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Walter Benjamin
Ai funerali di Hannah Arendt, Hans Jonas diede un'immagine precisa di questa vecchia esule ebrea con una piccola frase: ""Hannah aveva il genio dell'amicizia"""". E in effetti molti degli scritti della Arendt vivono di amicizia, del ricordo di amicizie spezzate o impedite dall'avanzare della barbarie. Così, tra ricordi e pensieri, aneddoti e ipotesi interpretative, in questo testo dedicato all'amico Walter Benjamm, si disegna la storia di un'intensa amicizia, in cui l'intimità degli affetti si ricompone con gli eventi della Storia, dando vita a una rinnovata unità tra la responsabilità che nasce dal testimoniare il passaggio di un'esistenza eccezionale e la necessità di dar conto dei segni vergati dagli eventi inesorabili del mondo."" -
Sulla superstizione e il miracolo
"Le dispute intorno alle superstizioni e ai miracoli sembrano non aver mai raggiunto una soluzione definitiva, accompagnandoci sottotraccia fino ai nostri giorni. Di questo travagliato confronto teoretico e pratico, il lucido saggio di Florenskij sembra pienamente consapevole, sebbene l'intento non sia la ricostruzione storiografica del problema, quanto piuttosto l'analisi delle complesse dinamiche psicologiche e antropologiche che fanno da sfondo ai fenomeni della superstizione e alla costruzione delle loro artificiose macchine illusionistiche. Smontando e smascherando con sottile ironia e arguta argomentazione tali costruzioni, l'attenzione viene spostata gradualmente su ciò che costituisce il totalmente altro rispetto alla superstizione, ma che dalla coscienza ingenua viene erroneamente percepito come simile, vale a dire sul senso del miracolo come evento portatore di significato. Ciò che qui è in gioco non è tanto una contesa dottrinale a difesa della vera tradizione religiosa, quanto la struttura stessa della conoscenza di fronte al rischio di una pericolosa oscillazione tra il fideismo più cieco e il più cinico scetticismo, tra lo spiritismo e il banale appiattimento al visibile."""" (Dallo scritto di Natalino Valentini)" -
Racconti e memorie
"Esaminandola dal punto di vista del bene e del male che ho fatto, m'accorsi che tutta la mia lunga vita si scinde in quattro periodi; il periodo miracoloso - soprattutto in confronto di quelli successivi -, innocente, giocondo e poetico, dall'infanzia fino ai 14 anni. Poi il secondo, i 20 anni orribili, o il periodo della più grossolana licenza, dato al servizio della vanità, della superbia e soprattutto della lussuria. Quindi il terzo periodo, che durò 18 anni, dal mio matrimonio alla mia nascita spirituale, che dal punto di vista secolare potrebbe chiamarsi morale, perché durante quei 18 anni vissi una vita di famiglia regolare, onesta, senza darmi a nessuno dei vizi condannati dall'opinione pubblica, ma durante il quale tutti i miei interessi erano limitati a preoccupazioni egoistiche, alle cure della famiglia, agli sforzi per aumentare il mio patrimonio, per raggiungere un successo letterario, e alla ricerca d'ogni sorta di piaceri. Viene infine il quarto, l'ultimo periodo dei 20 anni che vivo ora e nel quale spero di morire, sotto la cui luce vedo intero il significato della mia vita passata e che non vorrei modificare in nulla fuorché nell'abitudine del male, da me acquisita durante i periodi precedenti."""" (Dall'introduzione di Tolstoj ai suoi """"Ricordi"""")" -
Il sole si spegne
Dazai Osamu, una delle voci più originali e discusse della letteratura giapponese del Novecento, nacque nel 1909 da una famiglia di ricchi proprietari terrieri, gli Tsushima, che secondo autorevoli studiosi facevano parte di un'aristocrazia nebulosa nelle sue linee, ma indiscutibile. La consapevolezza di appartenere a una classe privilegiata per diritto di nascita fu probabilmente alla base del senso di colpa angosciosamente avvertito dallo scrittore nel corso di tutta la sua vita e da cui sarebbe nata non solo la rivolta contro ogni forma di autorità costituita (la famiglia, i circoli letterari, lo stato), ma anche la ricerca disperata di un suo inserimento entro i movimenti politici clandestini di sinistra, verso gli anni