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Il mio corpo nel tempo. Lüthi, Ontani, Opalka. Catalogo della mostra (Verona, 13 ottobre 2017-28 gennaio 2018). Ediz. italiana e inglese
Sebbene il tema che lega tre artisti formalmente così diversi come Lüthi, Ontani e Opalka sia il tempo, occorre precisare che a loro non interessa mostrare il mero passare del tempo che, come ci hanno fatto vedere Giorgione e Tiziano, trasforma il giovane in vecchio. Nonostante questo piano, inevitabile laddove il corpo si fa “documento” visivo, abbia la sua attrattiva, non esaurisce tuttavia il senso del lavoro dei tre artisti che questa mostra intende proporre. È la capacità di fare attraverso l’arte un lavoro sul tempo che sfida il tempo stesso, che si eleva da esso, lo svincola dai suoi obblighi lineari, sebbene non ne nasconda il trascorrere, ad affrancarne il lavoro da quel piano meramente naturale che la testimonianza biologica suggerisce. E in questo continuo rimando tra un piano di manifesta naturalità, dove il tempo si racconta nel corpo dell’artista, e il piano simbolico della trasfigurazione artistica, risiede la forza e il fascino del lavoro di Lüthi, Ontani e Opalka. -
Daniel Spoerri. Riordinare il mondo. Ediz. italiana e inglese
"Il Quadro-trappola rappresenta per me il momento in cui ho trovato la mia vera strada, in cui, per così dire, ho preso in mano il filo di Arianna, che non mi portò fuori dal labirinto, ma almeno mi diede qualcosa cui potermi aggrappare, nel mio procedere a tentoni"""". (Daniel Spoerri)" -
Ettore Panighi
"Ettore Panighi, rimasto sostanzialmente appartato nella sua terra romagnola e anzi in un ambito fondamentalmente ravennate, nonostante le numerose partecipazioni a manifestazioni artistiche nazionali, si stenterebbe a comprendere le ragioni di una scelta che poi è stata anche di altri della sua generazione. La comune scuola cotignolese di Varoli, singolare figura di artista poliedrico, diplomato in contrabbasso, ceramista, pittore, intagliatore, con un'esperienza romana e la partecipazione a rassegne internazionali come il Salone degli Indipendenti di Parigi (ma con maschere in ferro battuto) offre già un'indicazione precisa. Panighi apparteneva ad una generazione che in un'Italia appena uscita dalla guerra s'era trovata a scegliere, dopo una quasi generale infatuazione per il neocubismo picassiano, tra un realismo di irregimentazione guttusiana e le diverse vie dell'arte europea aperte dalle avanguardie storiche. La rimozione di quanto si riteneva espressione del ventennio, facendo letteralmente, come si dice, d'ogni erba un fascio, non fu comunque così generalizzata, soprattutto nella provincia meno in contatto con centri guida quali Roma, Milano, Venezia, Torino.""""" -
Corpo movimento struttura. Il gioiello contemporaneo e la sua costruzione. Ediz. italiana e inglese
"Il gioiello contemporaneo è un mondo fatto di equilibrio tra pesi e misure, conoscenza dei materiali, ma anche di sapienza tecnica e artigianale. È un ambito della gioielleria dove la visione progettuale vale più dei carati o dei metalli preziosi e l’unicità risiede nella forma di un’idea, ma sempre a patto di non sacrificare l’indossabilità delle opere. I gioielli, infatti, abitano il nostro corpo, vivendo sulla sua superficie irregolare e in costante movimento. Lo fanno grazie alla loro struttura, esattamente come accade all’architettura, animata a sua volta dal dinamismo delle persone. Gioiello e architettura divengono così gli estremi di un dialogo che ha come punti di incontro quello del corpo in movimento e quello della struttura.""""" -
Incontri. Dialettica musiva. Catalogo della mostra (Venezia, 2017). Ediz. illustrata
