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Il canto e la grazia. L'universo delle cantate di Bach
Stando al necrologio pubblicato dopo la morte di Johann Sebastian Bach, il musicista avrebbe realizzato cinque cicli completi di Cantate sacre. Quelle che noi conosciamo fanno parte di tre cicli non del tutto completi, mentre un quarto ciclo è ridotto a pochi titoli e del quinto non c'è più nulla. Nonostante le gravi perdite, le Cantate bachiane costituiscono un corpus di musiche di eccezionale qualità artistica, oltre che la testimonianza di una spiritualità altissima, secondo la quale “dove c'è della musica devota, Dio è sempre presente con la sua Grazia” (Bach). Ciò che colpisce di questo repertorio è la varietà dell'ispirazione, la complessità della scrittura, la ricchezza della strumentazione, la traduzione musicale della parola sacra attraverso un percorso retorico di inedita valenza, valori posti al servizio di creazioni che avevano lo scopo di commentare attraverso la musica i testi di ispirazione religiosa utilizzati, fornendo nel contempo un percorso esegetico ed etico impareggiabile. Questo libro vuole fornire ad un lettore interessato alla musica - anche se non competente o storicamente agguerrito - una lettura di tutte le Cantate sacre giunte fino a noi disposte in ordine cronologico, fornendo tutti i dati necessari per inquadrare ogni composizione nel suo contesto religioso, formale, stilistico, linguistico e retorico, inserendo un'ampia Appendice dedicata alle Cantate profane, anch'esse disposte in ordine cronologico e selezionate allo scopo di fornire una gamma esauriente di tipologie, di stilemi, di soluzioni espressive. -
Il flauto di Mozart. Trattato su tutte le opere per flauto di Wolfgang Amadeus Mozart
Wolfgang Amadeus Mozart in una lettera del 14 Febbraio 1778, indirizzata al padre, riferendosi al flauto, scrive “divento abbastanza impotente quando sono obbligato a scrivere per uno strumento che detesto”. Questa frase, spesso ripetuta senza contestualizzarla nel particolare momento in cui fu dettata, è divenuta come una sorta di sentenza senza appello sulla considerazione di Mozart nei confronti dello strumento. Tuttavia la silloge delle opere scritte per flauto contiene capolavori e soluzioni geniali così come funzionale ed efficace, anche da un punto di vista tecnico, appare il vasto utilizzo dello strumento nelle compagini orchestrali mozartiane. Nel presente lavoro ho raccolto una serie d'informazioni, che potranno riuscire utili sia ai flautisti i quali si avvicineranno per la prima volta a Mozart sia a quelli maggiormente esperti. Dall'ipotizzata insofferenza per il flauto alla genesi delle composizioni conosciute e quelle andate perdute. Dall'apporto di Brahms alla prima realizzazione del Concerto in Re Maggiore K314, all'intenso rapporto che Mozart ebbe con il flautista Johann Baptist Wendling. Dagli aspetti concernenti gli abbellimenti, alle Cadenze per i concerti, alle esecuzioni e incisioni storiche di riferimento. La musica di Mozart ha necessità d'essere affrontata avendo la consapevolezza che la capacità di restituirla nel miglior modo possibile muterà in relazione alle nostre acquisizioni culturali. Considerando comunque che qualcosa, della profondità e del magico gioco di proporzioni, continuerà sempre ad affascinarci. -
Recitar suonando. La didattica pianistica del Duemila
Nel corso dell'Ottocento piovvero sul mercato centinaia di metodi per lo studio del pianoforte. Metodi che venivano banalmente intitolati Metodo. Charles Hanon, nato nel 1819, da piccolo genio della psicopubblicistica ebbe invece l'idea di intitolare il suo metodo “Il Pianista virtuoso”. Il messaggio subliminale era che con i metodi si diventava pianisti e che con Hanon si diventava virtuosi. E così i metodi dell'Ottocento, anche i più reputati come quelli di Clementi, di Hummel, di Czerny, di Lebert e Stark fanno oggi parte della storia, mentre il Pianista virtuoso è ancora ben radicato nell'attualità e i suoi esercizi vengono martellati da legioni di principianti e di professionisti. I metodi sono trattati di tecnica pura, cioè della