Sfoglia il Catalogo illibraccio008
<<<- Torna al MenuCatalogo
Mostrati 4161-4180 di 8634 Articoli:
-
Come siamo. Liberare la mente da tutti i condizionamenti
Krishnamurti è stato un filosofo nel senso originario della parola, non un accademico o un intellettuale, ma un amante della verità che ha sollevato domande essenziali sulla vita. Ha dedicato la sua vita a parlare alla gente in tutto il mondo delle eterne domande esistenziali. In questa serie di otto discorsi tenuti a Ojai, in California, nel 1955, esamina la confusione, le abitudini e i presupposti della mente umana, che sono alla radice di tutta la violenza e la sofferenza del mondo. Benché queste riflessioni siano state offerte più di cinquant'anni fa, il loro significato è ancora innovativo e rilevante per i nostri tempi. Krishnamurti esamina un mondo in cui il boom della produzione e i progressi della scienza promettono un futuro felice senza mantenere la promessa. Punta il dito contro l'escalation delle guerre, della competizione, dell'invidia e del nazionalismo, nonostante i progressi nell'educazione, nell'ecumenismo religioso e nelle tecniche di miglioramento di sé. Essenzialmente chiede ai suoi lettori di considerare che gli apparenti progressi del sé non sono progressi verso la libertà, ma un cammino verso l'illusione. Conoscere la propria mente attraverso la diligente auto-osservazione, afferma Krishnamurti, è l'unica via alla libertà. -
Buddhismo e scienza. Storia di un amore
Dal diciannovesimo secolo fino a oggi, mentre fervevano i dibattiti sulla validità della religione nel mondo moderno, i buddhisti e i simpatizzanti del buddhismo, orientali e occidentali, proclamavano che il buddhismo, solo tra le religioni del mondo, era compatibile con le più recenti scoperte scientifiche, e quindi andava considerato il credo spirituale d'elezione per l'uomo colto e razionale. Via via che la scienza diffondeva le scoperte più rivoluzionarie sulla fisica quantistica, la teoria del big bang, la vera natura della materia, quelle stesse teorie venivano rintracciate negli insegnamenti di Gautama Buddha, un asceta indiano vissuto nell'età del ferro che, senza telescopi o microscopi, aveva intuito esattamente le stesse cose anticipando la scienza di ben duemilacinquecento anni. In ""Buddhismo e scienza"" Lopez non si concentra tanto sul valutare la validità di tali asserzioni, quanto sull'esplorare come e perché queste due chiavi di lettura dell'universo interiore ed esteriore, apparentemente incompatibili tra loro, siano state così persistentemente associate. Il risultato è un viaggio affascinante sull'origine, gli sviluppi e le funzioni storiche dell'idea della 'scientificità' del buddhismo, a partire dai dibattiti tra buddhisti e missionari cristiani sulla cosmologia occidentale e orientale fino alle ricerche contemporanee delle neuroscienze sulla meditazione. -
Attrazione, ossessione e stalking
Nella letteratura emergente sul fenomeno sempre più diffuso dello stalking, questo testo offre una visione particolarmente innovativa e gravida di spunti: non è infatti centrato sui soli aspetti comportamentali ma anche, e soprattutto, sulle caratteristiche psicologiche e di personalità dello stalker e della sua vittima, e sulla peculiare natura psicopatologica della relazione persecutore/vittima nei casi di stalking. I comportamenti ripetuti e morbosi di intrusione relazionale (IRO) nella vita della vittima attraverso pedinamenti, appostamenti, telefonate indesiderate, invio di lettere, e-mail, SMS, MMS o minacce scritte, verbali e fisiche, sono finalizzati a soddisfare una specifica motivazione, più o meno latente: ovvero quella di esercitare il potere e il controllo sulla vittima. Le osservazioni cliniche e i dati di ricerca suggeriscono che tali dinamiche relazionali non sono altro che la riattualizzazione di pattern relazionali appresi nel proprio ambiente familiare, contrassegnati da esperienze di disconoscimento, trascuratezza emotiva, violenza e in alcuni casi di abuso sessuale. Ciò che emerge dalla ricerca degli autori è che il tratto comune ai comportamenti di stalking non risiede tanto nella natura dello strumento di controllo utilizzato, quanto nella tipologia del comportamento impulsivo, che dà luogo a un bisogno ossessivo d'intrusione relazionale, di pedinamento e di molestia analogo a quello della caccia {to stalk) e del fare la posta. -