"L'antica distinzione fra arti pure e arti applicate non è più condivisibile negli orizzonti aperti della nostra contemporaneità. Ogni espressione artistica è, infatti, mera creazione dello spirito e dell'intelletto e, al contempo, concretizzazione reale di conoscenze tecniche. Le arti applicate assurgono, quindi, alla stessa considerazione di quelle ritenute più nobili. In quest'ottica, il linguaggio musivo evidenzia, invero, un'intrinseca regalità di contenuto e forma che lo pone ai massimi livelli della speculazione interiore. Esso ha percorso e trascorso secoli e millenni da quando apparve, in embrione, nella primigenia cultura mesopotamica. Da allora, ha contrassegnato nicchie importanti nelle maggiori civiltà del Mediterraneo, giungendo fino a noi nello splendore della luce e dei colori. Pur conservando la memoria delle sue imprescindibili origini, il mosaico si attesta, ora, come lessico di assoluta modernità, capace di esprimere e soddisfare le urgenze creative dell'artista e quelle emozionali del riguardante. Su questa linea evolve l'arte di Patrizia Dalla Valle.""""" -
La Certosa di San Cristoforo. Testimone di arte e architettura cartusiana in terra estense
"Conoscere per restituire le tracce e la storia di un complesso certosino soppresso e trasformato in cimitero ai primi del XIX secolo, comporta d’indagare i molteplici intrecci tra la Regola e l’organizzazione spaziale, tra la spiritualità e il quadro storico-politico del contesto, tra le trasformazioni funzionali e le tracce materiali a oggi leggibili. Sono questi i contenuti che sostanziano lo studio sulla certosa di Ferrara, avvalorato dai molteplici strumenti archivistici, storiografici, iconografici, diagnostici, messi puntualmente a confronto con le Consuetudines Cartusiae, l’antico testo fondativo dell’ordine di San Bruno che attraversa la liturgia e ritualità monastica, la gerarchia della comunità, l’organizzazione del lavoro dei conversi, il senso della clausura e del desertum.""""" -
Biennale Light Art Mantova 2018. Ediz. illustrata
[...] ""Le opere che abbiamo presentato nella Biennale, stabiliscono attraverso la luce un rapporto speciale con i visitatori, parlano con immediatezza sia ai bambini che agli adulti,ai conoscitori così come ai prossimi all'arte, mettendosi in comunicazione diretta col pubblico, senza mediazioni, e costruendo una serie di relazioni infinite e impensabili.Molte di queste opere ci portano ad una rilettura degli spazi architettonici in maniera del tutto nuova e diversa."""" Artisti presenti in mostra: Davide Dall'Osso, Edward Shuster & Claudia Moseley, Romano Boccadoro, Fardy Maes, Massimo Uberti, David Dimichele, Marco La Rosa, Nicola Evangelisti, Donatella Schilirò e Federica Marangoni."" -
Carlo Lauricella. Endless migration. Opere 2006-2017. Ediz. italiana e inglese
Endless Migration induce il visitatore ad una riflessione profonda e all'analisi di un quotidiano che troppe volte viviamo con distacco, quasi con indifferenza, Carlo Lauricella avvia un processo interattivo dove il visitatore è partecipe della tragedia la condivide e diventa protagonista di una rinnovata forma di accoglienza e di sostegno. Siamo fermamente convinti che è indispensabile consolidare il dialogo tra culture differenti attraverso l'arte, azione avviata da tempo dal Museo, e confermare la volontà di accogliere e condividere problematiche di grande attualità, trovando beneficio e ricchezza dai nostri fratelli più sfortunati, così come è avvenuto dagli albori dell'umanità. -
Giacomo Rizzo. Inner sculpture-Scultura interiore. Ediz. bilingue
"In un'epoca capitalista in cui l'artista è divenuto il centro dell'opera stessa, in cui svanisce la sua sapienza tecnica e si ignora quale sia la responsabilità dell'essere artista all'interno della società, l'opera di Giacomo Rizzo si presenta oggi con rara autenticità. È l'era dei cambiamenti climatici, dell'inquinamento ambientale, delle deforestazioni e Giacomo Rizzo si erge a protettore di un rapporto primitivo ed eterno con la natura. Nelle sue opere l'io dell'artista svanisce, si disperde per dare voce ad una collettività oggi diméntica dell'arcaica armonia tra l'uomo e il cosmo, tra la storia e la leggenda, che regola gli equilibri dell'universo. L'artista sceglie come soggetti per la sua ricerca quei luoghi carichi di credenze, simboli o emblemi popolari.""""" -