morfologia e della sintassi che in passato precedevano e condizionavano lo studio delle lingue straniere. Oggi l'apprendimento delle lingue non inizia più con la morfologia e la sintassi ma con la conversazione, come avviene del resto nell'apprendimento della lingua materna, e la morfologia e la sintassi sono riservate a un momento successivo dello studio. La tecnica pura continua invece a precedere o per lo meno ad accompagnare cocciutamente l'apprendimento della musica. E questo è un segno della mancata evoluzione della didattica, un segno che non è il solo ma sicuramente uno dei motivi della progressiva rarefazione dei dilettanti che la musica dovrebbero studiarla da dilettanti. In una didattica del pianoforte che volesse scrollarsi di dosso un po' della polvere che la ricopre e che la soffoca il Pianista virtuoso di Hanon non sarebbe in realtà del tutto inutile ma costituirebbe un punto di arrivo, un testo di perfezionamento, non di base. E lo stesso sarebbe per il legato, per le posizione della mano, per l'andare a tempo, ecc. ecc. ecc. “Recitar suonando” propone un approccio allo strumento basato su questo principio. Non è però un metodo di diverso conio. È una raccolta di materiali che, sgombrato il campo dalle credenze e dalle superstizioni, invita i catecumeni a creare per loro uso, cercando e sperimentando, un metodo personalizzato, un cammino che permetta loro di raggiungere i risultati alla loro portata e di godere della musica senza farsi martirizzare dalla tecnica pura (e dal solfeggio parlato) sul cui altare la didattica tradizionale brucia ancora incensi e profumi. -
E fia ver?... Improbabili logiche in libretti d’opera
E perché? Perché, sostiene l’autore, nella lirica a suscitare emozioni e sentimenti conta soltanto il fascino incommensurabile e sovrastante della buona musica... Esplicitamente paradossale, questo libro indica con bonaria ironìa una serie di scarse o del tutto assenti carenze di logica individuabile — in termini di tempi, o spazio, o situazioni — nei testi di parecchi libretti di opere liriche tra le più note sulle quali hanno composto musica autori che vanno da Mozart a Verdi, da Puccini a Wagner, da Mascagni a Leoncavallo a Cilea. Un esempio per tutti? Nel Don Giovanni del grande salisburghese nel giro di poche ore risulta per l’assassinato commendatore già realizzata una statua con relativa iscrizione mortuaria... Ciò non toglie che il libro poi si concluda con una appassionata dichiarazione d’amore per le opere liriche che pure di incongruenze del genere ne ospitano in abbondanza. -
La misteriosa dedicataria. Il mistero del Concerto in Mi bemolle maggiore K 271 di Mozart
Le circostanze che hanno portato alla composizione del Concerto per pianoforte in Mi bemolle maggiore K 271 di Mozart sono avvolte nel mistero. L'identità della dedicataria è discussa, come lo è il suo nome, che non è identico neanche nelle lettere dei Mozart (padre e figlio). L'autore sposa la tesi che lei sia stata una valente strumentista del fortepiano, negli anni in cui questo strumento si stava affermando. La dedica rappresenta l'occasione per fantasticare, fra realtà e immaginazione, storia e fantasia, l'incontro con lei a Salisburgo del ventenne Musicista, la creazione di un'opera eccezionale come il Concerto e l'innamoramento del Musicista, non ricambiato dalla ragazza. L'autore “fantastica” addirittura che questo rifiuto sia stato alla base della creazione del mirabile Andantino. Dopo il racconto del loro rincontro a Parigi l'anno successivo e delle sfortunate vicissitudini del Musicista in questa città, la narrazione si snoda con l'incredibile sorpresa che la sconvolge da vecchia, non ritrovando a Vienna la tomba del Musicista, e con l'incontro, che l'autore immagina avvenga fra lei e la più nota dedicataria di una Sonata di Beethoven. Le due donne sono accomunate, con il loro “povero nome” a quello imperituro dei due grandi compositori. I dolci ricordi della giovinezza, della frequentazione con il Musicista, dell'amore inattuato e perduto si alternano nell'ultimo scorcio della sua vita londinese a rimpianti e dubbi, interrogativi e riflessioni, gioie e delusioni. Ma lei non smetterà mai di amare il suo strumento e l'opera che le era stata dedicata. Il lettore è portato a riflettere e meditare sul sentimento della memoria, su quello che nella propria vita si è o non si è fatto, si è voluto o non si è voluto fare ed è coinvolto in un crescendo di attesa e di curiosità della conclusione, che giunge quasi ineludibile, se si pensa alla psicologia del personaggio. -
