neutro e universale, più che condiviso), che talora dorme, talaltra sogna; la luce che segna il limite fra cielo e terra, prima ancora che quello con l'ombra, luce che diventa fuoco, il quale poi l'essere umano chiama amore; il suono come traccia dell'esistenza (vegetale e animale); la verità. Ed ecco che il voltarsi porta sempre nel suo gesto uno specchio infinito: con l'uomo al centro, uno, o due insieme, o tutti, difficile a dirsi. -
Alessandro Magno. Le scelte di un eroe
Il 10 giugno del 323 a. C. moriva a Babilonia Alessandro III di Macedonia, per molti il più grande conquistatore di ogni epoca. Figlio di Filippo II e di Olimpiade d'Epiro, in tempi rapidi Alessandro era riuscito a costruire un vastissimo impero che racchiudeva storie e culture di popoli molto differenti tra di loro. Come è noto, questo impero non sopravvisse alla sua scomparsa. Si disgregò nei cosiddetti regni ellenistici che, dopo alterne vicende, furono travolti dalla formidabile potenza di Roma. Eppure, Alessandro non è mai definitivamente morto. È sopravvissuto all'inesorabile legge del tempo grazie alla memoria delle sue gesta. Anzi, è stato proprio questo ricordo ad aver ispirato sin dall'antichità numerosissimi racconti spesso tra di loro divergenti oppure al limite di qualsivoglia verosimiglianza. Ovviamente, Alessandro rimane anzitutto un personaggio storico e reale. E come tale lo storico deve raccontarlo. Nondimeno, i modelli mitici e letterari giocarono un ruolo vitale nella formazione del Macedone. Essi si posero alla base di una ricerca di affermazione identitaria mediante la quale Alessandro riuscì a inserirsi in un preciso orizzonte culturale, ossia quello ellenico. Questo processo identitario fu possibile grazie al padre, Filippo II di Macedonia, e ad Aristotele di Stagira, filosofo e suo maestro. Proprio a partire da tale consapevolezza, leitmotiv del presente volume è il tentativo di mettere in luce il ruolo fondamentale che questi due personaggi esercitarono nella paideia del conquistatore, sempre nel desiderio di instaurare un dialogo proficuo tra storia e mito. -
Amore per gli animali e amore per l'uomo
Di padre Tito Brandsma, carmelitano, rettore dell'Università Cattolica di Nimega e libero pensatore, si conosce l'aperta opposizione al regime nazista che lo porterà alla morte; egli, infatti, venne giustiziato come oppositore politico a Dachau nel 1942. Per la sua tenacia nella fede, testimoniata con il martirio, è assurto agli onori dell'altare. Meno noto è un aspetto particolare della sua predicazione, ben espresso in questa conferenza che viene riproposta in una nuova edizione riveduta e arricchita: il concetto di rispetto e amore non solo verso i propri simili, ma verso le altre creature del cosmo. È fonte di profonda ispirazione lo sguardo pieno di meraviglia di un uomo che ha conosciuto da vicino gli abissi nei quali l'umanità si è avventurata in un periodo storico travagliato come quello compreso fra le due Guerre mondiali e che, tuttavia, sembra non perdere la fiducia nel disegno universale. -
E.T. L'incredibile storia di Elio Trenta
Siamo all’inizio degli anni Trenta del Novecento. L’industria automobilistica italiana, con la fiat in testa, è al lavoro per spingere al limite le prestazioni dei nuovi motori, nel contesto dell’ottica ideologica del tempo. Un ragazzo di quasi vent’anni, senza laurea né esperienza ma animato da una visionaria intelligenza e passione, intuisce il futuro: la rivoluzione dell’auto moderna e del viaggiare sicuri sta nella possibilità di guidare senza dover intervenire manualmente sulla leva del cambio. L’idea di Elio è geniale e le sue intenzioni nobili: riesce a brevettare il primo cambio automatico, in un tempo record specie considerando i mezzi a disposizione. Eppure, quando si presenta l’occasione di fare la storia, la fantasia dell’acerbo inventore cade sotto lo sguardo poco lungimirante dell’imprenditoria italiana: il progetto viene scartato e dimenticato. Elio morirà prematuramente poco dopo, e non vedrà mai concretizzarsi un dispositivo che oggi la maggior parte dei nuovi veicoli monta di serie. -
