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Mostrati 1901-1920 di 10000 Articoli:
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Realtà e mistero. Le radici universali dell'idealismo e la filosofia del nome
"Non esiste uomo che, seppur per un attimo, non sia stato seguace di Platone. Chi può dire di non essersi sentito spuntare le ali dell'anima? Chi non l'ha sentita levarsi verso la contemplazione diretta, immediata di ciò che la grigia coltre di nuvole del quotidiano nasconde alla vista? Chi, grazie all'""""eros"""", non ha toccato profondità della conoscenza alle quali la ragione non ha accesso? Chi non ha visto svelarsi la realtà altra e luminosa dove colui che ha conosciuto l'ispirazione incontra """"de visu"""" gli archetipi eterni delle cose? Chi non ha assistito al crollo, alla caduta del muro invalicabile tra soggetto e oggetto, chi non ha visto l'Io abbandonare i limiti della propria introversione egoistica per respirare a pieni polmoni l'aria rarefatta della conoscenza e fondersi con tutto il creato? E quei 'sogni d'amore meravigliosi, puri, senza nulla di terreno, intessuti di profumo di fiori e luce lunare, con i quali oggi si ottenebrano i giorni della giovinezza e che sono sulle labbra di tutti i poeti di tutte le nazioni colte' non sono forse figli del platonismo?""""." -
Ciò che resta del fuoco. Testo francese a fronte
Riprendendo e sollecitando una frase indecidibile e forse senza appartenenza posta a sigillare, commemorativamente, una delle precedenti opere di Derrida, ""il y a là cendre"""" (là, vi è cenere; vi è la cenere: nella """"Dissémination""""), questo """"polylogue"""" dipana, intreccia, annoda e disperde - attraverso un intersecarsi di voci maschili e femminili, anche responsive o rivolte alla voce dell'autore - il motivo della cenere in quanto resto sia di ciò che """"fu"""" (feu) sia di ciò che è stato """"dato al fuoco"""" (feu): così già nel titolo, anch'esso indecidibile e intraducibile, """"Feu la cendre"""". Resto che non serba traccia né di sé né di niente, emblema della """"traccia"""" in quanto cancellazione progressiva del percorso, la cenere, nel polylogue, è anche ciò che si consuma e si disperde di un grande rogo (di un olocausto), fatto di parole e di nomi (nomi comuni e nomi propri), di lettere rubate e di cartoline (""""cartes postales""""), di firme e di dediche: polvere del fuoco, ma per ciò stesso """"polvere innamorata""""."" -
L' amore nel Tantra
"Il Tantra si fonda sulla vita. Il Tantra è l'arte di vivere e di amare. Il Tantra è il metodo attraverso cui entri in rapporto con la tua sensualità, con la tua fisicità, con la tua sessualità. E tu ne hai paura perché ti è stato detto che in tutto questo c'è qualcosa di malato. Hai paura di incontrare il tuo corpo e il corpo dell'altro, perché in profondità temi di fronteggiare il terrore assoluto della morte nel sesso, quando il sesso tocca un punto estremo""""." -
Sulle fiumane della Grand Central Station mi sono seduta e ho pianto
Una struggente storia d'amore tra i fuochi lontani della guerra. Un uomo sposato si innamora di una giovane donna e fugge con lei. Vengono arrestati e la donna, incinta, subisce il feroce attacco del mondo benpensante. Costruito come un solo, singolo grido di estasi erotica che, senza cambiare di volume o di intensità, diviene grido di agonia, il romanzo della Smart vuole illuminare l'animo femminile. -
Lettere
"Tre giovani, problematiche donne, un fratello dall'esistenza e dalla bellezza inquietanti. Il padre al centro. Silenzioso tesse le trame delle loro vite, trame che nelle lettere si allentano, si disfano per ridisegnare un'immagine diversa del gruppo, dei rapporti ora morbosi, ora possessivi che ne legano i componenti la cui storia non è ancora stata scritta. Le lettere ne sono il primo tassello.""""" -
Elogio della filosofia