La visita. Storia di un viaggio agli estremi confini della musica
A metà del ’700 un giovane musicista tedesco, promettente organista del Duomo di Milano, riceve il misterioso invito per una convocazione da tacere a tutti, rivoltagli in gran segreto da un grande maestro dell’epoca. Sorpreso ed onorato attraverserà tutta l’Europa e, giunto a destinazione, conoscerà il motivo di tanta prudenza. Il grande maestro, frugando tra i sofferti rimandi della sua memoria, giungerà alla fine a rivelare un inconfessabile segreto rimasto celato dietro le note di alcuni fogli di musica ormai ingialliti. Il giovane ospite verrà così a conoscenza della genesi inquietante e tormentata di quella musica misteriosa e incompiuta, le cui radici affondano sorprendentemente nella sua stessa integerrima famiglia. Lo scontro irrisolvibile tra il sacro e il profano diventerà, alla fine, l’angoscioso turbamento che pervaderà l’animo dei due musicisti. E in ultimo il racconto porterà il giovane maestro ad approdare alla sconvolgente rivelazione finale, dopo la quale lo assillerà il dubbio: rivelare o meno al mondo il contenuto di quella confessione e il suo sconcertante segreto? -
La lirica, scusate, non è una cosa seria. Maestri, cantanti, orchestrali e tecnici all'Opera
L'opera lirica vissuta e ritratta da dietro le quinte. Un racconto inizialmente serio, poi comico, visionario, surreale dei suoi artisti, eternamente sospesi “tra estasi e inferno, tra sublime e patologia”. Attraverso una serie di bozzetti psicologici saldamente ancorati alla vivacità e alla attualità del lavoro quotidiano, l’odierno mondo della lirica affiora nella sua variopinta complessità.rnTutto sommato, una impertinente dichiarazione d’amore dell'autore, che di quel mondo è parte. -
Un ponte di musica. Itinerari dell'opera italiana in America-A bridge of music. Itineraries of Italian Opera in America. Ediz. bilingue
Testi di: Claudio Orazi, Paolo D'Achille, Barbara Faedda, Francesco Zimei, Emanuele Senici, Marco Targa, Ignazio Macchiarella. Con testimonianze di Frank Alfieri e Martin Scorsese. -
Il suono rosso
Un romanzo musicale sul filo della memoria, dove un vecchio violoncellista la cui esistenza si è spezzata nell’orchestra di Auschwitz passa il testimone a un giovane collega alla ricerca del senso perduto della musica. -
Il respiro del suono. Riflessioni sulla scrittura compositiva e la poetica musicale di Daniele Venturi. Ediz. bilingue
Cinquanta interviste a cinquanta interpreti della sua musica.I tre piani d'indagine dell'opera sono stati: il lavoro concettuale, artistico e artigianale di Daniele Venturi, la decifrazione della sua notazione musicale e il suo stretto rapporto con gli esecutori. Per far ciò si sono raccolte cinquanta interviste a cinquanta interpreti della sua musica. Tramite il confronto diretto con l'autore, ho analizzato una serie di composizioni di Venturi appartenenti a varie fasi compositive. L'indagine si è focalizzata, in particolare, sulla poetica musicale del compositore emiliano, artista particolarmente impegnato nella ricerca e nella sperimentazione musicale. Lo studio, infine, ha voluto mantenere centrale il rapporto tra la profonda spiritualità di Venturi e la sua musica, nella quale si fondono, in stretta simbiosi, misticismo, lirismo e un forte lavoro artistico e artigianale sulla materia sonora [Renzo Cresti]. -
Sessant'anni insieme, mano nella mano
"Giuseppina e Bettino come i due alberi di ovidiana memoria, lei il tiglio ormai radicato nei giardini del cielo, lui la quercia ancora aggrappata a questa terra matrigna, continuano tenacemente a intrecciare le loro fronde, avviluppati in un abbraccio che attraversa il tempo e vince la morte. Le ragioni del cuore non conoscono confini, si fanno sospiro, parola, musica, diventano poesia, respiro di un'anima""""." -
