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Mostrati 1961-1980 di 10000 Articoli:
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Liriche e frammenti. Testo greco a fronte
Saffo è la più grande poetessa mai esistita. Vissuta a Lesbo nel VII secolo a.C., dopo un lungo soggiorno in Sicilia fondò una sorta di comunità di fanciulle consacrate al culto di Afrodite e delle Muse. Della vasta produzione poetica di Saffo, che scrisse in dialetto eolico, a noi restano un'ode intera e numerosi frammenti, di mirabile bellezza. Saffo è la poetessa dell'amore, un amore che è fuoco e febbre, tenerezza e gelosia, un amore che rivolge principalmente alle fanciulle a lei devote, la cui bellezza è per lei una sorta di rivelazione del sacro. L'amore è per Saffo un'indomabile forza della natura, a cui niente e nessuno può resistere, ed è memoria, ricordo straziante delle esperienze passate, per sempre perdute. -
Il canto dell'impresa di Igor'. Testo originale a fronte
«Cominciamo dunque, fratelli, questo racconto dall'antico Vladimir al presente Igor', che tese la mente con la volontà, che infiammò il cuore con l'ardimento; colmo di spirito guerresco condusse le sue schiere valorose per la terra di Russia, contro la terra dei Polovcy. Alzò Igor' lo sguardo al sole luminoso e vide che da esso veniva un'ombra che copriva tutti i guerrieri. E disse Igor' alla sua druzina: ""Fratelli e druzina , meglio essere calpestati che fatti prigionieri. Montiamo, fratelli, sui nostri veloci destrieri, per guardare l'acqua dell'azzurro Don!"""". S'infiammò al principe il cuore per il desiderio di guerra, e la brama di bere l'acqua dell'azzurro Don gli rese oscuro il presagio. """"Voglio"""" disse """"con voi, o Russi, spezzare la mia lancia sul confine del campo dei Polovcy; voglio scommettere la testa o bere con l'elmo l'acqua del fiume Don!""""». (Eridano Bazarelli)"" -
Storia della sessualità. Vol. 1: volontà di sapere, La.
Questo volume apre una serie di studi che non pretendono di essere continui, né esaustivi; si tratterà di qualche sondaggio in un territorio complesso. Il mio sogno sarebbe un lavoro di lungo respiro, capace di correggersi man mano che si sviluppa, aperto alle reazioni che suscita, alle congiunture che gli toccherà d'incontrare, e forse a ipotesi nuove. Lo vorrei un lavoro disperso e mutevole. I lettori che si aspettassero di apprendere in che modo per secoli la gente ha fatto l'amore, o come le è stato vietato di farlo - problema serio, importante, difficile -, rischiano di restare delusi. Non ho voluto tracciare una storia dei comportamenti sessuali nelle società occidentali, bensì trattare un problema molto più austero e circoscritto: in che modo questi comportamenti sono diventati oggetto di sapere? Ossia come, per quali vie e per quali ragioni si è organizzato questo campo di conoscenza che, con una parola recente, chiamiamo «sessualità»? Quel che i lettori troveranno qui è la genesi di un sapere - un sapere che vorrei cogliere alla radice, nelle istituzioni religiose, nelle forme pedagogiche, nelle pratiche mediche, nelle strutture familiari, laddove si è formato, ma anche negli effetti di coercizione che ha potuto avere sugli individui, dopo averli persuasi della necessità di scoprire in se stessi la forza segreta e pericolosa di una «sessualità». (Dalla prefazione dell'Autore all'edizione italiana) -
Le leggi dell'ospitalità. Vol. 1: La revoca dell'Editto di Nantes
Nei tre romanzi della grande trilogia di Roberta (“La revoca dell’editto di Nantes”, “Roberta stasera” e “Il suggeritore”), riuniti dall’Autore sotto il titolo “Le leggi dell’ospitalità”, «Klossowski, dal fondo dell’esperienza cristiana,» scrive Michel Foucault «ha ritrovato il prestigio e la profondità del simulacro, e con esso tutti i giochi del senso e del non-senso, del significante e del significato, del simbolo e del segno. Simulacro, similitudine, simultaneità, simulazione e dissimulazione: questa costellazione è meravigliosamente ricca». I tre romanzi gravitano infatti attorno a due enigmatici personaggi: Ottavio, prete fallito, teologo vizioso, specialista in perversioni, e Roberta, sua moglie, di origine protestante, atea, attivista radical-socialista. I due si fronteggiano, rispettando ognuno l’ideologia dell’antagonista, finché