Trenta; esperienza peraltro amarissima da cui si sarebbe ben presto allontanato. Nacque da questo l'interpretazione seducente di Dazai come aristocratico ribelle solidale con le classi popolari ma incapace di identificarsi con esse, e di ""Shayo"""" (""""Il sole si spegne""""), una delle sue opere più alte, pubblicata nel 1947, come di una vivida rappresentazione dell'aristocrazia giapponese in declino, al punto che il titolo del romanzo ha introdotto nel lessico giapponese un nuovo termine, shaydzoku, «la gente del sole calante ». Giudicato con severità dagli ambienti conservatori che non giustificavano i suoi eccessi, i suoi ripetuti tentativi di suicidio, la sua sfida alla società e al,perbenismo, Dazai venne nel dopoguerra riconosciuto da un'intera generazione come il suo rappresentante più autentico, e il suo messaggio di disperazione e di anticonformismo venne accettato, condiviso, esaltato. Dazai si uccise nel giugno 1948 e la sua morte ebbe un'enorme risonanza che durò a lungo, stimolando anche reazioni di un estremismo sconcertante (uno dei suoi allievi, Tanaka Hidemitsu, si uccise davanti alla tomba del maestro). Il suicidio del grande scrittore emblematicamente chiudeva un periodo. Si avviava alla fine il momento più tormentato dell'esperienza del dopoguerra, segnato da smarrimento, disperazione, disordine, ma anche dalle speranze di un rinnovamento radicale della società giapponese, ben presto amaramente deluse. Il messaggio di Dazai sarebbe comunque rimasto, anche nel Giappone dell'affluenza economica, come lo specchio di un'epoca."" -
Breviario dei politici secondo il cardinale Mazarino
«Nessuno potrà affermare che queste pagine siano state scritte da Mazzarino. Ma l'ombra di lui le investe con la sua impenetrabile densità. Diremo anzi che questo libretto sembra ""costruito"""" sulla sua ombra, sul fascino che essa esercitò, in un sentimento di attrazione e di orrore: costruito da altri, che non erano suoi nemici, e che imbastirono con molta efficacia i frammenti di tutto ciò che egli aveva detto, di ciò che aveva fatto, e, attraverso il cammino disordinato di queste massime, veniva seguita la linea stessa della sua vita. Ma, anche liberando questo 'Breviario' dall'ombra di Mazzarino, esso rimane un testo di uno straordinario interesse e di una forte suggestione. In più d'una pagina è il libro di un grande scrittore che, come in un romanzo, attraverso momenti staccati e tempi frantumati, dà vita a un personaggio unico ». (Dallo scritto di Giovanni Macchia)"" -
Le centoventi giornate di Sodoma
"Quando, il 14 luglio 1789, la serratura della Bastiglia cedette e la sommossa liberatrice riempì i corridoi di folla, la cella di Sade era vuota. Alcuni giorni prima, il 4 luglio, il governatore aveva chiesto il trasferimento di questo personaggio, il cui umore andava tanto d'accordo con gli avvenimenti. Il disordine di allora ebbe questa conseguenza: i manoscritti del marchese, dispersi, andarono smarriti, scomparve il manoscritto delle 'Cent Vingt Journées'. E questo libro domina, in un certo senso, tutti i libri, poiché contiene la verità di quello scatenamento che l'uomo è nella sua essenza, ma che è obbligato a frenare ed a tacere: eppure, di questo libro che significa da solo, o almeno significò per primo, tutto l'orrore della libertà, la sommossa della Bastiglia fece smarrire il manoscritto invece di liberarne l'autore. Il 14 luglio fu veramente un giorno liberatore, ma alla maniera sfuggente di un sogno. Più tardi, il manoscritto fu ritrovato (nel 1900, presso un libraio tedesco, ed è stato pubblicato solo ai nostri giorni), ma il marchese ne rimase privo: lo credette definitivamente perduto, e questa certezza lo accasciò: era «la più grande disgrazia» scrive «che il cielo avesse potuto riservarmi ». Morì senza poter sapere che in realtà quel libro, che egli immaginava perduto, doveva collocarsi più tardi fra i «monumenti imperituri del passato»."""" (Georges Bataille)" -
Il fruscio delle ali di Gabriele. Racconti esoterici