Momenti di risveglio. La consapevolezza nel sentiero del vajrayana
Realizzare la 'natura della mente' e dimorare in quell'esperienza diretta è il frutto della trasmissione di un vero guru, che introduce lo studente alla realtà ultima: l'io, così come tutte le cose, non ha una realtà intrinseca; non è separato dal resto, non costituisce un'entità a sé stante. La natura di tutti i fenomeni, quindi, non è altro che vacuità. Per attingere a questa profonda comprensione non è sufficiente seguire un maestro realizzato; il praticante deve sviluppare le qualità della mente che gli consentano di comprendere gli insegnamenti, e soprattutto di metterli in atto. L'autore pone in risalto due qualità fondamentali della mente, senza le quali nessuna pratica, nessuno studio può portare all'illuminazione: la consapevolezza e il discernimento, due aspetti di una stessa presenza mentale. Consapevolezza e discernimento danno realismo al cammino e chiarezza di obiettivi, senza di essi lo studente non potrà neanche trarre beneficio dalla pratica della meditazione. Anyen tratteggia l'utilità dei diversi insegnamenti buddhisti, dai sutra ai tantra, fino agli insegnamenti più alti del suo lignaggio spirituale: lo dzogchen e la mahamudra; la narrazione di alcuni importanti episodi della sua vita e del suo addestramento comunica lo stile particolarmente diretto, intuitivo e talvolta energico e incalzante con cui i suoi maestri lo hanno introdotto alla via del Buddha. -
L' essenza dello zen
Sekkei Harada è un maestro infaticabile del Dharma. Convinto che il bisogno di conoscere se stessi non è proprio di una singola cultura e società, ma universale a ogni uomo ed estremamente pressante in questa epoca, ha insegnato per anni in oriente e occidente, esercitando una grande influenza su generazioni di studenti. Questo libro, la traduzione di un testo giunto ormai alla sua quinta ristampa, rispecchia fedelmente il suo pensiero e la grande semplicità ed efficacia della pratica zen. Dopo un primo capitolo in cui traduce e commenta il famoso Fukan-zazengi di Dogen, testo basilare della scuola zen Soto, il grande maestro contemporaneo Harada trae spunto dalle fonti più disparate (gli antichi aneddoti zen, il teatro No, l'arte della calligrafia, la cerimonia del tè, come pure semplici eventi quotidiani), per sfondare le barriere erette dall'io e risvegliare una percezione diversa del proprio essere e della realtà. Con grande abilità illustra i vantaggi e i pericoli delle varie tecniche applicate nello zen, lo shikantaza, la meditazione sui koan e la concentrazione sul respiro, e mette in guardia dalla 'malattia dello zen': accontentarsi di una comprensione puramente intellettuale, insufficiente a vincere l'illusione dell'io, o aggrapparsi a una visione errata della pratica. Non ultimo pregio di questo libro è lo stile d'insegnamento estremamente concreto e lucido del maestro Harada, che rende questi discorsi particolarmente adatti anche ai praticanti alle prime armi. -
Lo yoga di Gesù
Paramahansa Yogananda rivela lo yoga nascosto nei vangeli e conferma che Gesù, come gli antichi saggi e maestri orientali, non solo conosceva lo yoga ma impartì gli insegnamenti di questa scienza universale ai suoi discepoli più vicini. Questo piccolo volume denso di intuizioni penetranti è un compendio di The Second Corning of Christ: The Resurrection of the Christ Within You, in cui Yogananda trascende i dogmatismi e i travisamenti che nei secoli hanno oscurato gli insegnamenti originali di Gesù, mostrando come essi indichino una via unificatrice che permette ai ricercatori di ogni fede religiosa di raggiungere il regno di Dio. -
