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Artecrazia. Macchine espositive e governo dei pubblici
Nessun dubbio che l'espansione dell'arte contemporanea abbia non solo accompagnato, ma promosso e legittimato culturalmente, la globalizzazione. Nessun dubbio che i musei e le istituzioni dell'arte siano diventate palestre neoliberali (sul modello delle imprese), prive di asperità e contrasti e che, in quanto tali, abbiano rinunciato alla sperimentazione, all'imprevisto e al proprio futuro. La moltiplicazione esponenziale di mostre e biennali che sfruttano temi come l'ecologia, il genere, e ora la questione razziale, quale vetrina dell'emancipazione liberale va letta nei termini di un processo di pacificazione (anti-conflittuale) e di autoassoluzione (artwashing) che tende solo a riaffermare l'arte come sistema autocratico del capitale, funzionale alla riproduzione delle gerarchie sociali e al mantenimento dell'ordine: Artecrazia appunto. L'analisi delle sue tecniche di governo, e delle possibili sottrazioni al suo regime, sono l'oggetto di questo libro.Il libro raccoglie in quattro sezioni (Esposizioni, Pubblici, Schermi, Storie) contributi critici su Guy Debord, Harald Szeemann, Alberto Grifi, Carla Lonzi, Paolo Virno, Sanja Iveković, Franco Vaccari, Marjetica Potrč, Li Xianting e molti altri. -
Orti delle meraviglie. I giardini botanici e la diffusione planetaria delle piante
La botanica nemmeno esiste come parola, ma le piante sono fondamentali. Siamo agli albori degli orti botanici, tra Cinquecento e Seicento, quando la vita vegetale va messa al servizio della medicina. Si coltivano le piante officinali e si insegna ai futuri medici a riconoscerle, per evitare di mandare i pazienti al creatore. Nel mentre, in gran numero arrivano le piante esotiche, dal Levante, poi dalle Americhe e l'India. Ricercate per le loro virtù medicinali, ma anche per bellezza e rarità, fanno dei giardini botanici una vetrina. -
Coltivare la città. Storia sociale degli orti urbani nel XX secolo
Il libro esamina la ricchezza delle pratiche della coltivazione urbana nell’ultimo secolo, storie collettive per il nostro futuro.Dagli orti operai e famigliari coltivati nelle regioni che per prime sperimentarono gli effetti perversi dell’industrializzazione alla fine dell’Ottocento, agli orti patriottici sorti in tutte le nazioni nei periodi delle due guerre mondiali; dai community gardens, alternativi e ambientalisti, della controcultura negli anni Sessanta, alle coltivazioni pensili e alle serre verticali più recenti. L’agricoltura urbana, promossa da enti e associazioni collettive, è un tema di attualità e la sua diffusione sembra legata alla sensibilità ecologica degli ultimi anni.Coltivare la città mostra, invece, come la storia delle agricolture urbane sia ben più ampia: nei diversi periodi gli orti comunitari sono stati una risposta alle crisi economiche, un rimedio a problemi sociali e igienici, un sostegno alimentare durante le guerre o luoghi in cui ritrovare un rapporto con la terra. -
Il postanimale. La natura dopo l'Antropocene
"Noi e gli animali, un problema del presente, come ci dimosra un virus. Noi da un lato, loro dall'altro. Noi al sicuro, perché loro negli zoo. Animale non significa altro: un vivente indeterminato, diverso da noi, di cui tuttavia abbiamo bisogno per poterci differenziare da ciò che non vogliamo essere, un animale come gli altri. Perché l'uomo non vuole essere un animale tra gli altri. L'animale, finora, era sempre stato docilmente al suo posto. Se ne stava nella natura o meglio ancora nei documentari. Comunque, lontano da noi. Per questo abbiamo una sola parola per nominare l'immensità del mondo animale, milioni di specie e miliardi di esseri viventi: tutti loro sono semplicemente animali, perché noi si possa dire che siamo umani. E poi il mondo è cambiato.""""" -
«Quaderni del Territorio». Dalla città fabbrica alla città digitale. Saggi e ricerche (1976-1981)