«Due o tre giorni fa, fra alcune persone alle quali l’oftalmia dello spirito di parte ha danneggiato la visione esterna e l’intuizione interiore, uno si era messo a osteggiare la dignità dei principi e degli Imām della via spirituale, con imprecisioni e assurdità contro i grandi maestri del passato. Nella circostanza, quasi a voler rafforzare e peggiorare il suo spirito di negazione, quel tale aveva preso a deridere i termini tecnici dei maestri del nostro tempo. Continuando, aveva citato un episodio che riguarda Abū ‘Alī Fārmidhi – Dio si compiaccia di lui. Interrogato sul perché gli “azzurro vestiti” [i mistici] definiscono alcuni suoni come “il fruscio delle ali di Gabriele”, Abū ‘Alī aveva risposto: “Sappi che gran parte delle cose che la tua sensibilità ti consente di percepire sono anch’esse un aspetto del fruscio delle ali di Gabriele. Tu stesso” aveva aggiunto “sei il fruscio di quelle ali”. Quel negatore presuntuoso insisteva nelle sue inutili critiche, dicendo: “Che senso possiamo trovare in simili parole, se non che si tratta di assurdità e di inganni?”. Quando l’arroganza di quello si fu spinta sino a tal punto, anch’io, con giustizia, mi accinsi a fronteggiare con la stessa acredine il suo insensato parlare. Dalle spalle mi gettai il pane della ritorsione, ripiegai del tutto la manica dell’umiltà e, sedendomi sulla punta del ginocchio dell’intelligenza, mi misi a trattarlo ingiuriosamente, come una persona vile. “Attento!” dissi. “Ora inizio, con nettezza e decisione e chiaro giudizio, a spiegare cosa sia il fruscio delle ali di Gabriele. Se sei un uomo, e se di uomo hai ricevuto l’educazione, cerca di comprendere”». Note di Nasrollah Pourjavady. -
Così sia, ovvero il gioco è fatto
Nel 1949, due anni prima della morte, Gide abbandonò il diario che aveva tenuto per sessant'anni. «Ma nell'autunno e nell'inverno estremi della sua vita» scrive George Painter, grande biografo dello scrittore «sentì il bisogno di aggiungere un ultimo prezioso particolare al suo arazzo, e scrisse ""Così sia ovvero Il gioco è fatto"""". La sua presente condizione è definita, egli dice, """"da una bellissima parola, anoressia, che significa assenza di appetito"""". In effetti non ultima fra le bellezze di questo libro affascinante è l'intermittente senso d'estrema fatica, lo stesso delle esultanti notti bianche della giovinezza di Gide, quand'egli premeva la fronte dolorante sul vetro della finestra e ammirava il sorgere dell'alba in Normandia, con la differenza che ora non resiste al sonno, ma alla morte. La morte sarebbe giunta pochi mesi dopo; nel frattempo la curiosità è viva come sempre, l'anoressia è solo una parola e il pensiero del vecchio continua a rivelare la sua prodigiosa ricchezza. [...] Gide ha deciso di scrivere tutto ciò che si presenta alla sua mente, senza barare, e mentre gli argomenti cambiano a ogni pagina, questo maestro fa sì, con tecnica magistrale, che i nessi sembrino tanto logici quanto inafferrabili. Considera le sue forze in declino con una forza che è intatta. Non sconfessa nulla - """"quanto al gioco che ho giocato, l'ho vinto"""" - al contrario, se potesse ricominciare a vivere imparerebbe il greco, farebbe quattro volte il giro del mondo e cederebbe a un numero ancor più alto di tentazioni. Racconta una serie di storie assurdamente divertenti, perché quest'ultimo ritratto sarebbe incompleto senza il gusto del bizzarro. Poi il fascio di luce ruotante della sua mente si spinge sempre più lontano nel suo enorme passato». Con una nota di Martine Sagaert e uno scritto di Maurice Blanchot."" -
La ruota dentata e altri racconti
Ry?nosuke Akutagawa, contemporaneo di Kafka, profondo conoscitore della letteratura occidentale, soprattutto di quella inglese e di Swift, viene considerato il primo scrittore giapponese moderno. Akutagawa è autore di una vasta produzione di racconti, «splendidi classici della letteratura giapponese», come ebbe a scrivere Yukio Mishima, caratterizzati da una lucida vena satirica e grottesca, che diviene tragica soprattutto negli ultimi anni della sua breve vita: si suicidò infatti a trentacinque anni. Il rifiuto dello spirito moderno che si andava affermando in Giappone, la decadenza dei valori della tradizione, la contraddizione lacerante tra la bellezza della natura e la miseria dell'esistenza umana, sono