"Nell'Elogio della filosofia Merleau-Ponty avvia una riflessione su quale sia l'essenza e la funzione del pensiero filosofico sia nell'ambito del sapere e della cultura, sia più in generale nella vita. Il sapere filosofico ha la sua origine nella condizione costitutivamente umana del non-sapere, sul modello di quella esperienza socratica che da sempre alimenta e giustifica la tradizione della filosofia e la sua storia. Il rapporto dell'uomo con la verità, il suo modo di avere il mondo, l'espressione profonda della sua libertà vivono e sussistono solo nello scarto e sul fondamento della finitezza di ogni esperienza, nel suo carattere mai risolutivo e mai deciso. Il modo temporale dell'esistenza umana, cioè il suo tratto essenziale e peculiare, è affidato a una presenza mobile che apre continuamente la duplice prospettiva del futuro e del passato, come orizzonti liberi e disponibili a un processo di infinita interpretazione e invenzione. Nel suo 'senso' la filosofia non è mai una dottrina, ma uno stile interpretativo in atto, un atteggiamento descrittivo rivolto al mondo e a noi stessi, e da questo punto di vista la filosofia è da sempre fenomenologica."""" (Dallo scritto di Carlo Sini)" -
La malattia mortale
"In un bilancio dell'attività letteraria svolta nel 1848, Kierkegaard dichiara che 'La malattia mortale è certamente la cosa più perfetta e più vera ch'io abbia scritta' e la sua pubblicazione, come la scelta dello pseudonimo, gli procurò pene di spirito senza numero. Dalle indicazioni lasciate nelle Carte inedite sappiamo che nel suo primo abbozzo l'opera era stata concepita in forma di una serie di 'Discorsi edificanti' (i Talers Form) e riuscì invece il trattato più teoreticamente teso e organicamente costruito della teologia kierkegaardiana. [...] Si può ben dire che nessuno scritto dà, più di questo, il timbro profondo della sua anima e l'esatta impressione del suo potere di scavare i recessi più impervi dello spirito. Possiamo senz'altro dire che con 'La malattia mortale' si compie una nuova crisi definitiva nell'opera kierkegaardiana, che raggiunge la compiuta forma della sua maturità e positività."""" (dallo scritto di Camelia Fabro)" -
Favola della botte
La ""Favola della botte"""" di Jonathan Swift, la cui prima edizione apparve nel 1704, è annoverata tra i massimi capolavori comici della letteratura europea. Viene qui presentata nella magistrale versione di Gianni Celati, che riproduce il tono, l'arguzia sottile, e il largo fraseggio armonico della prosa settecentesca. Oltre a essere un'opera di scatenato divertimento verbale, la """"Favola della botte"""" è un pamphlet filosofico che invita a una riflessione e a una ridefinizione dello spirito del progresso. Come scrive Gianni Celati nella postfazione: «Swift mette alla berlina un presupposto davvero caratteristico della modernità. È il presupposto che il senso comune sia cosa di scarso valore, ed un intralcio per le operazioni della mente. Perciò dovrà essere continuamente trasceso con varie forme di delirio, scientifico, letterario, o religioso». Satira tra le più roventi contro i dogmi del cattolicesimo e del puritanesimo, si allarga in una generale parodia delle mode, della politica, del sapere, mettendo a soqquadro quasi tutte le certezze dell'uomo moderno."" -
I turbamenti del giovane Törless
"Robert Musil è generalmente considerato autore di un solo libro. L'uomo senza qualità, di fatto, è l'opera della sua vita, il traguardo verso il quale, come provano, tra l'altro, i diari, il suo spirito tese sino dalla prima formazione. Se c'è libro, nella storia delle lettere moderne, che possiede carattere di unicum, questo è l'incompiuto romanzo di Musil. In modo, forse, insuperabilmente paradigmatico, l'osmosi tra esistenza e creazione, in questo caso, è tale che il dato autobiografico si scioglie, senza il minimo residuo, nel destino del personaggio; mentre altra forma di esistenza non sentiamo possibile per Ulrich, se non quella grigia, appena intossicata dall'ironia e dall'amarezza, dello scrittore dal destino postumo. Tuttavia Ulrich, il protagonista dell'Uomo senza qualità, ha una sua preistoria, e questa è oggetto di un'opera a sé: Die Verwirrungen des Zöglings Törless. Il libro, per la narrativa degli ultimi cinquant'anni d'importanza fondamentale, è da noi completamente ignorato; in Germania, anche se più letto, è ancora lontano dall'avere avuto il riconoscimento che merita. (...) Mondato di qualche frangia, di qualche svolazzo liberty, 'I turbamenti del giovane Törless' si presenta oggi con la solidità, la precisione, il peso delle opere che reggono al tempo."""" (dalla postfazione di Giorgio Zampa)" -
Bellezza e liturgia. Scritti su cristianesimo e cultura