Renato Mambor/Anacapri-Postcards. Festival del Paesaggio Anacapri 2018. Catalogo delle mostre (Anacapri, 27 luglio-20 ottobre 2018)
Renato Mambor/Anacapri e Postcards sono le mostre allestite presso il Museo della Casa Rossa di Anacapri (27 luglio - 20 ottobre 2018), curate da Arianna Rosica e Gianluca Riccio. Renato Mambor/Anacapri è una monografica dedicata a uno dei massimi esponenti della ricerca artistica degli anni '60 e '70 che al paesaggio italiano, ai suoi simboli e alle sue trasformazioni, ha dedicato una consistente parte della propria ricerca. Accanto a una selezione di opere che dagli anni Sessanta arrivano sino ai Duemila, presenterà anche una serie di documenti d'archivio che evidenziano la centralità del paesaggio nella pittura di Mambor dagli esordi sino ai lavori degli ultimi anni. Postcards è una collettiva che raccoglie artisti di diverse generazioni - dai più storici come Fabio Mauri e Renato Mambor a quelli mid-career come Liliana Moro, Flavio Favelli, Paul Thorel - intorno al tema della cartolina, pensata come forma diffusa di rappresentazione del paesaggio e, al contempo, come strumento di relazione e dialogo tra l'uomo - con i suoi ricordi, le sue aspettative - e l'ambiente che lo circonda. La mostra sarà arricchita da un progetto appositamente realizzato da Alessandro Mendini. -
Revenge. Ediz. bilingue
"[...] Portando al MAXXI una nuova versione della sua opera-installazione """"Revenge"""", che gli spalancò nel 2007 la vetrina della Biennale di Venezia e gli consegnò quel Premio per la Giovane Arte Italiana da cui ha preso vita la nostra collezione permanente, Vascellari reinterpreta se stesso e rimarca il percorso compiuto da questa Fondazione. Abituato a suonare nelle case occupate come a inondare un museo di sculture e pentagrammi, è la testimonianza migliore di quanto il MAXXI fin dal suo avvio abbia tenuto le antenne ben direzionate sui nuovi fermenti della scena artistica nazionale, per scandagliarne e valorizzarne le voci più stimolanti e le proposte più visionarie. Ora che è protagonista riconosciuto del panorama internazionale, nel suo studio Codalunga a Vittorio Veneto aperto ad altri artisti di ogni provenienza e impronta culturale o nelle esposizioni in giro per il mondo, non smette di stupirci, di pungolarci, con la sua vocazione underground e le sue poetiche e scomode creazioni. [...]""""" -
The best is yet to come
"Il Polo Museale Regionale d'Arte Moderna e Contemporanea di Palermo ha tra i suoi obiettivi il sostegno e la diffusione dell'arte contemporanea in Sicilia. Rivolge una particolare attenzione ai giovani artisti e ai nuovi linguaggi collaborando in rete con Enti e Fondazioni pubbliche e private, per creare un sistema agile in grado di collegarsi con le più prestigiose realtà europee ed extraeuropee e consolidare le attività museali. Per tale ragione abbiamo accettato con entusiasmo di realizzare la mostra di Max Papeschi presso la sede del Rettorato dell'Università di Palermo, mostra fortemente voluta per avviare nella nostra Regione un percorso di approfondimento sulla Pop Art, attraverso le opere di un artista eclettico che descrive gli accadimenti del mondo con uno spiccato senso critico. Comunicazione, consumismo, globalizzazione sono le argomentazioni affioranti dalla sua vivace attenzione e cultura. Attacca le icone di un mondo vacuo ed effimero, privo di concretezza e di valori, denuncia una società ipocrita dissacrandola con l'uso di un elemento innocuo, quale il cartoon, attraverso il quale testimonia la ferocia del mondo.""""" -
Arpino. Ediz. illustrata