la morsa tragica nella quale Akutagawa e i suoi personaggi si trovano stretti, senza via di uscita se non nel sacrificio di se stessi. «Ora vivo in un mondo di nervi malati, trasparenti come ghiaccio» scrive Akutagawa nel suo testamento, Memorandum per un vecchio amico, pochi giorni prima di morire. «Se potessimo avventurarci naturalmente nel sonno eterno potremmo raggiungere la pace, se non la felicità. Ma non sono certo di riuscire un giorno ad avere il coraggio di suicidarmi. So soltanto che la natura non mi è mai apparsa così bella. Riderai di questa contraddizione tra bellezza della natura e desiderio di morte. Ma la natura mi appare così splendida proprio perché sono gli ultimi sguardi che le rivolgo». Con uno scritto di Yukio Mishima e una testimonianza di Yasunari Kawabata. -
Omaggio a Sesto Properzio
"Scritto intorno al 1918 - ai tempi dei contatti più intensi nella Londra bellica di Pound con Eliot, Joyce, Wyndham Lewis, Yeats, Lawrence - """"Omaggio a Sesto Properzio"""" nasce come una rilettura didattica che coglie nel poeta latino «un elemento di ironia sfuggito agli specialisti» (Eliot), ma diviene ben presto un generoso e bonario autoritratto dell'artista moderno. Indossando la maschera di Properzio, Pound canta la propria passione per la poesia e le sue fonti segrete: gli autori dimenticati del passato, l'amore intensamente fisico della donna, il senso panico della natura e della morte, il gusto degli intrecci culturali della capitale (Roma o Londra). Alla stupidità criminosa della grande guerra, denunciata nello stesso tempo da autori come Kraus, Pound oppone l'edonismo visionario di Properzio, che si schermisce dall'unirsi al coro dei poeti patriottici dicendosi inferiore al compito. I miti della romanità cari ai potenti sono da lui evocati in modo straniato, favole assurde in cui cogliere qua e là qualche bel nome esotico. A lui si addice solo un pubblico di giovinette in attesa di un incontro amoroso, e la poesia sarà non tirata retorica bensì «qualcosa da leggere in circostanze normali». Una poesia di tono basso, ironico, con improvvise impennate, e una musicalità inesauribile. Con questi mezzi sofisticati Pound, nel momento forse più felice e presago della sua carriera, compone un poema assolutamente personale, attuale oggi come nel 1919, sul rapporto dell'uomo con il potere, l'eros, la morte. L'ironia, corda pressoché inedita nella poesia di lingua inglese, si unisce alla decostruzione e al rinnovamento delle forme: una libera sequenza di dodici componimenti in cui l'artista canta le sue gioie e i suoi dolori, la sua esacerbata sensibilità."""" (Massimo Bacigalupo)" -
Il canto dell'immediato satori
“La verità autentica risiede nel sistema cosmico e nei fenomeni del reale. Ma questi fenomeni reali devono essere creati a partire dalla fonte originaria e pura di ku, vacuità. Realizzare questo crea una vita meravigliosa, una morte meravigliosa. Il maestro Yoka descrive come risvegliarsi a questa vita e a questa morte, come decidere della nostra vita quotidiana, come «troncare» la nostra mente e il nostro ego. Yoka Daishi è morto più di mille anni fa, nel 713 dopo Cristo, ma il suo Shodoka, «Canto dell’immediato satori», ancora attuale alla nostra epoca, possiede una freschezza che la maggior parte dei sutra e dei canti antichi non hanno. […] Nella nostra epoca, gli uomini vivono solo a metà. In tutti gli ambiti, sono soltanto «tiepidi», incompleti, semi-vivi e semi-morti. Più nessuno ha fede nella verità o in se stesso, neppure gli insegnanti, i politici o gli scienziati. La specializzazione ha reso gli uomini incompleti. Lo Shodoka è destinato a tagliare i dubbi che abitano gli uomini, a «troncare» la loro mente e a trovare la verità in Dio o in Buddha; grazie a esso, l’uomo può risvegliarsi a una vita autentica.” (Dall’introduzione di Taisen Deshimaru) -
Vita di Federico II
