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Ultima rumba all'Avana
Cuba, L'Avana 1994. La protagonista di queste pagine, un'avvenente mulatta cubana appena uscita dal carcere, rivive con cruda disillusione infanzia, giovinezza, esperienze di vita in un intrico di flashback e attraverso monologhi irruenti, che mischiano doppi sensi e oscenità a citazioni di letteratura alta. Ex studentessa di architettura, ex ergastolana, fedele della Santeria cubana, ora jinetera (prostituta) e affarista, la nostra (anti)eroina, desiderosa di godere la vita dopo gli anni di reclusione, si muove per una Avana notturna e insidiosa, delusa e affamata, corrotta e degradata. Intorno a lei, un coro disperato di comparse che ""grida e geme e ride e strilla e fornica e uccide e prega, però malinconicamente, senza amore, senza allegria, senza speranza né carità"""" (Teresa Dovalpage)."" -
Il mito di Stalin nell'Europa orientale
Per la prima volta vengono raccolti ed editi in un unico volume gli articoli che uscirono nel '61 su ""Il Resto del Carlino"""" con la firma di Aldo Cucchi. Questi scritti costituiscono testimonianza eccezionale della vita nei Paesi del """"socialismo reale"""", dove il culto della persona di Stalin trionfava oltre la miseria e la censura. Cucchi, il comunista ribelle allo stalinismo già dal 1951, spina nel fianco della sinistra italiana filosovietica, non risparmia i particolari di quanto visto e udito nei suoi viaggi in Russia, Polonia e Cecoslovacchia, con il """"coraggio freddo"""" che gli costò, insieme all'amico Magnani, la scomunica dal PCI. La celebre condanna di Togliatti, """"pidocchi nella criniera di un nobile cavallo da corsa"""", cade in tempi infarciti di fanatismo e non ancora maturi per la svolta del 1956, quando l'acutezza politica e la lungimiranza che emergono da queste pagine divennero chiare a tutti."" -
Cara Vera
Un diario-epistolario autentico rivolto alla moglie Vera, che narra con ritmo serrato e ricchezza di dettagli le ansie, i dubbi, le paure, ma anche la ""noia"""", le attese e le speranze - di trovare un lavoro, di tornare agli affetti famigliari, di veder finire una guerra infinita - di un capitano della Compagnia Piceno sballottato nell'Italia liberata (da Francavilla a Martina Franca a Roma) tra il gennaio del '43 e il maggio del '45. Ne scaturisce attraverso la """"monotonia"""" di una cronaca rispetto alla quale la Storia sembra poco più di un'eco lontana e quasi impalpabile - un quadro di grande efficacia sui paradossi, i drammi e le incertezze di una nazione spezzata dagli ultimi sussulti del regime fascista e della seconda guerra mondiale."" -
L'ideal
Fedele, quasi fino in fondo, ai suoi tre grandi ""ideal"""" - il partito (quello socialista), l'amico Celso (""""camallo del porto di Genova"""") e la divina Alida Valli -, il protagonista di questo romanzo, un """"immigrato"""" con l'ambizione dello scrittore che si è """"fatto strada nella metropoli"""" come ciabattino, sciorina le proprie minute peripezie urbane (con tanto di finale a sorpresa) in un monologo popolare (e popolano) che è soprattutto una martellante, fantasiosa e spesso esilarante discussione con se stesso e con una realtà (sociale, politica e culturale) che sembra non capire. Scritto a pochi anni dalla drammatica fine del suo autore, e ambientato nella Genova dei primi anni '70, L'Ideal rappresenta il punto più alto della personalissima ricerca letteraria dello scrittore di Varzi."" -
Più forti del tempo
Genova lungo un secolo, tra porto, vicoli e colline. E poi i sogni di Maria, l'ambizione di Rosa, la malinconia di Martina, l'irrequietezza di Ida, la solitudine di Matilde, la dolcezza di Zita. L'autrice mette a nudo errori, segreti, rancori, passioni delle grandi donne della sua famiglia da fine Ottocento ad oggi, e ricuce così il proprio male di vivere - ma anche la propria forza e le proprie speranze. Una saga famigliare ricca e coinvolgente, tracciata con penna asciutta e sensibile, e dettata dall'urgenza di rendere i ricordi ""più forti del tempo""""; e insieme una raffinata indagine introspettiva alla ricerca delle proprie radici."" -
Parola di Marlowe
