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Divieto di sosta
«Esiste differenza, tra linguaggio e mondo? Quasi non pare, a leggere le poesie di Luigi Ballerini, tanto esse hanno radici intrise in multiformi manifestazioni di realtà (la quale tiene sulla sua pagina equanime Ugo Foscolo accanto a Walt Disney): filosofia, politica, scienza, mitologia, frantumi lirici, etimologia. Il risultato non è però un collage di identità di mondo: Ballerini tesse e ricuce le suggestioni su un telaio di filosofia organica, poggiato su basi ritmiche talmente ben accordate da sembrare canto spontaneo. L'ipotesi di canto ininterrotto pare confermata dal proseguire dei testi quasi uno nell'altro: diviso solo dal titolo, ciascun testo viene presentato senza maiuscole né punti iniziali e finali. A certi fortunati poeti accade che il mondo sprizzi linguaggio e che essi debbano solo tendere l'orecchio al suono proveniente dalle cose. Spiccia ironia inclusa, di ascendenza americana, poiché, a questi livelli di coscienza, alla poesia si dà lo stesso credito che alla natura. Dal mondo zampilla la gioia libera del linguaggio e la gioia stessa del mondo, d'essere linguaggio. Se la poesia è sempre traduzione di cosa invisibile, qui è traduzione pure di realtà, visto che ci imbattiamo in una dichiarazione d'intenti che chiude il cerchio della nostra domanda iniziale: secondo Ballerini l'artista produce «intuizioni necessarie al benessere dei concittadini». La «sosta vietata» cui fa riferimento il titolo è allora quella descritta nel 1963 da Pagliarani (nominato con amore e divertimento grandi), il temporaneo approdo di un poeta. Ma non è etico fermarsi troppo a lungo in uno stile, suggerisce Ballerini: la poesia è gettarsi a pescare e riportare al mondo idee nuove, è rischio e reinvenzione (del linguaggio, perciò del mondo). Bastino, come esempio, le pagine qui raccolte: mai uguali, sempre lanciate oltre l'ostacolo del proprio stesso «cuore», a fiutare il futuro, senza però abbandonare il grande corpo sommerso dell'esperienza, l'implicito magma del vivere, del quale le parole di Ballerini rappresentano punte, affilate e smaglianti.» (M.G. Calandrone) -
Storia della mia vita
Il giovane Filippo Burzio innamorato si racconta. -
Monita
Questo libro ha il sapore di una assoluta novità in quanto per la prima volta vengono presentati e tradotti i Monita di Seneca che, stando alla testimonianza di Tacito negli Annali, forse conservano traccia di quegli ultimi insegnamenti pronunciati e dettati dal filosofo stoico ai suoi discepoli in punto di morte. Si tratta di un gruppo consistente di sentenze morali che è giunto fino a noi in maniera molto articolata e non senza interpolazioni che ne hanno modificato il nucleo originario. Quello che invece rimane fermo e invariato è l'orizzonte etico che queste sentenze dischiudono al lettore, portandolo a riflettere sul modo più giusto con cui affrontare e rispondere alle questioni e agli interrogativi morali che la vita pone all'uomo di ogni tempo, insegnamento questo di cui Seneca rimane maestro nei secoli. -
L'Europa letteraria
«L'Europa letteraria» nasce nel gennaio 1960 a Roma da un'idea di Giancarlo Vigorelli che, insieme a Domenico Javarone e successivamente a Davide Lajolo, dirigerà la testata fino alla chiusura nella primavera 1965. La rivista si inserisce fin da subito nel vivo del dibattito politico e culturale che infiamma l'Europa agli inizi degli anni Sessanta, quando il clima di distensione tra i due poli ideologici che avevano diviso l'Europa durante la Guerra Fredda apre a un periodo di dialogo e di coesistenza Pacifica. Gli articoli che appaiono sull'«Europa letteraria» sono percorsi da una profonda fiducia nel dialogo e nel confronto di idee, cui Vigorelli, penna protagonista, dà forma e vita attraverso un logos capace di farsi antidoto di qualsiasi faziosità. I testi qui raccolti sono gli interventi di Giancarlo Vigorelli pubblicati sull'«Europa letteraria» lungo l'intero arco d'esistenza della rivista e riportati in ordine cronologico nelle tre sezioni L'Europa letteraria, L'Europa artistica e L'Europa cinematografica. Chiudono il volume le interviste che Giancarlo Vigorelli ha realizzato per la rivista ad Alberto Moravia e a Giuseppe Berto. -
