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Bibliografia di Franco Fortini
«Per tutta la vita ho scritto, ho vissuto, ho partecipato agli eventi del mondo che mi stava intorno, ho cercato di capirlo, ho usato un linguaggio, ho modificato un linguaggio. Questa è la mia sopravvivenza.» Interrogato su quale fosse la propria eredità, Franco Fortini rispondeva con queste parole nel marzo del 1994, a pochi mesi dalla scomparsa. La Bibliografia degli scritti, frutto di anni di ricerche svolte dal Centro di ricerca dell'Università di Siena intitolato al suo nome, propone oggi uno strumento per interrogare e riscoprire, di quella sopravvivenza, le molteplici tracce: un percorso straordinario tra i libri, gli articoli, le traduzioni, le recensioni, le polemiche di un intellettuale a tutto tondo ed i versi di un poeta di indiscussa statura. Una produzione con pochi eguali nel Novecento. Prefazione di Luca Lenzini. -
L'amore come libertà umana
L’amore è una pratica che cambia nel tempo e attraverso la quale nascono nuove realtà sociali. L’amore provoca, e ci aiuta a spiegare, immensi cambiamenti storico-sociali: dall’ascesa del femminismo all’emergere della vita familiare borghese, alle lotte per il diritto all’aborto e al controllo delle nascite, fino all’erosione di una divisione del lavoro basata sul genere. Attingendo a Hegel, Paul A. Kottman sostiene che l’amore genera e amplifica la possibilità di vite vissute liberamente. Attraverso acute interpretazioni delle più note rappresentazioni filosofiche e letterarie dell’argomento – tra cui Shakespeare, Platone, Nietzsche, Ovidio, Flaubert e Tolstoj – il suo libro tratta l’amore come un modo fondamentale con cui noi umani diamo un senso al cambiamento temporale, in particolare all’inevitabilità della morte e alla propagazione della vita. -
Figure e temi nell'architettura italiana del Novecento. Da Gigiotti Zanini a Vittorio Gregotti
Il volume presenta un’originale storia dell’architettura italiana del Novecento organizzata non secondo periodi storici o categorie stilistiche, bensì attraverso quattordici figure emblematiche di questa disciplina, rappresentative di linee di pensiero diverse che, una volta annodate, restituiscono un quadro variopinto, conseguenza della grande varietà di scuole regionali e di idee contrapposte. Le figure sono sia di estrazione provinciale (Gigiotti Zanini, Ettore Sottsass sr, Cesare Cattaneo, Gustavo Pulitzer Finali), sia attive in grandi centri (Giuseppe Terragni, Adalberto Libera, Ignazio Gardella, Federico Gorio, Luigi Figini e Gino Pollini, Luigi Cosenza, Gio Ponti), sia dei solitari (Lina Bo, Giancarlo De Carlo), sia dei grandi accentratori (Vittorio Gregotti). I saggi a loro dedicati però restituiscono i differenti contesti delle loro opere, contesti anzitutto intellettuali. È così che un tema di storia dell’architettura può sfociare parimenti nella storia della cultura in generale, come nota la curatrice Guia Baratelli, sottolineando in particolare il tema dell’«allografia» quindi del superamento di ogni individualismo. Del resto, come rimarca l’autore, essendo l’architettura anche «un’arte oramai indissolubilmente legata all’ingegneria, al calcolo, agli impianti, ai prodotti della tecnica, essa diviene opera collettiva, aperta agli apporti d’ogni genere e ai contributi d’ogni derivazione». La chiarezza stilistica di Giorgio Ciucci e la sua equanimità cosmopolita – agli antipodi della «storia scritta con il pugnale» di Bruno Zevi – sono dunque un prezioso resoconto per nulla manualistico perché procede attraverso biografie anziché per categorie: dopotutto, come suggeriva Eugenio Garin, «le idee camminano sempre sulle gambe degli uomini». -
Urban forms of life. Per una critica delle forme di vita urbane
Che forme assume la vita nei contesti urbani? Da che deriva la loro presunta, attuale “illeggibilità”? Che cosa impedisce il fiorire di forme di vita appaganti, degne, vitali? Quali esperimenti tentare per risvegliare un nuovo senso (comune) di vita urbana? Quali opportunità e quali insidie si prospettano con l’inarrestabile penetrazione delle nuove tecnologie digitali e di intelligenza artificiale nel tessuto cittadino?rnDi fronte alle sconcertanti trasformazioni dei modi di vivere le città italiane verificatesi sotto i nostri occhi nel corso degli ultimi decenni – Roma, innanzitutto, ma anche le città d’arte o quelle più anonime, e i centri abitati più piccoli –, i contributi appositamente scritti per questo volume da autori di diversa provenienza cercano di rispondere a queste domande. Qualche sondaggio preliminare ha fatto emergere l’impressione di una diffusa resa del pensiero di fronte alla complessità dell’attuale vita urbana, nonostante il considerevole patrimonio di letteratura filosofica sulle città del secolo scorso. Una resa che, salvo eccezioni, si traduce nel subire il divide et impera che caratterizza i nostri tempi, sopravvivendo giorno per giorno, ciascun per sé, come si può e conviene.rnQuesto volume costituisce un meditato tentativo a più voci per reagire a tale situazione, senza cadere nei luoghi comuni della cosiddetta “rigenerazione urbana”, mirando piuttosto a re‐immaginare le nostre forme di vita dall’interno delle realtà urbane in cui ci troviamo ad abitare. -
