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Sartre. Una sintesi
Il testo, suddiviso in brevi capitoli di facile consultazione, si propone di fornire un introduzione al progetto sartriano, alla sua penetrante analisi delle possibilità dell'esistenza, della morale e della storia ed al suo sguardo sul vissuto umano. Da esso il lettore può trarre utili indicazioni per approfondire i quadri teorici di un pensiero complesso e non riconducibile ad una sola linea interpretativa. Il testo, corredato di un'ampia ed approfondita indagine critica, propone un confronto tra la filosofia e le scienze sociali, sottolinea gli aspetti più significativi delle opere sartriane, dalla dialettica delle libertà e delle sue limitazioni alla proposta di una filosofia ""in situazione"""" che anticipano metodi e problemi del quotidiano."" -
La mirabile sapienza della lingua. Ragionamenti sull'origine e i destini dell'italiano
"Non so; ma quando sento leggere cosa non bella, m'offende; quando sento cosa ben detta, mi corre un brivido per la persona"""". Così Tommaseo scriveva nel suo diario nel 1827. Gli scritti qui raccolti sono la testimonianza di una passione sconfinata per la lingua italiana e la sua """"mirabile sapienza"""", ma anche e soprattutto la documentazione di una riflessione sul senso e sulla singolare natura del parlare umano. In questi articoli, saggi e allocuzioni, il grande scrittore affronta molti dei temi che diventeranno i punti cardinali della moderna linguistica e della filosofia del linguaggio: dalla questione dell'origine del linguaggio a quella della nascita della scrittura, dal senso della diversità delle lingue al significato della grammatica." -
Tintoretto o il sequestrato di Venezia
Questo libro raccoglie in un unico volume tutti gli scritti di Sartre sul Tintoretto. Si tratta della prima edizione autorizzata di un'opera alla quale Sartre lavorò per quasi un decennio, dal 1951 ai primi anni Sessanta, senza poi darle una forma definitiva. L'interesse per Tintoretto nasce probabilmente nel corso dei frequenti viaggi compiuti da Sartre a Venezia. L'approccio alla materia è originalissimo: la storia della città e della società veneziana, i rapporti con gli altri pittori (Tiziano, Veronese) e con la pittura fiorentina sono fatti ruotare attorno alla figura del Tintoretto, che Sartre definisce ""braccato"""", in continua lotta con se stesso e con la sua città. """"Tintoretto è Venezia - scrive Sartre - anche se non dipinge Venezia""""."" -
Divieni ciò che sei. Pensieri sul coraggio di essere se stessi
"Divieni ciò che sei"""": questa citazione da un'ode di Pindaro ricorre con una frequenza certo non casuale negli scritti nietzschiani, esortazione dell'autore a se stesso, ai destinatari delle sue lettere, al lettore degli aforismi. Prendendo il via da una visione organica dell'uomo, che vede cioè corpo, anima e intelletto in uno stretto rapporto di influenze e dipendenze reciproche, e dalla consapevolezza dell'unicità irripetibile dell'individuo, Nietzsche definisce, quale compito primario del singolo, la realizzazione creativa della propria indole. Decisiva in tal senso è la sperimentazione concreta, atta a verificare le proprie inclinazioni, i propri bisogni fisici e spirituali, le potenzialità e risorse della propria personalità." -
Gli elementi del fenomeno architettonico
Di manuali di storia dell'architettura ve ne sono molti, mancano invece quei testi che possono introdurre lo studioso e soprattutto lo studente ai problemi del ""fare"""" architettura. Rogers ebbe l'ambizione in tutta la sua attività di studioso, di docente e di architetto di coltivare con passione questo interesse. Lo fece con la sapienza di un autentico maestro, legato alla grande lezione di Gropius, ma ben consapevole della crisi che aveva colpito, nel secondo dopoguerra, anche la veneranda scuola del Bauhaus. Questo testo mette a nudo tutte le difficoltà connesse alla progettazione: attività che Rogers considera una vera missione per dotare l'uomo di una casa, di un ambiente in generale, che sia organico alle esigenze del nostro tempo."" -
