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L'età del vivente. Per un nuovo Illuminismo
Come difendere oggi l’Illuminismo? Il suo ideale di emancipazione ha ancora un senso? In un mondo segnato dal risveglio del nazionalismo, da crescenti disuguaglianze e da crisi ambientali e sanitarie non possiamo limitarci a invocare un immutabile spirito dei Lumi. Questo libro si propone di fronteggiare il pericolo di un crollo della nostra civiltà senza rinunciare alla razionalità scientifico-filosofica, ma tenendo conto della nostra appartenenza a un mondo comune, che condividiamo con la natura e gli altri esseri viventi. Per contrastare gli anti-illuministi che mirano a ripristinare una società gerarchica o teocratica e per controbattere alle accuse dei postmoderni secondo cui ogni universalismo è in sé egemonico, Corine Pelluchon esorta a pensare un nuovo Illuminismo, il che significa ripercorrerne la storia, ma altresì lottare contro lo svilimento della ragione ridotta a mero strumento di calcolo e di sfruttamento, che si è tradotta in un dominio sugli altri e sulla natura. Da veicolo di emancipazione, la ragione è divenuta mezzo di sopraffazione. La nuova ragione nell’età del vivente è chiamata ad ampliare l’opera di emancipazione individuale e sociale dell’Illuminismo attraverso l’apertura alla cura dell’altro e alla differenza. Ciascuno di noi, consapevole di aver ricevuto in eredità un patrimonio naturale e culturale che deve salvaguardare, e sentendo l’unione con tutti gli altri esseri viventi, può fare la sua parte per consegnare alle generazioni future un pianeta abitabile, rinnovando pratiche e istituzioni che possono promuovere un modello di sviluppo sostenibile e più equo. L’ecologia può dunque essere la forza propulsiva per un reale cambiamento: essa può, come sottolinea Orietta Ombrosi nell’introduzione al volume, «dare avvio a un nuovo approccio al mondo e certamente anche a se stessi». Prefazione di Orietta Ombrosi. -
Storia d'Europa nel secolo decimo nono
L'origine della Storia d'Europa nel secolo decimonono, pubblicata nel 1932, è da rintracciarsi nell'assillo intellettuale di Benedetto Croce di fronte alla constatazione che, in Italia come in tutto il mondo moderno, si stesse diffondendo un sentimento di «rifiuto dell'ideale morale della libertà». Il lungo processo che aveva caratterizzato per un intero secolo lo scenario europeo dalla fine dell'Impero napoleonico aveva visto il progressivo consolidarsi, contro tutte le opposizioni e gli ostacoli, della libertà come supremo valore etico. L'Europa aveva assistito alla nascita e alla diffusione di una fede nuova, di una vera e propria «religione della libertà», figlia del pensiero moderno, legata a una determinata concezione della realtà e portatrice di un'etica ad essa «conforme». La storia dell'Europa del secolo XIX è dunque per Croce la storia della lotta (vittoriosa) della «religione della libertà» contro le altre religioni in campo: da quella cattolica a quella dell'assolutismo monarchico, fino a quella «democratica» e a quella «comunista». I primi tre capitoli, dedicati alla religione della libertà e ai suoi avversari, costituiscono una premessa, a cui segue una disamina degli sviluppi storici dello scenario europeo fino alla guerra. -
L' Italia lontana. Una politica per le aree interne