«In un ritratto il volto è l'idea della persona. L'icona. Il volto è l'idea di chi è raffigurato. L'icona è il tentativo di fissare ed esprimere la visione artistica somma con la quale veniamo a contatto nel momento della creazione. Se l'altare è luogo intelligibile, significa che il confine tra di esso e il mondo dovrà essere segnato da guardie vive e santi reali. L'iconostasi che separa l'altare è una cintura di angeli che sbarra il nostro accesso spirituale al mondo celeste, al luogo intelligibile. E poiché la loro presenza non è sempre evidente a tutti quanti, a ricordarcelo ci sono le icone, tramite le quali ascendiamo dall'immagine all'archetipo». -
Tre furori
«Tre furori. Tre notturni. Tre possessioni. Gli studi qui riuniti riguardano tutti situazioni estreme in cui, nella violenza o nell'inerzia, l'individuo subisce la legge di un potere superiore: Aiace massacra gli armenti; l'indemoniato di Gerasa urla tra le rocce e i sepolcri; la dormente si abbandona allo spavento. Tre poteri oppressivi: Atena, il demone Legione, l'incubo. Figure nelle quali è designato, delineato con chiaro tratto, su sfondo di tenebra, il nemico che toglie all'uomo la padronanza del proprio agire. Figure ostili, nate forse dall'interpretazione che diamo dei nostri stati di impotenza. Figure concepite anche dal desiderio perverso di abbandonarci a chi è più forte di noi, di affidarci a una forza sconosciuta, foss'anche malefica, e di precipitare, nera liberazione, la perdita, lasciando che si verifichi il peggio. Tre accecamenti: la nube fallace oscura la vista di Aiace; il demone rifiuta di sottomettersi al Salvatore; gli occhi della dormente sono chiusi. Gli ossessi sono individui separati: non hanno accesso alla luce. La sciagura, l'errore sta nell'aver cessato di disporre di sé nel momento in cui hanno cessato di dispone della luce. Ma le tre opere mostrano anche il ritorno doloroso e trionfante della coscienza potenziata, il rinascere del soggetto a se stesso, lo spossessamento superato. Dopo l'eclissi demenziale, Aiace ritrova se stesso alla luce di un sapere affilato che esige la morte. Reso libero, l'indemoniato riceve la missione di raccontare la propria liberazione e di diffondere il verbo che l'ha sottratto al Nemico. L'opera di Füssli è la testimonianza di una coscienza incantata ma non sgomenta: l'intelligenza si fa spettatrice dell'accecamento, vede e mostra, in un chiaro disegno, la donna con gli occhi chiusi, la vittima delle tenebre. Un nuovo sapere, una nuova parola, una nuova vista: ecco dove si giunge, quando si è traversato il furore e l'assenza. Ma occorre che le energie spese per il ritorno a sé siano forti a sufficienza. Altrimenti non si giunge in alcun luogo e il furore non è altro che un inabissarsi e un dissolversi nella notte». -
Avventure d'un abate vestito da donna
Il Settecento è il secolo dei travestimenti per eccellenza. Lo stesso autore venne costretto fin dall'infanzia a vestirsi da bambino, per seguire l'esempio del fratello del futuro Re Sole, indotto a indossare abiti femminili dal cardinal Mazarino. Il libro che presentiamo ha dunque un carattere autobiografico, ed è un documento di eccezionale interesse. Grazie alle vesti femminili indossate con ineguagliabile eleganza, François de Choisy, divenuto Abate, seduce leggiadre fanciulle a cui fa prendere abiti e nome maschile, in un gioco di travestimenti e di sdoppiamenti senza fine. Che un abate si vesta da donna, che si unisca in matrimonio con una fanciulla vestita da uomo, che questi e altri fatti qui narrati siano realmente accaduti nella Francia di Luigi XIV, è un'ulteriore testimonianza dell'eccezionalità di quell'epoca straordinaria che fu il Settecento francese. -
L' ano solare
«I due principali movimenti sono il movimento rotativo e il movimento sessuale, la cui combinazione è espressa da una locomotiva composta di ruote e pistoni. Questi due movimenti si trasformano l'uno nell'altro reciprocamente. È così che si vede che la terra girando fa accoppiare gli animali e gli uomini e (poiché il risultato è tanto la causa quanto ciò che lo provoca) che gli animali e gli uomini fanno girare la terra accoppiandosi. È la combinazione o trasformazione meccanica di questi movimenti che gli alchimisti ricercavano sotto il nome di pietra filosofale. È per l'impiego di questa combinazione di valore magico che la situazione attuale dell'uomo è determinata in mezzo agli elementi ». Con uno scritto di Sergio Finzi. -