Con arguzia, competenza, meticolosità e sconfinata passione – una passione che dura da almeno quarant’anni –, e con l’autorevole avallo morale di Oreste Del Buono («Mi sembra un’ottima idea. Stia attento che non gliela rubino»), Carlo Vita raccoglie un migliaio circa di citazioni dai sette romanzi di Raymond Chandler che hanno per protagonista il duro (ma malinconico) Philip Marlowe: perché insoddisfatto, ci dice, se non addirittura indispettito, dal non trovare nulla o quasi nulla della verve (dell’ironia, dello humour, del cinismo, ma anche dell’intelligenza e della cultura) del mitico Phil nei tanti film su uno dei più famosi private eye della letteratura – film nei quali trama, azione, intrighi e mistero (e pugni e whisky), finiscono inevitabilmente per avere la meglio. E così facendo, e liberandoci dall’obbligo di seguire le indagini (e di contare i morti, e le donne, e i cattivi, e i poliziotti) e di scoprire i colpevoli, fa emergere per noi lettori un autore (nelle vesti del suo figlio prediletto) tutto da assaporare e da riassaporare. Anche per divertirci (e un po’ per stupirci), ma soprattutto per riconoscere – una volta di più – il grande scrittore che è Raymond Chandler. -
Le perle morte e altri racconti
In questi racconti due sono le teste tagliate, quattro gli omicidi. Si decapita per soldi, si uccide per vendetta. C'è un uomo anziano e abitudinario che per la prima volta esce di casa con l'andatura stravolta. Un quinto omicidio imposto dalla folla. Un coniglio che ride e diventa smisurato, una testa lanciata dentro un bar come un pallone di cartapesta, un uomo che non ricorda dove si trova, che cosa gli è successo e perché sogna giganteschi microscopi e strane cavalcature. Un altro che salta dentro la casa di un estraneo raccontandogli la storia di una donna disgustosa, ridicola e con le mani bellissime. -
I migranti
È la storia di tredici migranti che dalle coste marocchine cercano di raggiungere la Spagna ma naufragano tragicamente durante la traversata, e i loro corpi vengono ritrovati sulla spiaggia dagli abitanti del piccolo villaggio di Bindar. Il racconto cerca di sottrarre dall'anonimato le vittime di questa tragedia contemporanea, per restituire alla loro morte una dimensione umana che troppo spesso è ignorata dai ""media"""". I migranti diventano così protagonisti delle loro storie, raccontando le motivazioni e la disperazione che li hanno spinti a partire - come altre migliaia di persone per tentare di realizzare il loro sogno europeo. Questo romanzo, scritto in francese nel 2000 e tradotto in sei lingue (tra cui l'arabo), affronta la tragedia che sta avvenendo al largo delle nostre coste, con un testo poetico e delicato: un approccio nuovo per trattare un problema di grande attualità."" -
La recita dell'Amleto
La scelta di mettere in scena l'Amleto shakespeariano come attività culturale decisa dall'Attivo Popolare di uno sperduto villaggio della Croazia socialista, diventa l'occasione per costruire una straordinaria ""recita nella recita"""" che ancora oggi, dopo quasi cinquant'anni - e dopo tanto silenzio colpisce per la sua forza, la sua irriverenza, la sua intelligenza, la sua genialità scenica, la sua dimensione culturale. Scritto nel 1965 - anche se rappresentato solo nel 1971 -, e quindi nel pieno del discusso """"governo"""" del maresciallo Tito (1971); molto rappresentato nella stessa Jugoslavia come anche in Polonia ed in Germania, e più recentemente in Francia, il testo di Ivo Bresan è qui alla sua prima traduzione italiana."" -
Qui ci vorrebbe un regista
Tonino Conte sfrutta, se non tutti, almeno molti registri del narrare - dal monologo alla cronaca, dal memoir al ""sogno"""" - per mettere in scena brevi e meno brevi """"atti unici"""" che oscillando tra tenerezza e malinconia, commedia e tragedia, ironia e rabbia, realtà e fantasia, raccontano quello che spesso resta dietro le quinte di un uomo di teatro: la propria vita."" -
Non solo finestre
Riaprire una casa - una vecchia casa - per l'estate, significa (anche) ritrovare, riconoscere, affrontare (e, perché no, fotografare) e risolvere i mille piccoli inciampi che il tempo e un po' di sana incuria hanno accumulato... E così un chiavistello che non funziona un granché, una serratura da manovrare a rovescio, una persiana da forzare in un certo particolare modo, un gradino diverso dagli altri, e quindi pericoloso, diventano occasioni, per Camilla Salvago Raggi, per raccontare la storia di una casa. E la propria storia dentro una casa. -
A patti col diavolo. Due racconti