L' intelligibilità della storia. Critica della ragione dialettica. Vol. 2
Quest'opera, redatta tra gli anni 1958-1962 e rimasta incompiuta, costituisce il secondo tomo della Critica della Ragione dialettica. Il testo, interamente dedicato alla intelligibilità della Storia, teatro delle relazioni conflittuali intersoggettive e luogo del divenire dell'uomo, si rivela come uno tra i libri più suggestivi della filosofia di fine Millennio. Le analisi sartriane offrono l'occasione di riflettere sulla condizione del vivere e sul progressivo cammino dell'esperienza critica, indispensabile alla costituzione di una società libera ed autonoma. Sartre pone sul tappeto un nodo cruciale dei nostri tempi: il ""sociale"""" non è e non può essere sottoposto al """"politico"""" e la Storia è il terreno su cui si gioca questo conflitto. È nella lotta ed a causa di essa che gli uomini vivono la penuria, nel movimento stesso che tende ad oltrepassarla. L'esperienza critica, cui Sartre si appella, potrebbe essere la via per rintracciare l'intelligibilità diacronica delle trasformazioni storiche e il difficile rapporto tra la singolarità della praxis e la oggettività della Storia. Infine, e non meno importante nel giudizio complessivo di questo testo, è soprattutto l'immagine di se stesso che Sartre dona al lettore; l'immagine di un uomo drammaticamente coinvolto in prima persona in tutti gli avvenimenti della storia concreta, o delle infinite storie che contraddistinguono l'avventura umana; l'immagine di un Sartre che cerca di comprenderlo, ma che sa benissimo di non riuscire nell'intento."" -
Oltre la storia dell'arte. Alois Riegl, protagonista della cultura viennese
Riegl è un importante esponente della Scuola di Vienna di storia dell'arte. Egli svolse un ruolo rivoluzionario nella rivalutazione delle arti minori (arte popolare, arte ornamentale, architettura) e delle cosidette epoche di decadenza (arte tardoromana, barocca, dell'Ottocento); nella scoperta del ruolo dell'osservatore e nella nascita dell'estetica della ricezione; nell'industria artistica, a partire dalla raccolta sull'arte applicata nel MAK viennese (Museum für Angewandte Kunst) di cui fu direttore; nei fondamenti della conservazione dei monumenti come disciplina autonoma. -
La liberté cartésienne. Dialogo sul libero arbitrio
"La liberté cartésienne"""" di Jean-Paul Sartre è uno scritto emblematico nella storia della filosofia del Novecento. Pubblicato nel 1946, subito dopo la conclusione della Seconda guerra mondiale, ripropone il problema del libero arbitrio a ridosso di un momento storico in cui la libertà era stata soffocata in gran parte d'Europa. Il saggio apparve nella collana """"I classici della libertà"""", fondata da un importante studioso dello """"spirito borghese"""", Bernard Groethuysen. Secondo il modello editoriale, cui partecipò anche lo storico Lucien Febvre, il saggio introduceva a un autore che documentava con i suoi scritti la continuità e la trasformazione dell'ideale """"classico"""" di libertà nella storia della coscienza europea. La nozione di libertà che Sartre delinea trae origine dal recupero del concetto di libertà, così come pensata da Cartesio, caratterizzata dalla possibilità e dall'autonomia della scelta. Al di là dei confini confessionali, il libero arbitrio è proposto come un valore """"transtorico"""", """"secolarizzato"""", oggi si direbbe dell'uomo multiculturale. Sartre considera Cartesio come il filosofo che in un'epoca """"autoritaria"""" pensa la libertà dei moderni. A lui fa risalire con la dottrina del cogito, la dottrina della democrazia. Questo testo sartriano, inedito in Italia, viene qui presentato insieme con i brani di Cartesio ai quali Sartre fa riferimento. L'edizione offre così una lettura comparata e quasi un dialogo tra due maestri del pensiero occidentale." -
La cèntina e l'arco. Pensiero, teoria, progetto in architettura. Ediz. illustrata