Il sodalizio fra due dei maggiori astri dell'illuminismo europeo nacque nel 1736, quando Voltaire era già al culmine della fama. Le parole che il futuro sovrano di Prussia ebbe allora a scrivergli: «La dolcezza e la sopportazione che voi mostrate a tutti coloro che si dedicano alle arti e alle scienze, mi confortano a sperare che non vorrete escludermi dal numero di coloro che voi stimate degni del vostro insegnamento...» rivelano già le premesse del rapporto che avrebbero stretto negli anni a venire. Voltaire si stabilì infatti a Potsdam, alla corte del sovrano, nel 1750, e vi rimase per tre anni, ma il suo temperamento indipendente lo portò a una clamorosa rottura con il «re filosofo». Testimonianza di questa singolare amicizia resta ""Vita di Federico II"""", documento insostituibile per cogliere grandezza e miseria di una delle figure determinanti della storia europea. Oltre all'eccellenza della traduzione di Giorgio Bassani, questa edizione è rimarchevole per il bellissimo scritto di Alberto Savinio che l'accompagna."" -
Amras
Segregati in una torre - al tempo stesso eremo mistico e simbolo della loro tradizione familiare - due fratelli vivono un tempo sospeso e dilazionato, dopo il suicidio dei genitori, cercando un impossibile approccio all'Assoluto. In questo bruciante racconto della maturità, ritenuto dall'autore il proprio capolavoro, Thomas Bernhard ha condensato i motivi e i temi cardine del suo intero universo poetico. Poche pagine della letteratura sono così struggenti come quelle in cui il narratore rievoca i momenti precedenti il tentato suicidio della famiglia. Quei suoni che provengono dalla strada, le figure ancora intraviste dalle tende tirate nell'incombente buio della sera, i libri di poesia ancora compulsati, i noti oggetti e volti quotidiani, percepiti in un istante che si avverte come estremo, l'improvviso e imprevisto piacere delle proprie «mani, voci e idee»: tutto questo è inaspettatamente evocato con un amore segreto e umanissimo, che restituisce alla vita tutta la sua aura sacrale, sia pure nella consapevolezza tragica e piena del suo incancellabile dolore. (Luigi Reitani) -
Lettere da Vincennes e dalla Bastiglia
"Questo, che il lettore avrà modo di conoscere leggendo il suo epistolario, è il grande Sade, nato dalle ceneri dello squallido aristocratico libertino che frustava e drogava le ragazze raccolte per le strade di Arcueil o di Marsiglia. Totalmente assorto in se stesso e nel suo nuovo mondo, assapora la gioia profonda di creare, di ripopolare il mondo con emblemi del Male, che assumono le sembianze dei personaggi delle sue opere, che hanno il loro comune principio non in una poetica, ma in un assioma instancabilmente ripetuto e illustrato: «La Natura è il Male, e noi siamo i suoi figli obbedienti o riluttanti, ma senza scampo». Da una parte Sade e i suoi simili - «noi, filosofi atei» - dall'altra gli altri, né filosofi né atei, ma solamente persecutori ottusi di colui che ha capito il segreto dell'universo. «Questo modo di pensare» scrive alla moglie «che voi biasimate è la sola consolazione della mia vita». Sade imposta così il problema nella forma più irrevocabile, rendendo vana e risibile ogni discussione: «Il Bene per me costituisce uno stato di fastidio e di malessere» [...]. Nella sua memorabile prefazione a Justine, Georges Bataille ammonisce che «esaltando Sade, noi edulcoriamo il suo pensiero», un pensiero che non tollera di essere impostato neppure come ipotesi critica: infatti, o viene assunto quale astratta costruzione intellettuale, o rende impossibile non soltanto qualsiasi convivenza civile, ma persino la sopravvivenza stessa del genere umano. Forse Sade pensava a questo quando chiese che il suo stesso nome fosse cancellato, quasi per una damnatio memoriae, dal ricordo degli uomini."""" (Dalla postfazione di Luigi Baccolo)" -
La malinconia allo specchio. Tre letture di Baudelaire
"La malinconia ha un profondo legame con la riflessione e gli specchi. Forse nasce nel punto in cui lo sguardo s'incontra nello specchio, questa «trappola di cristallo». Baudelaire è stato un mirabile testimone della congiunzione di specchio e malinconia. Un tale motivo, che ha dato vita ad allegorie e a rappresentazioni molteplici, esigeva un ascolto attento. Un ascolto qui consacrato ad alcune poesie, tra cui Le Cygne, autentico capolavoro. A questo si aggiunge, sotto l'influenza di Saturno, tutta la serie di «figure chinate», di occhi che si abbassano su altri sguardi, su sguardi che si rivolgono alle lontananze della patria assente o del vano riflesso. «Vedo tua madre» si legge in La Lune offensée «che piega la greve massa dei suoi anni verso lo specchio, imbellettando artisticamente il seno che t'ha nutrito!»."""" (Jean Starobinski)" -