C'è un pezzo importante del nostro paese che è tenuto lontano dai servizi fondamentali di cittadinanza. Aree dove non è garantito ai residenti l'accesso alle scuole, alle strutture sanitarie, ai trasporti, a internet. È l'Italia interna, per decenni oscurata, marginalizzata, rimossa perché considerata arcaica, improduttiva, refrattaria all'innovazione. Eppure sono luoghi, per lo più di collina e montagna, che offrono ossigeno, acqua, legname, silenzio, senza alcuna contropartita. E sono anche territori dove si producono alimenti di qualità, energia da fonti rinnovabili, dove la presenza umana cura e manutiene il paesaggio. La desertificazione umana di queste aree interne implica dunque un duplice costo: a monte, la svalorizzazione di ecosistemi vitali stratificatisi nel corso di secoli e, a valle, l'abbassamento delle condizioni di sicurezza e della qualità della vita. Nel 2013, su impulso dell'allora ministro per la Coesione territoriale Fabrizio Barca, nasce la Strategia nazionale per le aree interne (Snai), una politica diretta in primo luogo a riconoscere le fragilità sociali e fisiche dei luoghi e delle comunità lontane e, nel contempo, a potenziare la dotazione di servizi essenziali di cittadinanza in modo da contrastare lo spopolamento. Introduzione di Fabrizio Barca. -
L' azienda Olivetti e la cultura. Tra responsabilità e creativa (1919-1992)
Le vicende editoriali, nate su iniziativa di Camillo e Adriano Olivetti, non sono state ancora oggetto di uno studio complessivo e sistematico. Questo volume raccoglie i primi risultati di una ricerca dedicata alle riviste aziendali dell'impresa eporediese a partire dai primi anni Venti fino agli anni Novanta del XX secolo. Oltre a testimoniare l'impegno politico e una visione innovativa del fare impresa, la peculiarità di questa vicenda culturale sta nella continuità di un pensiero e di una azione, che ha le radici nella storia della famiglia fondatrice e che prosegue oltre la scomparsa di Adriano. Tra gli obiettivi del volume vi è quello di rimettere in discussione la vulgata secondo la quale il suo pensiero e la sua azione modernizzatrice si siano concluse con la sua morte nel febbraio 1960. La continuità del pensiero di Adriano Olivetti si evince da una ricca produzione culturale che si distingue per le pubblicazioni e le iniziative di alto livello, e che si incrocia con l'attività dell'impresa, nel corso del secondo Novecento. Dopo l'era di Adriano, «gli olivettiani della seconda ora» portano avanti una nuova operazione culturale con la stessa determinazione del fondatore. Prefazione di Dora Marucco, introduzione di Anna Maria Viotto. -
Tra la terra e il cielo. Religione e politica nell'Antica Grecia
Tra la seconda metà del VI e la prima metà del V secolo un rivolgimento culturale profondo avvia una separazione tra uomini e dei. Tale distacco si rivela cruciale, soprattutto alla luce del forte nesso che legava i due mondi fin dalle epoche più remote. Al tempo di Omero, quando le regole della società non avevano ancora la forma strutturata di leggi, la religione si poneva come organo dispensatore di regole etiche, precetti giuridici e usi sociali: la fiducia nella giustizia divina e il timore della vendetta degli dei spingevano gli uomini a non commettere atti di frode, prepotenza o arroganza. Gli stretti rapporti tra religione, politica e giustizia si tramandano così fino all’età di Solone, ultimo esponente di un pensiero improntato alla fiducia nella giustizia degli dei. Dopo di lui le antiche certezze cominciano però a vacillare: Teognide e Senofane instillano i primi dubbi sulla giustizia degli dei, sul loro interesse per le vicende umane, sulla loro forma e conoscibilità. Nel V secolo la legge è ormai percepita come manifestazione della volontà umana: ordine naturale e ordine umano non si appartengono più, tra physis e nomos si apre una crepa, e anche physis e theion si allontanano. -
Etica e Intelligenza artificiale. Il caso sanitario
