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Logos-sofia. La metafisica e l'estetica di Vladimir Solov'ëv
Viene qui presentata una rilettura delle questioni cruciali della metafisica del ""Platone russo"" e sottolineata la centralità del ""mitologema sofiologico"", considerato nelle sue implicazioni gnostiche ed esoteriche, con una messa a fuoco di tematiche poco note al lettore occidentale, quali l'impersonalismo, il misticismo, l'elemento medianico-spiritico alla base della scrittura delle sue opere. Elementi questi che non attenuano per nulla il grande merito da parte del filosofo- poeta di esser stato antesignano del dialogo tra Occidente cattolico e Oriente ortodosso, ma che permettono una considerazione più realistica e più prossima al libero spirito di indagine di Solov'ëv, che nella sua tensione all'affrancamento dal ""dogmatismo"", fiducioso nelle potenzialità della ragione, perviene all'elaborazione di un sistema teosofico autonomo rispetto alla tradizione e all'autorità della Chiesa (sia ortodossa che cattolica). La seconda parte del volume è dedicata alla concezione estetica di Solov'ëv, e in particolare alla sua ascendenza e al suo influsso sui poeti simbolisti (Blok, Belyj, V. Ivanov). Si è parlato, a proposito dell'estetica soloveviana, di ""utopismo""; certamente si può dire che egli abbia sovrinnalzato il fine dell'arte, pur essendo essa per lui un mezzo, mai un fine. Sovrinnalzando quel fine Solov'ëv ha eliminato l'arte come fine; sovrinnalzando la realtà, l'ha oscurata, mostrandone la vera luce nella prospettiva della trascendenza. Ciò nondimeno, egli non è riuscito a sfuggire al miraggio dell'illusorietà del reale, testimone in questo della crisi di fin de siècle, ma anche punto di riferimento imprescindibile di tutta la storia del pensiero e dell'arte russa del Novecento. -
Sisto IV, Innocenzo VIII e la geopolitica dello Stato Pontificio ...
Questo libro rappresenta una significativa novità nel panorama degli studi sulla Storia della Chiesa e, in particolare, sui Pontificati di Sisto IV e di Innocenzo VIII, la cui politica estera è stata sinora poco meditata dalla storiografia; grazie ad una vasta documentazione archivistica ed una aggiornata bibliografia, l'autore riesce a coniugare la comparazione delle fonti con una nuova interpretazione dell'azione di Sisto IV, l'iniziatore della fase matura del Rinascimento per lo Stato Pontificio. La cronaca delle battaglie e delle congiure è corredata dalle schede biografiche dei protagonisti e dalla descrizione delle magistrature; di notevole interesse l'analisi delle bolle pontificie dirette contro Lorenzo de' Medici e delle fonti dottrinali cui si ispirarono. La disamina dell'evoluzione della politica estera si accompagna così allo studio delle complesse vicende istituzionali dei singoli Stati italiani. -
Hegel. La cristologia idealista
Oggetto costante della riflessione di Hegel, dagli scritti ""teologici"" giovanili sino alle tarde lezioni sulla filosofia della religione, l'interpretazione della figura di Cristo accompagna l'evoluzione del suo pensiero. Il risultato è una lettura filosofica della fede che al Gesù ""storico"" dei Vangeli contrappone il Cristo ""dogmatico"", l'Uomo-Dio nel quale viene a coscienza l'unità di finito e infinito destinata a cambiare la storia. Un riconoscimento del cristianesimo, come religione della libertà, che implica, però, il passaggio dalla passione del Golgota al ""venerdì santo speculativo"". Nella croce muore il Figlio, Gesù di Nazareth, e, insieme, il Padre, il Dio trascendente degli ebrei. Dalla doppia negazione sorge il ""nuovo"" Assoluto, lo Spirito del mondo la cui attuazione coincide con la secolarizzazione moderna. Il volume costituisce una introduzione alla cristologia hegeliana e alle sue interpretazioni, dalla sinistra hegeliana alla teologia contemporanea, accompagnate da opportuni percorsi bibliografici. -
