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Gli scacchi di Mao. Il wei-ch'i e la strategia rivoluzionaria cinese
L'autore avanza, in quest'opera, la tesi che un antichissimo gioco cinese, il we-c'hi, meglio noto con il nome go, possa costituire un modello concettuale per l'azione politico-militare di una forza storica della Cina, come il Partito Comunista di Mao Zedong. I princìpi che Boorman enuclea sono sostanzialmente quattro: il 'wei-c'hi è un gioco di lunga durata, in cui l'aspetto strategico è assolutamente prevalente sull'aspetto ""offensivista""""; la modellizzazione """"wei-c'hi"""" della guerra è quella di una """"guerra a mosaico; i concetti di """"vittoria"""" e """"sconfitta"""" subiscono un ribaltamento poiché il sacrificio di pedine e la ritirata, sono parte integrante dell'offensiva; il gioco sulla periferia della scacchiera è strategicamente cruciale."" -
Il dito e la luna. Il Dao del professor Zheng man Qing
Il Maestro Tiziano Grandi svela i segreti che il Professor Zheng Man Qing trasmise, prima della sua morte (avvenuta nel 1975), ai suoi allievi diretti per portarli al cuore della pratica del TaijinQuan, inteso come arte marziale. Partendo dalla sua conoscenza dell'anatomia e della fisiologia, il Professor Zheng esplora inoltre la relazione fra gli organi, la loro patologia ed eziologia, considerando la differente logica tra il punto di vista occidentale e quello estremo-orientale. La malattia diventa un'opportunità per allenarsi e un'occasione grazie alla quale ci è permesso di andare alla radice del nostro malessere. -
Il libro del Tuina. Teoria e pratica
Il Tuina, importante ramo della medicina cinese, è una tecnica per agire sull'energia di una persona trattando alcune parti del corpo mediante l'applicazione delle mani. Essenziale è, ovviamente, il concetto di Qi, l'energia, il cui percorso non si limita ai meridiani principali, più conosciuti, ma si espande anche nei collaterali, che si proiettano dai muscoli fino ai tessuti più interni. Ecco dunque la caratteristica specifica del Tuina: un trattamento ""superficiale"""" che permette un'influenza su tutte le parti del corpo e su tutte le funzioni, operando direttamente con il Qi."" -
Jigoro Kano o l'origine del judo
"Jigoro Kano, o l'origine del judo"""", pubblicato in America nel 1905, è frutto della collaborazione di due grandi personaggi dell'epoca eroica del judo: Katsukuma Higashi, l'esperto inviato a New York dal fondatore di questa importante branca delle arti marziali - Jigoro Kano - per diffondere la sua neonata disciplina, e Irving Hancock, studioso e praticante americano, profondo conoscitore della cultura giapponese. Questo è il primo testo mai apparso sull'arte del judo, con un ricco corredo di immagini che illustrano il celebre metodo di combattimento praticato all'inizio del XX secolo, cioè meno di vent'anni dopo la sua creazione da parte del geniale Jigoro Kano e molto prima che si trasformasse in disciplina sportiva." -
Giappone perduto. Viaggio di un italiano nell'ultimo Giappone feudale
Un viaggio indimenticabile e le sue memorie, uno scorcio su una civiltà perduta: questo testo ci parla del viaggio di Giglioli, naturalista e sostenitore delle teorie darwiniane, nell'estremo Oriente e in Giappone in particolare. Un Giappone nel 1870 ancora fortemente feudale, quello di cui l'autore esplora con intelligenza costumi, tradizioni e modi di pensare, con l'occhio dell'occidentale ""evoluto""""."" -
Del dovere dei guerrieri
In quest'opera Saikaku esamina il dovere austero, talvolta assurdo - crudele sempre - che regge la vita dei guerrieri e decide della loro fine. In questi racconti il lettore potrà vedere perché un uomo manda deliberatamente suo figlio alla morte, perché un altro adotta con entusiasmo l'assassino del proprio, mentre duelli e vendette, suicidi e massacri si susseguono in nome del ""giri"""", l'implacabile dovere dell'onore che, ancor più dell'arte della spada, costituisce l'anima del guerriero."" -
Ju Jitsu metodo Bianchi. Settori e concatenamenti dalla cintura bianca alla nera
