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Terra degli uomini
Incentrato su esperienze in gran parte autobiografiche, sorretto da uno stile intenso e poetico, ma di una poesia vera e mai ridondante, ""Terra degli uomini"""" rappresenta senza dubbio - insieme al precedente """"Volo di notte"""", pubblicato in questa stessa collana - uno dei capolavori dedicati all'epoca pionieristica dell'aviazione civile. Ma al di là di questo, al di là delle avventure dei piloti Jean Mermoz e Henri Guillaumet, """"Terra degli uomini"""" è soprattutto l'epopea del coraggio individuale, visto però non come fine a se stesso, ma come mezzo per dare un senso alla propria vita: """"L'uomo scopre se stesso allorché si misura con l'ostacolo"""", scrive Saint-Exupéry; ed è proprio la scoperta di sé ciò che si cela dietro il mondo avventuroso del grande scrittore francese, una scoperta che sta al centro anche della sua opera più famosa, quel """"Piccolo Principe"""" per il quale è diventato uno degli autori universalmente più letti. Ma, come dimostrano tante pagine di """"Terra degli uomini"""", accanto a questa consapevolezza individuale c'è l'aspirazione di ogni uomo ad appartenere a una stessa comunità; è proprio questo che lo scrittore vede nelle rare luci accese qua e là, mentre sorvola di notte paesaggi minacciosi e pianure deserte."" -
Poesie d'amore 2005-2018
«Poesie d’amore di Valentino Bellucci è un canzoniere amoroso che si muove tra gioiosa fisicità carnale e appassionante proiezione visionaria. All’interno di questi due poli espressivi si libera e “scalpita” il frequenternrovello ragionativo del pensiero poetante di Bellucci: un rovello fondamentalmente lirico e proiettivo che svolge anche una sua funzione catartica, direi perfino – grazie alla poesia – quella funzione anche terapeutica che le è propria...»rnDalla prefazione di Luigi Fontanella -
Venezia da non perdere. Guida ai 100 capolavori
La città è presentata in tutta la sua magnificenza attraverso una selezione di capolavori organizzati in un percorso geografico che, partendo dal Sestiere di San Marco, tocca quelli di San Polo e Santa Croce, Dorsoduro, Cannaregio e Castello per concludersi nell'isola di San Giorgio Maggiore. In particolare, vengono illustrati i mosaici della Basilica di San Marco, i grandi cicli pittorici delle Scuole, il Palazzo Ducale, la Galleria dell'Accademia e siti come il Ponte di Rialto e il Teatro della Fenice. -
Sulla Vistola
Nei suoi oltre mille chilometri di percorso, la Vistola attraversa quasi tutta la Polonia bagnando città come Cracovia e Varsavia, ma anche un gran numero di shtetlekh, il classico shtetl ebraico, dai quali era punteggiata, prima della shoah, la campagna polacca. Israel Singer, figlio di un rabbino polacco e maestro di celebrati romanzi familiari quali ""La famiglia Karnowski"""" e """"I fratelli Ashkenazi"""", e a proposito del quale Claudio Magris ha parlato di """"ultimo 'classico' della letteratura yiddish, e quindi uno degli ultimi classici del romanzo ottocentesco"""", mostra nei suoi racconti, tuttora largamente inediti, una variegatissima galleria di personaggi e situazioni paradossali e comiche tipiche della vitalità e dell'ironia della cultura ebraica. Da Flich Maïdaniker, poverissimo venditore ambulante di setole di maiale che nel racconto """"Era scritto"""" diviene inopinatamente """"borghese"""", alle profonde e ridicole diatribe tra i due villaggi di Grobitze e Podgurna a proposito delle loro sinagoghe in Sabbia, fino ai punti di vista opposti dei due rabbini in """"Espiazione"""" e il senso dell'appartenenza religiosa e culturale del povero bovaro Hirsh Leib in """"Primavera tardiva"""", si dispiega una grande quantità di personaggi e situazioni che rispecchiano in modo magistrale la favolosa cultura e il finissimo senso dell'humour del mondo ebraico."" -