La preghiera e il divino. Scritti etico-religiosi
La questione di Dio, apparentemente non centrale nelle analisi di Edmund Husserl, si mostra, in realtà, come l'immancabile punto d'arrivo di numerose sue indagini sul ""senso"" dell'umano, sui legami intersoggettivi resi possibili dall'entropatia, sui conseguenti vincoli comunitari di carattere etico e sulle produzioni culturali, dalla filosofia alle scienze e alla teologia. In un serrato colloquio con i filosofi dell'Età Moderna, Cartesio e Leibniz, ma anche, alla lontana, con quelli del Medioevo, Agostino e Tommaso, la ricerca sul divino assume un'importanza sempre più palese soprattutto nei manoscritti del fenomenologo. La curatrice segue qui lo svolgimento di questo argomento, traducendo e commentando alcuni testi husserliani relativi al Dio dei filosofi, al Dio dei teologi e al Dio della fede, che culminano con una profonda meditazione sulla preghiera. -
Il pedagogista nella scuola. Sfide e prospettive
Il volume offre una riflessione corale che mette a tema con forze argomentative plurime sfide e prospettive relativamente alla presenza del pedagogista nella scuola, a partire dal quadro di opportunità normative e dalle caratteristiche che tale professionalità pedagogica garantisce in termini di competenze e di possibili ambiti di intervento. Nella scuola, il pedagogista viene inteso come una figura di sistema, facilitante le relazioni e la comunicazione fra i soggetti plurali che animano la comunità scolastica, sostenendo e sviluppando progettualità comuni e condivise. In una cornice unitaria, che inquadra ragioni di una presenza e ambiti di azione, il lavoro offre un contributo alla riflessione sul piano culturale e scientifico, sia per un ampliamento della cultura pedagogica a scuola, sia sulle competenze necessarie al pedagogista scolastico e sulle loro possibili declinazioni. -
Sustainable business management. Il framework generale della sost...
La rilevanza e l'urgenza della Sostenibilità sono sempre più evidenti, di fronte alle grandi crisi ambientali, sociali, ed economiche che affliggono i nostri tempi, spingendo Istituzioni ed Imprese a impegnarsi attivamente per pianificare e gestire la Sustainable Transformation. Questo libro - dedicato a manager, amministratori, studenti - offre su questo tema una visione d'insieme nell'ottica del Business, proponendo tre principali contributi. Anzitutto viene definito un Framework generale della Sostenibilità, utile per inquadrare il complesso fenomeno nelle sue principali articolazioni. All'interno di questo Framework, viene sottolineato il ruolo della Sustainable Leadership, come fattore chiave per il successo della trasformazione. Infine, vengono riportati i risultati di una survey condotta presso un campione di 1.526 manager Europei, che porta ad evidenza i gap di conoscenze, competenze, valori, attitudini che possono ostacolare la Sustainable Transformation. -
L'impresa. Fondamenti, profili economico-finanziari e sostenibilità
L’impresa, quale motore fondante di progresso socio-economico, nei suoi fondamenti e nei suoi profili economico-finanziari, è l’oggetto di studio del presente lavoro. Offrendo una visione integrata e complessiva della realtà aziendale, attraverso i concetti chiave di decisione, contesto, confine e risultati economico-finanziari, il testo vuole essere utile alla migliore comprensione dell’essenza dell’impresa e del contesto in cui la stessa è inserita, contribuendo così alla formazione di un corpo di conoscenza attivabile e utilizzabile per governare e gestire, con visione e pragmatismo, con coraggio e fiducia, la dinamica evolutiva dell’impresa in contesti in rapido cambiamento. -
