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Residui di Stato. Tra psicodramma e cyber-anarchia. Terrorismo, immigrazione, debito, internet
Schiacciato dai poteri delle aristocrazie tecniche ed economico-finanziarie, lo stato-nazione perde progressivamente sovranità. Smaterializzandosi, lascia che i suoi epifenomeni residuali - terrorismo, immigrazione, debito, internet - agiscano sulla scena planetaria senza controllo né possibilità di interdizione efficace. ""Quando, nel 1967, Guy Debord pubblicò """"La società dello spettacolo"""", molti ritennero trattarsi di una profezia che non avrebbe mancato di avverarsi. Si trattava, invece, della fotografia di un accaduto: lo spettacolo stava per finire e cominciava lo psicodramma"""". 11 settembre 2001, diretta TV dell'assalto aereo alle Torri Gemelle. Da quel momento, non è risultato evidente che lo spettacolo era finito? Chi può ritenersi semplice spettatore di quella strepitosa messa in scena e di quello che ne è seguito?. Se possedesse confini, la quinta nazione al mondo per densità di popolazione sarebbe quella degli emigranti. Ma l'emigrante è, per definizione, colui che varca i confini: quella linea di separazione geofisica e politico-economico-culturale fra sé e l'altro da sé"""". """"Per quanto apparente possa essere, l'infernale organizzazione planetaria del debito, è diventata tangibile al punto da concorrere in maniera determinante a rendere l'uomo: 'Necessario, uniforme, uguale tra gli uomini, coerente alla regola e di conseguenza calcolabile'."""" (.F. Nietzsche). """"Nell'interazione consentita dal web, tutti possono entrare in contatto con tutti. Quella separazione, fra autori dei fatti, mediatori della notizia e fruitori della interpretazione-rappresentazione dei fatti stessi, salta, determinando un procedimento polidialogico disintermediato, particolarmente evidente nei social network""""."" -
Fabrizio De André. Maledetti poeti
Non siamo qui per celebrare il poeta De André e nemmeno la sua poesia. O meglio, siamo qui per celebrare la poesia del genovese, attraverso i suoi poeti e le loro poesie: quelle che, in un modo o nell’altro, hanno rifornito di humus e linfa il suo linguaggio poetico. Pseudo Giacomo, Aristofane, Jacopone da Todi, Cecco Angiolieri, Françoise Villon, Edgar Lee Masters, Oswald De Andrade, Olindo Guerrini, Riccardo Mannerini, Pier Paolo Pasolini, Fernanda Farias de Albuquerque, Álvaro Mutis. La formazione è di quelle sporche, cattive e perdenti. Tutt’altro dall’ungarettiana “Petrarchesca” che puntava in alto. Qui siamo in piena zona retrocessione di quel campionato a girone unico (senza ritorno) che chiamano vita. -
Jim Morrison wotan in rock
Break on through to the other side: così titola uno dei pezzi più famosi dei Doors, irrompi dall'altra parte! In questo invito ad andare oltre, ad abitare l'Altrove, si sintetizza la forza del messaggio di Jim Morrison, il rocker e poeta sciamano che negli anni Sessanta del Novecento lanciò la sfida rivoltosa al Sistema borghese e perbenista. Protetto dai poteri psichedelici di Wotan/Dioniso, riuscì a creare la nuova tavola dei valori di un'eterna controcultura, viva e attiva oggi come cinquant'anni fa. Per creare questa macchina ribelle, attinse alle fonti primarie di Blake e Nietzsche. A seguire, non troppo distanti dalla sorgente: Euripide, Snorri, Petrarca, Shakespeare, Huxley, Dylan Thomas, Castaneda animarono la sua parola sanguinosa e allucinata dagli esordi di Los Angeles fino alla tomba di Parigi. -
In volo su Roma. I volatili nei toponimi e odonimi della città eterna
Questo libro nasce dall'unione di due grandi passioni dell'autore: gli animali e la città in cui ha avuto la fortuna di nascere e vivere. Per la stesura di questo libro l'autore ha consultato numerosi testi riguardanti la città di Roma e si è potuto avvalere della sua personale biblioteca naturalistica, particolarmente fornita. Come il lettore avrà modo di scoprire, leggendo le spiegazioni sul significato attribuito alle tante vie, vicoli e piazze, molti dei nomi sono stati assegnati grazie alla presenza delle numerose locande e osterie, che storicamente hanno caratterizzato la città di Roma. Per questo motivo oltre ai toponimi e agli odonimi più classici, sono stati inseriti anche ristoranti e osterie che hanno insito nel loro nome qualcosa che