Viaggio in Albania
Viaggio in Albania, qui per la prima volta tradotto in italiano nella sua interezza, raccoglie l'insieme dei reportages che il grande narratore scrisse in occasione del suo viaggio in Albania nel 1927 in veste di corrispondente della ""Frankfurter Zeitung"""". Scritti con l'humour e la sensibilità ben noti ai suoi lettori, gli articoli sono penetranti descrizioni di quei luoghi: la terra e la natura aspra; il popolo albanese con le sue peculiarità e tradizioni, i suoi cerimoniali nazionali e lo stile di vita; le antiche città dalle suggestioni bibliche e quelle più moderne protese faticosamente al raggiungimento di una qualche forma di progresso: il tutto senza rinunciare mai alla notazione pittoresca, né ad un'attenta analisi storico-politica. L'autore è colpito soprattutto dagli elementi ancora arcaici che caratterizzano il popolo e i costumi albanesi in quei primi decenni del Novecento; a paragone del grande e ormai smembrato impero da cui Roth proveniva, questa ex provincia dell'impero ottomano non poteva non apparirgli ben distante dalla 'civilizzata realtà che aveva conosciuto, sebbene con la consueta ironia Roth non risparmi nemmeno gli stessi 'europei', osservando che molto spesso tradizioni e costumi occidentali non risultavano poi così differenti, e a volte neppure superiori. Lungi dall'essere solo un marginale frammento nell'opera dello scrittore austriaco, questo racconto ha per il lettore italiano un interesse e un'attualità ancora maggiori: quella cioè di una lucida testimonianza sulla cultura di origine - solo in parte modificata dai decenni di totalitarismo marxista-leninista - di un popolo divenuto ormai una componente, sempre più positivamente integrata, della nostra società."" -
Mia madre e la musica
Dopo ""Una serata non terrestre"""", con i tre racconti compresi in questo volume, tutti appartenenti agli anni della maturità (1934-1935), concludiamo la serie di scritti autobiografici di Marina Cvetaeva. I due maggiori """"Mia madre e la musica"""" e """"Il diavolo"""" sono tra i racconti più famosi della grande scrittrice. Il primo di essi, oltre a rappresentare una bellissima testimonianza autobiografica sul difficile rapporto con la madre pianista e con la sorella Asja, offre una chiave importante per penetrare nel complesso modus poetandi di Marina, la cui poesia fortemente musicale si lega indissolubilmente anche e proprio con le sue esperienze infantili al pianoforte, sentite soprattutto come un'imposizione materna, ma non per questo meno fondamentali nella sua formazione. Il più breve e molto meno noto racconto """"La fiaba di mia madre"""" costituisce un ulteriore tassello di questo apprendistato ancor più esistenziale che musicale-letterario; in un'atmosfera quasi irreale, rarefatta, assistiamo qui alla competizione tra Marina e Asja per ricevere l'attenzione della madre. Su un versante diverso ma anche complementare, e che potremmo definire in un certo senso 'etico', sta """"Il diavolo"""". Qui il peccato e il mistero risiedono nel """"desiderio segreto"""" di Marina bambina, primo germe di un senso di diversità esistenziale, di separatezza, persino di solitudine, difeso e combattuto dalla Cvetaeva per tutto l'arco della sua vita."" -
Dono dell'ebbrezza. Testo spagnolo a fronte