Un patto con Satana e uno con un demone, una gara finale di velocità fra il Diavolo e gli angeli, l'invenzione di nuovi strumenti per suonare una musica rivoluzionaria, un monaco più astuto del Maligno, una gigantesca cattedrale incompiuta, l'impotenza creativa: il gran ritmo narrativo di Dumas e l'intelligente ironia di Asselineau in due racconti di ispirazione ""faustiana"""" tradotti in italiano per la prima volta."" -
Il romanzo di Gregorio. Testi e materiali preparatori verso «L'angelo di Avrigue»
Il volume propone, in edizione critica a cura di Simona Morando, il romanzo e i testi preparatori da cui è nato il libro d'esordio di Francesco Biamonti ""L'angelo di Avrigue"""" (1983). Si tratta di documenti recentemente ritrovati tra le carte dell'archivio dello scrittore a San Biagio della Cima dai quali, all'interno di una prosa intensa e sofferta, emergono una diversa impostazione del romanzo, personaggi - come Gregorio e Jean-Pierre - costruiti con pienezza, e l'urgenza di temi impellenti quali lo scontro storico tra le generazioni, la precarietà dell'esistenza e il ruolo consolatorio del paesaggio. Un ritratto inedito e più mosso dello scrittore ligure lanciato da Italo Calvino che sollecita un'attenta rilettura critica della sua opera."" -
La maledizione del castello
A metà strada tra realtà e fantasia, Pasquale Nocera intreccia sapientemente romanzo e diario autobiografico rifacendosi ad un evento accaduto nel 1970 nel celebre Castello di Palizzi (Reggio Calabria). Sotteso al racconto è il messaggio che ""solo noi siamo i veri protagonisti delle nostre scelte"""" e che la soluzione ai mali che divorano la nostra società siano il dialogo, il confronto e il rispetto per gli altri. Caratterizzato da temi forti come amicizia, violenza, amore e giustizia, il lungo racconto sembra lanciare al lettore una sorta di consiglio morale: sbaglia, se vuoi, ma impara dai tuoi sbagli."" -
Tracce. Insicure indagini sulla memoria (forse)
Grazie ai sottili, impalpabili ma anche fortissimi richiami innescati dagli oggetti e dalle immagini della vita quotidiana (quasi fossero tutti delle ""madeleine"""" di proustiana memoria), Axel Nielsen ci trascina con sé, e con grande libertà narrativa, attraverso il tempo (e naturalmente la memoria) e in giro per il mondo (che percorre in lungo e in largo con grande agilità dietro al suo mestiere di restauratore, scelta certo non casuale vista la sua passione per le """"cose""""), costruendo una fitta e affascinante ragnatela di rimandi e suggestioni che - sembra suggerirci - costituiscono, per quanto labile e """"insicuro"""" (e certamente disordinato), il vero archivio di cui si alimentano il nostro stesso """"senso della vita"""" e la continuità della nostra coscienza. Presentazione di Anna Giaufret."" -
Eleonora D'Arborea. Una Giovanna D'arco in Sardegna
Eleonora d'Arborea (1347 circa- Giugno 1403) è un personaggio storico sardo la cui figura ha assunto i contorni della leggenda. Giudicessa (Regina) del Giudicato d'Arborea, in qualità di reggente per conto dei figli in minore età, si era opposta con tutte le sue forze alla pretese dei Re di Aragona, che forti di una licentia invadendi concessa loro dal papato intendevano fagocitare tutta la Sardegna. Eleonora, continuando l'opera del padre Mariano IV e del fratello Ugone III, non solo riuscì ad impedire ai Catalani di occupare il suo regno; ma raggiunse lo scopo di unificare quasi tutta l'isola sotto il proprio dominio. La sua lotta, soprattutto in Sardegna; ma anche nell'Italia del Risorgimento, ne ha fatto il simbolo della donna forte, amata dal popolo, guerriera incrollabile, indomabile e vittoriosa, si raccontava, in centoventi battaglie contro gli invasori; tanto che in una patria italiana che vantava tanti padri, la si propose come madre della nascente nazione. -
Didone senza Enea. La vera storia della regina di Cartagine
In un commento di Servio all'Eneide di Virgilio, la regina fenicia Didone, mitica fondatrice di Cartagine e uno dei personaggi iconici dell'immaginario collettivo occidentale, è definita virago, colei che agisce come un uomo. La sua vicenda conosce due tradizioni: quella originale, del III sec. a.C., che non menziona il suo rapporto con Enea e ne celebra esclusivamente il carattere volitivo e regale, e l'altra celeberrima, creata dall'arte poetica virgiliana, che fa dell'amore infelice per l'eroe troiano la causa fondante dell'inimicizia tra Cartagine e Roma. Una serie monetale romano-provinciale emessa in Fenicia nel III secolo d.C. dedicata a Didone rappresenta la regina mentre compie azioni prettamente maschili. In queste monete non vi è traccia della tragica vicenda sentimentale della regina che per amore rinuncia a se stessa. Figura che in tal senso era più accettabile dalla mentalità romana, che non prevedeva donne che esercitassero il potere in prima persona, a meno che esso non fosse esercitato in maniera ""sotterranea"""", tramite gli uomini di famiglia."" -