Esercizi spirituali
"Chi volesse indugiare brevemente in una ricerca di frequenze lessicali si accorgerebbe con facilità [...] di quante volte ricorrano i due verbi «fare» (hacer) e «vedere» (ver) sui quali sembra imperniarsi l'intero sistema degli Esercizi: fare orazione, fare scelta, fare colloquio, fare tutto ciò che, secondo la via tracciata da Ignacio, colui che dà gli esercizi indica a colui che li riceve; e vedere, con gli occhi di un'immaginazione spinta ai limiti dello stravolgimento, tutto ciò che si esorta a vedere, a sentire, in una continua osmosi tra parole di preghiera, pensieri, consolazioni, desolazioni e finalmente proposte di immagini, sempre e comunque fortemente materializzate, localizzate, rese attingibili ai sensi. Un po' come il prodotto, non prevedibile e però scarsamente governabile, dell'immaginazione poetica o ispirazione, che nasce anch'esso (come l'«illuminazione» a cui puntano gli Esercizi) da un'ékstasis ossia, letteralmente, da una dislocazione, da uno spostamento della sensibilità, da una distrazione della coscienza soggettiva, da un suo non esserci alle cose usuali, da un suo dimenticarsi nel silenzio in cui una voce «altra» parlerà, in uno spazio non dissimile da quello dell'autentico pregare (e questo è, più che un chiedere, un darsi)."""" (Dalla Postfazione di Giovanni Giudici)" -
Storia della sessualità. Vol. 2: uso dei piaceri, L'.
«In questo saggio vorrei sottolineare alcuni elementi generali che caratterizzano il modo in cui il pensiero greco classico si è piegato sul comportamento sessuale come campo di valutazione e di scelta morali. Partirò dalla nozione, allora comunemente accettata, di ""uso dei piaceri"""" - chr?sis aphrodisi?n - per individuare i modi di soggettivazione cui essa si riferisce: sostanza etica, tipi di assoggettamento, forme di elaborazione di sé e di teleologia morale. Quindi, partendo ogni volta da una pratica che aveva nella cultura greca le sue radici, il suo status e le sue regole (la pratica del regime igienico, quella della gestione della famiglia, quella del corteggiamento amoroso), studierò il modo in cui il pensiero medico e filosofico ha elaborato questo """"uso dei piaceri"""" e ha formulato alcuni temi di austerità che sarebbero divenuti ricorrenti su quattro grandi assi dell'esperienza: il rapporto con il corpo, il rapporto con la sposa, il rapporto con i ragazzi e il rapporto con la verità»."" -
Considerazioni sulla storia universale
"Burckhardt è stato a buon diritto universalmente lodato per i caratteri della sua esposizione, ma anche per la capacità di trasporre in forma letteraria complessi materiali storici e di trasformare l'indagine scientifica in arte. Per conseguire tali risultati gli tornarono utili la vivezza del linguaggio, la capacità di distribuire luci ed ombre e anche un penetrante intuito psicologico, con il risultato complessivo di far riemergere individui e periodi storici dalle tenebre in cui erano piombati. In sostanza, la peculiare plasticità della sua esposizione era solo il riflesso della sua enorme «sete di conoscenza». Egli non avrebbe potuto concludere nulla, affermò una volta, se avesse dovuto trasferire sulla carta «un'immagine tratta dalla propria interiorità»; ogni pensiero doveva essere rapportato «a qualcosa di esterno». Per questo motivo Burckhardt riteneva anche di essere incapace di ragionamenti filosofici. Eppure non era un narratore. Le sue descrizioni rivelano fin nell'impianto che egli privilegia l'apparato concettuale, la riflessione e la comparazione. [...] Nel complesso, il suo modo di procedere è tipico della ritrattistica più che dell'epica, per cui Burckhardt non riproduce i processi ed il succedersi degli avvenimenti, ma immobilizza l'evento, scelto il più delle volte con uno spirito drammatico, per metterne a nudo la natura alla maniera del ritrattista, capace di fissarla nitidamente, di coglierne i tratti essenziali. Tutto quel che si trova in secondo piano e ancor più dietro, sullo sfondo, non è meno significativo degli attori che campeggiano davanti, «testimoni di primo grado nel processo». Erwin Rohde, l'amico di Nietzsche, ha definito con acume lo stile di Burckhardt «riflessivo nell'esposizione»."""" (Dallo scritto di Joachim Fest)" -