Fui io che la difesi a viso aperto. Friedrich Ammann e la nascita della miniera di Abbadia San Salvatore
Friedrich Ammann (1864-1910) è stato il primo direttore della miniera di Abbadia San Salvatore (Siena) e della Società Anonima delle Miniere di Mercurio del Monte Amiata. La sua epopea personale è figlia di una storia ancora poco conosciuta sia negli aspetti più rilevanti che ne hanno caratterizzato le decisioni amministrative ed esecutive, sia nei risvolti, talvolta molto complessi, che hanno costellato la sua giovane esistenza. ""Fui io che la difesi a viso aperto"""" ricostruisce la biografia di questo personaggio fondamentale per la storia della Società Monte Amiata, di Abbadia San Salvatore e della montagna amiatina. Introduzione di Gerardo Nicolosi."" -
Un nuovo modo di sentire. La religiosità «aperta» di Aldo Capitini
La sconfinata produzione di Aldo Capitini - filosofica, pedagogica, politica e letteraria - costituisce una miniera inesauribile di riflessione e discussione: impregnata di una appassionata freschezza intellettuale, travalica il suo tempo offrendo spunti estremamente attuali. La sua personale religiosità si costruisce sull'idea di fondo che il Tutto lega l'Uno con ogni Altro, in quella che egli definisce ""Unità-amore""""; un Uno che è tuttavia libero in questa scelta di comunione e apertura, che si percepisce a un tempo spontanea e necessaria soprattutto nei confronti degli ultimi, degli oppressi e dei dimenticati. Lo studioso Roberto Fantini ripercorre con acutezza la visione religiosa e filosofica di Capitini, analizzandone il pensiero e la storia e illuminando la figura, non a tutti nota, di questo rilevantissimo teorico della nonviolenza e della nonmenzogna, che sfidò apertamente il Fascismo mantenendo una decisa indipendenza culturale."" -
Lady dal fiocco blu? Cinquant'anni con Oscar
Chi l'ha incontrato lo sa: il personaggio di Lady Oscar è molto più di un cartone animato vintage; è un intero immaginario che cinquant'anni fa si è introdotto in modo dirompente nella cultura di massa, illuminando concetti percepiti, al tempo, in modo ancora estremamente oscuro. Chi era bambino allora si trovava a porsi e porre domande nuove, tentare vie inedite di identificazione con una figura femminile diversa da tutte, nonostante l'adattamento al contesto italiano applicato alla trama e al relativo merchandising. Silvia Stucchi analizza in modo acuto fonti storiche, differenze fra anime e manga, caratterizzazione dei personaggi e delle loro relazioni, approfondendo il rapporto particolare che si crea fra l'idea narrativa originale e gli archetipi dell'Occidente. Sulla spadaccina in uniforme maschile è stato detto molto, eppure questo volume - oltre a fornire sull'argomento un ricco corredo di informazioni, talvolta sfuggite al grande pubblico - soddisfa soprattutto il desiderio che coglie tutti gli appassionati fan di Oscar quando si ritrovano: parlarne, esprimere il proprio punto di vista, esporre al confronto la propria interpretazione della storia e dell'energia che ne sprigiona. Un omaggio che l'autrice compie con intelligenza e significato, senza mai cadere nella chiacchiera autoreferenziale. -
Palme, datteri e risate. Il Salone Internazionale dell'Umorismo di Bordighera (1947-1999)