La regina di Saba e le donne sabee
Nello Yemen del I millennio a.C. si sviluppò una grande civiltà costituita da diversi regni che, stanziati in oasi lussureggianti, fecero la loro fortuna grazie alla via dell'incenso. La loro potenza fu così grande che il territorio divenne sinonimo di ricchezza oltre ogni immaginazione, tanto da meritarsi il nome di Arabia Felice. Qui ebbe origine il regno di Saba e il mito della sua regina, che evocano immagini di aromi profumati e vaste distese di deserti dorati. L'anonima regina è diventata parte di storie popolari dell'Arabia e dell'Africa, ma gran parte della sua leggenda riconduce ai testi sacri: è menzionata nella Bibbia, ma il suo nome non è rivelato; viene citata nel Corano e in racconti arabi con il nome di Bilqis; in Etiopia è conosciuta come Makeda, regina del sud. Non avendo l'archeologia dato ancora risposte in merito alla veridicità del mito, attraverso la documentazione epigrafica e le arti figurative ci siamo immaginati come avrebbe potuto essere una donna sabea e quale ruolo avrebbe potuto occupare nella società. -
Mondanità e segregazione. La «galleria delle Belle» e la galleria delle «Monache» a Palazzo Chigi in Ariccia
Tra le stravaganze e il gusto per l'eccentrico dell'età barocca, espresso al massimo grado nell'allestimento di wunderkammer o ""musei delle curiosità"""", vanno annoverate anche bizzarre serie ritrattistiche monotematiche. Appartengono al genere le cosiddette """"gallerie delle belle romane"""", esemplate sulla prima selezione commissionata dal cardinal Flavio Chigi al pittore fiammingo Jacob Ferdinand Voet. Questa singolare collezione, conservata nel Palazzo Chigi di Ariccia, voluta da un porporato noto più per la sua galanteria e le numerose amanti che per sentimenti di devozione religiosa, è la più emblematica per qualità e valore documentario, essendo stata un modello per altre analoghe ordinate con varianti dai Colonna, dagli Altieri, dagli Odescalchi, dai Savoia e da altre illustri casate italiane. Una vera e propria ossessione, quella delle """"belle"""", che raggiunse nell'ultimo quarto del secolo effetti maniacali, tanto che quasi ogni palazzo o dimora, di città o di campagna, poteva vantare una sala dedicata alla bellezza muliebre. Il Seicento è tuttavia anche il secolo dei contrasti. Così una sala nello stesso piano nobile del palazzo di Ariccia, ospita nella """"Stanza della suore"""" la relativa galleria ritrattistica di monache Chigi. Le religiose raffigurate sono tutte unite da stretti vincoli di parentela, sorelle nella clausura e per consanguineità. È così che gli aspetti salienti dell'età barocca trovano, nella paradossale convivenza in una stessa dimora di queste due contrastanti gallerie ritrattistiche, un loro emblema."" -
Regine, dee e donne nell'antico Egitto
Nella società egizia la donna era tenuta in grande considerazione tanto che, definita nei documenti ""signora della casa"""", era ritenuta giuridicamente uguale all'uomo. In ogni ambito sociale e culturale la donna rivestiva un ruolo essenziale: come regina al fianco del faraone, come madre e moglie nella sfera privata, e come sacerdotessa in ambito religioso. Il presente volume analizza, trattando diversi argomenti specifici il ruolo femminile nelle diverse epoche faraoniche, grazie anche a un'approfondita analisi della documentazione scritta e archeologica. Dopo una parte introduttiva sulla posizione sociale delle donne sotto il profilo giuridico, viene trattato il ruolo della donna in famiglia, la cura personale con attenzione a eleganza e cosmesi, e infine il coinvolgimento femminile nel lavoro e nelle attività produttive. Segue un approfondimento sul ruolo simbolico e politico della regina, attraverso l'analisi di grandi personalità come Hatshepsut, Nefertiti e Nefertari. Viene poi proposta un'analisi del femminino in ambito religioso: le principali dee del pantheon egiziano, le funzioni religiose riservate alla donna nel tempio e i ruoli sacerdotali, come le Divine Adotatrici di Amon.""