Cos'è l'intelligenza artificiale (IA)? Protagonista di intensi dibattiti negli ultimi anni, questa realtà assume, nell'opinione pubblica, una molteplicità di profili profondamente eterogenei. C'è chi saluta con entusiasmo lo sviluppo dell'IA riponendo nell'automazione poteri salvifici e chi, dalla parte opposta, scongiura l'avvento dei temibili robot, macchine potenzialmente in grado di esercitare il loro dominio sulla specie umana. Siamo ancora lontani dall'esistenza di una macchina in grado di avere sentimenti e autocoscienza, eppure lo straordinario progresso compiuto dall'IA permea in maniera profonda la nostra società con significative trasformazioni a livello sanitario, economico ed etico che sollevano urgenti interrogativi. Come dimostrano molti esempi in ambito sanitario proposti nel testo, l'affidabilità e l'accuratezza dei processi di IA sono, in alcuni contesti, superiori rispetto a quelli umani. Tale aspettò è, tuttavia, alimentato dalla convinzione che PIA costituisca una realtà indipendente dall'essere umano, sempre in grado di fornire risultati accurati, neutri e oggettivi. Ma tale prospettiva, oltre ad aprire a pericolose derive di dogmatismo, può restituire una visione distorta della realtà celando, dietro la magia dell'automazione, la componente umana dell'IA. È in tale ottica che viene affrontata una riflessione sulle implicazioni etiche dello sviluppo dell'IA per comprendere, innanzitutto, quanto ciascuno, ogni giorno, interagisca con tale dimensione, la cui efficienza dipende necessariamente dalla quantità e dalla qualità dei dati che noi utenti — anche inconsapevolmente — forniamo. Coniugando attualità e analisi, attraverso un linguaggio chiaro e privo di tecnicismi, il volume offre degli spunti di riflessione per mettere a fuoco la realtà dell'IA, il suo straordinario potenziale, nonché i rischi e i limiti che la caratterizzano, al fine di incoraggiarne uno sviluppo inclusivo, sostenibile e responsabile. -
Contro i borghi. Il Belpaese che dimentica i paesi
Un paese di poeti, santi e navigatori. Ma anche di «borghi». Da qualche anno, la riscoperta del policentrismo territoriale italiano viene veicolata nello spazio pubblico e mediatico dal concetto di «borgo» e dai suoi correlati semantici. Le migliaia di comuni italiani, la varietà e complessità territoriale di un paese costituito da poche grandi città, pochissime «metropoli», molte città medie, una miriade di piccoli comuni, frazioni, reti di città, campagne, coste, colline e montagne, vengono così ridotte all'immagine del «borgo». Facile rappresentazione ammalata di «metrofilia», che trae piacere dall'eccitazione per un oggetto percepito come atipico, privo di una propria volizione, da soggiogare e umiliare in un riconoscimento del tutto asimmetrico, dove il borghese illuminato e riflessivo «adotta» il borgo bello ma bisognoso. Un rapporto, questo, che misconosce l'autonomia dei territori, la loro libertà di «dire no», il loro carattere morale e paritario nella produzione di strategia di sviluppo condivisa. Fino a negarne l'identità specifica. -
Le memorie del paniere. La statistica racconta: un secolo, mille prodotti, cento film
Dalla pastina agli omogeneizzati, dalla stilo alla biro, dalla bici al monopattino, dai 45 giri allo streaming. I gusti, le propensioni, gli stili di vita. Ogni anno, a febbraio, l'aggiornamento del paniere alla base degli indici dei prezzi stimola la curiosità dei giornali, che vi leggono i cambiamenti delle abitudini di consumo. Ma il paniere ha una storia quasi centenaria e molto di più da raccontare: il passaggio da un'Italia in cui prevaleva ancora un'economia di sussistenza, basata sull'autoproduzione, al boom dei consumi di beni e via via, in misura crescente, di servizi. Ognuno dei prodotti racconta la nostra vita quotidiana e i mutamenti nel tempo: dalla farina per la polenta al dentifricio, alla radio, allo smartphone, alle mascherine, il paniere è il regista di un cortometraggio sull'Italia, che ci aiuta a capire come siamo e come eravamo. In un gioco di specchi, rinvia ai film, alle canzoni, ai