Tu sei quello
"Il dolore fa parte della trama della vita. Quando lo si affronta per quello che è, si può addirittura sentirne la bellezza. Ma quando lo rifiutiamo diventa sofferenza. Prima di incontrare il mio insegnante, provavo sempre un nodo profondo di desiderio e insicurezza, di paura e odio. Non ero soddisfatta, e cercai aiuto. Non sapevo se l'illuminazione esistesse davvero, ma volevo conoscere la verità. ""Ci sono infiniti insegnanti, conosciuti e sconosciuti, umani e non umani, fisici e mentali; ma è il ""satguru"", il vero insegnante, a indicare la fine definitiva della sofferenza della separazione. Il vero maestro è nel cuore di tutti gli esseri. È più forte e profondo di tutti i pensieri e di tutte le emozioni. ""E indispensabile riconoscere il maestro che vive dentro di sé, altrimenti si rimane alla mercé della società, della cultura, della famiglia e di tutti gli altri agenti del condizionamento. ""La gente non riesce a vedere la bellezza eterna perché desidera essere altrove, in circostanze che immagina migliori. Tu, fermati dove sei e guarda più in profondità della dimensione fisica, mentale ed emotiva. Elimina il concetto di essere il corpo, chiedendoti sinceramente, profondamente: ""chi sono in realtà?"". Non sei niente di tutto quello che ti hanno detto, niente di quello che credevi. Non i tuoi bisogni, ciò che non hai o che vorresti. Nell'istante in cui non pensi, la verità è evidente. Se vuoi scoprirla, lascia andare tutte le tecniche per arrivarci." -
La rivoluzione comincia da noi
Siete davvero convinti di voler cambiare? Siete davvero interessati a una rivoluzione, a una trasformazione profonda nell'essere? Sapete cosa significhi veramente, cambiare? Nel suo stile sempre sferzante e destabilizzante, Krishnamurti squarcia subito il velo sulle reali intenzioni di chi lo interroga, di chi lo ascolta, di chi - oggi - lo legge. Il tema del cambiamento è il filo rosso che lega questi discorsi tenuti in tutto il mondo tra il 1952 e il 1959. Da Bombay ad Amburgo, da Londra a Nuova Delhi, da Bruxelles a Madras, Krishnamurti parla all'essere umano e alla sua incapacità di fermarsi a osservare il funzionamento della propria mente. Il cambiamento non può mai essere frutto di autodisciplina, controllo o desiderio; non può essere provocato da un atto di volontà né dall'ambizione di diventare qualcosa di diverso da ciò che si è: al contrario, la via per il cambiamento comincia proprio dal polo opposto: vedere, accettare, osservare ciò che si è. Quando si osserva il funzionamento della mente come se fosse un meccanismo complesso finché essa non divenga profondamente silenziosa, la mente cessa di far parte del tempo, e si manifesta uno stato capace di provocare una rivoluzione nell'essere e nell'atteggiamento interiore. Non è qualcosa che si può spiegare e comprendere a parole o a livello razionale, è qualcosa attraverso cui bisogna passare con la propria esperienza. L'unica chiave che Krishnamurti può suggerire è infatti quella della consapevolezza. -
Donne di illuminazione. Dakini e demonesse, Madri divine e maestr...
Può una donna diventare una buddha, una risvegliata? Ci sono state donne che in passato hanno ottenuto l'illuminazione, rinunciando ai ruoli tradizionali di mogli e madri per intraprendere la via del Buddha? Le praticanti, così come le divinità femminili, sono state sottomesse e subordinate alle loro controparti maschili, o si può parlare di modelli religiosi specificamente femminili? La concezione tipicamente androcentrica che sostiene l'impossibilità di ottenere il risveglio in un corpo di donna trova un comprovato riscontro testuale nelle sacre dottrine buddhiste? Queste le domande da cui è nato il presente saggio dedicato alla trasmissione femminile della Dottrina nel buddhismo indo-tibetano. L'autrice esplora quattro figure femminili individuate