La rivista «Quaderni del Territorio» è stata promossa negli anni Settanta da collettivi di architetti, urbanisti e ricercatori di diverse discipline operanti in molte università italiane, impegnati nelle mobilitazioni sociali di quegli anni, che hanno declinato con rigore scientifico il pensiero operaista nell'interpretazione delle trasformazioni urbane e socio-territoriali come esito del conflitto di classe. Ne è emerso un vasto e approfondito affresco dei processi di ristrutturazione capitalistica del territorio a livello sia regionale (decentramento produttivo, fabbrica diffusa, terziarizzazione delle aree centrali) sia planetario (sistemi globali di produzione, metropoli del comando e della tecno-finanza), della nuova composizione sociale del lavoro con lo sviluppo del lavoro autonomo e precario, dei grandi processi migratori nel Sud-est del mondo, delle crescenti povertà e delle nuove forme e obiettivi assunti dai conflitti, sempre più articolati al livello sociale e territoriale. Per discutere dell'eredità culturale dei «Quaderni», nel passaggio dalla «città fabbrica» alla «città digitale», all'introduzione del curatore e agli scritti di autori interni alle redazioni (Silvia Belforte, Giancarlo Capitani, Achille Flora, Pietro Laureano, Ottavio Marzocca) si sono aggiunti i contributi di autori «esterni» (Sergio Bologna, Aldo Bonomi, Giuseppe Dematteis, Claudio Greppi), testimoni importanti, con diversi approcci disciplinari, delle vicende politico-culturali di allora. -
Gli autonomi. I «padovani». Dagli anni Ottanta al G8 di Genova 2001. Vol. 9
Gli autonomi del Veneto sono generalmente conosciuti come «i padovani». Una nominazione che qui viene orgogliosamente rivendicata, a sottolineare una storia e una tradizione rivoluzionarie che si è snodata per quarant’anni tra vittorie e sconfitte, fortunati percorsi di aggregazioni di massa e forti repressioni. Un pezzo importante della storia dei conflitti sociali del nostro paese.rnrnDopo il volume V della serie Gli autonomi, dedicato all’autonomia vicentina e il volume VI, concentrato sulle vicende dei collettivi politici veneti negli anni Settanta, questo è il racconto dell’evoluzione dei movimenti autonomi del Nord-Est dagli anni Ottanta agli anni Duemila, fino agli eventi delle giornate del G8 di Genova.rnLa narrazione corale, da parte di alcuni dei protagonisti di questi decenni densi di lotte, racconta la vicenda politica di un movimento che dalla città di Padova arriva a diffondersi in Italia e in Europa, fino a intrecciarsi con il movimento zapatista del Chiapas messicano e con l’insieme delle lotte globali del nuovo millennio.rnForti di una elaborazione teorica che ha le sue radici nella tradizione dell’«operaismo italiano» e dell’Autonomia operaia, gli autonomi «padovani» hanno assunto nel decennio Novanta le denominazione di «Tute bianche» prima e di «Disobbedienti» poi, arrivando alla mobilitazione internazionale del G8 di Genova con una presenza egemone nell’attivismo italiano. -
L' individuazione psichica e collettiva
Il pensiero di Simondon opera a distanza dallo schema metafisico che riproduce ovunque coppie di opposizioni nelle quali il soggetto è ciò che sta di fronte all'oggetto, l'uomo alla natura, la natura all'artificio o alla società, la scienza alla politica, la conoscenza all'azione. Esso ci allontana dalle metafisiche della rappresentazione, dove si tratta sempre di conoscere per agire, essendo il conoscere sempre separato dall'agire. Il fatto di spostare l'accento dai principi e dai termini costituiti verso le operazioni, e verso l'individuazione come operazione, definisce contemporaneamente l'essere della conoscenza e l'essere del collettivo come attività. Non si tratta più di conoscere prima di agire, di conoscere e di agire separatamente, secondo il modello che struttura le nostre società moderne, dove la conoscenza spetta alla scienza e l'azione (intesa come gestione) spetta alle istanze di rappresentazione della «società». A voler riassumere in uno slogan le linee direttrici che orientano il pensiero di Simondon, diremmo che si tratta di farla finita con le opposizioni soggetto/oggetto, natura/artificio, individuo/società, soggettività/mondo e di prendere sul serio, almeno con la filosofia, i possibili del vivente. -
Oltre la grande bellezza. Il lavoro nel patrimonio culturale italiano