libri, ai personaggi, alle abitudini e alle mode. Il paniere racconta questa storia, e il libro ne segue gli sviluppi, a partire dal primo indice nazionale (1927-1928) fino all'aggiornamento del 2022. Sullo sfondo affiorano i grandi cambiamenti economici e sociali: il fascismo e la guerra, l'industrializzazione e le grandi migrazioni interne, le lotte operaie e i movimenti giovanili, le battaglie delle donne, l'inflazione a due cifre e la scala mobile, l'innovazione tecnologica, l'euro e le crisi del 2008-2011, fino alla pandemia. E si affrontano le questioni che l'indice dei prezzi solleva: quanto contribuiscono le singole voci del paniere a determinare l'indice generale? L'inflazione è uguale per tutti? Che cosa misurano gli indici dei prezzi al consumo? Perché l'Istat ne pubblica tre diversi ogni mese? Perché non ci riconosciamo negli aumenti dei prezzi rilevati? Chi decide quali prodotti entrano o escono dal paniere? I nostri modelli di consumo convergono o divergono? Quale contributo i consumi danno alle diseguaglianze? In ogni capitolo vengono analizzati beni – e servizi – che entrano nel paniere o ne escono: un continuo avvicendarsi di cibi, elettrodomestici, automobili diesel ed elettriche, telefoni a filo e cellulari, macchine da cucire e computer; e poi prodotti di bellezza, biglietti per il cinema e lo stadio, abbonamenti alle pay-tv. Un cammino – quello raccontato in queste pagine – che assume spesso i tratti di un vagabondaggio, aprendosi a continue digressioni, lasciandosi catturare dalle suggestioni, dalle curiosità che scaturiscono da una macchina fotografica come da un chilo di zucchine… Con la consapevolezza che quello che nel paniere manca, o ancora non è presente, è spesso altrettanto importante di quello che c'è, e che per cogliere «il clima dell'epoca» è necessario che i beni e i servizi del paniere ci accompagnino alla scoperta degli eventi, dei libri, dei film, delle canzoni, delle pubblicità – in un gioco di vuoti e di pieni, di presenze e di assenze. Tracce di una storia sempre in movimento, affioramenti in superficie di trasformazioni sociali e culturali più profonde, spie infallibili del movimento incessante – nei gusti, nel pensiero, nelle passioni – che ci attraversa e di cui... -
L' Italia e i figli del vento. Mobilità interna e nuove migrazioni
Importanti studi scientifici ipotizzano che il desiderio di viaggiare e di fare esperienze nuove risieda in un gene del Dna, il Drd4-7R. Ma non è necessario appellarsi a un fattore genetico per comprendere come la mobilità, l'esigenza di viaggiare sia un profondo bisogno di tutti. Lo abbiamo riscontrato durante i lockdown: improvvisamente ci siamo riscoperti runner incalliti, bisognosi di spazi aperti, amanti della natura, sostenitori dell'ambiente, ecologisti oltremisura. La verità è che noi, popolo vocato alla migrazione, non siamo mai riusciti a stare immobili: chi ha potuto non si è fermato, oppure è ritornato, o ancora è in attesa di andare come un velocista sulla linea di partenza. E ciò è vero per tutti i popoli, ancor più quando entrano in gioco esigenze di sopravvivenza. La mobilità come valore, come risorsa naturale, per chi si muove e per chi accoglie, per tutti noi che nasciamo «figli del vento»: è questo il faro che guida l'analisi svolta nel volume da Delfina Licata, grazie al lavoro e alle ricerche che da anni svolge per la Fondazione Migrantes. Prefazione di Andrea Riccardi. -
La tradizione