ha a che fare con gli uccelli. Sono stati esclusi da questi locali quelli etnici, non avendo nulla da condividere con la storia e la cultura tipica romana. Altra esclusione importante è quella riguardante le innumerevoli opere d'arte conservate nei musei, nelle chiese e nelle case nobiliari di Roma; chi volesse approfondire questo argomento, può trovare tutte le informazioni sui vari bestiari romani, che nel corso del tempo sono stati pubblicati. Volutamente, quindi, sono stati presi in considerazione tutti quei luoghi che il romano o il turista può visitare e vedere liberamente camminando nelle strade della Città Eterna. Un modo questo per invitare gli appassionati a vedere e ad osservare questi luoghi con occhi diversi, con occhi alati. -
È l’imperfezione che ci rende vivi. Manuale di sopravvivenza per disabili
Perché scrivere un libro sulla mia esperienza di donna che vive sopportando una menomazione e sui modi in cui è affrontata, oggi, la questione delle disabilità? Innanzitutto, perché credo sia arrivato il momento di dire basta all'invisibilità dei portatori di handicap. La disabilità è una condizione complessa: chi si porta a spasso un handicap deve combattere ogni giorno con diversi tipi di barriere, con l’indifferenza, il pietismo e il buonismo di chi ha paura della “diversità”. Proprio per sconfiggere gli stereotipi che accompagnano le disabilità, è necessario che chi fa ogni giorno ""esperienze disabili"""" racconti, senza tabù e con coraggio, anche lo svantaggio e la fatica di vivere con un handicap. È indispensabile, secondo me, aprirsi al confronto con gli altri per farsi conoscere e riconoscere. Prendersi spazio, """"darsi voce"""" per affrontare la nostra """"scomoda condizione’"""" non dimenticando le leggi e i progetti che sono stati pensati e scritti per favorire l’inclusione delle persone con disabilità ma c’è ancora molto da fare!"" -
Martin Scorsese. Le forze primigenie dell'America
Forse Martin Scorsese non è un regista-letterato, ma è certo che nel Pantheon dei suoi riferimenti risiedono molti immortali. Shakespeare e Céline lasciano tracce, segrete ma profonde, nei suoi film. Herbert Asbury, alle origini del gangsterismo e i noir di Raymond Chandler lo guidano sulle “vie del malvivente” (""Mean Street""""). Il Joyce di """"Dedalus"""", Sushaku Endo, Nikos Kazantzakis riforniscono l’immaginario dei lungometraggi a sfondo spirituale. Le """"Memorie dal sottosuolo"""" di Dostoevskij, il Nietzsche de """"La gaia scienza"""" e dello """"Zarathustra"""" e Thomas Wolfe il solitario si nascondono dietro le quinte di """"Taxi driver"""" e di """"Cape Fear"""". Henry Miller è esplicitamente citato in """"After hours"""". I testi di alcune canzoni dei Rolling Stones e di Bob Dylan fanno da controcanto alle scelte formali e sostanziali della sua intera filmografia. Le strisce di Otto Soglow ispirano i suoi """"storyboard"""", esattamente come i disegni di Selznick offrono lo spunto per le immaginifiche inquadrature di """"Hugo Cabret""""."" -
Leonard Cohen. Come un uccellino su fili di parole
"La Torà e il Talmud, il Buddismo Zen e l'Induismo Advaita Vedanta, i mistici persiani Far?d ad-d?n 'Att?r e R?m?, Primo Levi, Alexander Trocchi, Constantino Kavafis, Dylan Thomas sono solo alcuni dei testi, dei mondi e degli autori che sottendono l'esplorazione artistica di Leonard Cohen, mentre sono stati Federico Garcia Lorca e Irving Layton a dare forma compiuta al bosco sacro di un autore che è rimasto per tutta la vita un """"canadese in libero esilio"""". F. R. Smith, A. M. Klein, Louis Dudek sono i maestri di Montreal che portano il giovane Cohen a diventare, con Margaret Atwood, Dennis Lee e molti altri ancora, una delle voci più importanti del Rinascimento Canadese. Una stagione letteraria che ha fatto emergere altre voci, come quelle di Alootook Ipellie e Louise Bernice Halfe, messe a tacere dalla storia coloniale di una nazione sottratta alle popolazioni indigene.""""" -
Metabioevoluzione. Dall'universo alla vita e viceversa: equilibri, evoluzioni e paradigmi in divenire