Ottavio non decide di revocare il loro editto privato di Nantes (l’editto che permise in Francia il culto protestante, riconoscendo in tal modo libertà religiosa e di pensiero). Ne nasce una tacita sfida: Ottavio moltiplica per Roberta le occasioni di «peccato» per farle provare rimorso e costringerla così a riconoscere la legge divina, Roberta le accetta senza opporre resistenza, più volte sfiora il rimorso, ma nella sua freschezza di spirito, nella sua rettitudine intellettuale dimostra di non venir mai fiaccata dalla colpa. Il gioco si esaspera, al punto che la donna si sdoppia: da un lato Roberta, dall’altro la sua controfigura che obbedisce, come un personaggio al suo autore, agli ordini di Ottavio, che progressivamente rimane vittima del suo stesso gioco, sino a non riuscir più a riconoscere né la propria identità né quella altrui. «Nell’opera di Klossowski,» scrive ancora Michel Foucault «il regno dei simulacri obbedisce a regole ben precise. Il rovesciamento delle situazioni avviene in un istante, in modo quasi poliziesco (i buoni diventano cattivi, i rivali si rivelano complici, i carnefici sono sottili salvatori, anche le frasi più banali hanno un doppio senso). Ogni rovesciamento sembra trovarsi sul cammino di una epifania, ma in realtà ogni scoperta rende più fitto l’enigma, moltiplica l’incertezza, e non svela un elemento che per velare il rapporto che esiste fra di esso e tutti gli altri. Ma i simulacri non sono qui né cose né tracce, né quelle belle forme immobili che erano le statue greche. Qui i simulacri sono esseri umani». Con uno scritto di Maurice Blanchot. -
Oracolo manuale e arte di prudenza
«La stoltezza ha ormai invaso il mondo, e se è rimasta un po' di saggezza, anch'essa è stoltezza, paragonata alla sapienza celeste. Ma più sciocco di tutti è colui che non ritiene d'esserlo e che considera sciocchi tutti gli altri. Il vero sapiente è colui che sa di non sapere; e cieco è colui che non s'accorge che anche gli altri vedono. Ma pur essendo il mondo popolato di sciocchi, non c'è nessuno che si creda tale o abbia almeno il sospetto di esserlo». -
Lettere d'amore della monaca portoghese. Testo portoghese a fronte
“Le ‘Lettere portoghesi’ furono pubblicate nei primi mesi del 1669 a Parigi dall’editore Barbin ed ebbero un sorprendente successo per la novità del genere letterario che inauguravano, per l’interesse morboso dell’intrigo che lasciavano supporre e più che altro per il profumo violento di una passione senza rimedio che venivano a diffondere inaspettatamente, in un mondo assuefatto alla convenzione galante e al divertimento amoroso. Esempio cospicuo di realismo psicologico dopo le stanchezze dell’Arcadia e alle soglie dell’epoca romantica, esse trovarono facile accoglienza nella Francia cartesiana del XVII secolo che seppe vedervi, oltre il risultato letterario, un profondo significato umano ed un contributo alla storia del sentimento. Mentre le edizioni si susseguivano ed incominciavano le imitazioni, nasceva il dubbio sulla loro autenticità; e serviva quasi come stimolo a sempre nuove ristampe che le diffondevano in tutta Europa, integre o manomesse, sole o con immaginarie risposte, alcune volte arbitrariamente accresciute o ridotte in versi, altre volte variamente illustrate dagli incisori e dai disegnatori più estrosi.” (Dallo scritto di Piero Chiara) -
La vera storia di Ah Q e altri racconti
Lu Hsün (1881-1936) è il maggior scrittore cinese del Novecento, autore di saggi violentemente ironici su temi sociali in un momento tormentato e decisivo della storia della Cina, che vede il crollo dell’impero e precede e prepara la Rivoluzione comunista. Ma è soprattutto autore di racconti, i più importanti dei quali qui presentiamo nella magistrale traduzione di Luciano Bianciardi. “La vera storia di Ah Q” è il principale tra essi, con una forte connotazione autobiografica e, come l’altro grande racconto “Diario di un pazzo”, una lacerante denuncia delle condizioni del popolo cinese che ondeggia tra la fatalistica accettazione dei soprusi dei potenti, come Ah Q, e la disperata rivolta del «pazzo» dell’omonima novella. E il tutto espresso sempre in uno stile esemplare e rigoroso, in cui l’indignazione si coniuga mirabilmente all’ironia. -
Le leggi dell'ospitalità. Vol. 2: Roberta stasera.