Le sponde del crepuscolo
Questo libro attraversa il tempo mitico e gli spazi metafisici della metamorfosi mitteleuropea. Dall'idealizzazione dell'Impero austroungarico si giunge alle declinazioni dell'Io dinnanzi ai confini e alle frontiere. L'esame delle molteplici componenti della Mitteleuropa ravvisa nelle opere letterarie tracce significative finora trascurate. Affiora così l'autenticità di un'esperienza complessa, aliena dalla semplificazione economico-culturale in essere nel continente europeo. Gli autori affrontati (Roth, Musil, Schnitzler, Hofmannsthal, Broch, Bernhard, Bachmann, Handke, Kafka, Rilke, Saba, Svevo, Krleža, Crnjanski, Ottlik, Márai, Esterházy, Kiš, Kundera, Miłosz, Kuśniewicz...) consentono di discernere le fratture tra centro e margini, tra letterature ""maggiori"""" e """"minori"""". Intessuta di storia, filosofia, politica e cultura, questa riflessione sulla Mitteleuropa e sull'homo mitteleuropaeus permette di comprendere meglio le questioni in divenire sull'Europa e sull'homo europaeus. Come scrive Claudio Magris nella prefazione, questo saggio """"traccia finalmente una mappa totale della Mitteleuropa"""" e """"dimostra inoltre come grandi eventi politici e secolari stratificazioni culturali diventino psicologia, modalità della sensibilità e del sentimento, finezza di percezione e corda del cuore""""."" -
Saggi
Pubblicati postumi nel 1668 da Thomas Sprat, biografo ed esecutore letterario dell'autore, gli undici Saggi di Abraham Cowley (1618-1667) rappresentano il testamento spirituale di uno scrittore che è stato uno dei poeti più amati del suo tempo, reso celebre dai suoi versi amorosi e dalle sue odi pindariche, e che, prima di ritirarsi a vita privata nella contea del Surrey, aveva conosciuto i fasti della corte inglese in esilio in Francia, lavorando al servizio di Enrichetta Maria di Borbone nell'ambito della diplomazia segreta e confrontandosi con alcuni degli intellettuali più influenti della sua epoca, dal filosofo Thomas Hobbes allo scrittore e diarista John Evelyn. Cowley non fu solo poeta di transizione tra i ""poeti metafisici"""" (espressione coniata da Samuel Johnson proprio nella sua biografia di Cowley) e i poeti dell'età augustea, ma fu anche autore di una raccolta di saggi che segna un ideale confine cronologico tra la tradizione saggistica inglese inaugurata dall'opera di Bacone e quel nascente gusto neoclassico che avrebbe ispirato sia i saggi di critica letteraria di John Dryden sia gli articoli dei periodici di Joseph Addison e Richard Steele. Gli argomenti trattati da Cowley vanno dalla solitudine alla vanitas, dalla botanica alla pedagogia, un contrappunto di voci che si sviluppa intorno al tema principale dell'opera, quello di una natura le cui intime forze e i cui principi sfuggenti il letterato-filosofo ha il compito di indagare, un tema che riecheggia nelle prose e nelle poesie presentate in una Appendice che fa da cassa di risonanza alle riflessioni contenute nei saggi (in particolar modo nella Proposta per la fondazione della Royal Society di Londra e nelle due odi pindariche) e che aiuta a fare luce sul pensiero e sulla complessa personalità del loro autore."" -
Genio dell'infanzia cattolica
Autorizzato a cogliere, fin nel titolo, una dissimulata antifrasi dell'apologia del cristianesimo di Chateaubriand, il lettore può chiedersi quale particolare forma di genio illumini il paesaggio di un'infanzia cattolica. Forse, sembra dirci l'autore, il precoce dimorare in un «guscio di inquietudine» all'appalesarsi di ingannevoli splendori e lusinghiere promesse, arresi «a quel tanto di notte portata nelle mani». O ancora la scoperta, «oltre la siepe lucida del sonno», di un niente spalancato sull'inanità del desiderio di felicità e sullo specchio buio del cuore dove si abolisce il riso della vita. L'infanzia è dunque iniziazione a una conquista di sé che precipita nella parola impronunciata di un dio distratto, i cui rari doni la nostra fulgida cura invano reclama. Il percorso di questa moderna lezione di tenebre sviluppatosi nelle prime parti del libro, in cui l'affiorare di remoti accadimenti autobiografici si mescola allo struggente ricordo di amici scomparsi (il tombeau di Camillo Pennati) e alla voce degli amati poeti, trova il suo compimento nella sezione finale, Autoritratto in veste di David, dedicata a Giorgione. Nell'attraversamento dell'opera del maestro rinascimentale, infatti, c'è come l'indicazione di una vocazione e di un destino ai quali nessuno può sottrarsi: «perché senza emblemi di morte duri questo enigma di luce riconquistata». -