"... 'Dono dell'ebbrezza' è la prima emanazione di una poesia che nel suo insieme sentiamo - osserva Antonio Gamoneda - come 'un essere vivente', coerente, necessario, prima ancora che una fictio letteraria, un essere mosso dall'urgenza di conoscersi e di comprendersi. Siamo di fronte dunque a un'esperienza poetica che ha come obiettivo principale la conoscenza dell'unione vitale tra le cose, e di fronte a un processo creativo che si mette a nudo, che si interroga e ci interroga sul vero significato e sulla vera funzione di quella irrazionalità così tante volte segnalata dai critici. L'irrazionalità affiora, in verità, come espressione rituale dell'io del giovane poeta a celebrare la totalità del creato, i legami profondi tra uomo e natura, tra la chiarità dell'ebbrezza intuitiva e l'oscurità del corpo umano e della materia. L'irrazionalità è dunque uno strumento per accostarsi al mistero dell'esistenza, al mistero della parola che aspira a dirlo, ma senza mai sottrarsi allo sforzo interpretativo, all'ansia di decifrare il senso più vero e ultimo della realtà..."""" (dalla prefazione di Pietro Taravacci)" -
Il tesoro di Franchard
"Se non ha mai cercato tesori nascosti, si può facilmente affermare che Henry James non è mai stato un bambino"""": questa fu la risposta di Robert Louis Stevenson all'osservazione di Henry James, un po' acida nei suoi confronti, che aveva scritto: """"Sono stato bambino, ma non sono mai andato alla ricerca di un tesoro nascosto"""". I due scrittori divennero poi grandi amici, e l'ammirazione tra i due era genuina e reciproca; tuttavia, quella breve polemica è ancora oggi rivelatrice di due differenti sensibilità e, di conseguenza, di due modi di intendere la narrativa. Non si tratta d'altra parte di pura e semplice avventura: a Stevenson interessa l'avventura in quanto proiezione concreta dell'uomo, dei suoi istinti non meno che dei suoi desideri; e per lui il tesoro è anche, forse soprattutto, il simbolo di una forza che può diventare demoniaca, un potere che può cambiare radicalmente gli individui fino a renderli schiavi, ed è di fronte a questo potere che ruota l'ambiguità morale dei suoi personaggi. """"Il tesoro di Franchard"""" (1887) - romanzo poco noto ma godibilissimo del grande autore scozzese - non ha l'ampiezza narrativa e la carica d'avventura de """"L'isola del tesoro"""" (1883); rispetto a quel capolavoro pare più uno studio di caratteri, alle prese con una ricchezza del tutto inaspettata. Anche qui uno dei protagonisti, Jean Marie, è un ragazzo, una sorta di trovatello con alle spalle un breve ma già problematico passato; e l'uomo che si incarica della sua educazione, Henri Desprez, è un eccentrico signore tutto preso dai suoi studi e dalla sua filosofia, ma che nasconde - come scrive Dario Pontuale nella postfazione - """"quella doppia anima che brucia indefessa in molti personaggi stevensoniani""""." -
Festa e altre poesie. Testo russo a fronte
"Festa e altre poesie"""" raccoglie una ricca selezione dell'opera poetica di uno dei maggiori poeti russi contemporanei, Sergej Gandlevskij. La sua poesia, fiorita negli ultimi anni dell'epoca sovietica e dunque a contatto con le esperienze del """"samizdat"""" dell'undeground moscovita, costruisce un originale ponte con la grande poesia russa dell'Ottocento e del primo Novecento, e tanti sono i richiami espliciti a poeti, da Puskin e Lermontov a Mandel'stam e Chodasevic; mentre un certo tono beffardo e malinconico, e la spregiudicatezza con cui l'io-personaggio si getta nel mondo possono forse avvicinarlo a Sergej Esenin. Ma con Gandlevskij si afferma una personalità poetica nuova, forte e originale, da un lato molto incline alla vita e alla lingua di tutti i giorni, dall'altro profondamente meditativa e di rara eleganza formale nella sua ostinata ricerca lessicale e nella sua grande consapevolezza metrica. Come ha scritto egli stesso: «Né la bellezza delle immagini né la profondità di pensiero potrebbe salvare una poesia, se il lettore non provasse semplicemente gioia a pronunciarne le strofe o perfino i versi»." -
Rischiar per gioco. L'azzardo come patologia sociale