Nei tre romanzi della grande trilogia di Roberta (La revoca dell'editto di Nantes, Roberta stasera e Il suggeritore), riuniti dall'Autore sotto il titolo Le leggi dell'ospitalità, «Klossowski, dal fondo dell'esperienza cristiana,» scrive Michel Foucault «ha ritrovato il prestigio e la profondità del simulacro, e con esso tutti i giochi del senso e del non-senso, del significante e del significato, del simbolo e del segno. Simulacro, similitudine, simultaneità, simulazione e dissimulazione: questa costellazione è meravigliosamente ricca». I tre romanzi gravitano infatti attorno a due enigmatici personaggi: Ottavio, prete fallito, teologo vizioso, specialista in perversioni, e Roberta, sua moglie, di origine protestante, atea, attivista radical-socialista. I due si fronteggiano, rispettando ognuno l'ideologia dell'antagonista, finché Ottavio non decide di revocare il loro editto privato di Nantes (l'editto che permise in Francia il culto protestante, riconoscendo in tal modo libertà religiosa e di pensiero). Ne nasce una tacita sfida: Ottavio moltiplica per Roberta le occasioni di «peccato» per farle provare rimorso e costringerla così a riconoscere la legge divina, Roberta le accetta senza opporre resistenza, più volte sfiora il rimorso, ma nella sua freschezza di spirito, nella sua rettitudine intellettuale dimostra di non venir mai fiaccata dalla colpa. Il gioco si esaspera, al punto che la donna si sdoppia: da un lato Roberta, dall'altro la sua controfigura che obbedisce, come un personaggio al suo autore, agli ordini di Ottavio, che progressivamente rimane vittima del suo stesso gioco, sino a non riuscir più a riconoscere né la propria identità né quella altrui. «Nell'opera di Klossowski,» scrive ancora Michel Foucault «il regno dei simulacri obbedisce a regole ben precise. Il rovesciamento delle situazioni avviene in un istante, in modo quasi poliziesco (i buoni diventano cattivi, i rivali si rivelano complici, i carnefici sono sottili salvatori, anche le frasi più banali hanno un doppio senso). Ogni rovesciamento sembra trovarsi sul cammino di una epifania, ma in realtà ogni scoperta rende più fitto l'enigma, moltiplica l'incertezza, e non svela un elemento che per velare il rapporto che esiste fra di esso e tutti gli altri. Ma i simulacri non sono qui né cose né tracce, né quelle belle forme immobili che erano le statue greche. Qui i simulacri sono esseri umani». Con disegni dell'autore. -
Sopra lo amore ovvero Convito di Platone
«Mistica è la dottrina ficiniana dell'amore, ed ha la sua mistica morale. L'Amore non si spegne per aspetto o tatto di corpo alcuno, perché non questo o quel corpo cerchiamo, ma la luce divina, che in tutti rifulge, ossia cerchiamo, errando, nella creatura finita, di saziare un amore che è infinito perché datoci dall'infinito e per l'infinito, dall' Assoluto per sé. Il male morale non è dunque alcunché di positivo. Esso consiste nell'arrestarsi dello slancio d'Amore, che questo, come suscitatore ed essenza dell'universo, cioè Dio, ha posto in noi: nel suo arrestarsi alle creature finite, al particolare, invece che progredire all'Universale. ""Il vero Amore non è altro che un certo sforzo di volare alla divina bellezza, desto in noi dallo aspetto della corporale bellezza"""", il bene morale, quindi, è unicamente il percorrere che faccia in noi questo slancio d'Amore interamente la sua via, nel giunger come meta al suo punto di partenza, nel salire là donde mosse, all'Universale, all'Infinito, a Dio. """"Questo gran dono ci dà quella celeste Venere, mediante lo Amore, cioè mediante il desiderio della Bellezza divina, e mediante lo ardore del Bene""""...» (Dallo Scritto di Giuseppe Rensi)"" -
De amore