Al terzo libro di Jericho Brown, ""The Tradition"""", è stato assegnato il Premio Pulitzer 2020 per la poesia. Nella motivazione si parla di una raccolta di liriche magistrali «che uniscono delicatezza a urgenza storica nella loro amorevole evocazione di corpi vulnerabili all'ostilità e alla violenza». La vulnerabilità del corpo, in particolare quello maschile, e i mascheramenti culturali delle violenze sono il nucleo centrale della poesia di Brown. Dalla prospettiva di un afroamericano del XXI secolo, nato in Louisiana nel 1976, omosessuale e poeta lirico/performativo, Brown guarda a una specifica eredità culturale e a storie di ingiurie antiche e contemporanee, nazionali, personali e universali che il libro riassume nel titolo: La tradizione. Il termine è da intendere in senso antifrastico rispetto alla storia ufficiale degli Stati Uniti perché espone il lato oscuro dell'America: il razzismo strutturale e istituzionalizzato, ora riemerso nella brutalità della polizia, degli omicidi di massa, in forme nuove di schiavismo e in violenze sessuali che convivono accanto a meccanismi di autoprotezione sviluppati dagli afroamericani per contrastare i rischi a cui il loro corpo li espone nel mondo."" -
Il corpo e lo spettro. Per una critica della modernità digitale
Nella primavera del 2020, di fronte all'insorgere della pandemia da coronavirus, larga parte delle nazioni di tutto il mondo ha messo in atto il lockdown, una misura che in maniera tanto radicale e generalizzata non era mai stata adottata prima. La digitalizzazione è insieme il presupposto che ha reso tale misura possibile, e lo strumento potente con cui perseguire una sorta di salto di specie, che ha a che vedere con la maniera in cui l'uomo occidentale si pensa e con la relazione che esso in trattiene con il proprio corpo. Attraverso un'argomentazione rigorosa e incalzante, capace di tenere insieme riferimenti classici e sensibilità verso il presente, Paolo Zani segue le peripezie del corpo attraverso le più diverse epoche e culture: perché il corpo è l'arcano attorno a cui danzano le religioni e le filosofie di tutto il mondo; per ché a partire dal corpo, crocevia del dolore e del desiderio, si articola la cifra fondamentale della modernità. L'esperienza del lockdown spinge infatti all'estremo un processo che ha avuto inizio ben prima della pandemia, e che affonda le sue radici nel bisogno di eliminare il dolore: la rimozione del corpo. -
Homo urbanus. Città e comunità in evoluzione
La città è da millenni la matrice del progresso dell'umanità, ma è anche luogo delle contraddizioni di uno sviluppo senza progresso. E oggi è chiamata ad essere il progetto di futuro per la specie umana in evoluzione dall'Homo sapiens all'Homo urbanus. Il libro affronta l'Antropocene, l'era, iniziata con la rivoluzione industriale, in cui gli esseri umani sono diventati una specie dominante con un'enorme capacità trasformativa in maniera estrattiva e predatoria nei confronti della natura, comportandosi come specie imperfetta ma arrogante nel nascondere la fragilità dentro sistemi urbani troppo minerali, ecologicamente insostenibili e generatori di diseguaglianze. Abbiamo creduto di entrare in un'era di meraviglie antropocentriche e ci siamo ritrovati in un incubo, una vera e propria Antropocalisse. Per uscirne, l'ecosistema urbano deve cambiare radicalmente, passando da una modalità predatoria a una relazione che torni simbiotica con il pianeta, producendo progresso non a discapito di altre specie, forgiando cultura senza consumare la materia prima vivente del pianeta. Come saranno le città dell'Homo urbanus? -
La principessa Cincillà e altre fiabe di famiglia. Ediz. illustrata