A mio padre. Ricordo di mio padre le unghie scure e ingiallite dalla frequentazione quotidiana con gli ""acidi"""": erano causate dai prodotti che si usavano nelle fabbriche di chimica che ha diretto per tanti anni, e anche dalle miscele contenute nelle bacinelle per lo sviluppo e la stampa delle sue foto. Mio padre amava Arpino, suo paese d'origine, lo amava e lo frequentava nelle vacanze e poi quotidianamente, quando da pensionato si ritirò in una bella casa nel quartiere Colle. Le sue tante foto in bianco e nero, che ha personalmente stampato e ingrandito, ritraggono quasi tutte Arpino e mia madre: i suoi soggetti preferiti. Tra il 1930 e il 1980 mio padre ha percorso le strade in salita e in discesa dei vari quartieri, un lungo itinerario fatto di """"scatti"""" legati ai suoi ricordi di bambino, del padre calzolaio, di innamorato di una ragazza del Colle, mia madre, che poi sposò e fotografò in tutte le stagioni. (Ugo La Pietra)"" -
Chi utopia mangia le mele. Catalogo della mostra (Verona, 12 ottobre-2 dicembre). Ediz. italiana e inglese
"Chi utopia mangia le mele"""" raccoglie oltre cinquanta opere di quaranta artisti internazionali indagando come l’alterazione del reale faccia emergere futuri possibili anche a partire dallo studio di ideali e immaginari passati. Le opere esposte, dagli anni Sessanta fino ai giorni nostri, non costituiscono un discorso storico o cronologico. Forti visioni, frutto di pratiche diverse, sono poste una di fianco all'altra nel tentativo di descrivere il complesso bagaglio culturale dell’uomo di domani. La collettiva è ospitata dal 12 ottobre al 2 dicembre all'Ex Dogana di Terra di Verona"""". """"Per questa mostra si tratta di far emergere il significato complesso e controverso dell’Utopia attraverso le opere. Che queste parlino a chi le guarda, a chi è disposto ad interrogarle, a chi si presta a una dinamica più complessa e circolare, secondo la la quale, come accade in filosofia, s’interroga la domanda stessa: l’opera, in questo caso, assunta già come domanda.""""" -
Disegno italiano del Novecento. Ediz. illustrata
I moltissimi capolavori selezionati, che non possono pretendere di dare una copertura filologica della quantità di esperienze dei singoli artisti e dei movimenti all'interno dei quali essi si mossero, suggeriscono tuttavia un carattere singolare dell’arte italiana del secolo passato, riconoscibile ed eccellente. L’arte italiana alla prova della modernità esibì un carattere fortemente strutturato, direi ontologicamente irrinunciabile, che nella prova del disegno si mostra con evidenza speciale, come una ricchezza aggiunta al contesto internazionale cui sempre, inevitabilmente, gli artisti italiani si riferiscono. -
Storie di cose, luoghi e persone (1961-2017). Ediz. illustrata
"Il primo libro su Gio Ponti """"L’arte si innamora dell’industria"""", 1988. Negli anni Settanta la cultura milanese era vivacizzata dall’attività di tre centri culturali sostenuti dal Partito Socialista: il Club Turati, il Circolo De Amicis e il Centro Internazionale di Brera. In quest’ultimo, gestito da Cornelio Brandini, ho realizzato e animato diverse iniziative, dalla rassegna dell’arte nel sociale al cinema d’artista con mostre soprattutto nell’attigua ex-Chiesa di San Carpoforo. Cornelio e altre persone che frequentavano il centro erano appassionati collezionisti delle opere di Gio Ponti.""""" -
Margherita Sarfatti. Più
"Santini, P. C.... Saroni, Sergio"""". Scorrendo l'indice dei nomi in moltissimi manuali e saggi d'arte contemporanea, questa è la situazione che mediamente si incontra: non c'è il nome di Margherita Sarfatti. La prima donna al mondo ad affermarsi strutturalmente nel ruolo di critica d'arte, la teorizzatrice di una linea identitaria per l'arte italiana, l'ideatrice di un movimento oggi rivalutato come il Novecento Italiano, la promotrice del contemporaneo italiano sulla scena internazionale con decine di mostre in importanti capitali europee e americane, è stata per decenni rimossa dalla memoria e dalla storiografia. Perché? Sulla sua figura ha pesato la storia