Il Ju Jitsu viene definito dai praticanti di arti marziali giapponesi come la ""madre"""" di tutte le pratiche a mano libera, vale a dire senza armi. Affonda le sue radici nel medioevo dei samurai, e la sua origine, come si conviene a un'arte marziale così antica, è quasi mitica. Il Metodo Bianchi (che fa riferimento al Maestro Gino Bianchi - di cui Luni ha pubblicato l'introvabile """"La dolce arte del Samuray""""), che il Maestro Giancarlo Bagnulo presenta in questo importante ed esauriente manuale, è in sostanza il """"vero"""" Ju Jitsu italiano, arrivato dal Giappone appena terminata la Seconda Guerra mondiale. Il Maestro Bagnulo ha codificato al meglio le tecniche che in origine erano già state definite dallo stesso Bianchi e in seguito dal Maestro Rinaldo Orlandi, nella nuova prospettiva di un Ju Jitsu sempre collegato al metodo del fondatore ma con una visione più attuale e più strutturata, con una commistione tra un """"settore"""" e l'altro. Il mantenimento dei famosi """"settori"""" inventato dal Maestro Bianchi vuole essere un segnale e il vero anello di congiungimento tra il """"passato"""" e il moderno, e trova nel Maestro Bagnulo l'esponente più rappresentativo (anche data la sua estesissima biografia marziale). Questo è un manuale che entrerà nelle dinamiche degli esami di tutti i praticanti di Ju Jitsu italiani, siano essi di una o dell'altra federazione, così da portare avanti, insieme al già citato libro di Gino Bianchi, una idea """"globale"""" di Ju Jitsu, visto sia come metodo di difesa personale sia come sistema di apprendimento graduale di una tecnica che può, o dovrebbe, riuscire a salvare la vita di colui che si dovesse trovare nella condizione di metterla in atto (sempre tenendo presente che la miglior difesa è... la fuga!)."" -
Il viandante di mezzanotte
"Il Viandante di Mezzanotte"""" è un poema epico, una parabola sulla solitudine e sulla violenza del potere, sul significato profondo del senso di libertà; fu, per diversi aspetti e svariate chiavi di lettura, anche libro profetico, anticipando, attraverso le sue tensioni letterarie, l'invasione russa dell'Afghanistan e l'avvento della dittatura." -
Scritti giornalistici. Vol. 3: Facciamo storia, non moralismo 1989-1996.
«Gli scritti che contribuiscono a definire il carattere e il campo di interessi dello storico» – RobinsonrnÈ ormai nota l'influenza che Renzo De Felice ha avuto nella storiografia sul Novecento. Lo storico romano ha innovato profondamente l'approccio allo studio del fascismo, passando da una lettura moralistica, manichea e demonizzante a una lettura problematica e complessa, basata, per la prima volta, sull'accurata analisi dei documenti dello Stato, dei carteggi dei protagonisti, della documentazione più varia al fine di realizzare una storia - mai definitiva - dell'Italia nel periodo fascista. Assai meno nota è invece l'influenza che De Felice ha avuto tra i non addetti ai lavori, presso cioè quella più vasta opinione pubblica che, tra gli anni Sessanta e Novanta, leggeva ancora i giornali. In quei quasi quattro decenni De Felice ha scritto oltre 280 articoli per quotidiani, per settimanali o ha rilasciato interviste, affrontando alcuni problemi storiografici fondamentali: il consenso al fascismo, l'antisemitismo, il rapporto tra fascismo e intellettuali, la Grande Guerra, la difesa dello Stato di diritto, la libertà di ricerca, il terrorismo, la crisi dello Stato, solo per ricordare i temi più significativi. In questi articoli, che si ripropongono per la prima volta a vent'anni dalla sua scomparsa, emergono l'interesse e la curiosità dello storico verso la realtà contemporanea e il presente; nello stesso tempo, De Felice anche negli scritti giornalistici non rinunciò a descrivere in termini complessi la storia e non esitò a esercitare la critica contro i conformismi e contro le ""vulgate"""", in nome di una libertà di pensiero che non ha mai conosciuto, in lui, condizionamenti di carattere Politico."" -
I Promessi sposi del chiarissimo Alessandro Manzoni ridotti in tre commedie