Girasole e altre storie
Piccole storie di prodigi che nascono dai sogni ribelli e dai desideri dei bambini; racconti di personaggi lunatici, a volte incongrui, di oggetti dimenticati dalla pigrizia e dall'ignavia degli adulti, che prendono vita e parola; storie scritte col tocco leggero degli acquerelli, narrate con delicatezza e titubanza. Nello stile narrativo della fiaba, Anna Rosa trova una chiave per scorrazzare in un mondo liberato dalla storia ufficiale, per una sorta di congenita inimicizia con il potere da cui si arguisce abbia per lei origine l'infelicità del mondo. Storie sommessamente autobiografiche, ma con tentacoli che si allungano su trame generazionali, scritte per dare speranza ai nuovi adolescenti, perché possano fuggire dalla città dei cattivi. Come in una fiaba, per l'appunto. -
E poi? Mangeremo bulloni! Le follie degli uomini nella gestione dell'ambiente
Scrive l'autore in apertura del suo libro: ""Un giorno, in epoca non troppo remota, mangeremo bulloni, e, anziché sangiovese, ci berremo dietro un bel bicchiere di minio. E poi? Non vi dico come andrà a finire, perché già lo potete immaginare da soli. [...]. La risposta viene dalla riflessione di un capo indiano risalente al 1850: Quando l'ultimo albero sarà stato abbattuto, l'ultimo fiore avvelenato, l'ultimo pesce pescato vi accorgerete che non si può mangiare il denaro"""". A partire di qui, Luciano Baruzzi, per una vita insegnante di geografia, affronta in un denso giro di pagine i problemi più rilevanti dell'ambientalismo contemporaneo (i terremoti, le centrali nucleari, le energie rinnovabili, lo stretto di Messina, i prodotti transgenici...) e insieme mostra la centralità delle discipline geografiche oggi colpevolmente emarginate nella formazione dei giovani e di una coscienza civica consapevole della casa planetaria dell'uomo."" -
Diario laico
Ristretto nel breve arco di tempo di un semestre, il Breviario di Sughi (laico perché, spiega lui stesso, ""contiene le considerazioni di un uomo che alla terra è fortemente ancorato e che dalla terra trasse e trae ancora la sua formazione primaria"""") alterna di riga in riga, con assoluta naturalezza, l'inglese, il tedesco, il francese, lo spagnolo, il portoghese, e persino, il latino e il greco antico, intrecciandole alla sua propria lingua italiana e al dialetto romagnolo delle sue origini contadine. """"Breviario di meditazioni"""", il libro documenta una febbrile e ininterrotta attività della mente, che si condensa spesso in massima gnomica, in sentenza definitiva, in illuminazioni assolute, consuntivi di una riflessione che ha attraversato una vita intera: """"il costante interrogarsi sulle questioni fondamentali dell'esistenza"""" sillabato in una poesia di alto rilievo."" -
Il mio angelo si chiama desiderio
Il libro è la storia di un'anima, chiusa nel dolore nel tempo dell'infanzia e dell'adolescenza, il tempo che dovrebbe essere aperto alla gioia della vita, alla scoperta del mondo e degli affetti, segnata per questo da una amara rancura per il male sofferto, e poi aperta alla forza dell'amore, ai fermenti, dopo il buio, del tempo della rinascita. Dunque, una poesia autentica, perché germinata direttamente, senza infingimenti letterari, da un'esperienza di vita tesa dallo spasimo ora della sofferenza, ora della gioia. -
L' utma zampeda
Nell'attuale variegato panorama della poesia dialettale romagnola, accanto a una corrente colta ne sopravvive un'altra popolaresca che si riallaccia alle veglie nelle case e nelle stalle dei contadini o ai raduni di piazza attorno ad artisti di grande richiamo quali potevano essere Giustiniano Villa, Massimo Bartoli, Giovanni Montalti (Bruchìn). A questo secondo filone è, almeno in parte, riconducibile la produzione di Ruffillo Budellacci, la cui vena, nel doppio versante serio e faceto, gli ha dettato un numero imponente di poesie. Fu proprio allora che sorse in lui il desiderio di coltivare quel genere giocoso tanto apprezzato dagli ascoltatori. In seguito, la frequentazione dei Trebbi della ""Piê"""" l'avrebbe indotto a cimentarsi anche nella poesia intimistica e autobiografica e a produrre testi alcuni dei quali premiati in concorsi letterari. Con questo volume, curato in collaborazione con l'amico Enrico Berti, poeta egli stesso ed esperto in dialetto e dialettalità, al quale si deve la traduzione volutamente letterale dei versi, Ruffillo intende disporre in una raccolta organica il meglio della propria."" -