I raggi cosmici provenienti da galassie lontane possono influire sull'ecologia di alcune specie di animali. Gli stessi raggi cosmici possono anche alterare la copertura nuvolosa o ancora innescare l'attività vulcanica. Nello spettro della radiazione elettromagnetica oltre ai raggi cosmici vi sono altre lunghezze d'onda che fungono da precursori sismici fornendo cosi la possibilità di prevedere il verificarsi dei terremoti. Spazio, Sole, Terra e Vita sono tutti interconnessi e intimamente intrecciati. Metabioevoluzione è la chiave concettuale che permette di studiare e imparare con entusiasmo il dinamico mondo che ci circonda in un'incredibile rete di relazioni interdipendenti e in continuo divenire. -
Ricette di cucina
Il quaderno a quadretti che ci tramanda il ricettario di Idetta Ceira-no ha le dimensioni di 18 cm x 12 ed è composto di 68 pagine, di cui 31 rimaste bianche. La prima parte, di 28 pagine, è dedicata alle ricette 'salate', precedute dal titolo Ricette di cucina e dall'indicazione del luogo e della data in cui ha iniziato ad annotarle: «Torino, 2 marzo 1932»). L'altra, riservata ai dolci, ne conta 9 ed è compilata a partire dal fondo del libretto, capovolto su se stesso. Le differenti grafie e i diversi colori di inchiostro rivelano una scrittura dilatata nel tempo. Quando intraprende la compilazione Idetta ha 33 anni, è sposata da 12 e ha già avuto entrambi i suoi figli. La sua vita si divide fra la residenza torinese, il cui indirizzo è annotato sul frontespizio («Torino, corso Galileo Ferraris 90») e la grande casa di Vicoforte dove trascorre con la famiglia la villeggiatura. Le sue fonti sono spesso segnalate: la suocera (maman), le cugine, le amiche più o meno strette, le cuoche che si erano avvicendate al suo servizio, la cameriera Palmira, la domestica Gina ed Emilia, la vecchia guardiana. L'ultima ricetta annotata, la «Zuppa Renato», che parrebbe di provenienza valdostana, è forse dovuta al figlio maggiore - di cui reca il nome - e potrebbe datare attorno agli anni 1951-1952 quando questi in Valle frequentava i Pirovano. Molte ricette sono tipicamente regionali (la galantina di vitello, la lepre in civet, la finanziera, la frittata 'rognosa', la griottada, la cupeta, le paste di meliga...), altre sono invece più ricercate e di carattere internazionale, come la chicken pie, l'assiette englaise, le suprèmes di pollo, il filet mignon, i bignè alla chantilly. -
Le ricette della «corte» del Paolone. Un secolo e mezzo di cucina in terra d'acqua a nord del Po
Cortile o Corte: dal latino (cohors-tis) «cortile, cohors collegato con l'hortus. Spazio scoperto, circondato da muri o da edifici, facente parte di una abitazione con un orto e, in mezzo, l'aia, di fianco il forno per il pane, una officina, le stalle (trasformate con il tempo in garages), i fienili e i granai, il pollaio, la porcilaia e le gabbie dei conigli con il bagno in comune e la rüdera (immondezzaio) e chiaramente un vero e proprio orto anche con varie piante da frutta. Gli abitanti erano come una famiglia allargata e come tutte le famiglie litigavano ferocemente, ma guai a contrastare, da fuori, uno che faceva parte della corte. Le ricette di quel che mangiavano sono state raccolte oralmente per quanto riguarda la seconda metà del '800 e la prima del '900 e per iscritto, su fogli o pagine da quaderno, con accanto il nome della fonte (anche qualcuno di un altro cortile e addirittura di un altro paese), dal secondo dopoguerra in poi. Chi le ha raccolte già le ha lasciate alla propria figlia che ci si augura le lasci ai propri discendenti. La corte di cui si parla è a Biandrate, in piena area novarese, e le ricette come i ricordi di chi ha vissuto la fortuna di vivere e giocare ancora nella corte, ascoltando i racconti tramandati di generazione in generazione, riguardano quest'area specifica, con qualche variante apportata da chi veniva da ""fuori"""" ma veniva accolto nella corte come membro della famiglia allargata."" -
Patti Smith. Tra Rimbaud e San Francesco
Una miccia lunga 175 centimetri in un corpo magro, segaligno. Un viso ieratico. Capelli - lunghi o corti, secondo le mode - comunque sempre scombinati: a darle l'aria di una mitologica medusa. Non può essere del tutto semplice la donna che accompagna la dipartita di Allen Ginsberg leggendogli i Cantos di Ezra Pound. E poi, giù e su, tra Rimbaud e San Francesco, Kerouak e Verlaine, Blake e Burroughs, Pasolini e Baudelaire in un continuo saliscendi da vertigine letteraria. Nella foresta dei simboli, la parola si fa musica e i poeti danzano tra loro, senza tempo. -