Il testo di Nasi si intitola esattamente ""I promessi sposi del chiarissimo Alessandro Manzoni"""", ed è presente in meno di 10 copie al mondo, una rarità incredibile per un libro di 200 anni fa. Fino a oggi nessuno aveva mai visto l’opera, sepolta nelle 3 o quattro biblioteche e sconosciuta allo stesso Centro Nazionale Studi Manzoniani di Milano. La prima rappresentazione teatrale dei Promessi sposi risale al 1832, e questa pubblicazione ridata tutta la bibliografia mondiale legata al nostro più grande romanziere degli ultimi due secoli. L’opera vede la luce con l’Introduzione del prof. Angelo Stella, che della Centro Nazionale Studi Manzoniani è il Presidente. Il testo viene riproposto nella sua integrità filologica, diviso nelle """"tre commedie"""" suddivise a loro volta in atti. Naturalmente il confronto con il padre del romanzo italiano Manzoni non regge, ma è un libro con una gradevolezza di lettura, delle trovate linguistiche che lasciano sorpresi e in alcuni punti è davvero così simile all’originale del Manzoni da lasciare sorpresi. È un libro che cambia tutta la visione che abbiamo dei Promessi sposi, almeno quello che sappiamo fino a oggi."" -
Shin jin mei
Lo Shin Jin Mei qui commentato da Deshimaru è una delle opere fondamentali dello Zen, e la tradizione lo attribuisce a Sosan, in cinese Seng ts'an (Gemma del Sangha) ovvero Sengcan, il maestro che nel 551 incontrò il secondo patriarca Eka (o Huike), che lo designò come suo successore e gli ordinò non di andare a insegnare, ma di restare in meditazione sulle montagne. Morì nel 607, dopo più di vent'anni di eremitaggio e di vita errante. Gli studi più recenti sono propensi a considerare lo Shin Jin Mei come una compilazione di massime Ch'an della Scuola del Nord fondata da Doshin (Daoxin), il successore di Sosan. Alcuni studiosi ritengono, anzi, che Doshin sia il vero autore del testo. Le ricerche storiche e le loro conclusioni, per quanto indispensabili, sono però estranee alla bellezza e alla profondità dei versi. Come sempre, solo il commento di un maestro autentico può spiegare il senso di un testo antico e i suoi passaggi più oscuri. Non è con la ricerca intellettuale o filologica o con l'erudizione che si può comprendere quest'opera, ma attraverso la pratica della meditazione e le spiegazioni di una persona che l'ha praticata assiduamente, come Taisen Deshimaru. Il suo commento diventa parte integrante del testo originale e fa di questo libro una delle opere più profonde e illuminanti mai scritte sull'essenza non solo dello Zen, ma del buddhismo in sé. E poiché si tratta di una comprensione che avviene con tutto l'essere, si esprime anche nella bellezza delle calligrafie e dei dipinti con cui Deshimaru stesso ha voluto integrare il testo. -
Il codice dell'apprendista samurai
Questo Codice, o potremmo dire manuale per i samurai, di Daidoji Yuzan, ha una particolarità rispetto a tutti gli altri codici del Budo: si rivolge ai giovani che hanno appena iniziato la carriera militare, ancora inesperti, costretti a confrontarsi con le regole della gerarchia e con i compagni d'arme più anziani. L'autore, che aveva novantadue anni quando scrisse il testo, parla soprattutto a loro, passando in rassegna tutti gli aspetti della vita in cui un samurai deve essere all'altezza del suo compito e del suo nome, dando consigli per ogni situazione. Dall'alto della sua esperienza e della sua età avanzata, l'autore possiede una visione lucida e disincantata della classe militare a cui lui stesso appartiene. Dalle sue parole traspare, in molti passaggi, la descrizione di una società che non sempre corrispondeva a quell'immagine ideale prescritta dalla Via dei guerrieri. Il ""Codice dell'apprendista samurai"""" vuole essere perciò una guida ma anche una critica, tanto più necessaria in un'epoca di cambiamenti sociali come quella in cui fu pubblicato il libro. Nell'era Tokugawa la classe dei samurai dovette adattarsi a ridefinire il proprio ruolo in un paese ormai completamente pacificato, dove le guerre non erano nulla più che un ricordo e i militari dovevano esprimere i loro valori, la loro ragion d'essere, in modi completamente nuovi; per questo motivo è diventato un testo che ha avuto sempre molti lettori, proprio perché dava più di una risposta all'ambiguità del ruolo dei guerrieri in quel nuovo contesto sociale. Ancora oggi la concretezza e la chiarezza dei suoi contenuti rendono applicabili e urgenti le sue riflessioni anche per i lettori moderni perché il passare dei secoli non ha cancellato l'attualità di questo libro."" -
Nel Giappone dell'Ottocento