La bellezza civile. Splendore e crisi della città
Mai nella storia si è costruito come dal 1955 ad oggi, mai nella storia si è prodotto tanta bruttezza. Mentre la ricerca della bellezza per i corpi, l'abbigliamento, gli oggetti assurgeva a tratto distintivo dell'epoca in cui viviamo, il volto del mondo ha subito un imbruttimento verticale. Due domande percorrono gli scritti qui raccolti: quali sono i segreti e da dove origina la bellezza urbana che abbiamo ereditato dalla storia? Quali le cause di un così esteso dilagare del brutto? Nel tentativo di rispondere, vengono attivati alcuni percorsi nel passato e nel presente. Il risultato è la conferma della fecondità della nozione di ""bellezza civile"" formulata da Giambattista Vico. La bellezza delle città e dell'architettura ha avuto il suo terreno di coltura nei legami civili, nella tensione a una identità collettiva e nel radicamento in ragioni di senso. La crisi attuale della bellezza urbana e dei paesaggi rinvia a una crisi ben più ampia, di cui si cercano le cause, senza rinunciare a indicare possibili vie d'uscita. -
Calcolo. Funzioni di una variabile
Questo libro si propone come soluzione per l'insegnamento della matematica nelle facoltà scientifiche e ingegneristiche. Il testo, infatti, coniuga il rigore concettuale con le efficaci soluzioni didattiche tipiche della manualistica anglosassone. Ogni concetto viene introdotto con una presentazione discorsiva, illustrato con esempi numerici, rappresentato per via grafica e infine affrontato analiticamente. L'esposizione teorica è accompagnata e arricchita da numerosi esempi applicativi, tratti da diversi ambiti disciplinari (dalla fisica alla biologia all'ingegneria) e dall'esperienza quotidiana. Un gran numero di esempi svolti ed esercizi è di ausilio all'apprendimento. Innovativa è l'introduzione del ""problem solving"" come effettivo strumento didattico. -
La Porta tra i delfini
Il protagonista di questo nuovo romanzo di Marcella Cioni è un palazzo, Palazzo Berlari. Labirinto di esistenze e castello dei destini incrociati, dalle ""stanze non contabili"", l'edificio passa di proprietà e diventa la sede di una brulicante stratificazione di personaggi e storie, come un alveare con al suo centro un nucleo di abitanti più stabile e un'ape regina, Nora, la nuova proprietaria, psicologa e psicoterapeura, collezionista di abiti Chanel. -
La divina foresta
La pubblicazione della ""Divina foresta"" (1969) fu propiziata da Giorgio Caproni, con un suo dettagliato parere di lettura: ""Una suggestiva historia naturalis ambientata in una remotissima Sicilia agli albori della creazione, è il tema, svolto in chiave tra lucreziana e, al limite opposto, perfino kipliniana, di queste pagine che il lettore, da un capo all'altro, segue con mai rallentato interesse e, diciamolo pure, con innegabile incanto poetico. Protagonista è la vita stessa, o, per meglio dire, è un'entità vivente e ""cogitante"" dapprima indeterminata nella propria larvale forma e quindi, dopo una breve stagione vissuta vegetalmente, sotto la definitiva specie d'un avvoltoio e precisamente d'un filosofico avvoltoio, che nulla ha in sé della ferocia che il nome evoca ma che anzi è nutritissimo di classica saggezza (la greca in primo luogo) e che a suo modo disegna nell'arco della propria avventura (la perdita della compagna lo spinge, fino all'estenuazione, alla ricerca d'un messaggio iperuranico oltre i confini dell'isola d'oro, oltre gli oceani e addirittura verso l'irraggiungibile luna, in un alternarsi di roventi esaltazioni e di nere ipocondrie che rasentano le più moderne nevrosi) l'arco della nostra umana inquietudine di fronte al nostro stesso esistere e morire"". -
Il mio secolo. Memorie e discorsi con Czeslaw Milosz