"Con il """"De amore"""" di Andrea Cappellano è come se un nuovo patto venisse stipulato fra l'uomo e la donna. Dalla decadenza del peccato originale, di cui ultime e vistose tracce sono facilmente reperibili nella coeva letteratura misogina, si passa ad un nuovo genere di rapporto dominato dalla figura enigmatica e «tirannica» di Amore. Le responsabilità della vita morale scendono, in un certo qual senso, dal cielo alla terra, e l'uomo riscopre le radici del bene nel suo rapporto solitario con la donna. L'operazione non poteva non comportare rischi, e non solo per ciò che riguarda l'aspetto materiale delle sanzioni secolari. L'opinione pubblica infatti non era ancora matura per un tale ribaltamento dei valori comunemente accettati, ed era quindi necessario che l'amore profano portasse in sé tutte le stigmate e i segni di riconoscimento dell'amore sacro. [...] La solitudine delle coppie più celebri della letteratura «cortese», dagli amanti della tradizione trobadorica ad Abelardo e Eloisa, Tristano e Isotta, Ginevra e Lancillotto, e così via, è il durissimo scotto pagato per portare alla luce una società finalmente aperta a quelli che oggi definiremmo i diritti del cuore: esperienza questa indubbiamente più femminile che maschile, almeno in rapporto alla media dell'erotismo medievale. [...] Una volta accettato il principio di ritirare la delega dei poteri a chi per secoli ne aveva ricevuto una sia pur legittima investitura, e una volta ingabbiata nella teologia la figura paterna intervenuta a riscattare il mondo in uno dei momenti più tragici nella storia della civiltà greco-latina, è ovvio che l'uomo e la donna, nuovi Adamo ed Eva, fossero costretti a ripiegarsi su se stessi, a cercare in sé l'energia necessaria a preservare le istituzioni umane dal caos e dal disordine di un mondo retto dalle sole forze dell'istinto."""" (Dallo scritto di D'Arco Silvio Avalle)" -
Discorso su Dante
«Ho scelto Dante come tema di questo discorso non per accentrare su di lui l'attenzione in quanto autore classico o per metterlo a una sorta di table d'hôte insieme a Shakespeare e Tolstoj, ma perché Dante è il massimo e indiscusso padrone della materia poetica convertibile e in via di conversione, il più antico e insieme il più energico direttore d'orchestra chimico, che si rivela soltanto nei flussi e nelle ondate, nelle piene e nei bordeggi della composizione poetica. I canti di Dante sono partiture scritte per una speciale orchestra chimica, nelle quali l'orecchio estraneo avverte particolarmente le metafore, equivalenti a parti d'insieme, e gli assoli, cioè le arie e gli arioso, equivalenti a confessioni, autoflagellazioni, autobiografie, talvolta così brevi, lapidarie, epigrafiche, da trovar posto sul palmo della mano, talaltra ampie come l'attestato di lode di una università medioevale, talaltra ancora sviluppate, articolate e fino alla pienezza drammatica di un'opera lirica, come nel celebre pezzo di Paolo e Francesca». -
Lo strutturalismo
«C'è anche un eroe strutturalista: né Dio né uomo, né personale né universale, egli è senza identità, fatto di individuazioni non personali e singolarità preindividuali. [...] Che una nuova struttura non ricominci avventure analoghe a quelle dell'antica, che non faccia rinascere contraddizioni mortali, dipende dalla forza resistente e creatrice di quest'eroe, dalla sua agilità a seguire e salvaguardare gli spostamenti, dal suo potere di far variare i rapporti e ridistribuire le singolarità, emettendo sempre un nuovo colpo di dadi. Questo punto di mutazione definisce precisamente una prassi, o piuttosto il luogo stesso in cui la prassi deve installarsi. Infatti lo strutturalismo non solo è inseparabile dalle opere che crea, ma anche da una pratica in rapporto ai prodotti che interpreta. Questa pratica, che sia terapeutica o politica, designa un punto di rivoluzione permanente, o di transfert permanente». -
Il concetto d'amore in Agostino