Nel 1893 Giovanni de Riseis, giovane e brillante rampollo di nobile famiglia e appassionato viaggiatore, visita il Giappone da poco uscito dal periodo turbolento che ha preceduto e accompagnato la fine dello shogunato e la restaurazione Meiji. Il Giappone radicalmente cambiato nella sua struttura politica e sociale: il potere effettivo era tornato nella mani dell'Imperatore e si era dato inizio a una profonda ristrutturazione di tutte le istituzioni civili e militari, ispirandosi ai modelli degli stati moderni occidentali. Il giovane viaggiatore De Riseis, come tutti i suoi contemporanei figlio del positivismo ed entusiasta sostenitore del progresso e della modernità, rimase affascinato dal nuovo Impero del Sol Levante ammirando soprattutto il coraggio e la determinazione con cui l'Imperatore aveva guidato il popolo giapponese attraverso questo radicale cambiamento abbracciando il profondo rinnovamento della società. De Riseis, da viaggiatore romantico, curioso degli usi e dei costumi dei popoli del mondo, non manca di approfondire e apprezzare tutto ciò che rivela le profonde radici della raffinata cultura tradizionale giapponese e ne svela il profondo legame con la natura e con i paesaggi mozzafiato che descrive con penna sicura ed esperta. -
Storia del Mogol. Usi e costumi dell'India
Nicolò Manucci (Venezia, circa 1638, presumibilmente morto a Chennai nel 1717), è stato uno dei più grandi viaggiatori italiani. Giovanissimo iniziò le sue peregrinazioni (intorno ai quattordici anni) e a diciassette arrivò a Delhi. Le sue frequentazioni del territorio indiano sono diventate leggendarie: entrò in contatto con i più importanti uomini di quel paese e scrisse questa straordinaria ""Storia del Gran Mogol"""". Egli si trovò in India in una situazione particolarmente favorevole per conoscere e narrare la storia politica e sociale, le usanze caratteristiche e le misteriose pratiche religiose di quel popolo, in uno dei periodi più tormentati e sanguinosi che segnarono la fine del regno di Shah Jahan e portarono sul trono il sesto sultano mongolo, il feroce Aurangzeb, detto """"il conquistatore del mondo"""". Nella sua """"storia"""" Manucci racconta del suo lungo viaggio per arrivare in India (ora, si pensi a cosa deve essere stato per un giovanissimo ragazzo di Venezia, città seppur marinara e con secolari tradizioni di viaggi in Oriente, in una età così giovane, entrare in contatto con un mondo durissimo come quello del viaggio e in seguito con una civiltà totalmente diversa e lontana dalla sua), con episodi di incredibile vividezza. La seconda parte comprende l'esposizione degli avvenimenti che si verificarono sotto il regno di Aurangzeb dal 1658 al 1670; in essa sono intercalate abbondantissime notizie e descrizioni relative ai viaggi del nostro veneziano e alle numerose avventure occorsegli nello stesso periodo di tempo. La terza parte tratta della corte del Mogol, rivelandoci la vita intima della corte stessa, gli usi dell'harem, le abitudini delle regine e delle concubine con anche la descrizione di animali per quei tempi addirittura fantastici per un occidentale. Nella quarta parte la narrazione degli avvenimenti del """"Mogol"""" continua, ma ci sono frequenti disquisizioni sulle missioni dei gesuiti. Infine l'ultima parte protrae la narrazione fino al 1707 con continui rimandi al passato. La storia del Mogol è un meraviglioso documento storico, uno spaccato incredibile della vita sia del Manucci sia della corte che frequentò. Dell'intera opera sono state scelte le parti di maggiore interesse, in modo da presentare un quadro quanto più possibile ampio, espressivo e omogeneo dell'India del 1600 e degli avvenimenti che l'autore ha potuto raccogliere o ai quali ha partecipato."" -
Il cammino verso il centro