"Il gioco è un'attività tipicamente umana che, pur nel rispetto di regole, apre all'imprevisto, alla fantasia, alla creatività. Certo i significati che si sono aggregati intorno a questa parola fascinosa e a suo modo ambigua sono molteplici (mettersi in gioco, stare al gioco, la posta in gioco, il gioco della vita) e molti si riferiscono non tanto all'attività del giocare, ma a significati ulteriori di carattere psicologico, etico, filosofico. Il gioco è di per sé anche un'attività saltuaria, intermittente, non si può giocare sempre. Non a caso si dice che uno è un giocatore non perché gioca, ma gioca con determinate caratteristiche di continuità, quando quel particolare gioco diventa la sua professione, il suo lavoro: un lavoro appunto, o un'ossessione, non più un gioco. Nessuno dice di un ragazzo che gioca al pallone con altri coetanei che è un calciatore; o, se uno gioca a tennis con gli amici, che è un tennista. È da chiedersi allora come il gioco possa diventare una patologia comportamentale che genera e giustifica un forte allarme sociale, e una patologia che colpisce in modo significativo i nostri adolescenti. Il buon senso suggerisce che ciò avviene quando il gioco non serve più a giocare in senso ludico ma è lo strumento per un fine diverso, di carattere lucrativo, attraverso un meccanismo di tipo casuale e aleatorio che non mette in gioco, se non in parte, sovente minima, la bravura dell'operatore."""" (Dalla Prefazione del professar Ivano Paci)" -
Domani
Piccolo capolavoro del grande narratore, “Domani” (“Tomorrow”, 1903) è il racconto di un'ossessione - quella egoista del vecchio capitano Hagberd, che trascorre le sue giornate in attesa del ritorno del figlio, fuggito di casa per cercare fortuna sul mare - ma è anche il racconto di un'altra attesa, quella della giovane Bessie, l'unica persona del piccolo porto di mare che dà ancora ascolto al vecchio, cercando di consolarlo. A poco a poco, infatti, anche Bessie comincia a intravedere per lei una speranza legata a quel ritorno. Come nel racconto “Amy Foster”, da poco pubblicato in questa stessa collana, anche qui Conrad delinea splendidamente il destino di due personaggi diversissimi tra loro eppure legati dalle circostanze della loro vita; un destino che niente può più cambiare, neppure il ritorno, ormai insperato, di quel figlio. -
Nel cielo nero dell'Italia. Poesie e prose
Aleksandr Blok viaggiò in Italia insieme alla moglie Ljuba nel 1909. Era un anno difficile per la Russia, ancora sconvolta dalla rivolta del 1905 repressa nel sangue, e dove lo scollamento con il regime dello zar diveniva sempre più vistoso e irreparabile. Echi di quella tempestosa situazione compaiono anche in queste pagine, che riuniscono per la prima volta tutti gli scritti di Blok dedicati all'Italia, in primo luogo le bellissime poesie (qui proposte con il testo originale a fronte), ma anche le prose di Lampi d'arte - un'opera mai conclusa, iniziata nell'autunno di quello stesso anno - delle Lettere e dei Taccuini. Blok e Ljuba visitano buona parte delle più belle città del centro e nord Italia: da Venezia a Firenze, da Ravenna a Perugia, da Milano ad Assisi, in un 'grand tour' concitato, che a tratti assume quasi l'aspetto di un vero 'tour de force': ma la sensibilità e gli occhi del poeta sono sempre attentissimi, scrupolosi nel decifrare i dettagli di ciò che vede, e in particolare nel seguire le tracce di un passato di bellezza tanto storico quanto ideale, nel quale trovare un agognato rifugio, ricongiungendosi a quel mondo dell'arte che per il poeta russo era il suo vero ""mondo personale"""". Ma l'Italia di Blok è anche un paese tragico, e proprio """"per il fruscio sotterraneo della storia, assordante e irreversibile""""; anche se - aggiunge il poeta - """"la gran parte di queste cupe impressioni dipende da me: neppure il sole italiano potrà mai dissipare gli incubi russi""""."" -