"Se ho imparato qualcosa dopo tanti anni dedicati a questi temi è che qualsiasi tentativo di costruzione teorica nel nostro ambito deve, fin dall'inizio, assumere un ruolo ausiliario, una condizione secondaria, subordinata alle opere, che sono le autentiche depositarie della conoscenza tanto in architettura quanto in qualsiasi altra attività artistica. Questo carattere ausiliario che attribuisco alla teoria nel campo dell'arte non diminuisce per niente la sua importanza, né nega il suo valore decisivo. È come la cèntina che rende possibile la costruzione dell'arco: una volta compiuta la sua missione, scompare e non rientra nella percezione che abbiamo dell'opera finita, ma sappiamo che è stato un passaggio obbligato e imprescindibile, un elemento necessario a erigere quello che ora vediamo e ammiriamo."""" (Carlos Martí Arís)" -
L' architettura difficile. Filosofia del costruire
Oggi l'architettura riscuote un grande successo. È persino ovvio: più essa si spettacolarizza, e più essa viene spettacolarizzata. Ma proprio questo successo potrebbe essere l'indice di una crisi di senso. E una crisi di senso si apre quando una disciplina smarrisce le cause essenziali per cui essa esiste e per cui dovrebbe agire, progettare e costruire. Guardando una parte certo non minoritaria dell'architettura contemporanea, quella più gettonata sulle riviste di ogni genere, si ha l'impressione che l'architettura si esaurisca in un gioco di forme, rese sempre più insolite e quasi impenetrabili. Se non che tutte queste forme, proprio come quelle della moda, vanno presto incontro a una certa stanchezza e inflazionandosi si svalutano rapidamente. In questa situazione sembra più che opportuna una riflessione filosofica sugli scopi e sull'essenza del costruire. Una riflessione, come quella sviluppata in questo libro, che si confronta in modo serio e rigoroso con il significato attribuito all'architettura da Platone e da molti altri pensatori e artisti, in particolare Mondrian e Joseph Beuys. Ne risulta una sorta di mappa filosofica, necessaria oltre che per capire e criticare l'attualità, anche per cercare risposte progettuali migliori, provviste di senso e valore non effimero. -
Nietzsche e il cristianesimo
Alla vigilia della seconda guerra mondiale uno dei più grandi filosofi del Novecento. Karl Jaspers, viene cacciato dall'Università di Heidelberg. dove insegnava, poiché marito di un'ebrea. Successivamente, seppur in condizioni di libertà vigilata, egli trova il coraggiosi pronunciarsi in due pubbliche conferenze su un tema assai spinoso quale il rapporto tra Nietzsche e il cristianesimo. Jaspers, consapevole del pericolo mortale cui va incontro la civiltà tedesca assoggettata al nazismo, vede quanto l'ideologia nazista può trovare terreno fertile in Nietzsche e, in particolare, nell'interpretazione strumentale della sua teoria del Superuomo. Perciò il suo discorso si concentra preliminarmente sulla necessità di leggere Nietzsche nel contesto generale della sua opera: non si può isolare un frammento nietzschiano e attribuirgli valore assoluto. Jaspers sottolinea il punto nodale della speculazione nietzschiana. Figlio di un pastore protestante. Nietzsche non ha fede nel cristianesimo: dichiara la morte di Dio e annuncia che l'uomo europeo è ormai entrato nell'epoca del nichilismo. Jaspers non si stanca però di ammonire: tanto compiaciuta è la critica nietzschiana al cristianesimo, altrettanto preoccupato è Nietzsche circa il futuro dell'uomo europeo dopo l'avvento del nichilismo. Il Superuomo dev'essere dunque un individuo capace di rinunciare all'illusione di Dio. -
Difficoltà politiche dell'architettura in Italia 1920-1940