Aleksander Wat (1900-1967) fu poeta, ebreo e polacco. Queste tre qualificazioni delineano subito nella mente il perimetro delle sue memorie del secolo scorso: l'elite intellettuale dell'Europa centrale affascinata dagli esperimenti artistici esistenziali e politici tra le due guerre mondiali; la tragedia nello sradicamento e della deportazione; il terrore nei diabolici laboratori del totalitarismo novecentesco. Lo scrittore Paul Auster le ha definite senza mezzi termini: ""un capolavoro di autobiografia... Uno dei più commoventi e potenti libri che abbia mai letto"" e non deve essere estraneo a questo giudizio il fatto che è come se questa autobiografia mostrasse quante vite potessero coesistere in una nel secolo di Wat, quante esistenze diverse potessero trascorrere in una sola quando ""mio secolo"" significava passare dall'avanguardia dadaista al comunismo alla conversione religiosa, dall'occupazione nazista alle prigioni staliniane ai boulevard di Parigi, tra Varsavia e Leopoli, l'URSS e l'Europa occidentale. Wat, però, è in ogni vicenda un poeta. Il suo lungo resoconto orale, depositato nella conversazione con l'amico premio Nobel Czeslaw Milosz e poi trascritto dopo il suicidio del protagonista, è filtrato da una speciale spiritualità e il suo orizzonte è il sublime. Un modo di vedere la storia come storia di un'anima: caduta, espiazione, catarsi. Un modo di guardare al secolo come visione del ""diavolo nella storia"". Prefazione di Czeslaw Milosz. -
Io ci sarò
In una mattina innevata il telefono squilla a casa della scrittrice Jeong Yun. A chiamarla è un uomo che non sente da anni e a cui è stata molto legata, e le porta la notizia che il loro adorato professore degli anni universitari è in ospedale e sta per morire. In un istante la donna sente il passato che ritorna, le emozioni del periodo più profondo, traumatico ed eccitante della sua vita. Anni addietro tre studenti di Seoul avevano attraversato assieme uno dei momenti di maggiore travaglio politico della Corea. A mostrargli la strada è il professor Yun: durante le lezioni li incoraggia a rischiare, ad aprirsi al mondo, a proteggersi a vicenda nel cammino verso l'età adulta. Per affrontare le difficoltà di un'intera generazione si erano legati tra loro, scoprendo l'amore e l'amicizia, condividendo sogni e letture, promettendosi reciproco sostegno. I ragazzi diventano inseparabili, e il loro rapporto è intensissimo ed enigmatico allo stesso tempo. Ognuno lascia intravedere un'ombra che ne segna il carattere e l'esperienza. In loro si è insinuata una piega, una incrinatura che ne scuote la sensibilità. In queste ferite, non ancora profonde ma già dolorose, nasce un legame che sembra indissolubile. E quando quella mattina squilla il telefono, ogni gioia e passione, ogni ombra e turbamento, rivive ed accade di nuovo. -
La confessione della leonessa
In Mozambico un branco di leoni attacca a più riprese un villaggio, causando oltre venti vittime. Per eliminare le belve assassine il governo invia una squadra di cacciatori, che si trova a fronteggiare non solo gli animali ma anche gli uomini e le loro convinzioni. Tra la popolazione si è diffusa la credenza che i leoni siano inviati del mondo dei morti o evocati da astuti stregoni per compiere vendette e seminare il terrore. Mia Couto prende spunto da una storia vera, per quanto inconsueta, e a questa premessa sovrappone il proprio sguardo. Nella sua storia il racconto diventa una testimonianza in prima persona, affidata in capitoli alternati all'esperto cacciatore e all'unica superstite di una famiglia a cui i leoni hanno già ucciso tre figlie, e si svolge in un'archetipa comunità segnata dalle cicatrici della guerra civile che ha sconvolto il paese fino agli anni '90. Sono molte le tensioni nascoste nel villaggio che vengono a galla nell'attesa dello scontro finale con i leoni. Forse la guerra reale che si sta combattendo non è tra le fiere e gli uomini ma tra il potere patriarcale e la debolezza delle donne, spesso condannate a una non-vita. E il romanzo si presta a diverse chiavi di lettura, riflette sulla naturale aggressività del genere umano, ben peggiore di quella delle bestie, e si concentra sulla magia tutta letteraria di una scrittura poetica e visionaria, capace di far scaturire dagli eventi e dalle persone una realtà più devastante di un fucile carico di pallottole. -