"'Il concetto d'amore in Agostino"""", pubblicato presso l'editore Springer di Berlino nel 1929, è lo scritto di Hannah Arendt in cui maggiormente emerge l'inquietudine del rapporto con Heidegger, figura fondamentale per la formazione della giovane pensatrice. La trattazione dell'amore in Agostino segna l'abbandono di alcuni dei termini di riferimento del pensiero heideggeriano: l'essere per la morte, il presente come tempo della decisione. Oltre a questo, Hannah Arendt mette qui in campo tutta la ricchezza e la complessità dell'opera di Agostino, pensatore in bilico tra due mondi, quello greco e quello cristiano, pensatore sommo e originale, impegnato in uno «sforzo tremendo», di cui sono segno le linee interrotte del suo pensiero, credente per il quale non si trattò di «abbandonare le incertezze della filosofia a favore di una verità rivelata, ma di scoprire le implicazioni filosofiche della sua nuova fede»."""" (Laura Boella)" -
Feste galanti-La buona canzone
Il segreto delle “Feste galanti”, che Paul Verlaine pubblicò venticinquenne nel 1869, prima che nascesse la travolgente amicizia con Rimbaud, risiede nel sapiente equilibrio tra spontaneità e artificio, tra libero gioco e incantesimo, tra naturalezza elegante e ricerca di effetti sorprendenti. «È forse questo il libro maggiore di Verlaine, certamente quello che più degli altri apre il Moderno» scrive il poeta Cesare Viviani, che ha curato e magistralmente tradotto questa edizione. «La costruzione del gioco d’amore, il compimento del rituale – l’immersione nei particolari (trucco, vestiti, oggetti), nelle mosse, nelle tappe del percorso allusivo, il risalto vivido della scena, il montaggio trasparente e serrato dei dialoghi, dove ogni battuta scandisce una manovra necessaria del corteggiamento – ogni cosa propone quell’attenzione, settecentesca, alla composizione, al rispetto del dato e del reperto, dove il codificato moltiplica vertiginosamente le sue valenze». E, nella “Buona Canzone”, l’incanto sospeso delle “Feste” cede all’accensione e ai turbamenti dell’amore, al «dolce male che si patisce amando». -
Diario di un delicato
«'Diario di un delicato', pubblicato da Drieu La Rochelle (1893-1945) un anno prima del suicidio, delinea una solitudine senza scampo» scrive Milo De Angelis. «È una lunga, intensa, lacerata riflessione sulla vita che non si lascia prendere, che non si vuole prendere, dopo essere apparsa in un estremo di pienezza sotto le spoglie di una donna, Jeanne. Una donna che è un'invocazione ad entrare nel ritmo elementare della vita, delle sue forze feconde, materne, paterne, quotidiane, benignamente borghesi. Ma il protagonista (che è Drieu in tutto e per tutto) oppone il suo rifiuto. Certo, non è un rifiuto prestabilito: se così fosse, non avremmo alcun dramma, e verrebbe anche meno quel chiaroscuro allarmato e fosco di presagi che è la scrittura stessa di Drieu. Non prestabilito e tuttavia potente, contiguo alla parte distruttiva di sé che ormai (nel '44) prende il sopravvento». -
L'ombra e la grazia
«Caro amico, sembra proprio che sia giunto il momento di dirsi addio. Non sarà facile per me avere spesso sue notizie. Spero che il destino risparmierà questa casa di Saint-Marcel dove vivono tre esseri che si amano. È qualcosa di così prezioso. L’esistenza umana è così fragile e così esposta che non posso amare senza tremare. Non ho ancora potuto rassegnarmi a che tutti gli esseri umani oltre a me non siano completamente preservati da ogni possibilità di sciagura. E questa è una grave mancanza al dovere di sottomissione alla volontà di Dio. Lei mi dice che nei miei quaderni ha trovato, oltre a cose che aveva pensato, altre che non aveva pensato, ma che si era atteso; dunque le appartengono, e spero che dopo aver subìto in lei una trasmutazione, esse riemergano un giorno in una delle sue opere. Perché è certamente ben preferibile per un’idea unire