In un'intervista del 1980 Giulio Carlo Argan ricordava come ""durante il fascismo siamo stati indotti spesso a dare un significato politico quasi simbolico a cose e persone che originariamente non l'avevano, ma che lo acquisivano nella nostra amara coscienza"""". La testimonianza arganiana, che si riferiva all'architetto tedesco Walter Gropius e ad altre figure magistrali europee, la cui opera veniva assunta in Italia quale viatico nelle battaglie culturali contro le posizioni più reazionarie espresse dagli zelatori del regime mussoliniano e per cercare di mantenere un collegamento con l'Europa, sintetizza efficacemente la miseria morale ed il provincialismo, non tutto fascista, dell'Italia di allora. Delle """"difficoltà politiche"""" dell'architettura, arte pubblica per definizione, con accenti accorati, Giulia Veronesi, prima e primaria critica e storica dell'architettura moderna, nonché """"grande rimossa"""" della cultura italiana, ci parla in questo clamoroso libro del 1953 che adesso viene riproposto, anzi, riprodotto, essendo apparso doveroso il mantenimento delle caratteristiche grafiche (secondo un gusto ancora anni Quaranta) dell'antica ed unica edizione."" -
Pensare l'arte
Pensare l'arte come museo immaginario delle opere più amate e frequentate da Jean-Paul Sartre: dagli americani Hare e Calder, agli artisti da lui scoperti, come Wols, fino a Giacometti, Masson, Lapoujade e Rebeyrolle, ai quali era legato da profonda amicizia. Testimoni di questi rapporti restano i saggi raccolti nel presente volume, che offrono materiale indispensabile per ripercorrere le riflessioni di Sartre sull'arte figurativa, dai Mobiles di Calder, 1946, fino ai quadri di Rebeyrolle, 1970; essi inoltre sono indicatori della sua familiarità con le opere dei maggiori esponenti delle avanguardie artistiche: Picasso, Breton e il Surrealismo, senza dimenticare Klee e Van Gogh. Come suggerisce Michel Sicard, nell'introduzione, il costante riferimento a temi quali spazio, tempo e movimento, bellezza o modernità, rivelano le coordinate di un'estetica, mai scritta da Sartre. Questo volume raccoglie tutti insieme e in versione integrale, i lavori di Sartre sull'arte contemporanea. -
La voce dell'amico. Sul prodigio dell'ascolto
All'origine di questo saggio c'è un libro che, colto una lontana prima volta, non ha cessato poi di voler essere riguardato, riascoltato, lasciato penetrare fino al fondo di sé. Il libro è ""Essere e tempo"""" di Heidegger. Qui la """"voce dell'amico"""" non va confusa con l'esperienza quotidiana dei rapporti sociali, né ridotta a quella scaglia superficiale e volatile delle abituali conversazioni. Essa invece si offre come evento radicale, come ciò che, rompendo il guscio dell'ego, dispone l'apertura originaria dell'uomo al mondo. Ma si da, nell'esperienza concreta, questo genere di amicizia? Nella riflessione di Francois Fédier entra a questo punto un altro testo capitale e mostra in atto la totale e perfetta amicizia: si tratta delle pagine memorabili che Montaigne, negli """"Essais"""", dedica all'amico Etienne de La Boètie. Lo """"stato di amicizia"""", quale forma del """"reciproco beneficarsi"""", sperimentato mentre l'amico era in vita, si protrae ancora nel tempo ulteriore dopo la sua morte, prodigiosa conferma di un singolare fenomeno. Il saggio che leggiamo qui è duplice: la """"voce dell'amico"""", apparizione sorprendente in """"Essere e tempo"""", ha suggerito a Fédier un primo intervento pubblicato in tedesco. Ma, a significare una fascinazione ininterrotta, l'autore ritorna sul tema con una nuova riflessione in francese, per pensare """"meglio"""", per intendere """"di più""""."" -
Il buon abitare. Pensare le case della modernità
"Il buon abitare studia"""" le relazioni esistenti tra le diverse modalità dell'abitare, le correnti del pensiero contemporaneo, le forme della casa e i modi di progettarla. La tecnica espositiva scelta è quella della visita guidata ad un piccolo gruppo di case, reali o immaginarie, attraverso le quali restituire un panorama descrittivo di ciò che il XX secolo ci ha lasciato in eredità. Per riuscire nell'intento l'autore opera una riduzione, che consiste nel rendere visibili i vari archetipi attraverso esaltazione dei loro tratti più evidenti: come succede nelle caricature, isolando solo alcuni aspetti particolari ci si allontana dalla realtà ma si chiariscono le differenti caratteristiche peculiari. Non si tratta di un manuale di architettura domestica: il testo non vuole essere una riflessione sulle tecniche progettuali bensì sui modi di abitare, di appropriarsi dello spazio privato e, per estensione, dello spazio pubblico: una riflessione, dunque, sulla qualità dell'abitare. Per questo l'autore ha utilizzato un linguaggio non specialistico e, soprattutto, riferimenti che appartengono più alla cultura generale che all'ambito strettamente disciplinare. Di fatto il saggio scorre con ritmo rapido, nella convinzione, espressa dallo stesso autore, che i migliori libri siano quelli che possiamo fare nostri e sviluppare in direzioni imprevedibili." -