In questo volume traspare con immediatezza la facilità con cui Nicola Dell'Aquila percorre i sentieri dell'opera di René Guénon, tanto da iscriverlo nel novero dei profondi conoscitori del lascito del grande studioso francese. Il coinvolgimento del lettore avviene immediatamente, perché il tipo di viaggio descritto dall'autore non è consueto: fin dall'inizio si viene rapiti da un racconto presentato a tratti quasi romanzati per attenuare l'impatto con la profondità delle riflessioni. Lo sguardo verso la realtà per cercare di cogliere la sacralità dell'esistenza viene diretto prima verso le manifestazioni folkloristiche e le festività popolari poi, come in una graduale ascesa per la ricerca di se stessi, procede con la disamina profonda di alcuni aspetti, anche cultuali, della tradizione cristiana: il santo Natale, la Pasqua e il ricordo dei defunti esprimono la certezza di una verità rimasta impantanata tra le illusioni ideologiche del pensiero moderno. Per questo motivo diviene incontestabile il riconoscimento della conformità alla tradizione primordiale, del patrimonio simbolico e dottrinale della cristianità e al tempo stesso il confronto con altre tradizioni spirituali come il taoismo, l'islamismo e l'induismo, e la certezza della loro concordanza verso un unico centro. Il transito dalla ragione all'intuizione, già evidente sin dall'inizio della terza parte del libro, prepara a una tipologia di conoscenza non più mediata e discorsiva bensì diretta e integrale. E se l'impatto con capitoli quali «La pace» e il «Il silenzio» è forte, l'«inutilità dell'ottenimento» di cui si parla nell'ultimo capitolo può scuotere, ma è solo l'effetto di ritrovarsi trasformati nel dominio della scienza dei princìpi universali, ossia la scienza iniziatica o metafisica. -
La struttura morale dell'universo dantesco
Questo volume raccoglie quanto dell'opera dantesca di Luigi Valli era ancora inedito o pubblicato su riviste, vi sono contenute le sue conferenze e i commenti a quattordici canti di Dante e le note integrative alla sua scoperta del segreto della Croce e dell'Aquila nella Divina Commedia. L'opera dantesca di Valli si estende dal 1904 fino al 1930; seguendo tale criterio il volume è diviso in due parti: la prima comprende i suoi scritti fino al 1922, quando egli scoprì le simmetrie della Croce e dell'Aquila; la seconda, che arriva fino al 1930, porta notevoli e nuovi integrazioni ai suoi volumi di esegesi dantesca. L'Appendice contiene due brevi scritti inediti trovati fra le sue carte che vengono pubblicati per la loro importanza. Con questo testo si vuole dare una visione d'insieme delle materie trattate dal grande studioso il quale dedicò la vita all'interpretazione degli scritti di Dante. Instancabile studioso e ricercatore, Valli traspare nella sua totalità di esperto assoluto delle allegorie dantesche proprio dagli scritti brevi e dalle fulminanti intuizioni. Di lampante e straordinaria profondità sono i capitoli dedicati proprio alla struttura morale dell'universo dantesco, della morte mistica nella Divina Commedia, sul ""supercattolicesimo di Dante"""" e il parallelo tra """"Ulisse e la tragedia intellettuale di Dante""""."" -
L' insegnamento del Buddha
Questo libro espone con chiarezza e rigore i fondamenti della dottrina buddhista sulla base degli antichi testi riconosciuti da tutte le tradizioni, ed esalta l'aspetto umanistico, scientifico del Dharma autentico. L'autore scrisse testo espressamente per i lettori occidentali per aiutare la comprensione senza mediazione di traduzioni e ""terze mani""""; vi sono presentati in modo semplice e rigoroso gli aspetti essenziali della dottrina buddhista (il Dharma) comuni a tutte le tradizioni: theravada, zen, tibetana... Tutte le persone interessate a questo millenario insegnamento orientale potranno trovarvi suggerimenti e motivazioni per una esistenza serena e responsabile, ispirata alla saggezza e all'altruismo."" -
Tempo di muri. Un mondo diviso: da Berlino a Trump
Negli ultimi quindici anni, numerosi governi, occidentali e non, hanno scelto di erigere muri (presidiati) ai propri confini. Lungi dall'essere un fenomeno concluso, come si era illusoriamente creduto all'indomani del 1989, queste barriere striano la terra per un numero di chilometri che eguaglia oramai la metà della sua circonferenza. Ma come sono nati i muri, quali le leggi - se vi sono - che ne hanno consentito la costruzione? Per comprendere la genesi dei muri da un originale punto di vista, si è fatto ricorso agli atti del Congresso degli Stati Uniti - e non solo - a partire dal 1973, gettando nuova luce su antiche e recenti vicende: progetti di legge ed emendamenti che contribuiscono all'arricchimento della ricostruzione filologica. Un materiale così ampio ed eterogeneo funge anche da spia degli impegni finanziari che legano