L' invenzione della Terra
""Che idea avevano della forma della Terra gli antichi, gli uomini del Medioevo e poi i moderni? Come se la immaginavano? E perché se la immaginavano proprio in quella maniera? La questione non è affatto semplice, appunto perché decidere tra le due forme, la piatta e la sferica, è l'atto originario dell'intera riflessione occidentale, nel senso che è proprio intorno a questo problema che la riflessione dell'Occidente sul mondo si struttura, si organizza"". La Terra è spazio, immensa estensione, un quadro generale. E la carta geografica che fornisce l'orientamento per muoversi nelle località più concrete della vita vissuta. Non è stato sempre così. Quando il mondo era molto più piccolo, quando era in gran parte sconosciuto e dunque i territori noti erano solo un parziale anticipo di un altrove terreno misterioso, le rappresentazioni della Terra svolgevano probabilmente un'altra funzione, o la stessa in modi diversi. Erano mappe, ma di cosa? Questo libro racconta l'evoluzione della geografia - dalla Genesi e l'Enuma Elis babilonese alla moderna cartografia - in quanto storia di un progressivo disincanto. Dal Mondo alla carta geografica. Come, attraverso cosmogonie, cosmologie, e cosmografie, il vago e mitico universo-tutto, lentamente e laboriosamente, ha partorito la Terra. -
Nell'ora violetta
Un delicato e poetico memoir, un grande esercizio di sincerità davanti a un fatto doloroso che l’autore cercherà, per via letteraria, di attenuare, ma che segnerà per sempre la sua vita.rnFinalista per la narrativa straniera Premio Gregor von Rezzorirn«Un libro amaro, bellissimo, essenziale.» - The Times Literary Supplementrn«Come si può sconfiggere un presunto nemico che non viene da nessuna parte? […] Ci troviamo di fronte a un attacco contro noi stessi. Tutta la nostra forza distruttiva lanciata contro i nostri stessi soldati…»rnrnL'immagine di una guerra è forse la più consueta nei resoconti della malattia e della sfida al gran male, eppure il racconto che ne fa Sergio del Molino è diverso da tutto ciò che è stato già visto, sentito e rappresentato in forme a volte stucchevoli. La sua è la voce ardita di un'attesa costante, che freme di speranza e paura tra presente e futuro. Un'attesa in continua vibrazione, piena di eventi, sorprese, azioni, gesta coraggiose, a cui il lettore partecipa come se tenesse in mano, nel tempo della lettura, il destino di ognuno. Con il suo tono più intimo, con l'onestà crudele che deve a sé e alla sua compagna, alle infermiere, alle dottoresse, che chiama «le nostre piccole luci nell'abisso», lo scrittore poco più che trentenne narra un anno di vita assieme alla famiglia e al figlio Pablo, quando al piccolo viene diagnosticato un raro e grave tipo di leucemia. Eppure questo non è un libro sull'agonia, sulla malattia, ma il racconto di una paternità senza complessi e rimpianti, che esplora a fondo il rapporto tra genitori e figli e l'inverosimile sgomento della perdita. Del Molino raffigura la frustrazione e l'angoscia di un padre e di una madre evitando ogni sensazionalismo, e il risultato sono immagini ed emozioni che si schiudono nella memoria, pronte a trascendere il dolore senza mai cercare di sfuggirlo. In un'atmosfera intensa, dal tempo racchiuso, prende forma un contenitore che accoglie tutte le parole necessarie a descrivere una condizione al limite dell'esperienza, in cui i luoghi comuni suonano come insulti. E queste parole, alla fine, sono testimonianza e romanzo di una storia d'amore. -