Il nuovo mondo amoroso
Il nuovo mondo amoroso"", uno dei testi più grandiosi e radicali del pensiero occidentale, in cui Charles Fourier - il """"sognatore sublime"""", come lo definisce Stendhal - descrive gli amori poligamici nella società d'Armonia, vide la luce in Francia solo nel 1967, centotrenta anni dopo la sua stesura. """"Il fourierismo è un eudemonismo radicale"""" scrive Barthes nel saggio che introduce questa edizione integrale dell'opera. """"Il piacere fourierista (chiamato felicità positiva) è molto facile da definire: è il piacere sensuale: """"la libertà amorosa, la buona tavola, la spensieratezza e altri godimenti che le Civiltà non pensano nemmeno di desiderare, perché la filosofia le abitua a trattare da vizio il desiderio dei veri beni"""". [...] Il piacere fourierista non si compenetra di alcun male: non integra la vessazione, alla maniera sadiana, al contrario l'evapora; il suo discorso è quello della """"benevolenza generale"""": ad esempio, nella guerra d'amore (gioco e teatro), per delicatezza, per non offendere, le bandiere e i capi non vengono catturati. Se però, in Armonia, si arriva a soffrire, è tutta la società che si adopera a stordirvi: avete avuto qualche sconfitta in amore, siete stati messi alla porta, le Baccanti, le Avventuriere e altre corporazioni di piacere vi circondano e vi trascinano, cancellano immediatamente il dolo di cui siete stati vittima. Ecco dunque il piacere solo e trionfante regnare su tutto."""""" -
Il ragazzo selvaggio
Nel 1798, in Alvernia, tre cacciatori catturarono un ragazzo cresciuto in solitudine tra i boschi; qualche tempo più tardi il giovane fu condotto a Parigi. I curiosi della capitale si accalcarono al suo arrivo; credevano di incontrare il Buon Selvaggio di Rousseau; videro un essere in preda alle convulsioni, che mordeva e graffiava chiunque gli si avvicinasse e amava giacere in mezzo ai suoi escrementi. Sarebbe finito nel ricovero degli idioti, se un giovane medico, Jean Itard, non avesse ottenuto di tentarne l'educazione. Nel 1801 e nel 1807 Itard scrisse, su questo tentativo, due relazioni, raccolte in questo volume, che sono tra i testi più affascinanti della psicologia e della pedagogia di tutti i tempi. Nella prima relazione, Itard celebra il lavorio della Civiltà che, attraverso nuovi bisogni, crea nuove idee, con un'enfasi che nella seconda si va smorzando e si spegne. Le certezze dell'educatore vengono incrinate dalle resistenze insormontabili che il suo programma educativo incontra, e dall'ostinato rimpianto che il Selvaggio sembra nutrire per i boschi. Sino a che punto la Civiltà è d'aiuto alla felicità individuale? Questa e altre domande non meno radicali sfiorano pagine in cui si riflette la timidezza, e quasi il rossore, di una nuova scienza: quella dell'uomo. -
Teoria del romanzo
«Lo scoppio della guerra del 1914 — l'effetto prodotto dalla posizione interventista della socialdemocrazia sull'intellighenzia di sinistra — fu l'occasione che determinò la nascita della Teoria del romanzo. La mia posizione radicale si esprimeva in un veemente, globale e, specie all'inizio, poco articolato rifiuto della guerra, in particolar modo dell'entusiasmo che l'accompagnava. [...] In questo stato d'animo cresceva il primo abbozzo della Teoria del romanzo. Inizialmente avevo pensato a una catena di dialoghi: un gruppo di giovani si isola di fronte alla psicosi della guerra alla maniera dei narratori di novelle del Decamerone di fronte alla peste; i loro dialoghi, improntati a una reciproca intesa, avrebbero esplicitato grado a grado i problemi trattati nel libro, fino a gettare uno sguardo sul mondo di Dostoevskij. A un ripensamento più attento questo piano fu abbandonato e la Teoria del romanzo assunse la sua attuale configurazione. Essa crebbe così in un clima di permanente disperazione sulle sorti del mondo. Solo l'anno 1917 mi portò la risposta alle questioni che fino allora mi erano parse insolubili. [...] La problematica della forma del romanzo è qui l'immagine riflessa di un mondo fuori dai suoi cardini. Perciò la ""prosa"""" della vita è solo un sintomo fra i tanti del fatto che la realtà offre d'ora in poi un terreno sfavorevole per l'arte; donde la liquidazione artistica di quelle forme conchiuse e totali emananti da una totalità dell'essere in sé compiuta, di quei mondi di forme in sé perfettamente immanenti — è il problema centrale della forma del romanzo. E questo non per ragioni artistiche, ma filosofico-storiche: """"Non c'è più alcuna spontanea totalità dell'essere"""" afferma l'autore della Teoria del romanzo con riferimento alla realtà del presente. Qualche anno dopo Gottfried Benn esprime così questo stato di cose: """"la realtà non esisteva più, rimaneva la sua smorfia""""»"" -