«Nei tempi andati gli esseri umani non avevano ancora inventato il computer, gli smartphone e i tablet. Così, per il suo ottavo compleanno Stefano ebbe in regalo una macchina da scrivere portatile. Abituato a vedere il papà che trascriveva interviste con la macchina elettrica, gli sembrò un grande progresso, e concepì un ambizioso progetto...». Le fiabe della famiglia Portelli nascono così, da un bambino che aveva sempre ascoltato suo padre raccontare fiabe e dall'idea, fin da quel momento, prima di registrarle e poi di trascriverle. Il papà è Alessandro Portelli, per professione e passione raccoglitore di interviste e di voci, un maestro della storia orale, e il bambino è il piccolo Stefano, che custodisce per quasi quarant'anni questo «tesoro», a cui lui stesso, come ogni membro della famiglia, aveva contribuito, partecipando alla narrazione, arricchendola ogni volta di un'invenzione, di una trovata, di una formula magica. La matrice orale della fiaba trova qui una sua manifestazione moderna, e del resto le storie prendono vita nel focolare domestico passando di bocca in bocca e di generazione in generazione, finché qualcuno decide di metterle sulla carta. Età di lettura: da 5 anni. -
Renzo e i suoi compagni. Una microstoria sindacale del Veneto
Un giovane uomo porta una bandiera, forse più grande di lui. Accanto a sé, i compagni. Orgoglioso di stare in prima fila, allo stesso tempo sembra sovrastato, schiacciato dal compito. Renzo Donazzon è nato in una famiglia di mezzadri al confine tra Veneto e Friuli, è diventato comunista da ragazzino, si è fatto le ossa da operaio nelle piccole fabbriche del territorio, prima di entrare alla Zoppas di Conegliano. Il '69 lo trasforma in un leader sindacale e da quel momento sale tutti i gradini della Cgil fino a diventare, tra il 1988 e il 1992, segretario regionale del Veneto. Poi succede qualcosa e torna a fare il sindacalista in periferia. Pochi anni dopo muore in seguito a un incidente stradale, senza lasciare scritto nulla di sé. Se l'elezione di Renzo a segretario regionale rappresenta il culmine di un ciclo di mobilità sociale delle classi popolari, la sua rimozione esprime il crollo di un'utopia: l'idea che gli operai possano diventare classe dirigente. Renzo Donazzon è un working-class hero, mandato avanti dal basso, da una comunità di pari, ma anche risucchiato dall'alto, dai dirigenti del sindacato e del partito che lo selezionano, lo allevano, gli fanno coraggio, per poi metterlo da parte. -
Coste in movimento. Infrastrutture ambientali per la rigenerazione dei territori
Questo libro intende rimettere al centro dell'attenzione delle politiche territoriali e del progetto urbanistico il tema della qualità ecologica delle coste, intese come infrastrutture ambientali e di servizio per la rigenerazione dei contesti territoriali. Le coste sono geografie mobili e fragili il cui stato di salute appare sempre più minacciato dagli effetti pervasivi della pressione antropica e delle crisi congiunturali in atto. Nel nostro paese, oltre il 30% della popolazione nazionale vive in aree costiere; le città sul mare occupano il 13% del territorio nazionale; la densità di urbanizzazione nei cinquecento metri dalla linea della battigia è pari a cinque volte la media nazionale. L'effetto antropico produce ricadute negative sugli equilibri ambientali dei sistemi costieri, determinando un decremento della qualità dei servizi eco-sistemici necessari alla vita degli organismi, compresa quella degli uomini. I cambiamenti climatici hanno accentuato le dinamiche di innalzamento delle maree, di ingressione marina, di subsidenza ed erosione, d'inquinamento dell'aria e dell'acqua. -
Stranieri. Itinerari di vita studentesca tra XIII e XVIII secolo. Patavina Libertas