come paradigmatiche: la dakini, che in forma pacifica e benevolente oppure terribile e inquietante guida gli adepti al superamento del dualismo; la demonessa srin mo, da progenitrice mitica del popolo tibetano a maestra di Dharma di Milarepa; il bodhisattva di forma femminile, sottoposto alla necessità di rinascere in una forma maschile al fine di conseguire l'illuminazione, oppure andato invece compiutamente al di là di tale necessità, come mostrano la straordinaria figura di Tara, la divinità femminile più venerata di tutto il buddhismo tibetano, e il testo del Vimalakirtinirdesasutra; e, infine, la maestra di Dharma, a testimoniare il ruolo rivestito dal sahgha femminile... Prefazione di Giuliano Boccali. -
Opere
Ramana Maharshi, nei primi anni dopo l'illuminazione, stava per lo più in silenzio. Quando i ricercatori spirituali lo interrogavano, rispondeva per iscritto, spesso sulla sabbia della grotta dove abitava. Altre volte parlava. Alcuni di questi dialoghi venivano trascritti dai discepoli e, una volta redatti, erano sottoposti alla sua approvazione. Così vennero pubblicate le opere in prosa. I versi invece furono composti in diverse occasioni, più spesso su richiesta di qualche devoto, talvolta per un atto spontaneo e 'irresistibile' (come racconta Ramana stesso). Secondo il suo insegnamento (Yadvaita vedànta), l'io che alberga nel corpo fisico è dio stesso, il Sé, la pura consapevolezza entro cui tutte le esperienze, le percezioni, le emozioni e i pensieri sorgono e svaniscono. Tutta la manifestazione, ossia gli eventi di quella che noi definiamo realtà, avviene nell'alveo della nostra coscienza. Quando scompare tale coscienza, come nel sonno profondo, cessa di manifestarsi anche questo mondo. Il testimone di tutto l'avvicendarsi dei fenomeni è la nostra vera natura, e indagando in noi stessi con la domanda 'chi sono io?' è possibile trovare la pace, ossia la liberazione dall'illusione di essere il proprio corpo, e la certezza di essere la suprema realtà. -
Mantra tantrici
Il tantrismo ha influenzato la quasi totalità dell'induismo, lasciando la sua impronta sulla religione, il rituale, la teologia e la metafisica, l'iconografia e l'architettura dei templi, e persino la struttura dello stato. La visione del mondo tantrica, sia pure affidata a scritture e opere esegetiche spesso segrete e oscure, traspare ovunque nell'induismo. Essenziale al fine di comprendere il fenomeno tantrico è lo studio dei mantra, formule linguistiche già presenti nell'induismo vedico e post-vedico ma destinate ad assumere un ruolo di primo piano nel tantrismo, dove compaiono in ogni tipo di azione religiosa o rituale. Come aspetti di vac, la Parola, il potere cosmico primordiale che governa il mondo, i mantra sono la manifestazione sonora della divinità o di alcuni suoi aspetti specifici, e vengono concepiti essi stessi come potenze divine, parole di potere utilizzabili ritualmente o meditativamente per vari scopi magici o rituali. Caratteristica dei mantra tantrici hindu è l'uso preponderante di elementi non linguistici: sillabe o gruppi di sillabe privi di significato, ma ritenuti pervasi da un potere e un'efficacia soprannaturali. André Padoux, tra i massimi esperti viventi di tantrismo, illustra in queste pagine la natura dei mantra e ogni aspetto del loro impiego nel rituale. -
Lo yoga della Bhagavad Gita
-
Lankavatara sutra
Il Lankavatara sutra ha antichi legami con lo zen, che risalgono al giorno in cui Bodhidharma ne consegnò una copia al suo discepolo Hui-k'o, dicendogli che conteneva tutto quel che aveva bisogno di sapere. Così ""l'insegnamento al di là delle parole"" trovò la sua scrittura, che godette nel tempo di una fortuna continua. Questa è la prima traduzione condotta sulla versione cinese di Gunabhadra, con un ricco apparato di note che aiutano a comprendere questo importantissimo sutra della scuola yogacara. -
Gli yogin del Ladakh. Un pellegrinaggio tra gli eremiti dell'Hima...