Qual è il denominatore comune fra Giovannino Guareschi, Giulio Andreotti, Mordillo, Jacovitti, Peynet, Renzo Arbore, Quino e Maurizio Costanzo? Aver vinto la Palma d'oro al Salone Internazionale dell'Umorismo di Bordighera, ovvero il massimo riconoscimento alla prima - e per molto tempo unica - manifestazione del settore in Italia e nel mondo. Nato all'alba della Liberazione e continuato fino alle soglie del Duemila, il Salone ha attratto umoristi da ogni angolo del pianeta, superando differenze culturali, barriere linguistiche e cortine di ferro. Dal 1947 al 1999, tra la fine di luglio e i primi giorni di agosto nella città ligure è stato tutto un brulicare di talenti di penna e matita, un assegnare Palme e Datteri d'oro e d'argento, uno stringere amicizie diventate storiche e un imbattersi costante nei mostri sacri dell'umorismo internazionale. In tutto quel bailamme colorato e poliglotta, solo in un luogo regnava la calma: in Corso Italia n. 46, la cartolibreria di Cesare Perfetto, patron del Salone. Attingendo al materiale d'archivio e con la complicità di numerosi protagonisti delle varie edizioni, Paola Biribanti ha riacceso i riflettori su una manifestazione unica e irripetibile, che ha aperto una finestra sul mondo quando Internet non c'era e fatto emergere con leggerezza i lati migliori dell'italianità. -
L' arca di Noè. Bestiario popolare
La nostra cultura procede senza scrupoli alla colonizzazione spietata del mondo animale, producendo quella mentalità che fa ricorso, senza perplessità, alla vivisezione, alla caccia di tipo industriale, alla soppressione degli animali nocivi, degli insetti molesti e di quanto altro si frappone alla marcia dell'uomo verso il progresso e il benessere. Cosa è rimasto dell'universo simbolico che tanta parte ebbe nella cultura medievale? Che resta della grande metafora che rappresentava il mondo animale per gli antichi? L'animale, con la sua misura, si riavvicina all'uomo disintossicato dalla presunzione d'essere unica misura di tutte le cose, come messaggero d'una dimensione diversa da quella della legge scientifica e della convenzione quotidiana. Fuori della storia, della scienza, da ogni altra logica che ha avvilito l'uomo e l'ordine naturale, l'animale, come dicevamo, si ripresenta come il messaggero, se non di un cielo perduto, almeno d'un accordo con il mondo e con la vita, d'una salvezza possibile. Sulla scia degli antichi bestiari, Carlo Lapucci va alla ricerca delle tracce della tradizione popolare e ci propone un catalogo in cui l'animale riemerge quale interlocutore dell'uomo che lo riscopre come compagno nel viaggio della vita. -
Parabola sub
Luciana Frezza è stata una poetessa che ha lasciato nel nostro Novecento il suo segno profondo, solcato con lieve ironia. È stata anche fine traduttrice per i maggiori editori italiani dei poeti simbolisti francesi: Laforgue, Mallarmé, Verlaine, Baudelaire, Apollinaire, Proust e altri. A distanza di trent'anni dalla morte, viene qui proposta l'ultima opera pubblicata in vita dall'autrice, Parabola sub, dove si addensa tutta la maturità espressiva di una penna tanto elegante quanto complessa. La poesia di Luciana Frezza si contorna di un leitmotiv pop misto a un barocco funambolico, che spesso ha carattere eversivo e sembra conversare con i poeti ""maledetti"""" che traduceva. Ma è proprio per il suo rigore ritmico che la poesia dell'autrice di origini siciliane si equipaggia di un bagaglio emotivo non semplicistico, anzi, piuttosto cogitante delle volte, mentre in altre pare tendere a un carattere semi-mistico, per la sua peculiarità deflagrante che aspira alla profondità pur rimanendo sulla superficie piana del mondo. Per dirlo con le parole della stessa Frezza, questa è un'opera che cerca tanto il fondo quanto una resurrezione: «Il libro è un tuffo. Parabola sub significa andare a picco perché è andata male, ma nello stesso tempo si approfitta di questo andare a picco per saperne di più. Non c'è un'idea del capovolgimento del mondo, ma di un capovolgimento della visione, come quando si guarda sott'acqua. Scendendo giù si può vedere se stessi come chi ha pensato e sognato tutto. L'intenzione è quella di esplorare in profondità, di battersi. Un venirne poi fuori terapeutico. Di toccare livelli inesplorati. Nel tuffo, dove c'è sicuramente la volontà di risalire».""