Socrate e la cura dell'anima. Dialogo e apertura al mondo
Questo libro affronta la cura dell'anima in Socrate e nel mondo greco. Lo fa mettendo in luce l'attualità di tale pratica, la sua capacità di fornire risposte alle problematiche esistenziali che ognuno di noi, prima o poi, si trova a dover affrontare nel corso della propria vita. Muovendo dalle molteplici ""cure dell'anima"""" diffuse nella Grecia antica (nel mito, in Omero, nell'Orfismo, nei Presocratici) viene dimostrato come il passaggio alla nozione di anima a noi comunemente nota, quella di un'anima sede della personalità individuale e morale dell'uomo, avvenga proprio con Socrate. In particolare, viene messo in risalto come questa nozione sia alla base di tutte le discipline che nella cultura occidentale si sono cimentate con il problema dell'anima, della sua felicità e della sua virtù. La cura socratica dell'anima è in sintesi - questa la tesi centrale del libro - radicalmente dialogica. E una terapia che si costituisce come un confronto, come una apertura al mondo in tutte le sue sfaccettature, e che, analogamente a quanto avviene nelle moderne pratiche del counseling filosofico, aiuta a capire i problemi che si incontrano nella vita quotidiana per imparare ad affrontarli in modo creativo e intelligente. Scritto in modo chiaro, il libro si presenta inoltre come una sorta di biblioterapia: la cura socratica dell'anima viene infatti affrontata a partire da un ricco materiale antologico, tratto da alcuni dei più sublimi testi della letteratura filosofica antica."" -
Andy Warhol ed io. Cartoline dal tempo della pop art
Questo libro racconta la vera storia del curioso, insolito ed intenso rapporto che l'autore ebbe con Andy Warhol, vera e propria icona dell'arte del XX secolo. Tutto comincia nel 1961 a New York quando Ivan Karp, l'allora braccio destro del celebre gallerista Leo Castelli, combinò un incontro tra Andy Warhol e Paolo Barozzi ed egli si recò alla Factory per intervistarlo. L'autore ebbe modo di conoscere Warhol proprio nel momento in cui stava prendendo una decisione radicale: lasciare il mondo della pubblicità, dove aveva riscosso grandi successi, per dedicarsi totalmente all'arte. Così, nel corso di pochi anni Warhol arrivò a insidiare il primato di Jackson Pollock nel mondo dell'arte americana, tanto da rappresentare l'America e il sogno americano meglio di chiunque altro in quegli anni, gli anni Sessanta, gli anni degli hippies, di Martin Luther King, dei fratelli Kennedy, del Vietnam ecc.: «Tutti hanno una propria America, tutti hanno frammenti di un'America immaginaria che credono esista ma che non possono vedere» diceva Andy. Ma Barozzi è incuriosito soprattutto dal lato umano dell'artista, quello che si cela dietro il ""personaggio Andy Warhol"""", che Andy stesso si è creato affermando «Voglio essere una Macchina!». Warhol, fedele alla sua creazione, voleva rimanere un mistero, ma da quel giorno lontano in cui lo conobbe per la prima volta fino alla sua morte, l'autore ebbe modo di incontrarlo in varie occasioni durante le quali potè vederlo senza la maschera abituale."" -
Architetti italiani nel Novecento