Questo libro esplora il buddhismo tibetano da un punto di vista insolito e piuttosto impegnativo: l'osservazione diretta, sul campo, delle sue manifestazioni e pratiche da parte degli eremiti dell'Himalaya. I due autori, etologo-antropologo il primo e tibetologo-psicoterapeuta il secondo, entrambi con una solida esperienza di meditazione buddhista, hanno visitato remoti monasteri e grotte per incontrare gli yogin e i lama del Ladakh, eredi di una tradizione di cui sono ormai gli unici portatori viventi. Seguaci della scuola Kargyupa, che conta tra i suoi santi figure eminenti quali Marpa e Milarepa, questi yogin, più che alla filosofia e all'etica buddhista sono dediti a uno stile di vita arduo e a pratiche meditative complesse, trasmesse in grande segretezza solo a chi si è consacrato al loro stesso sentiero. La disciplina interiore ha donato loro un senso di onestà, disponibilità, cordialità, abnegazione, accettazione dell'altro, una saggezza che non è mera conoscenza e che non si manifesta tanto nelle loro parole, quanto nel loro intero modo di essere e di agire. Il volume comprende la traduzione di un manoscritto inedito di Tipun Padma Chogyal, affidato a James Low perché fosse reso noto in Occidente: ""Il quaderno di appunti sulla meditazione"", un testo che illustra i vari stadi di sviluppo della pratica della Mahamudra. -
L' opera italiana nel '700
Il tema di questo studio non è nuovo, ma la trattazione che ne fa l'autore dà vita a un panorama di grande respiro e di inusitata originalità. Questo grazie a un'approfondita indagine sulle fonti (libretti e partiture) a stampa e manoscritte, e alla grande dimestichezza di Weiss con la letteratura coeva, sia musicale, sia memorialistica. A ciò si aggiunge una sua particolare capacità, rapida e incisiva, di cogliere con sicurezza i nessi evolutivi che collegano il materiale, e di illustrarli nell'analisi di singole opere esemplari, emblematiche degli sviluppi storici in questione. Non è estranea a questo esito anche la qualità brillante, accattivante della narrazione, che in una prosa spigliata e in una lingua un po' antiquata ci ricorda le origini dell'autore nella Trieste di Svevo, Saba e Joyce. Presentazione di Lorenzo Bianconi. -
L' evoluzione dell'uomo
In quest'opera la visione di Sri Aurobindo mostra tutta la sua presa nell'ambito delle idee che tra l'800 e il '900 hanno trasformato la cultura occidentale: l'evoluzionismo, il materialismo laico, la scienza, l'inconscio freudiano, il superuomo di Nietzsche. In modo sorprendente, l'autore mette in luce tutta l'importanza di questi movimenti del pensiero umano, straordinari passi avanti in confronto al dogmatismo, oscurantismo e ignoranza precedenti, barlumi di una verità più grande e completa che l'umanità deve ancora scoprire collettivamente e che per ora solo alcuni saggi hanno colto. Egli concepisce l'evoluzione come un progresso in cui lo spirito che si manifesta nel tutto diviene sempre più cosciente di sé e assurge infine a una supercoscienza detta 'coscienza di verità'. Dio informa tutti i processi materiali da cui in seguito si sviluppa la vita e poi compare nella mente e nell'intelletto umano; ma il gradino superiore sarà la 'supermente', che non è una mente ipersviluppata o potenziata, ma ciò che la trascende e non è soggetto a errore. L'anima percorre quindi un tragitto verso tale perfezione: un nuovo essere totalmente padrone di sé, che risplende in massimo grado di amore, libertà e conoscenza. Non si tratta però di un vaticinio, né di una costruzione utopistica, perché la realizzazione fiorita nell'autore stesso, e in tanti altri, viene semplicemente auspicata ed estesa in prospettiva a tutto il genere umano, come una possibilità concreta e attuabile. -
Il mio insegnamento e Io parlo ai muri
Questo testo raccoglie due gruppi di conferenze: le prime tre, pubblicate nella parte intitolata ""Il mio insegnamento"", sono state tenute tra il 1967 e il 1968 rispettivamente a Lione, Bordeaux e Strasburgo. Il metodo di Lacan, qui, è quello di partire da ciò che tutti sanno. Poi, insensibilmente, con astuzia, come per gioco, fa sprizzare a cascata concetti sorprendenti: un pensiero che non si pensa da sé; un inconscio che è linguaggio; un linguaggio che sta ""sul cervello come un ragno""; una sessualità che ""fa buco nella verità""; un Altro in cui questa verità si inaugura; un desiderio che ne viene generato, e che ne viene fuori solo a prezzo di una perdita, sempre; e l'idea che tutti questi paradossi corrispondano a una logica, distinta da quello che viene chiamato ""lo psichismo"". Il secondo gruppo di testi riunisce sotto il titolo ""Io parlo ai muri"" tre dei sette ""incontri"" all'Ospedale Sainte-Anne, che Lacan pronunciò per i medici psichiatri ""internes"" tra il 1971 e 1972. I muri sono quelli della cappella di Sainte-Anne. Lacan vi ritrova la sua giovinezza come medico psichiatra dell'ospedale. Si diverte, improvvisa, si lascia andare. L'intenzione è polemica: i suoi migliori allievi, avvinti dall'idea che l'analisi faccia il vuoto di ogni sapere preliminare, hanno issato la bandiera del non-sapere, preso da Bataille. No, dice Lacan, la psicoanalisi procede con un sapere supposto, quello dell'inconscio. -
Ego. L'emergersi e il dissolversi dell'io. Verso una trasformazio...