Inconscio demolitore
La prima prova poetica di una nuova voce della nostra poesia, una voce intensa e coinvolgente perché nata da una sofferta esperienza di vita. Simone rappresenta senza infingimenti il dolore di una stagione ""perduta"""" della sua vita con un lessico di una particolare densità, del tutto coerente con gli orizzonti esistenziali che intende rappresentare. Passano così - solo per richiamarsi alla lirica di apertura - passi sradicati a fatica nel labirinto della vita, palpebre stremate, abissi di eterno vuoto, lacrime di sangue, volti sfregiati, l'anima impregnata di pioggia: un tessuto di fitte immagini, chiamate a rappresentare la sofferenza, il dolore e lo smarrimento di un'anima tuttavia determinata a rivelarsi nel suo sentimento di """"esiliato nell'abisso della disperazione"""". Apparirà la luce, la possibile """"attesa d'un nuovo giorno"""", quando il dolore potrà essere condiviso in una vicenda d'amore."" -
Alla ricerca delle pietre perdute. Il restauro delle lapidee del Ponte Clemente di Cesena
"Come gli altri due simboli di Cesena - la Fontana Masini e l'Abbazia del Monte - anche il Ponte affonda le sue radici in una storia antica e gloriosa e offre una magnifica testimonianza delle vicende, dei saperi e delle tecniche del passato. Ma, spesso, il suo essere monumento passa quasi in secondo piano, visto il modo egregio in cui continua svolgere, da oltre due secoli, la sua funzione di collegamento fra le due sponde del fiume Savio. E tutto questo appare davvero straordinario se solo si pensa a quanto siano cambiati i mezzi di trasporto e, soprattutto, quanto sia aumentato il traffico, specialmente in questi ultimi decenni: le migliaia di auto che oggi transitano quotidianamente sul Ponte Vecchio non potevano essere neppure immaginate quando, nel XVIII secolo, si mise mano al progetto. Ma se l'opera resiste di fronte al passare degli anni e alle mutate condizioni che l'hanno messa a dura prova, attestando così il buon lavoro svolto dai suoi artefici, noi che oggi ne siamo, al contempo, fruitori e custodi e abbiamo il dovere di garantirne la conservazione per le generazioni future, consapevoli che si tratta di un patrimonio inestimabile.""""" -
Giornate senza tempo
Il libro è espressione e confessione di una persona complessa e difficile, almeno quanto difficile e complessa è stata ed è, per molti aspetti, la sua vita. Un terreno tuttavia ideale, questo, perché vi germogli e vi cresca, come spesso accade, la pianta della poesia, o almeno della creatività, intesa come bisogno di espressione di sé, dei sentimenti, dei desideri, dei pensieri, delle solitudini e delle immaginazioni che occupano l'animo di chi è sottoposto alle prove più difficili del vivere comune. -
I canti del Rubicone
Inserito nella serie «Tamerici, I classici della poesia romagnola» e voluto dal Comune di Sogliano al Rubicone, il volume propone per intero la terza edizione dell'opera poetica di Giulio Gozi, sacerdote e poeta: un libro che l'autore stesso definiva «una specie di romanzo autobiografico o meglio spirituale», ora indugiante «in minuti particolari folclorici», ora disposto ad allargarsi «in racconti e riflessioni di più ampio respiro», e in questa disposizione capace di rievocare i sentimenti, le suggestioni e gli incanti di «tutto un piccolo mondo antico, definitivamente scomparso». Accompagnati dalla prefazione di Sandro Gozi, che legge il libro nel filtro di una personale esperienza familiare, e dall'ampia e documentatissima introduzione di Mons. Pietro Sambi, I canti del Rubicone riconsegnano alla memoria delle nostre province una delle voci più limpide, immediate e cordiali della poesia romagnola del primo Novecento.