Il sogno di D'Alembert-Il sogno di una rosa. Ediz. ampliata
«A memoria di rosa, non si è mai visto morire un giardiniere». Questa citazione (che non è di Diderot, ma di Fontenelle) aleggia per tutto il dialogo ""Il sogno di d'Alembert"" - l'opera di Diderot forse più audace intellettualmente, più briosa e ricca - ad ammonire che il limite, negativo, della possibilità di conoscere non può essere scambiato, positivamente, con il limite della possibilità di essere della realtà. E domina, riecheggiata già nel titolo ""Il sogno di una rosa"", nella continuazione di quel dialogo immaginata da Eugenio Scalfari. ""Le rève de d'Alembert"" fu scritto da Diderot nel 1769, e conosciuto postumo, in forma di commedia brillante, pettegola, spiritosamente oscena: da un illuminista che credeva che la filosofia non fosse altro che resoconto sintetico dell'ininterrotta conversazione con se stessi e con gli altri, libera, aperta, correggibile, in cui consiste, certo per piacere, forse per dovere, l'appartenenza al genere umano: ed è un capolavoro di materialismo non volgare, ma contiene, in spunti e anticipazioni, le domande discusse oggi dalla cosiddetta filosofia della mente. In tempi probabilmente infelici per l'onestà e il senso di quella conversazione, il gioco di Scalfari più che una continuazione, più che un d'après Diderot, ne è uno scarto verso la malinconia: una cornice per l'oggi. Diderot conversa con mademoiselle de l'Espinasse del suo antico dialogo, e tenta e prova del materialismo la malinconica saggezza, la consolazione infinita, dignitosa e incerta. Questo libro è stato pubblicato per la prima volta nel 1994. Viene riproposto oggi in una edizione accresciuta e con una nuova introduzione in cui Eugenio Scalfari racconta come e perché nacque il progetto di affiancarlo all'autore dell'Encyclopédie. -
Il commissario Montalbano: Il campo del vasaio-L'età del dubbio-L...
Salvo Montalbano invecchia, anche per lui il tempo passa come per tutte le persone vive. Nei tre romanzi qui proposti (scritti tra il 2008 e il 2009), il commissario è un po' più abbattuto, un po' più angosciato, forse è l'età, forse la crudeltà dei delitti.rnrnUna delle invenzioni di Andrea Camilleri, che fanno amare di più Salvo Montalbano, è il fatto che questi invecchia, che anche per lui il tempo passa come per tutte le persone vive. Nei tre romanzi qui proposti (scritti tra il 2008 e il 2009), il commissario è un po' più abbattuto, un po' più angosciato, forse è l'età, forse la crudeltà dei delitti.Il campo del vasaioIn un campo argilloso, un «campo del vasaio» come quello dove Giuda andò a impiccarsi, viene ritrovato un cadavere tagliato in trenta pezzi, quanti furono i denari per tradire Gesù, È un cadavere vecchio, dissotterrato da una pioggia decisamente intensa. Sarà l'analogia con il Vangelo ad aiutare il commissario, che dovrà anche tirare fuori Mimì Augello da una trappola amorosa.L'età del dubbioIl dubbio attanaglia Montalbano.È un dubbio che attiene alla sfera amorosa, perché un'altra donna si è affacciata alla sua vita. Ma è anche il dubbio che incalza una difficile inchiesta su un traffico internazionale. Un cadavere sfigurato, uno yacht dei misteri, lo zampino – forse – dei servizi segreti.La danza del gabbianoÈ un'alba di insonnia inquieta sulla spiaggia quando il commissario Montalbano assiste all'agonia di un gabbiano: una disperata danza circolare che assomiglia a una cupa profezia, a una sinistra prefigurazione. Tornato in ufficio si accorge che l'ispettore Fazio è scomparso. Lo hanno visto alle cave, un cimitero mafioso, e con Mimì Augello e tutti gli altri lo danno per morto. Accade che in quel luogo emergano altri cadaveri: con fatica e cattivo umore il commissario, tra squallidi amori e abitudini voyeristiche, può collegarli a carichi di armi proibite. Forse il suo romanzo più nero. -