Dopo l'inverno e altri racconti indediti
Introdotti da una breve riflessione dell'autrice, ""Dopo l'inverno"""" raccoglie una serie di racconti che vengono per la prima volta tradotti in italiano. Si tratta di storie esemplari del mondo di questa grande scrittrice, nelle quali i lettori potranno ritrovare i suoi temi principali, in particolare le difficoltà nei rapporti tra i sessi, il nuovo senso di ribellione e autonomia delle donne, e, insieme, i problemi connessi alla questione razziale, in quella Louisiana creola che faticava ancor più di altri Stati americani a riconoscere il processo di integrazione dei neri avviato dopo la Guerra Civile. Ancora una volta questi racconti mostrano come la lontana e """"piccola"""" Louisiana di Kate Chopin si allarghi fino a costituire un campionario di personaggi e di situazioni che restano ancora oggi all'ordine del giorno, e in nessun modo confinate a quello spicchio di mondo, come l'attualità della nostra Europa continua a insegnarci, spesso purtroppo tragicamente."" -
Del cielo e le sue meraviglie, della terra e le sue miserie
Di padre greco e madre messicana, Aridjis pare sintetizzare nella sua opera tutta una serie di miti e culture anche apparentemente distanti e contrastanti; nelle sue pagine pulsa sempre però una storia viva, nella quale anche la cronaca, spesso violenta, si apre a risvolti metafisici, in un continuo dispiegamento di forze tra il bene e il male. Ne risulta un universo poetico e narrativo complesso e affascinante, un immenso crogiolo di immagini ai quali il poeta attinge, di volta in volta, per rappresentare meraviglie e miserie del nostro mondo. In questo quadro, ""Del cielo e le sue meraviglie, della terra e le sue miserie"""", che è l'ultima raccolta di Aridjis, si presenta come una vera e propria summa della sua scrittura: tutti gli elementi paiono confluirvi in un grande affresco universale, in un'opera veramente 'totale', alla ricerca di quel punto di unione e di comunione che costituisce l'humus militante non solo dell'opera, ma della sua stessa vita. Né, d'altra parte, possono mai mancare gli accenti più intimi, perché la poesia di Aridjis, come ha scritto Juan Ruffo, «è un simbolo dell'amore, nel suo significato più nobile»; è questo amore che costituisce il ponte tra terra e cielo, ed è attraverso di esso che la poesia di Aridjis «accende la realtà delle immagini, facendo della vita una sorella del sogno» (Yves Bonnefoy)."" -
Paradigma di esse
"Quando, pochi anni fa, Evaristo Seghetta Andreoli mi chiese di scrivere sulla sua poesia, mi si presentò come un autore nuovo, che mi invitasse ad avventurarmi in un bosco di parole che fino ad allora l'aveva abitato e chiedeva di essere espresso. E in effetti ogni poeta che vuole essere tale deve dare voce a un suo lucus o nemus. E così mi avventurai, con la perplessità che destano gli autori nuovi perché, come scrisse Henry David Thoreau: 'Sono allarmato quando capita che ho camminato un paio di chilometri nei boschi solo con il corpo, senza arrivarci anche con lo spirito'. Ma qui, il bosco inteso come 'primordiale sede dell'uomo', urgeva per 'fare anima', nell'essere, appunto anemos, vento che traversa la vita, che è vita e chiamava al dialogo lo spirito del lettore. E ogni volta che leggo una sua poesia sento vibrare il mistero del suo bosco perché, come scrisse San Bernardino di Chiaravalle: 'Troverai più nei boschi che nei libri. Gli alberi e le rocce ti insegneranno cose che nessun maestro ti dirà'. E qui, per noi, il riferimento è chiaramente al lucus di cui sopra. Ora Seghetta Andreoli ha scaltrito il suo linguaggio in un rapporto con la pagina come se fosse un fotogramma filmico, un'immagine ferma e insieme scorrevole del proprio divenire, dove il corpo stesso vibra nella sua dinamica, dà forma e sostanza al corpus del verso e della strofa che egli disperde oppure trattiene in un rapporto di universale empatia. E partecipa alla danza del bosco originario, anche se, scrive: 'Chi sia il giardiniere / non l'ho mai saputo..'