Grazie ai saperi dell'erudito e all'intelligenza dello storico che non teme di proporre inquadramenti di lunga gittata e a quella del critico che bene intende significato e ruolo dei protagonisti dell'architettura italiana del Novecento e delle loro opere, Guido Canella, uno dei maestri della nostra cultura del progetto, attraverso queste pagine ricche di notazioni acute, capaci di cogliere il disegno complessivo e l'interazione fra circostanze specifiche di poetica, di stile e di luogo e intenzioni riferibili a tendenze generali, ai tempi della storia, consegna a colleghi, studenti non sviati dalla ricezione passiva di mode e stereotipi del divismo architettonico moderno, e lettori impegnati, un'attesa, ricca selezione dei suoi saggi più rappresentativi, scritti entro un arco di trent'anni. Con i suoi studi Canella affianca e addirittura integra, pure nel nome di interpretazioni talvolta ideologiche, politiche insomma, tuttavia tanto libere quanto oggettive quelle dei più accreditati e mitizzati critici e storici di professione, attivi tra settima e ottava decade dell'altro secolo. E Canella si vuole ed è, per certo, architetto progettista, ma, nondimeno (da allievo di Ernesto Rogers), intellettuale versato nella riflessione critica alla quale applica uno sguardo non breve. -
La ragione degli edifici. La scuola di Milano e oltre
Questo libro è formato da tre parti. Una prima in cui si vuole mettere in evidenza la contraddizione, che è stata al fondo del dibattito teorico nel Novecento, fra complessità e semplificazione come matrici del pensiero sull architettura. Questa contraddizione è risolvibile solo adottando un principio: quello della ricerca della ragione di tutte le cose, in architettura della ragione degli edifici. Una seconda parte che affronta il lavoro di alcuni protagonisti dell'architettura italiana del Novecento che hanno posto alla base del loro progetto tale ricerca. Si tratta di alcuni architetti, Albini, Gardella, Rogers, Asnago e Vender, Rossi, Grassi e, insieme a loro, Libera, l'architetto romano più vicino ai milanesi, che insieme ad altri costituiscono una scuola di pensiero ben riconoscibile: la Scuola di Milano. Una scuola che fonda i suoi principi nell'illuminismo, una scuola che trae alimento dai filosofi vicini ad Antonio Ranfi e che ha una sua continuità nel tempo. Una scuola contesa da Milano e da Venezia, città dove questi architetti hanno insegnato. Infine una terza parte che introduce la nozione di realtà come spettacolo non solo da conoscere, come vorrebbe un razionalismo convenzionale, ma da mettere in scena con le forme dell'architettura. E stato Aldo Rossi a indicarci questa strada, insieme a tutti gli artisti che ha riportato fra noi, per la sua e la nostra consolazione. -
Atmosfere, estasi, messe in scena. L'estetica come teoria generale della percezione
Perché mai l'estetica dovrebbe occuparsi principalmente, se non esclusivamente, dell'arte? Non dovrebbe invece, spostare l'attenzione dall'arte, e dal ""discorso"""" che se ne fa (ermeneutica e semiotica), alla percezione? E, di conseguenza, dal bello al più generale coinvolgimento corporeo ed emozionale dell'uomo nel proprio ambiente? È proprio nel quadro di una """"estetica ecologica"""" di questo genere, in grado di comprendere (anche criticamente) il processo di estetizzazione diffusa che conferisce alla nostra società il carattere di una """"messa in scena"""", che Gernot Böhme presenta qui, in modo chiaro e originale, i capisaldi di una nuova estetica intesa appunto come percettologia. Interessata ai modi in cui la realtà ci appare e influenza i nostri stati d'animo, la nuova estetica (aistetica) si concentra, allora, da un lato sulle atmosfere, cioè sui sentimenti che, diffusi nello spazio, ci vengono incontro prima di qualsiasi percezione specifica e della distinzione stessa tra soggetto e oggetto, dall'altro sul cosiddetto """"lavoro estetico"""", vale a dire sul modo in cui si possono generare professionalmente tali atmosfere. Quest'opera di Böhme si rivela perciò particolarmente utile a chi si occupa di estetica non solo teoricamente ma anche praticamente, non da ultimo perché reinterpreta i problemi tradizionali dell'estetica alla luce di un'acuta analisi critica dei processi spesso occulti di manipolazione (politica, mediatica, pubblicitaria) della nostra sensibilità.""