Washington al resto del mondo, dimostrando così l'interesse economico e politico nei confronti di aree geografiche storicamente divise. Gli Stati Uniti, confermando il loro credo nel ""manifest destiny"""", mantengono uno sguardo aperto, anche se non sempre lucido, in varie zone del pianeta. I quattro casi, oltre a quello del muro al confine con il Messico, sono emblematici: Cipro, dove nuovi giacimenti di gas nella parte meridionale dell'isola attirano grandi investimenti israeliani; Belfast, il cui labile confine rischia di tornare agli antichi conflitti a causa della Brexit e quello della West Bank, che ha creato una violenta disputa giuridica tra Washington e la Corte Internazionale di Giustizia. Conflitti apparentemente sopiti, ma tuttora vivissimi e lontani da stabili soluzioni politiche. L'emblema della guerra fredda non poteva mancare, Berlino è - e resta - un caso paradigmatico di vecchie, ma al tempo stesso recenti divisioni tutte da riscoprire."" -
Manuale pratico della fabbricazione della carta
La carta: un bene la cui presenza nella nostra vita e nella nostra storia è così importante che non ne abbiamo più una chiara consapevolezza. Ci sfugge, così come avviene sovente per tutto ciò che è così tanto grande e fondamentale nel nostro quotidiano. Il mondo intero ne è debitore a Cai Lun (Ts'ai Lun) che nella Cina della dinastia Han nel 105 d.C. presentava all'imperatore He Di un memoriale per illustrare il nuovo ritrovato. La novità fu così apprezzata che subito il suo uso si diffuse in tutta la Cina e in tutto l'Oriente. Nel 610, auspice l'imperatrice Suiko, fu introdotta anche in Giappone. Il fabbricare la carta divenne presto anche in Giappone, come già in Cina e in Corea, un'arte molto raffinata e molto specializzata e molti erano gli artigiani, intere famiglie, che vi si dedicavano. Ma non era un'attività facile e richiedeva molta professionalità e competenza. Dall'esigenza di formare e informare i fabbricanti di carta nacque questo ""Manuale pratico della fabbricazione della carta"""", ideato dal cartaio Jibei Kunihigashi e stampato dai tipografi Onogi Ichibei e Umibeja Kwanbei nel 1798. Fornisce istruzioni pratiche su ogni aspetto, dalla coltivazione degli alberi adatti fino al trasporto e alla commercializzazione delle risme, passando da ogni fase della lavorazione. È illustrato da graziose incisioni di Tokei Yasuichuan che mostrano ogni dettaglio dei diversi momenti e sono spesso accompagnate da divertenti didascalie dielogico-narrative. Soprattutto traspare da questo piccolo trattato settecentesco una straordinaria devozione dell'autore nei confronti della carta, chiamata a compiere la nobilissima funzione di veicolo della civiltà. Proprio in considerazione della valenza della carta come supporto della memoria scritta di tutte le culture, nella collana Biblioteca ICOO si è voluto riproporre questo antico manualetto, quale omaggio alla carta e alla sua ineguagliata diffusione mondiale e interculturale."" -
Viaggio in Amazzonia
Solo. Abbandonato. Senza neppure un tapiro con cui sfamarsi. Partito dall'Europa nella convinzione di portare a termine un giro del mondo che avrebbe dato lustro alle scienze naturali, l'esploratore Gaetano Osculati si ritrova faccia a faccia con la morte nel fitto dell'Amazzonia. Le sue guide indigene sono fuggite. Le acque dei fiumi stanno montando. Potrebbe esserne travolto da un momento all'altro, oppure venir sbranato da qualche giaguaro di passaggio. Ma Gaetano è un brianzolo cocciuto, che pensa di poter discendere il Rio Napo e il Rio delle Amazzoni appellandosi all'infallibile credo del ""ghe pensi mi"""". Fra tribù cacciatrici di teste, piante allucinogene e insetti famelici, la vita nella foresta gli impartirà una pesante lezione. Basate su fatti realmente accaduti, le memorie di Gaetano Osculati sono una testimonianza di come gli Europei dell'Ottocento affrontassero l'ignoto in un misto di tracotanza positivistica e fanciullesco stupore, convinti di essere l'avanguardia dell'umanità, salvo poi dover strisciare in mutandoni al focolare dei """"selvaggi"""". Sullo sfondo, la travagliata storia dei Paesi sudamericani appena usciti dal dominio coloniale, ma già preda dello sfruttamento del mercato globale e dei suoi rimorsi ecologici.""