Vivere in questa società e soddisfarne le richieste ci rende tesi, irritabili e impazienti. Siamo schiavi delle nostre reazioni, schiavi delle richieste della mente. Esultiamo se ci accade qualcosa che giudichiamo un bene o ci demoralizziamo se lo riteniamo un male; ma cosa succede se ci sediamo in silenzio, senza giudicare, valutare o mettere in atto i dettami della mente? Siamo abituati a giudicarci in continuazione, vogliamo essere i migliori agli occhi degli altri, vogliamo essere riconosciuti e apprezzati. Perché non siamo soddisfatti di come siamo? La vita è appagata dal fatto stesso di vivere; se il solo vivere non ci dà gioia e aspettiamo che la gioia provenga dalle circostanze esterne o dalla società, abbiamo perso la nostra libertà. Durante la giornata siamo sempre in compagnia degli altri, sempre in rapporto, ma nella meditazione passiamo dai rapporti alla solitudine, dalla parola al silenzio, dal continuo movimento all'immobilità. Le divisioni qui non hanno più significato, i ruoli e le responsabilità sono scomparsi. È una dimensione che il mondo moderno non ci ha insegnato e proprio per questo viviamo nello squilibrio. Con il cessare dei condizionamenti, invece, il rilassamento regna supremo e guarisce le ferite delle difficoltà e della fatica. C'è soltanto la sensazione di essere vivi, la dimensione del puro accadere. -
Kodo il senza dimora
Sottraendosi alle illusioni di vanità, fama e denaro, Kodo Sawaki (1880-1965) visse 'senza dimora', viaggiando di tempio in tempio e attraversando il Giappone in lungo e in largo. Personaggio complesso e multiforme, aveva molte caratteristiche degli antichi maestri zen: dinamico, coraggioso e non convenzionale. Secondo Uchiyama Roshi (1912-1998), che fu il discepolo a lui più vicino, la vera grandezza di Sawaki sta nel fatto che 'sprecò' tutta la vita seduto in zazen: un paradosso tipicamente zen che ben illustra la dedizione totale di Sawaki alla pratica meditativa. Commentando i detti lapidari del suo maestro, Uchiyama si è rivolto non solo ai praticanti ma ai lettori comuni, portando la pratica zen sul piano della vita quotidiana. Sawaki Roshi e Uchiyama Roshi parlavano del Dharma del Buddha utilizzando personali modalità espressive, senza fare uso di troppi termini tecnici. Si basavano essenzialmente sull'esperienza personale e utilizzavano un linguaggio colloquiale, con esempi concreti, familiari ai giapponesi. Fondamentali sono dunque le spiegazioni e i commenti che Okumura ha ritenuto utile fornire al lettore occidentale, per contestualizzare gli insegnamenti dei suoi maestri all'interno della storia e della società giapponese di quel periodo, e soprattutto per offrire riferimenti all'opera di Dogen zenji, perno fondamentale del pensiero di Sawaki. -
Onore al sintomo
La parola 'sintomo' è prima di tutto figlia del linguaggio medico. Per la medicina si tratta di un fenomeno elementare con cui si manifesta uno stato di malattia. Il sintomo è un indice. Indice di una latenza patologica, di un'irregolarità del funzionamento ideale di un organismo. Ecco perché d'abitudine è vissuto soltanto come l'effetto di una condizione incoerente e viziata da eliminare. Ma il sintomo non coincide semplicemente con il fenomeno fisico in sé, quanto piuttosto con la relazione tra questo fenomeno e l'esistenza negata di un altro sentire e di un altro dire. Perciò il concetto di sintomo implica quello di legame: il legame tra una superficie e la sua profondità, tra la solitudine di un io e la presenza di un altro. Il sintomo merita dunque che gli si renda l'omaggio dovuto. Provare a rendere onore al sintomo nulla ha a che vedere con una sua esaltazione. Nessuna idealizzazione, però anche nessun biasimo. Nessuna riluttanza, né corsa ai farmaci, allo psicoadattamento, alla condanna sociale, alla paura. Questo libro individua nel tempo in cui viviamo il lavorìo incessante di un'ossessione ipocondriaca, medicale e pragmatica per lo più insofferente a quanto non rientra nei calcoli e, inatteso, sorprende. Allora propone a ciascuno di ricordare come, proprio grazie a quello scomodo sconosciuto che è il sintomo, l'essere umano possa ritrovare la sua complessità di creatura divisa destinata come tale a un'alterità senza repliche.