Dostoevskij dal doppio all'unità
"I critici contemporanei amano dire che uno scrittore crea se stesso creando la propria opera. La formula può essere applicata in modo eccellente a Dostoevskij a patto che non si confonda questo duplice processo creativo con l'acquisizione di una tecnica. Dostoevskij e la sua opera sono esemplari non nel senso in cui lo sarebbero un'opera e un'esistenza senza fratture, ma in senso esattamente opposto. Osservando vivere e scrivere questo artista forse impareremo che la pace dell'animo è la più ardua di tutte le conquiste e che il genio non è un fenomeno naturale. Al di là della differenza superficiale dei temi, le varie opere formano un tutt'uno; è a questa unità che il lettore è sensibile quando riconosce al primo colpo d'occhio un testo di Dostoevskij.""""" -
Lettere
"L'immagine razionalistica e idealistica di Platone, cresciuta attraverso i millenni, e divenuta, attraverso la paziente fatica storiografica del XIX secolo, una statua organicamente modellata e ben solida, è ora crollata di colpo, e viene sostituita da un'immagine mistica e realistica, mediante la testimonianza più inattaccabile, cioè le parole stesse di Platone, che nella settima lettera - di gran lunga la più rilevante e la più estesa della raccolta - ci offre, senza ambiguità, una confessione filosofica e un'autobiografia politica. [...] Questa è l'unica occasione in cui possiamo sorprendere questa Sfinge - rilassata in un momento angoscioso - mentre parla di sé, non più dissimulata dietro Socrate o altri personaggi. Per sconvolte che siano le nostre vecchie idee sul filosofo greco - poiché quello che è detto nella settima lettera non investe solo Platone stesso, ma tocca il passato e il futuro, i presocratici e Aristotele -, non ci rimane che accettare la rivelazione, e riflettere a quanto del falso filosofo greco è passato nel vero filosofo medievale e moderno."""" (Dalla Prefazione di Giorgio Colli)" -
L'arte di petare ovvero Il manuale del subdolo artigliere
"È davvero imperdonabile, Lettore, che pur scoreggiando da tempo immemorabile tu non sappia come e perché lo fai, e come andrebbe correttamente fatto. Una tale materia, infatti, è sempre stata vergognosamente trascurata dalla Scienza, che la reputa indegna d'esser trattata, non ritenendo di poter scoprirvi nulla d'interessante. Grossolano errore. Petare è un'arte, dunque una cosa utile alla vita, come sostengono Luciano, Ermogene, Quintiliano e molti altri ancora. In effetti, saper petare correttamente è più importante di quanto solitamente si ritenga. Infine, si può petare con metodo e con gusto, come saprò dimostrarvi in questa trattazione. Non esito dunque a render pubbliche le mie ricerche e le mie scoperte su un'arte di cui è impossibile trovare alcunché di soddisfacente financo nei più ponderosi dizionari nei quali, incredibile a dirsi, il peto sovente non è neppure considerato degno d'esser menzionato. Mi accingo così a offrire i principi di quest'arte a ogni lettore desideroso di ficcarci dentro il naso.""""" -
Induismo e buddhismo
In ""Induismo e buddhismo"""" Ananda K. Coomaraswamy esamina gli insegnamenti originari e la sostanza della concezione filosofica di queste due grandi religioni, di cui traccia la storia riferendosi ai loro miti, alle loro tradizioni rituali, alle rispettive dottrine e scritture sacre. In tal modo egli intende mostrare come induismo e buddhismo esprimano verità universali """"che nessun popolo e nessuna epoca possono rivendicare come esclusivamente proprie"""". E sebbene Induismo e buddhismo sia suddiviso in due parti, incentrate sull'analisi delle rispettive religioni, Coomaraswamy afferma con forza l'identità dei loro concetti essenziali.""