Come si lavora nel settore del patrimonio culturale dove il primo datore di lavoro è lo Stato? Quali sono le cause che hanno permesso a un comparto ad alto grado di specializzazione, e che ha beneficiato fino al 2019 di una crescita imperterrita del turismo, di divenire una fucina di sfruttamento e povertà? Perché il collasso del sistema portato dai lockdown non è stato accompagnato da una riflessione e da misure adeguate da parte delle istituzioni? Sono alcune delle domande cui risponde questo volume, nato dall'esperienza quinquennale del collettivo «Mi Riconosci? Sono un professionista dei beni culturali», oggi movimento nazionale e punto di riferimento per migliaia di lavoratrici e lavoratori del settore. Il sistema culturale italiano contemporaneo viene letto attraverso l'analisi delle condizioni di lavoro, le discriminazioni di genere e di provenienza sociale, il caos dei percorsi formativi e lo sviluppo del sistema di privatizzazioni affermatosi dagli anni Novanta, con particolare attenzione al lavoro gratuito e al ruolo delle fondazioni di partecipazione per il controllo del patrimonio culturale pubblico. Il collettivo Mi Riconosci? elabora, dunque, una proposta di riforma del sistema turistico e la creazione di un Sistema Culturale Nazionale che cambi i paradigmi di gestione dei luoghi della cultura pubblici, andando verso principi di gratuità e inclusione. -
Io sono un black bloc. Poesia e pratica della sovversione
Noi siamo il nome di un mondo senza nome. Siamo la forma di ciò che forma non ha. Siamo la plebe. Siamo la rabbia, siamo anche la vostra rabbia. Siamo ciò che distrugge la merce. Siamo quello che volete che siamo. Siamo ciò che identità non ha e, dunque, non cercatela in questo libro.rnCi avete visto correre per le strade di città assediate. Saltare a piè pari su carcasse di auto rnin fiamme. Fuggire da cacciatori di taglie privi di anima e saettare tra i detriti come piccoli ratti. Infrangere vetrine nuove di zecca e svaligiare negozi di beni di lusso. Erigere barricate rivolte al nulla, ennesimo solco di un mondo di confini. Ci avete visto lanciare sassi, oggetti e bottiglie incendiarie. Brandire spranghe e bastoni a mo’ di alabarde. Tendere nervi e muscoli in gesti improbabili. E poi, scappare, nasconderci, mimetizzarci, uscire dal niente e rientrare nell’ombra. Riottose comparse di uno spettacolo per gli occhi del mondo. Figli polemici del «popolo di Seattle». -
Environmental humanities. Vol. 1: Scienze sociali, politica, ecologia.
La crisi ambientale dichiarata da alcuni decenni interpella fortemente le scienze umane e politiche. Non solo perché sono chiamate a misurarsi con temi economici e sociali e a ripensare la sostenibilità delle forme di vita umane e il loro impatto sul pianeta, rispetto alle quali l'intenso dibattito sull'Antropocene è un esempio. Ma, soprattutto, perché il complesso del pensiero politico ha l'occasione di innovare le categorie e gli strumenti attraverso i quali ha messo a fuoco oggetti teorici e pratici quali modernità, sviluppo, crisi... Da alcuni anni, in particolare nel mondo anglosassone ma non solo, è possibile individuare un nuovo ambito della ricerca, sorto a cavallo tra diverse discipline, che ha fortemente innovato il modo di intendere il rapporto tra forme di vita umane e tematiche ecologiche. Questo ha consentito di superare gli steccati tra scienze della vita e scienze sociali, introducendo un punto di osservazione che, a partire dal mondo delle piante, dalle istituzioni tra gli animali, dalla crisi degli ambienti, ha permesso di innovare il pensiero ecologico e delle relazioni tra i viventi di questo pianeta. A cura di Marco Armiero, Federica Giardini, Dario Gentili, Daniela Angelucci, Daniele Balicco, Ilaria Bussoni. -
Il pirata. Antropologia del conflitto
Chi è oggi il pirata? È colui che ci libera dalle multinazionali digitali o la versione dimessa del terrorista? È il migrante che sbarca in Sicilia o il criminale che uccide per strada senza fermarsi a prestare soccorso? Al fine di articolare una risposta plausibile, né elogiativa né moralista, il libro punta a fornire l’antropologia di una figura ambivalente. La tradizione lo dipinge nemico per eccellenza, l’umano retrocesso a bestia. A veder meglio, rnil pirata costituisce, invece, la condensazione, a volte caricaturale, di un tratto distintivo della nostra natura. Pensiamo all’etimologia: «peiratés» è, alla lettera, «colui che sfida, chi fa un tentativo». rnNon è questo un buon identikit dell’Homo sapiens, l’animale la cui sopravvivenza è legata alla sfida, al continuo tentativo di adattare a sé l’ambiente attraverso l’invenzione tecnica e il pensiero verbale?rnIl volume descrive un personaggio sorprendente, prisma delle forme di vita contemporanee. -
Filosofia dell'amicizia. Linguaggio, individuazione, piacere