la propria fortuna alla sua che non alla mia. Sento che la mia quaggiù non sarà mai buona (non è che io ritenga che sarebbe migliore altrove: non lo posso credere). Non sono qualcuno con cui sia un bene unire la propria sorte. Gli esseri umani l’hanno sempre più o meno presagito; ma, non so per quale mistero, le idee sembrano avere meno discernimento. Non auguro niente di più a quelle che mi sono venute incontro che un buon consolidamento, e sarei molto felice che trovassero ospitalità sotto la sua penna cambiando forma in modo da riflettere la sua immagine. Questo diminuirebbe un po’ per me il senso di responsabilità, e il peso schiacciante del pensiero che io sia incapace, a causa delle mie diverse tare, di servire la verità così come mi appare, quando si degna, come mi sembra, di lasciarsi talvolta percepire da me, con un inconcepibile eccesso di misericordia. Prenderà tutto questo, penso, con la stessa semplicità con cui glielo dico. Per chi ama la verità, nell’operazione di scrivere, la mano che tiene la penna e il corpo e l’anima che vi sono uniti, con tutto il loro involucro sociale, sono cose di infinitesimale importanza. Piccolezze di infinitesimo ordine. È per lo meno l’importanza che io attribuisco, riguardo a quest’operazione, non soltanto alla mia persona, ma anche alla sua e a quella di tutti gli scrittori che stimo. La persona di coloro che in misura maggiore o minore disprezzo conta per me solo in questo ambito. Non so se le ho detto, a proposito di questi quaderni, che può leggerne i passi che vorrà a chi vorrà, ma che non bisogna lasciarne nessuno nelle mani di qualcuno... Se per tre o quattro anni non sentirà parlare di me, se ne consideri interamente proprietario. Le dico tutto questo per partire con lo spirito più libero. Mi dispiace soltanto di non aver potuto confidarle tutto quello che porto ancora in me e che non è sviluppato. Ma fortunatamente quello che è in me, o è senza valore, oppure risiede fuori di me, sotto una forma perfetta, in un luogo puro dove... -
L' agonia del cristianesimo
"Scrissi questo libro a Parigi, trovandomi esiliato, rifugiato in tale città, sul finire del 1924, in piena dittatura pretoriana e cesariana spagnola e in un singolare stato d'animo, preda di una vera febbre spirituale e di un'angosciosa attesa. Qualcuno potrà dire che quest'opera manca di rigore compositivo propriamente detto. Di architettura, forse; di vita nella composizione, credo di no. La scrissi, dicevo, quasi febbrilmente, versando in essa, oltre ai pensieri e ai sentimenti che da anni - e tanti! - venivano arandomi l'anima, quelli che mi tormentavano a causa delle disgrazie della mia patria e quelli che nascevano dalle mie occasionali letture del momento. 'L'agonia del cristianesimo' riproduce in forma più concreta, e, per quanto improvvisata, più densa e più passionale, molto di ciò che avevo esposto in 'Del sentimento tragico della vita'. E ancora mi rimane il desiderio di tornarci sopra e di sviluppare ulteriormente il mio pensiero. È ciò che dissero facesse san Lorenzo via via che si andava abbrustolendo sulla graticola del suo martirio."""" (Dal prologo all'edizione spagnola del 1931)" -
Dello spirito. Heidegger e la questione
«Parlerò dello spettro, della fiamma e delle ceneri. E di ciò che evitare significa per Heidegger». Sono le prime parole del libro: ora, lo «spettro» (che in francese suona «revenant», ovvero «spirito», anima di un morto che si suppone ritorni dall'altro mondo) è proprio lo spirito, e Derrida mostra come questa parola, evitata in 'Essere e tempo', ritorni nel pensiero del filosofo tedesco a un preciso punto del suo cammino, nel 1933, anno della celebre prolusione accademica intitolata 'L'autoaffermazione dell'università tedesca'. Che cosa vuol dire la parola «spirito» nell'opera di Heidegger? E che cosa significano le sue dichiarazioni sulla «crisi dello spirito» e sulla «libertà dello spirito»? Per rispondere, Derrida ripercorre il sentiero seguito dal filosofo tedesco a partire da 'Essere e tempo' e fino al testo dedicato alla poesia di Trakl, con una analisi ricca di riferimenti alle letture di Hölderlin, Schelling e Nietzsche. 'Dello spirito' è il resoconto del tormentato dialogo di Derrida con Heidegger; dialogo impietoso e a tratti aporetico, ma decisivo. -