personale, una lunga relazione intellettuale e poi amorosa con Benito Mussolini, la colposa imperdonabile condivisione di pagine tragiche del fascismo, che poi peraltro - lei di origini ebraiche - la costringerà all'esilio sudamericano. Responsabilità pesanti, ma che non giustificano l'acritica ed aprioristica damnatio memoriae che ha colpito la Sarfatti - e molti degli artisti da lei sostenuti - fino ad anni molto recenti. Riflessioni che sono alla base di questo pamphlet biografico: che appoggiandosi a testimonianze e a documenti spesso inediti, tenta di restituire la giusta dimensione ad una studiosa che quando giunge al fatidico incontro con l'uomo che ne segnerà i destini, ha già costruita la sua solida identità di giornalista, scrittrice, teorica e critica d'arte, animatrice - con il suo salotto - della vita culturale prima di Milano poi di Roma." -
La luce oltre il nero
"Non so se è il sole nero degli alchimisti o la luce scura degli gnostici, e in realtà non me ne curo e non lo chiedo a Puglisi, ma so che, invece, quel nero mi cattura e quasi mi acceca, come il più vivido e brillante dei colori. E per questo mi affascina, come mi affascinano gli ossimori. Questa parola a me così cara, ossimoro, è una parola italiana dal greco oksým?ron, formato da oksýs «acuto» e m?rós «stolto, folle». A me è sempre sembrata una sorta di magia: il termine che definisce l'ossimoro è esso stesso un ossimoro. Il folle acuto, lo stolto fine. La pittura di Lorenzo Puglisi è insomma, secondo me, un po' così. È fatta di contrasti, di memoria presente, di amore per l'arte, di lunghe attese e gesti veloci, di pazienza ed ostinazione. È, se mai è possibile definire un'arte visiva con termini usi alla letteratura, una pittura ossimoro. E, forse, bisogna essere un folle acuto per vederla così. Non ne scrivo più. Attendo di poter vedere il prossimo quadro di Lorenzo. Meglio un silenzio eloquente""""." -
Marco Pellizzola. Celeste. Ediz. italiana e inglese
"Quindi la mostra """"Celeste"""" che abbiamo realizzato nella Galleria d'Arte Moderna non è altro che il proseguimento di questa sua ricerca su un colore così tanto amato, il celeste, una tonalità che richiama la dimensione serena del cielo, con sculture in bronzo e materiali vari che ci ricordano il mondo animale e vegetale attraverso dipinti, sculture, installazioni, disegni, ombre e curiose carte delle costellazioni. Un'altra cosa che mi sembra importante di questa mostra è che ha circuitato, cioè non si è esaurita con la pur bella sede di Cento. Le sue opere e con lui la sua città d'origine, sono state poi l'oggetto di altre mostre, tutte in luoghi magnifici, come l'Arsenale di Amalfi, la chiesa di Saint-Jacques e il Cimitero Sud di Tournai e infine la Galleria Paolo Tonin Arte Contemporanea di Torino.""""" -
Notti d'alba
«Fuoricentro dà immediatamente l'idea di ""oltre"""", di """"altro"""", al di là della periferia e della marginalità. Fuori dal centro riconosciuto e spesso, proprio per questo, superato, in funzione di un altro centro. Ed è in corrispondenza di tale - nuovo - centro che abbiamo voluto denominare in questo modo la presente collana di poesia e scrittura poetica, in parte nel recupero di quella """"marginalità del periferico"""", esaltata da Pasolini e ormai superata dalla decentrificazione urbana contemporanea e dalla globalizzazione mondiale. Nel Fuoricentro quindi di una nuova centralità, la parola poetica di Giampiero Cassarà acquisisce una sua prorompente fisicità e specificità. Una sua struttura immaginaria e visiva che inesorabilmente trascina, volenti o nolenti, dentro le sue Notti d'Alba. Notti che non significano una notte che non vedrà mai l'alba, come impone la scrittura di Céline. Notti che invece aspirano alla rinascita, data da un viaggio profondo nella notte stessa. Quella più viva e creativa di chi ha una grande speranza e una profonda fiducia nella forza rinnovatrice dell'animo umano.»""