. Pure: 'Sono io parte del tutto, mai come adesso... / Deus sive Natura. E Lui si rivela'. Ed è sempre questo mondo ancestrale, scoperto nel viaggio dell'ulisside, a dare un senso al cuore e al discorso. Così volentieri ci perdiamo con lui nei ritmi nuovi, asciutti, imprevedibili di questa ultima opera, perché, citando ancora Henry David Thoreau: 'Perdersi nei boschi, in qualsiasi momento, è un'esperienza sorprendente e memorabile, e insieme preziosa'. È questo un viaggio, in un 'lucus' che è anche, per l'autore, un etrusco 'luk', ed una 'sorpresa' che allarga nel lettore il respiro dell'anima."""" (dalla nota di Franco Manescalchi)" -
Josephine
Josephine Perry e Basil Duke sono i protagonisti di due storie giovanili che Fitzgerald intendeva fondere in un unico romanzo. Il progetto non fu mai attuato, ma di quelle due storie rimangono gli incantevoli protagonisti di due 'vite parallele' che annunciano due tipici eroi 'fitzgeraldiani': il giovane frustrato, segnato irrimediabilmente da una distruttrice presenza femminile, e la 'donna fatale' che distrugge se stessa e gli altri. In queste due storie Fitzgerald coglie due personaggi straordinariamente simili allo stesso Fitzgerald e alla moglie Zelda nel momento della loro formazione, nel raro momento in cui tutto è ancora possibile. Queste due storie, dunque, offrono al lettore il raro piacere di assistere alla nascita dei due personaggi e di conoscere dall'interno il meccanismo creativo del grande scrittore. Jay e Daisy de ""Il grande Gatsby"""", Dick e Nicole di """"Tenera è la notte"""" sono stati Basil e Josephine. Cosa sarebbe nato dall'incontro tra i due giovani protagonisti resterà oggetto di congetture, quasi un ultimo affascinante mistero che Fitzgerald, scrittore come pochi altri, conosciutissimo eppure ancora tutto da scoprire, lascia in eredità ai suoi lettori."" -
Appunti sparsi su una gita di piacere
Come il ""Viaggio in Paradiso"""", """"Appunti sparsi su una gita di piacere"""" di Mark Twain (1835-1910) è il resoconto divertentissimo di un altro 'viaggio immaginario', anche se questa volta più concreto: in battello, da New York a New Haven e alle Bermuda; un viaggio 'di piacere' - turistico, si direbbe oggi - dove fra incontri, conversazioni, descrizioni, assistiamo al dispiegarsi dell'incontenibile genio umoristico del grande scrittore americano. Completano il nostro volume altri due brevi, spassosissimi racconti: """"La grande rivoluzione di Pitcairn"""" e la """"Dissertazione sui neonati""""."" -
Rumore occulto. Poesie 1946-2006
«... Non più ai margini e nemmeno al centro, Pablo Garcia Baena è cosmopolita per essersi preso cura delle cose belle del cosmo a partire dalla sua Cordova, dove ha coniato l'arte di trascendere le gerarchie dovunque si trovino e da qualunque era provengano. Simbolicamente gli è prossimo tutto ciò che lo commuove: l'opera d'arte, l'oggetto quotidiano, l'arredo liturgico, l'idillio della natura, il reperto archeologico, la veduta urbana. Gesti che tendono alla relazione con l'altro: la persona amata, il familiare, l'amico (...) Se la bellezza è negli occhi di chi guarda, la sua presenza nel mondo è qui incarnata da un artista che ha un corpo, dei gusti raffinati, la vocazione a fare una poesia che incanta ma non sempre rincuora. (...) L'armonia di Pablo Garcia Baena è una meta piena di inciampi anche maliziosamente ironici. L'amalgama del lessico sontuoso e quotidiano, la convergenza dei metri colti e popolari ne rivelano i tratti cangianti, gli enigmi lasciati in sospeso. È un umanesimo che si sa vulnerabile, contemporaneo. Per analogia con quanto è successo nel campo dell'arte, anche la letteratura è libera dalla tutela di narrazioni critiche che imponevano morfologie e valori in nome di cambiamenti necessari. Si fatica a non contare sulla linearità dei fatti e sulla fede nel progresso, ma ormai nessuna creazione può dirsi storicamente inappropriata. Oggi in Spagna Pablo Garcia Baena è un poeta di riferimento. Giustizia è fatta viene da dire...» (dalla prefazione di Elide Pittarello) -