Storia del tardo impero romano
Un'opera che si basa interamente su una conoscenza estremamente profonda dei testi e che, per la prima volta, si propone di seguire ― nei dettagli, nella loro complessità ― le trasformazioni del governo e della storia dell'impero al tempo in cui dal primigenio Stato romano comincia a formarsi lo Stato bizantino. Stein segue il destino dell'impero di Costantinopoli alla fine del V secolo e nella prima metà del VI secolo. In particolare ― grazie ad uno studio delle opere coeve ― il libro di Stein getta una nuova luce sulla storia dei regni di Anastasio, di Giustino e di Giustiniano. È sufficiente paragonare il racconto serrato di Stein ai libri, giustamente classici di Bury e di Charles Diehl, per constatare i progressi che sono stati realizzati. Certamente le grandi linee storiche restano immutate, ma i dettagli sono stabiliti con implacabile rigore, in stretto ordine cronologico, da uno studioso che non si rimette mai, su nessun punto, al giudizio altrui. -
L'Europa di domani, ovvero gli Stati Uniti d'Europa
Ernesto Rossi scrive nel saggio Gli Stati Uniti d'Europa - poi tradotto in francese col titolo L'Europe de demain - che pubblicò mentre era rifugiato in Svizzera nel 1944. Nella sua esemplare chiarezza, è un testo ancora attuale in cui ritroviamo le ragioni del nostro essere cittadini europei e le radici del progetto per l'unità federale dell'Europa, tuttora incompiuto, insieme allo sprone ad agire prima che sia troppo tardi. Nel presente volume, che si apre con una corposa introduzione storico-critica, al testo del 1944 si affiancano un saggio coevo di Rossi (La nazione nel mondo) e altri scritti che documentano l'evoluzione del suo pensiero federalista. -
Contro Habermas
Considerando Jürgen Habermas il filosofo più importante dell'ultimo mezzo secolo sul piano internazionale, e il suo lavoro cruciale nel tentativo di fornire gli strumenti teorici post-marxisti per una prospettiva di emancipazione radicale, Paolo Flores d'Arcais si impegna con Habermas in un confronto critico senza diplomazie. Ritiene infatti che almeno a partire dal dialogo tenuto a Monaco di Baviera il 19 gennaio con l'allora cardinal Ratzinger, Habermas abbia progressivamente edulcorato le sue posizioni politiche, rinunciando alla prospettiva emancipatoria della ""democrazia radicale"""", ripiegando sul contributo ormai irrinunciabile che le religioni devono/possono dare a una democrazia altrimenti in crisi, perché incapace di garantire i presupposti normativi di libertà-eguaglianza-fratellanza su cui si fonda. Flores d'Arcais rintraccia la radice di questa capitolazione di Habermas alle """"tentazioni della fede"""" nella pervicace illusione del suo cognitivismo morale."" -
Libertà, regole e zombie
Il libro raccoglie commenti pubblicati dall'autore su riviste, giornali e blog fra il 2018 e il 2021. Tutti d'impronta liberale, ma fondati su un'idea della libertà che individua nelle re-gole non solo il suo limite, ma anche il suo fondamento. Dunque una libertà il cui ""siste-ma operativo"""" e i cui """"algoritmi"""" sono regole, da cui le scienze informatiche hanno eredi-tato, non casualmente, il significato di """"codice"""". A questa concezione, oggi in crisi, si op-pone quella di una libertà senza regole o di regole che hanno dimostrato di non funzionare e dovrebbero dunque essere morte. Invece risorgono come gli """"zombie"""" dell'ultimo libro di Paul Krugman con il loro trito repertorio di ritornelli di musica leggera, anzi leggerissima. Parole senza mistero, che conducono al nulla"" -
Meccanica dello spirito