Bob Dylan. Poeta errante
Dylan, denudandosi delle proprie convinzioni ha rivelato mille facce di se stesso. Abbandonando il proprio Io - imbevuto di misticismo, intuizione, impulso - ha scovato un linguaggio crudo, greve, proveniente dalle viscere dell'anima, in un apparente balbettio, volutamente illetterato, capace di sillabare una poesia improvvisa, virulenta, rigurgitata tutta d'un fiato. Woody Guthrie, Jack Kerouac, Allen Ginsberg, Lawrence Ferlinghetti, Arthur Rimbaud, William Blake, Sant'Agostino e i libri profetici dell'Antico Testamento: le influenze letterarie che hanno fatto di Bob Dylan un cantautore da Nobel. -
Amore e misticismo. Una ricerca sull'esegesi origeniana del «Cantico dei Cantici»
Il libro espone l'esegesi, compiuta dal Padre della Chiesa Origene, di un difficile libro dell'Antico Testamento, il Cantico dei Cantici, considerato la vetta o l'apice di tutti i desideri. Il filosofo giunge a negare del tutto il significato letterale del testo sacrosanto, i fatti storici narrati su cui si può facilmente equivocare, mentre considera la lettura spirituale che mette al riparo dalla violenza e dalla perversione. Secondo quest'interpretazione i protagonisti del Cantico dei Cantici, due innamorati, simboleggiano l'anima del Logos oppure la Chiesa e Cristo. L'opera origeniana intende dunque indicare come il destino ultimo dell'umanità sia ascendere la contingenza o l'immanenza nell'ordine morale e trascendente, per trovare in modo del tutto anagogico, soprannaturale, la realtà del Nuovo Testamento. -
Le cose buone intorno a me. Ricette delle nonne e zie dai sapori e odori di terra, di mare e d'oltremare
Genova, con la sua vocazione di porto aperto a tutto e a tutti è stato ed è il crocevia di uomini e cose dai luoghi più disparati del mondo. Il suo centro storico non è una finzione scenica linda e pulita, in cui gli abitanti sembrano occupare abusivamente case e palazzi che non hanno niente da spartire con loro. I genovesi intesi come coloro che vivono a Genova, quale che sia il luogo da cui provengono, sono persone vere, che rendono la città, e specialmente il centro storico, il crogiuolo in cui prendono consistenza leghe imprecisate di umanità le più varie. Ecco allora che gli aromi e gli effluvi che potrai trovare in questo libro di ricette della mia famiglia che, coerentemente con la vocazione della città, nel tempo si è allargata e arricchita di culture, non parlano solo di Genova, ma anche della vicina Toscana, delle Apuane, del basso Piemonte e poi, dato che siamo anche gente portata a emigrare e spesso a ritornare, sapori di una terra ai piedi delle Ande. Da qualche anno, infine, anche di chi ci ha toccato il cuore e l'anima con gli odori della savana, del deserto e delle foreste africane. -
L'anno 3000
Nel 1897 Paolo Mantegazza dà alle stampe L'anno 3000, Sogno, un romanzo utopico/distopico con forti componenti autobiografiche, in cui dà corpo al suo sogno di un mondo rinnovato grazie ai successi della scienza e alla guida illuminata di una nuova classe dirigente, quella degli Igei, ovvero dei medici. Un ""sogno"""" inquietante per molti aspetti poiché scaturisce dal crollo dell'ottimismo positivista cui l'Autore aveva aderito nella sua prima produzione di divulgatore medico e dall'amara constatazione del fallimento socio-politico del credo nelle """"magnifiche e splendide sorti progressive"""". E soprattutto un """"sogno"""" tristemente profetico dal momento che al progetto di una scienza del miglioramento del genere umano si sovrappone quello di una scienza medica onnipotente che bonifichi l'umanità, estirpando alla radice le male piante. Così involontariamente dall'utopia si passa alla distopia, poiché il migliore dei mondi possibili vagheggiato da Mantegazza poggia sul controllo ferreo dei cittadini, passando attraverso il controllo della mente e spingendosi fino alla selezione radicale delle """"vite non degne di essere vissute""""."" -
Luigi Tenco. Io sono uno... e nessuno