La filosofia nel boudoir
Roland Barthes ha fatto notare che si viaggia molto in certe opere di Sade: assolutamente statica è invece la scena nella Filosofia nel boudoir, dove il viaggio è respinto nell'antefatto. Il luogo impenetrabile della solitudine libertina, che è in tutte le opere di Sade, l'ambiente segreto del delitto e della trasgressione, non è qui la Fortezza, la Cella, il Sotterraneo, il Convento, l'Isola Inaccessibile, ma, con maggior concessione ad una scenografia settecentesca, il «delizioso boudoir» di Madame de Saint-Ange trasformato in aula per le lezioni del precettore Dolmancé, maestro di lussuria e di crimine. Due sono le costanti negli scritti di Sade che fanno l'autentica, provocatoria e mostruosa «coerenza» della sua opera: il principio di rovesciamento e il carattere «letterale» del suo procedere. Come nelle storie parallele di Juliette e Justine, anche nella Filosofia ci viene incontro il mondo alla rovescia di Sade: capovolti i valori educativi (la fanciulla Eugénie viene avviata al vizio, alla prostituzione e al crimine e rinuncia solennemente alla virtù e alla pietà), capovolto il Bene in Male, il Dolore in Piacere, capovolta la direzione degli impulsi naturali che ci muovono non alla Vita ma alla Morte, capovolta la morale finale con la Virtù punita e la Malvagità trionfante. Ma il rovesciamento è talmente radicale da trascinare con sé anche i principi formali di Ragionevolezza e Buon Gusto, di Limite e Misura; nel mondo a testa in giù della sua opera, Sade «prende alla lettera» quello che dice: ecco allora il linguaggio smisurato, la lingua che non conosce gradazioni e sfumature, la ripetizione ossessiva, la scrittura insensibile di Sade. Mai come nei suoi testi la Parola è stata veramente e in ogni istante la Cosa. -
Sguardo sulla vita
«Cara Lou, tu sai e comprendi; potessi per un secondo vedere con i tuoi occhi, come credo tu veda, essere l'Altro che riconosce», scriveva Rainer Maria Rilke da Parigi il 26 giugno 1914, auspicando per sé quanto il pensiero dell'amica praticava per virtù innata: quel movimento dall'Io all'Altro che ricongiunge l'Erlebnis, l'esperienza interiore, con una sua più vasta comprensione. Da un simile movimento deriva, a ben vedere, anche la peculiare difficoltà della sua scrittura che, sprezzando i confini dei generi letterari, muove dal registro teorico all'evocazione lirica, dalla prosa narrativa a quella saggistica, assecondando un'intertestualità che è innanzi tutto prassi ermeneutica, un infinito rilanciare l'atto della comprensione. Così, scrivere di sé significa, al contempo, scrivere dell'Altro; così, scrivere dell'Altro significa, al contempo, scrivere di sé, trasformando la distanza - cruciale parola nel lessico di Andreas-Salomé - in un'inedita vicinanza. Nel solco di un simile, periglioso movimento fra polarità opposte si dischiude lo «sguardo sulla vita» di un'autobiografia dalla forma quanto mai insolita, a priori inconclusa, radicalmente sperimentale nel suo sforzo di attingere alla comprensione ovvero alla verità. [...] Ciò che la scrittura di sé intraprende in queste pagine autobiografiche, scritte perlopiù fra il 1931 e il 1932, è dunque meno un viaggio a ritroso attraverso i ricordi personali, che non una rappresentazione dei medesimi affinché, nel loro disegno, si possa ricomporre una immagine fondamentale della Vita. (Dallo scritto di Amelia Valtolina)