«Quel regno chiamato dal suo araldo ""regno dei cieli"""" e """"regno di Dio"""" che, in questo povero e laico testo, aleggia su di noi come regno dell'anima». Così si chiude il più importante saggio di psicologia della storia di Walther Rathenau. Meccanica dello spirito (o Regno dell'anima) è un'analisi dell'evoluzione della psiche umana nel corso del tempo, dall'infanzia timorosa e timorata sino alla maturazione responsabile. Un saggio multidisciplinare scritto da un """"autodidatta"""", che spazia dalla teologia alla filosofia, dalla fisica alla chimica, dalla storia all'arte. Un saggio-confessione misticheggiante dove l'autore, ormai uno dei più importanti imprenditori della Germania pre-bellica (industria elettrica), mette nero su bianco le sue conoscenze enciclopediche e le sue esperienze di vita con l'obiettivo di proporre un modo alternativo di crescita dove trovino un nuovo equilibrio liberalismo e socialismo, individualità e solidarietà, spirito e anima, conoscenza e comprensione, maschile e femminile."" -
Un lungo viaggio
Il lungo viaggio raccoglie l'intera carriera e vita dell'autore testimoniata dalla sua attività di uomo, di critico letterario, di operatore cinematografico televisivo e di politico. Una testimonianza non destinata all'attenzione dei posteri (soltanto una presunzione irresponsabile può decidere dei comportamenti e scelte degli ancora non nati) ma ritenuta necessaria, anzi doverosa, rispetto agli oltre 90 anni che tanto è lunga l'età dell'autore. Angelo Guglielmi si è impegnato in più di un ""mestiere"""" (anzi ne ha accumulati numerosi anche contraddittori) convinto che in un '900 così ricco disperso e affollato non bastasse un solo impegno (mestiere) per giustificare (e rimeritare) la vita che gli è stata data. In alcuni ha avuto più riconoscimento e successo in altri meno, ma tutti svolti con la stessa determinazione e impegno (lasciando doverosamente agli anni in cui ha vissuto le sue decisioni). In questo lungo viaggio confluiscono tre dei suoi libri (tra i tanti che ha scritto) ritenuti i migliori e più conclusivi (ovviamente ampiamente ripensati e riscritti, nonché depurati degli aspetti più caduchi appartenenti all'attualità). I tre libri sono """"30 anni di impazienza mia"""" pubblicato dall'editore Rizzoli nel 1965 """"Cinema televisione cinema"""" uscito da Bompiani nel 2013, """"Sfido a riconoscermi"""" pubblicato da La nave di Teseo nel 2019. Il risultato (della confluenza) è un libro nuovo dunque da rileggere che ci appartiene ancora, che riflette le tensioni, le asprezze, la ricchezza del secolo '900 in cui tutti abbiamo vissuto."" -
Incontri con Benjamin Fondane
«Il mio incontro con Fondane, in un momento difficile della mia giovinezza, fu di un'importanza capitale e provvidenziale... ebbi la fortuna di trovare il suo Rimbaud le Voyou. Non avevo più bisogno di cercare altri libri sul mio poeta preferito, avevo trovato il libro che esprimeva esattamente il Rimbaud che la mia intuizione mi dettava essere il più vero, colui che mi seduceva più di ogni altro poeta moderno; e non solo, in Fondane trovavo un pensatore diverso da tutti gli altri, un uomo appassionatamente lucido e sensibile.» -
Democratici e cristiani
Giuseppe Toniolo (1845-1918), docente di economia politica e di sociologia presso le Università di Modena e di Pisa, ha sviluppato, accanto alla ricerca scientifica, un’ampia azione militante dando vita nel 1889 all’Unione cattolica per gli Studi sociali, un’associazione nazionale di studio e di propagazione delle dottrine sociali cattoliche, che si è dotata nel 1893 di un importante periodico, la «Rivista Internazionale di Scienze Sociali ed Ausiliarie». Da questo impegno nasceva nel 1894 il movimento della «democrazia cristiana» (di cui Toniolo fu il primo moderatore), che provocò la dissoluzione dell’Opera dei Congressi (1903) e la sua sostituzione con l’Unione Popolare, i cui statuti furono redatti dallo stesso Toniolo, che ne divenne, per volontà di Pio X, presidente nel triennio 1906-1909. Nel 1907 egli diede vita, ispirandosi al modello già attuato in Francia, alle Settimane Sociali dei cattolici italiani; mentre nel 1899 fondò la Società Italiana per gli Studi Scientifici, di cui l’Unione Cattolica per gli Studi sociali divenne una sezione speciale. -
La carne tonda