Viaggio incolume
Tomaso Pieragnolo ci conduce attraverso una fitta trama di cammini, di esperienze e di ricordi, in un dialogo materico e al contempo immaginifico con la compagna di tutta la sua vitarnrnAllora lei comprende come tuttonel cogito esiste in una stessa dimensione,un essere del tutto comprensivo e comecontrovento l'aspra notte stia dicendo ""vedila vita non lontano sta figliando, c'èil suo aroma sulla costa e dentro l'aria, c'èil suo azzardo con scintilla quasi umana, c'èquel lezzo del melmoso alligatore che in ispidigiorni sta ingoiando la sua preda e tuttoesiste in uno stesso movimento, in questoinane inamidato spaziotempornrnPuò il viaggio della vita essere incolume? Nel suo libro forse più intimo, suggerendo questa continua domanda nel fraseggio denso e incalzante caratteristico del suo stile, Tomaso Pieragnolo ci conduce attraverso una fitta trama di cammini, di esperienze e di ricordi, in un dialogo materico e al contempo immaginifico con la compagna di tutta la sua vita. Una conversazione ininterrotta, che raccoglie quotidianità e universalità con leggerezza fuorviante; intuizioni, attese, disinganni e ripartenze, maturati nella pluralità di esperienze tra popoli e paesi che l'autore ha incontrato e conosciuto a fondo. Leggendo questo poema ci si trova coinvolti nelle tematiche presenti fin dai suoi primi libri (l'amore come forza rigenerante, la figura femminile madre universale e custode della natura, l'incoscienza di una società indifferente e individualista) in un ipnotico e vitale susseguirsi di riflessioni e incantamenti che invitano alla visione e alla lungimiranza, all'auspicabile fioritura dell'essere umano e di un riconciliato divenire, nell'alternanza di caducità e fecondità che accompagna la nostra condizione transitoria, alimentando una fertile incertezza: """"nulla / e mai nessuno veramente ha mai / vissuto la sua vita sulla terra""""."" -
Caleidoscopio
«(...) Nel presentare la mia traduzione italiana di Caleidoscopio non posso fare a meno di notare innanzitutto che lo scenario in cui si sviluppa il suo percorso conoscitivo è particolarmente consono al lettore italiano. L'ambiente fiorentino, alternato a quello spagnolo, è un bell'esempio di una perfetta compenetrazione del dato culturale e quello autobiografico nell'evento poetico, che trovano nell'esperienza del linguaggio la loro espressione. Tuttavia in Micó non avvertiamo alcuna impostazione 'culturalista'... Caleidoscopio, come suggerisce il titolo stesso, nonostante la presenza di elementi 'culturali', non nasce da una percezione erudita o estetizzante della realtà, perché la sua prospettiva conoscitiva è, in sostanza, quella del soggetto nudo di fronte alla realtà che gli si svela nella reciproca assenza di un progetto e nell'imprevedibile esperienza della parola. Nella percezione del poeta c'è una toccante solitudine che chiede subito al lettore una qualche condivisione. E non potrebbe essere diversamente per un io lirico che da sempre segue un cammino così intimo, ma al tempo stesso così esposto, direi quasi senza riserve e senza limiti prospettici, agli elementi essenziali della natura, all'esperienza umana di ogni tempo, al quotidiano e all'avventura della parola...» (Dalla prefazione di Piero Taravacci)