Napoleone
A duecento anni dalla morte di Napoleone (il 5 maggio 1821 come ricorda a tutti l'ode del Manzoni) è sempre attuale il «fu vera gloria?» del grande poeta italiano. Questo Napoleone dello storico, specialista di storia bellica, Sergio Valzania si pone la domanda partendo dal punto di vista militare. Napoleone fu all'altezza della situazione nella quale si trovò a vivere, della posizione che seppe raggiungere? Un punto di osservazione iniziale, quello militare, abbastanza naturale nel caso di un personaggio, modello del genio romantico, che si confrontò con i suoi tempi e il suo mondo in un ventennio di guerre quasi ininterrotte. Ma «l'anima del mondo che passa a cavallo» (così lo vide il più grande filosofo dei tempi, Hegel, dopo la vittoria di Jena) appare in queste pagine anche un uomo enigmatico. Partito dal versante militare Valzania racconta la vita di un uomo che fu molte cose insieme. Fusione di moderno e di antico, dispotismo e democrazia, capacità realizzativa e ambizione per l'impossibile, familismo e culto del valore individuale, freddezza ed entusiasmo sentimentale. Le visioni a volo d'uccello dei campi di battaglia, le scelte strategiche, le organizzazioni logistiche e i sistemi di comando, si sommano così agli scenari geopolitici, alle spinte della tradizione e dell'economia, ai nazionalismi nascenti; tutto ruota intono alla persona del protagonista, alle sue motivazioni, ai suoi amori e affetti, alle sue emozioni. Il ritratto di un grande al quale era preclusa la vittoria: condannato alla sconfitta come tutti gli eroi romantici. Il libro è il testo rivisto di un programma radiofonico realizzato da Sergio Valzania come modello per la trasmissione «Alle 8 della sera». Conserva nella scrittura la cordiale scorrevolezza del parlato. -
Don Chisciotte e i suoi fantasmi
«In un'angusta cella di prigione, in una città spagnola il cui nome non vogliamo ricordare, forse Castro del Río o forse Siviglia, un uomo d'armi e di lettere, cinquantenne e già stanco, concepisce un personaggio a propria immagine e somiglianza, un cavaliere un po' più ridicolo e più coraggioso di lui, un individuo strenuamente deciso a combattere le quotidiane ingiustizie del mondo. Tra quattro umide pareti, ""ove ogni scomodità ha il proprio seggio e ogni triste rumore prende dimora"", pareti che certamente gli ricordano la sua lunga prigionia africana, il detenuto Miguel de Cervantes Saavedra dà vita a un vecchio hidalgo che rifiuta di piegarsi alle convenzioni menzognere di questo mondo e decide di obbedire unicamente alle norme dettate dalla sua coscienza». Miguel de Cervantes finge di aver trovato il manoscritto del Don Chisciotte opera di un certo Cide Hamete Benengeli, un moro. Sono gli anni, quando lui scrive, in cui i moriscos, gli arabi convertiti, sono cacciati dalla Spagna: ultimo atto da parte del potere di un tentativo di limpieza de sangre, e di invenzione di una identità pura della Spagna. Quindi l'attribuzione a un moro e a una lingua vietata del suo capolavoro è già di per sé un atto sovversivo. E non è se non il primo degli innumerevoli doppi che si trovano in quest'opera-specchio segreto. Sono i «diversi altri», i «fantasmi» di cui Cervantes, per caso o per studio, dissemina il primo e più fondamentale romanzo moderno. Questa fitta, ingegnosa e sorprendente analisi di Alberto Manguel (Buenos Aires 1948, scrittore e uno dei lettori del cieco Borges nonché fondatore di un rivoluzionario Centro internazionale sulla lettura) li svela puntigliosamente.