Pavese, senza dubbio e, di sicuro, il Pirandello della pluralità dell'io. Esplicitamente Brecht e Vian. Senz'altro, quell'umore che viene dalla scuola esistenzialista: di Sarte, molto verosimilmente e di Camus per derivazione approssimativa. In maniera allusiva, s'intuiscono l'innominato Heidegger, alcuni lampi sulfurei di Friedrich Nietzsche e, per sorprendente rassomiglianza metabiografica, Carlo Michelstaedter. E poi, il pessimismo di Leopardi, il romanticismo di Foscolo, il decadentismo di Pascoli. I maledetti Baudelaire e Rimbaud e il maledettissimo Céline, per spirito di contraddizione alla buona norma borghese. E lo scandaloso Ovidio. Sono queste le carte, quasi sempre coperte, che abbiamo in mano per decifrare l'enigma che Luigi Tenco ha lasciato dietro di sé, inciso per sempre nel calco delle sue canzoni. -
Stanley Kubrick. Odissea nell'incipit
«Se può essere scritto può essere filmato», così parlò Stanley Kubrik. Il detto deve essere inteso alla lettera: ben 11 dei suoi 13 lungometraggi sono tratti da romanzi e racconti altrui. Non sarà necessario, quindi, interrogare alcun monolite nero per farci svelare il chi e cosa dovremmo vedere riflesso nella lucida superficie di celluloide davanti alla quale ci ha piazzato il genio del regista. Basterà scorrere le prime pagine, gli incipit, delle sue fonti letterarie - Lionel White, Humphrey Cobb, Valdimir, Howard Fast, Nabokov, Peter George, Arthur Clarke, Anthony Burges, William Makeapeace Thackeray, Stephen King, Gustav Hasford, Arthur Schnitzler - per ritrovarci compagni di viaggio in una delle più straordinarie odissee che la storia del cinema ci abbia regalato. -
Affreschi quantistici. Parallelismi tra scienza e arte
Nonostante molti ritengano che arte e scienza forniscono immagini oscillanti che non si possono cogliere assieme e che, in seguito alla moltiplicazione delle discipline e alla specializzazione a cui si assiste nella società contemporanea, tra cultura scientifica e cultura umanistica si sia generata una frattura insanabile, esaminando le cose in profondità è possibile individuare tra questi due settori forti interazioni e parallelismi. In questo libro, sulla base della convinzione che tra scienza ed arte esistono, sia a livello epistemologico e metodologico, sia sul piano delle loro rispettive costruzioni nei vari ambiti di studio, rilevanti elementi di connessione, si mostra come il mondo costruito dall'arte e il mondo costruito dalla scienza abbiano le stesse caratteristiche e rappresentino di fatto lo stesso ""universo"""". Significativi parallelismi e legami reciproci possono essere individuati tra opere d'arte e teorie della scienza e, in particolare, è possibile costruire dei percorsi che, a partire da alcune importanti opere d'arte, consentono di arrivare ad alcuni fondamentali risultati in campo scientifico, segnatamente riguardo la fisica moderna."" -
Tim Burton. L'oscura stanza dei giochi
Tutto parte dall'infanzia che, come un treno fantasma, percorre con le sue angosce, ossessioni, visioni, l'età adulta. Il giovane Tim Burton s'industria con quello che trova a portata di mano per riempire i buchi vuoti tra una lezione e un'ora di sport e sfuggire, così, alla monotonia del vivere in provincia. E da subito s'innamora dei mostri. Poco alla volta arriveranno Johnny Hart, Mary Shelley, Bram Stoker, Franz Kafka, Edgar Allan Poe, Washington Irving, Fratelli Grimm, Roald Dahl, Gottfried Benn, Georg Trakl, Carl Einstein, Dr. Suess, Len Brown a tenergli compagnia nella stanza dei giochi. -
Benjamin Britten. La poetica dei perdenti
Nonostante i posizionamenti esistenziali e sociopolitici decisamente scomodi per i suoi tempi – lui scopertamente pacifista, antimilitarista e omosessuale dichiarato in una nazione in cui l’omosessualità è stata reato penale fino al 1967 – Benjamin Britten nella vita reale non conobbe praticamente sconfitte. Benestante e perfino molto ricco al culmine della sua carriera che passò di successo in successo, in patria e fuori; amò riamato la stessa persona per oltre trent’anni; ottenne ogni sorta di riconoscimento al suo straordinario talento venendo insignito, a sigillo del prestigio, anche del titolo di Lord. Può destare quindi meraviglia la pietas dolorosa che Britten riversò nella poetica delle sue opere liriche, quasi sempre focalizzate sui perdenti, sugli sconfitti dalla vita, dal caso o dal Male. Una poetica che si avvalse di firme letterarie che non lasciano margini a dubbi critici: George Crabbe, Michelangelo Buonarroti, Wystan Hugh Auden, Herman Melville, Henry James, Thomas Mann, Wilfred Edward Salter Owen, Arthur Rimbaud accompagnano con le loro parole uno dei suoni più limpidi del Novecento.