Cosa rende così peculiare quel rapporto che chiamiamo «amicizia»? Rispondere a questa domanda significa comprendere il carattere politico della nostra forma di vita. Il testo è un dialogo con la tradizione filosofica occidentale e soprattutto con il luogo teorico tutt’ora più ricco su questo tema: il pensiero di Aristotele. L’intuizione aristotelica secondo cui l’amico è un «altro se stesso» rappresenta, infatti, lo strumento con il quale perlustrare un territorio visto di sfuggita dalla filosofia, che ha spesso discusso dell’amicizia solo per cenni e con toni mistico-sentimentali. L’amicizia non è un sentimento patetico e commosso, quanto una delle forme principali con cui ciascuno di noi può costruire il modo, unico e irripetibile, di essere umano. Il libro elegge l’amicizia a esempio principe dell’«individuazione»: quella biografia, grandiosa o miserabile poco importa, che ci distingue gli uni dagli altri. L’altro sé amicale non è dunque il sosia con il quale rispecchiarsi per trovare conferma dei propri vizi o delle proprie virtù. È, invece, la sponda linguistica con la quale confliggere o nella quale trovare rifugio. -
Nel labirinto della Rivoluzione francese. La Repubblica senza democrazia del Direttorio
Il Direttorio è un momento preciso della Rivoluzione francese. Un periodo che comincia nel 1795, sulla spinta della liquidazione del Governo di Salute Pubblica, il regime del Terrore di Robespierre, e si conclude con il colpo di stato del 18 brumaio di Napoleone nel 1799. È un regime politico votato allo smantellamento sistematico della proposta politica dei rivoluzionari, fondata sull'eguaglianza sociale come reciprocità di libertà e la democrazia attiva all'interno della quale il popolo – che controlla e revoca i propri rappresentanti – discute e agisce lo spazio pubblico, resistendo con l'insurrezione all'oppressione. Alle istanze democratiche della rivoluzione il regime del Direttorio oppone il diritto di proprietà, il rifiuto dell'eguaglianza dei diritti politici per tutti i cittadini e l'esclusiva di governo per ceto sociale. Un governo di classe che liquida i diritti sociali, per imporre nuovi doveri e che senza popolo verrà stritolato nell'unico vero potere alternativo: i soldati di Bonaparte. Riflettere oggi sui vicoli ciechi della più importante avventura politica della modernità significa poter pensare in profondità la nostra stessa democrazia. -
Peter Sloterijk. Madre. Antigravitazione. Thymòs. Mostro. Schiuma
Poliedrico, controverso, polemico, prolifico, presenzialista. Col suo lavoro Peter Sloterdijk intercetta i più diversi ambiti disciplinari, mentre tesi forti e urticanti vengono espresse con stile brillante e tono provocatorio: fattori che hanno contribuito a farne uno degli autori filosofici più letti del nostro presente.rnQuesto libro non è un’introduzione, ma la chirurgica valorizzazione di cinque concetti del suo pensiero. L’intenzione è restituire l’immagine di un pensatore vivace, capace di smuovere le acque della riflessione filosofica e di evidenziare alcuni aspetti decisivi della nostra vita associata. -
Hans Kelsen. Norma. Fondamento. Nichilismo. Colpa. Democrazia
Hans Kelsen è probabilmente il giurista più celebre del Novecento, e senza dubbio uno dei più citati, criticati e discussi. rnAttraverso cinque concetti chiave della sua «dottrina pura del diritto», il testo guida il lettore tra i problemi fondamentali della filosofia giuridica kelseniana. Fino a scoprire il carattere inquietante di un pensiero che non ha mai smesso di fare i conti con la possibilità che ciò che chiamiamo diritto potrebbe, in fondo, non esistere affatto. -
Da Seattle a Genova. Cronistoria della rete no global
Questo libro ricostruisce il biennio di lotte (1999-2001) che ha preceduto la contestazione al G8 di Genova. A essere ripercorsa è la genesi del «popolo di Seattle» e, tramite un lavoro di indagine storiografica e documentaristica, l'attenzione si concentra sull'esperienza napoletana della Rete No Global, tra i nuclei fondativi del movimento in Italia. Decine di attivisti ed esponenti della società civile hanno contribuito alla costruzione di un ricco racconto corale, capace di restituire l'immagine della capillarità e della conflittualità che ha saputo esprimere il movimento no global. Oltre a un bilancio politico di quella straordinaria esperienza viene così colmato un grave vuoto di conoscenza su un pezzo importante della nostra storia recente. Prefazione di Marco Bersani. -