Questo volume osserva l'università come punto di incontro tra uomini di età diverse e di origini geografiche molteplici. Ciò vale in particolar modo per l'Ateneo patavino, che deve le sue origini proprio a una migrazione di scolari. Un evento circoscritto, che tuttavia rientra nel fenomeno più ampio e diffuso della mobilità accademica che caratterizza il medioevo e la prima età moderna. Nel corso del medioevo - con un'accelerazione notevole a partire dal XII secolo - maestri e scolari furono indotti a muoversi verso i centri del sapere - monasteri, scuole, cattedrali, conventi, università - alla ricerca degli ambienti più stimolanti dal punto di vista intellettuale e delle condizioni che meglio garantissero l'apprendimento, quali ad esempio la presenza di ricche biblioteche o le lezioni dei docenti più illustri. Si tratta dei cosiddetti clerici vagantes, che costituivano un gruppo estremamente eterogeneo dal punto di vista geografico e sociale, provenendo da tutto il continente europeo: prevalentemente giovani uomini con alle spalle famiglie facoltose e chierici sostenuti da benefici ecclesiastici; ma potevano esserci anche scolari non particolarmente abbienti, i cosiddetti pauperes. -
Il sogno della pace
Città fiorite, case ornate di ricami preziosi, università gremite e cinte da orti e frutteti odorosi, l'ingegno e la scienza al servizio della comunità, il sole e la pioggia fonti primarie di benessere e progresso, la guerra il ricordo sbiadito di un passato senza ritorno - non è il mondo sognato dalla generazione di Fridays for Future, ma l'invenzione visionaria, armoniosa e immaginifica cadenzata tra le pagine di un racconto folgorante scritto oltre un secolo fa. ""Il sogno della pace"""" è una lettura spiazzante capace di ridare fiato alla speranza, come solo la letteratura può fare in tempi come i nostri di rinnovata furia bellica. Il viaggio onirico della giovane protagonista alla scoperta di un mondo ignoto e magnifico mette a nudo l'inadeguatezza e il logoramento del paradigma maschile fondato sull'uso della forza e della guerra; e lo fa senza bisogno di invettive, bensì mostrando agli occhi dei lettori la piana evidenza del suo contrario: un modello tutto nuovo inaugurato dalle donne che pone il sapere, la conoscenza, la cura di sé e degli spazi, e la convivenza pacifica, alla base dell'esistenza umana. Una lettura visionaria e inebriante, feconda di suggestioni per il nostro inquieto presente. Età di lettura: da 10 anni."" -
Gioia di vivere. Lettere e scritti sull'arte
«Voglio un’arte di equilibrio, di purezza, di tranquillità, che non susciti inquietudine né turbamento; voglio che l’uomo stanco, stremato, esausto si goda davanti alla mia pittura la calma e il riposo». Così scriveva Henri Matisse, pittore tra i più amati del Novecento che in questo volume si rivela ai lettori attraverso una selezione delle sue lettere più belle e di alcuni scritti scelti sull’arte, estratti dalla sua consistente produzione letteraria. Guidati dall’ampia introduzione di Giorgio Agnisola, scopriamo così l’uomo, oltre all’artista, incontrando la sua sensibilità umana, la sua psicologia, le fonti della sua ispirazione. Matisse amava molto scrivere lettere e per tutta la vita dedicò grande cura alla sua corrispondenza con i familiari e gli artisti amici, ma anche con i galleristi e i mercanti d’arte, con i responsabili di musei, con alcuni critici e letterati. La selezione degli scritti pubblicati in questo libro copre quasi tutto l’arco della vita del maestro, dagli anni della formazione e dell’esperienza fauve a quelli successivi, fino al suo approdo a Nizza, verso la fine degli anni dieci del secolo passato, e al periodo del secondo dopoguerra, allorché, ormai più che settantenne, subì un importante intervento di cancro all’intestino. Si trattò di una vera e propria svolta nella sua vita. Il pittore pensò di morire, e invece superò il momento critico e visse quella «seconda vita» come un dono: pure segnati dalla sofferenza e dagli impedimenti fisici che ne derivarono, quelli furono tra i suoi anni più felici, luminosi dal punto di vista umano e artistico. Nei tredici anni che ancora visse dopo l’operazione, Matisse lavorò infaticabilmente rinnovando il suo linguaggio, applicandosi a progetti innovativi (dai papiers découpés alla Cappella del Rosario di Vence) e testimoniando un’invincibile fede nell’arte e nella vita. Da leggere come un romanzo, ma basato su un accurato lavoro di ricerca, il libro è un’appassionante ricostruzione della vita e dell’opera di Matisse, di cui mette a fuoco l’esemplarità umana oltre che il genio artistico. -