Dostoevskij
"Per Lukács, l'opera di Dostoevskij può essere letta come un unitario commento al paolino «è terribile cadere nelle mani del Dio vivente». Nel mondo abbandonato da Dio (il mondo del romanzo) ogni contatto con la trascendenza non può essere altro che un contatto devastante per la creatura e naturalmente per le istituzioni. Già l'etica luciferina si nutriva della """"demonia"""" di chi afferma d'essere meglio dei propri dèi e dunque tendenzialmente della distruzione dell'esistente. Ora, nell'epos dostoevskijano «la demonia ha acquistato senso», non è più fuga nell'artificiale totalità del soggetto, ma affermazione della volontà di trasvalutazione di tutti i valori, distruzione dell'esistente, che sul piano etico significa principalmente crisi delle """"istituzioni"""" (Gebilde) dell'etica kantiana: «Dimostrare che non solo la seconda etica paraclitica ma anche quella luciferina deve trascendere la giustizia (il saggio, l'eroe tragico, amor dei intellectualis - inconfutato!)». Chi ha visto Dio, o chi è incarnazione di Dio sulla terra, come il popolo russo, non può che «andar oltre il diritto e l'etica» anche se ciò dovesse significare il sacrificio della propria anima. Non a caso nello studio su Dostoevskij si elabora tutta una fenomenologia di figure che incarnano questo ideale riconducibile all'idea dell'inevitabilità del peccato in un mondo che è incarnazione somma di Satana. Figure di questa fenomenologia sono i """"peccatori santi"""", cioè coloro che nel peccato trovano una strada verso Dio, come Sonja in Delitto e castigo o la Giuditta di Hebbel, """"eretici"""" per amor di Dio, come quelli descritti da Sebastian Franck e da certa mistica ebraica, uomini per i quali la colpa è già espiazione, come Raskol'nikov, terroristi e suicidi, come Kirillov e Svidrigajlov, folli e idioti che non vogliono vedere le """"relazioni"""" del mondo che li circonda, come il Myskin di Dostoevskij e altri ancora."""" (Dallo scritto di Michele Cometa)" -
Il collare della colomba
"Ibn Hazm, una delle più alte figure intellettuali della Spagna musulmana del secolo XI, schizzò rapidamente quest'opera, che è un trattato «scientifico» di fenomenologia dell'amore e al tempo stesso una confessione, un documento storico e umano di non comune valore. In tutti i trenta capitoli di questo leggiadro Collare della colomba, la teoria ora acuta, ora sottile e sofistica, si correda di esempi tratti non già, come spesso accade in altre opere di analogo argomento, dal vecchio patrimonio di storie e leggende d'amore dell'antichità araba, ma dalla viva esperienza dell'autore, che ha quasi sempre come sfondo la splendida Cordova musulmana. Ecco quindi la corte dei califfi, [...] i loro grandi ministri, come il famoso Almanzor, e visir e ciambellani e dignitari di corte, tra i quali il padre dello stesso Ibn Hazm, e dotti e giuristi, teologi e tradizionisti, ufficiali e poeti, che affollano il Palazzo, la Gran Moschea cordovana, i ponti sul Guadalquivir, le ville e i giardini suburbani della metropoli. Ed ecco il mondo femminile, intravisto in fuggevoli lampi fra le cortine dell'harem, o liberamente circolante per le vie e le piazze tra la turba delle schiave e delle ancelle, pronte allo scherzo, all'avventura e all'intrigo. Ne risulta una varietà, una libertà di rapporti fra i sessi, anche al di fuori dell'elemento servile, superiore a quanto ci aspetteremmo dagli schemi tradizionali della donna musulmana sempre segregata e velata. [...] L'amore che agita questo mondo è concepito e analizzato dall'autore nella più ampia estensione del termine; è insieme Venere urania e pandemia, anzi addirittura amor femminile e amor maschile, indifferenziato e talora nemmeno distinguibile con chiarezza nella terminologia amorosa."""" (Dallo scritto di Francesco Gabrieli)"