Il treno contro la Storia. Considerazioni inattuali sui '17
Questo che avete tra le mani è un pamphlet, così si chiamano quegli scritti tagliati con l'accetta, dritti al punto e alla larga dai giri di parole, che si assumono il rischio della semplificazione perché presuppongono la complessità. Questo pamphlet si colloca lì dove l'azione modifica la teoria e la teoria direziona l'azione. Lì è lo spazio dei militanti politici. Questo pamphlet ha per tema la crisi della militanza e la possibilità di trasformarla in occasione per un salto in avanti. La tesi di fondo è che da ciò che sta alle nostre spalle è impossibile copiare le risposte, quanto è altrettanto impossibile ignorare le domande. Lontani da nostalgie e false teleologie occorre riappropriarsi di ciò che concretamente ci serve per guardare oltre, per lottare contro il nostro tempo, per aggredire la Storia e ricominciare a sognare collettivamente. -
A qualcuno piace scorretto. Per una storia delle provocazioni letterarie (1851-1969)
Attraverso una ricca e minuziosa analisi storica e letteraria, l’autore mette a critica le semplificazioni e le schematizzazioni dominanti delle forme narrative e dell’immaginario di un secolo, dimostrando che la letteratura si fa largo attraverso la «devianza».Trenta opere narrative di largo consumo dalla metà dell’Ottocento agli anni Settanta del Novecento sono l’oggetto di questo libro. Con il progressivo allargamento del mercato editoriale, è in questo arco temporale che si definiscono nuovi generi letterari e si affermano campi narrativi specifici: il romanzo storico oppure erotico, l’avventura, il western, il giallo e l’horror, la commedia o il melodramma ecc. Mentre i processi diventano sempre più rapidi e i prodotti culturali sempre più effimeri, che senso ha parlare di correttezza e scorrettezza? I parametri imposti dalle accademie e dalla censura vengono continuamente violati da deviazioni letterarie che diventano nuovi paradigmi, attraverso cui è possibile aderire alla rapidità dei tumultuosi mutamenti del mercato e della società. Il concetto di politically correct, pur nato dai movimenti di contestazione, implica un passaggio problematico al riconoscimento istituzionale, all’adozione cioè di un nuovo codice di riconoscimento universalmente valido. -
Sulla Transiberiana. Sette fusi orari, 9200 km, sul treno leggendario da Mosca al mar del Giappone
Un lungo viaggio da Mosca a Vladivostok sui treni della leggendaria Transiberiana per andare a vedere cosa c'è oltre gli Urali. Mentre le giornate scorrono pigramente a bordo del treno, sfilano dal finestrino le città siberiane sopravvissute alla seconda guerra mondiale. Soste di pochi giorni o poche ore diventano occasioni per entrare in contatto con culture e tradizioni affascinanti. E gli incontri si moltiplicano: bellissime donne dagli occhi a mandorla, nostalgici del comunismo e sostenitori del nuovo ordine, un cuoco stagionale che ha trovato lavoro a seimila chilometri da casa e un ex combattente della prima guerra cecena. Giunti infine sul mar del Giappone non resterà che tornare indietro riportando testimonianze, impressioni e colori di un viaggio nel cuore e nella periferia del più grande paese del mondo che ancora oggi rimane in gran parte sconosciuto. -
Ciclomundi. L'agenda del viaggiatore a pedali
I viaggiatori portano sempre con sé un taccuino, un quaderno, una penna, per appuntare e fermare sulla carta pensieri, paesaggi, dialoghi, volti. Questo strumento è qualcosa di più, è anche una agenda perpetua (valida ogni anno, basta segnare di volta in volta i giorni della settimana), è anche un insieme di suggestioni, inviti quotidiani a inforcare la bicicletta e partire. Ogni giorno si potranno leggere frasi sulla filosofia del viaggio a pedali, l'equipaggiamento, le forature, la fatica, l'arrivo e la partenza, i ritorni, i pionieri, i furti, i cani randagi, il cibo, i luoghi del mondo, la scrittura, la solitudine e moltissime altre suggestioni. All'inizio di ogni mese, un estratto di alcuni viaggi a pedali in un Paese, in un continente, dal Tibet alla Patagonia, dall'Africa all'Asia. Alla fine una bibliografia di libri di viaggio in bicicletta e alcune curiosità per il cicloviaggiatore. Un'agenda che è anche un libro da leggere, ma soprattutto uno spazio libero, come liberi sono i viaggi, meglio se lenti.