Ricordo di Natale. Ediz. illustrata
Buddy e Sook, amici per la pelle, a dispetto di tutto e tutti. Eh sì, perché Buddy ha solo sette anni e Sook qualche decina di più… Buddy sa solo che è una sua lontana cugina, ma soprattutto è una mattacchiona, sempre pronta a scherzare e a costruire aquiloni, la loro comune passione. Buddy non ha nessun altro al mondo, Sook nemmeno – eccetto quel manipolo di parenti brontoloni che vivono nella loro stessa casa, e li trattano sempre male; forse proprio per via di quella loro insolita complicità. Quello che è certo è che Buddy e Sook si vogliono un gran bene e che ogni anno, quando si avvicina Natale, hanno un rituale tutto loro, che sa di bosco, noci, abeti e regali. Ma questo Natale lascerà in Buddy un ricordo speciale, poiché sarà l’ultimo che passeranno insieme, e per mantenerlo vivo nella memoria, Buddy da grande ne racconterà la storia… Età di lettura: da 7 anni. -
La Russia, l'Ucraina e la guerra in Europa. Storia e scenari
Nei paesi occidentali, la guerra in Ucraina ha riproposto l’immagine, tracciata da Kennan nel Long Telegram, di una Russia che ubbidisce a un primordiale istinto di aggressione e controllo dei vicini. In Russia, i media governativi hanno colto l’occasione per rinnovare la denuncia della doppia morale della Nato e dell’Unione Europea, che nasconde – sotto la retorica della promozione della democrazia e dei diritti umani – piani per ridurre all’impotenza chiunque tenti di difendere la propria “sovranità”. Al momento, queste narrative allo specchio hanno avuto con le rispettive opinioni pubbliche un successo che preoccupa, perché propongono la visione di un “altro” immutabile nella sua minacciosità, che preclude la ricerca di una pace che non sia solo una tregua armata. Non vi sono dubbi su chi è l’aggressore – la Russia – e l’aggredito – l’Ucraina –, ma non bisogna dimenticare che decisione di Putin di lanciare la sua “operazione speciale” ha fatto emergere problemi da tempo irrisolti. La Russia non è riuscita riorganizzare lo spazio ex sovietico, teatro di conflitti “congelati” che a volte divengono caldi; i paesi della Ue si sono a lungo disinteressati del problema. Russia e Ucraina sono accomunati dalla condizione di “perdenti” della globalizzazione, e in un crescendo di recriminazioni hanno riversato sull’altro le colpe di questa condizione. L’espansione della NATO è divenuta un problema per il Cremlino solo a partire dal 2008, ma da allora è stata considerata, assieme alle sanzioni, una forma di “guerra ibrida”. È stata la guerra di un uomo ad aver posto fine all’illusione che i conflitti in Europa potessero essere solo temporanei e periferici, ma è l’assenza di un sistema di sicurezza europeo aver consentito che questo accadesse. Il groviglio di questi problemi è cresciuto sotto gli occhi sino all’ultimo disattenti delle élite e delle opinioni pubbliche dei paesi della Ue, le uniche a disporre dei mezzi a risolvere un conflitto che era e resterà essenzialmente europeo e ad avere l’interesse a risolvere il dilemma mai seriamente affrontato nei tre decenni post sovietici: la sicurezza del nostro continente (militare, ma anche economica e umana) potrà essere assicurata dal containment della Russia, o dalla sua integrazione in nuove istituzioni europee? Dopo la Seconda guerra mondiale l’Europa ha saputo cogliere le lezioni della Storia e ha ritrovato unità di intenti. Oggi c’è solo da sperare che quella Storia non passi.