"Prosegue con questo romanzo la lunga tradizione della """"pornografia"""" che deflagra nella squassante comicità del dileggio e del teppismo e senza peli (è il caso di dirlo) sulla lingua scarta subito, ridicolizzandola, la riprovazione di non essere erotica. Questa volta sul banco di macelleria della letteratura viene esibita una carne tabù, quella di una femmina gravida con la sua cupola di vita che si sta facendo; come la pipì di Hamm in Finale di partita. Farcito di golosità che erano le vere voglie di una classe media conservatrice qui esaltata mentre oggi i valori di questa sono: la fratellanza, le diversità sessuali, la passione per l'abbigliamento stravagante, l'odio per la normalità e l'entusiasmo travolgente per """"l'arte di vivere"""", il libro pone l'Origine del mondo come l'ultima soluzione per combattere la frustrazione umana verso il conformismo del dissenso istituzionalizzato. E l'esaltazione del parto come l'ultimo bagliore prima che la corta candela si spenga e che definitivamente il brutto diventi bello e il bello ci sembri brutto"""". (Franco Branciaroli)" -
Ritornare in sé. L'interiorità smarrita e l'infinita distrazione
I processi di esteriorizzazione cui siamo soggetti oggi hanno la forma di un richiamo irresistibile. Qualcosa pretende sempre la nostra attenzione, interrompendone la continuità e deviandola incessantemente su richiami ogni volta diversi. Il risultato è un perenne essere fuori di sé. Ma che esistenza è quella dove il mondo interno proprio di ognuno di noi risulta risucchiato in modo così insistente dal mondo esterno, quasi a farne l'unica preoccupazione della vita? È una esistenza in cui l'esperienza di sé collassa in una esteriorizzazione che aggiorna ulteriormente, dopo Feuerbach e Marx, il concetto hegeliano dell'estraniazione: manchiamo l'appuntamento con noi stessi. Le lezioni per un riequilibrio tra interiorità e esteriorità non mancano certo, e alcune di queste grandi lezioni (Socrate, Goethe, Dostoevskij, Buber, Proust, il pianismo di Glenn Gould) sono qui convocate molto liberamente per cercare di definire un sentimento dell'interiorità capace di proteggere l'io dalla normatività del mondo e di proteggere il mondo dal narcisismo dell'io. -
Due racconti giovanili
Sono qui riuniti due racconti giovanili, scritti a soli quattrodici anni e mai pubblicati in vita, dell'autore di Madame Bovary, Gustave Flaubert (1821-1880), di cui nel 2011 si è festeggiato il bicentenario di nascita. Correda il testo un lungo saggio sul secondo dei racconti qui pubblicati dedicato al mondo degli artisti di strada, da sempre caro al maestro di Rouen e che segnò a partire infanzia il suo immaginario creativo. -
Scritti teologici
Il volume riunisce un'ampia scelta degli scritti di Gasparo Contarini sulla Chiesa e sulla teologia cattolica, redatti tra il 1530 (con la sottoscrizione della Confessione di Augusta) e il 1542 (con l'istituzione dell'Inquisizione romana), e indirizzati a personaggi di primo piano della Curia e della cultura coeva, quali Reginald Pole e Vittoria Colonna. In questo convulso intervallo della storia ecclesiastica, il progetto di Contarini per una riforma della Chiesa costituì un punto di riferimento per un ampio gruppo di prelati e intellettuali che cercava di dare vita a un rinnovamento all'altezza della sfida posta dai Protestanti e, al contempo, in linea col sogno di una reformatio della cristianità delineato nei decenni precedenti da Erasmo da Rotterdam. La raccolta degli scritti teologici di Contarini, introdotti da un ampio studio e accuratamente commentati, permette di apprezzare l'impianto sistematico del suo pensiero, seguendo l'autore tra Venezia e Roma, prima in veste di magistrato e poi come cardinale, ed entrando nel vivo dei dibattiti che agitavano la Curia degli anni Trenta. -
Quel badalone di Morgante
"Ho scelto il Pulci, credo, perché non c'era nessuna ragione per farlo, perché il grado di immotivazione era enorme, letteralmente non c'era nessun motivo per farlo"""". È un grande atto di libertà, per il Manga, quello di scegliere, fra i tanti poemi epici, proprio il Morgante del Pulci. Non è un certo un classico poema cavalleresco, non mette in scena grandi virtù, ma anzi è impregnato di """"grottesco"""" e di """"mostruoso"""" È un testo """"folkloristico"""", con un linguaggio spesso dialettale, a volte decisamente da caserma. È comunque un poema affascinante, ma certo non facile, che, come ebbe ad affermare lo stesso Manganelli: va un po' raccontato e un po' spiegato""""."