The Italian dream. L'Italia nello specchio della paraletteratura contemporanea
L’apprezzamento per lo stile italiano ha valicato i confini del Food, Fashion, Furniture ed è visibile ovunque nella cultura globale. Ma come è nata, e perché si è diffusa, questa voglia di italianità? Questo libro cerca una risposta nella letteratura commerciale, «scoprendo» che è dagli anni Settanta che nel mondo si è sviluppata una vasta produzione culturale basata su trame e personaggi legati all’Italia. Tali opere, spesso ignorate o sconosciute nel nostro paese, hanno notevolmente contribuito alla creazione nell’immaginario globale del sogno della diversità italiana. Perché, anche in ambiti lontani dalla fiction, è questo che i prodotti italiani e le loro copie contraffatte vendono al pubblico globale: un sogno di alterità, un’effimera sensazione di sollievo rispetto all’assenza di progettualità che ci circonda, per la quale non sono pensabili alternative (Mark Fisher: «È più facile immaginare la fine del mondo che la fine del capitalismo»). Allora, a proposito dell’Italian Dream, forse proprio la paraletteratura può permetterci di afferrare, attraverso una visione del mondo sfrontatamente superficiale, le ragioni dell’innamoramento globale per il nostro paese. -
The landscape as union between art and science-Il paesaggio come unione tra arte e scienza. The legacy of Alexander von Humboldt and Ernst Haeckel-L’eredità di Alexander von Humboldt e Ernst Haec...
EN. In 2019 the 250th anniversary of the birth of Alexander von Humboldt and the 100th anniversary of the death of Ernst Haeckel offered the opportunity to reconsider their contribution to the natural sciences, to cosmopolitan vision, to a transdisciplinary approach, and to the discovery of interconnected systems. The concepts of what von Humboldt called “Naturgemälde” and Haeckel referred to as “Ecology” imply global links between biotic and abiotic realms, and the pandemic somehow amplified the seriousness of those studies. The imaginative glance of the two men also attests to the value of keeping scientific, humanistic, and artistic thinking together, a significant line for landscape design.rnrnIT. Nel 2019 il 250° anniversario della nascita di Alexander von Humboldt e il centenario della morte di Ernst Haeckel hanno offerto l’opportunità di riconsiderare il loro contributo alle scienze naturali, alla visione cosmopolita, all’approccio transdisciplinare e alla scoperta dei sistemi interconnessi. I concetti di ciò che von Humboldt chiamava “Naturgemälde” e Haeckel “Ecologia” implicano legami globali tra i regni biotici e abiotici, e la pandemia ha in qualche modo amplificato la rilevanza di questi studi. Lo sguardo immaginifico dei due personaggi testimonia anche il valore di tenere insieme il pensiero scientifico, umanistico e artistico, una linea significativa per la progettazione del paesaggio.rnrnIT. Nel 2019 il 250° anniversario della nascita di Alexander von Humboldt e il centenario della morte di Ernst Haeckel hanno offerto l’opportunità di riconsiderare il loro contributo alle scienze naturali, alla visione cosmopolita, all’approccio transdisciplinare e alla scoperta dei sistemi interconnessi. I concetti di ciò che von Humboldt chiamava “Naturgemälde” e Haeckel “Ecologia” implicano legami globali tra i regni biotici e abiotici, e la pandemia ha in qualche modo amplificato la rilevanza di questi studi. Lo sguardo immaginifico dei due personaggi testimonia anche il valore di tenere insieme il pensiero scientifico, umanistico e artistico, una linea significativa per la progettazione del paesaggio.Curatori: Capuano Alessandra; Caprino Veronica; Impellizzeri Laino Liliana; Sakellariou Athanassia -
Arne Naess
Arne Næss (1912-2009), filosofo, alpinista, fondatore del movimento della Deep Ecology, curioso esploratore del territorio e del pensiero, è una delle figure più influenti del nostro tempo, anche se in Italia la sua opera resta ancora poco nota. Dopo un periodo di formazione al circolo di Vienna e a Berkeley, a ventisette anni Næss diventa il primo professore di filosofia in Norvegia, all’università di Oslo. Una scelta delle sue pubblicazioni, raccolte in dieci corposi volumi in inglese pubblicati da Springer, testimonia il rigore delle sue ricerche, ma anche la varietà dei suoi interessi e la loro originalità. Altrettanto originale è stata la sua scelta di vita, divisa fra l’università, le imprese alpinistiche, l’attivismo ecologista e una sorta di eremitaggio nella sua Tvergastein, la baita spartana isolata dal mondo, a 1500 metri di altezza, alle pendici dell’Hallingskarvet, un monte brullo e sferzato dai venti del nord. A Tvergastein Næss studia Spinoza, Gandhi, il Buddismo, Heidegger, Whitehead, vive in modo alternativo e lontano dalle abitudini della società consumistica, ed elabora la sua personale “ecosofia”: una scomoda, rivoluzionaria e profonda nuova comprensione del rapporto fra l’essere umano e la natura. Una Deep ecology che si oppone, con la pacifica e solida determinazione gandhiana, ad un approccio antropocentrico che predica lo sfruttamento irresponsabile della natura. Un pensiero autenticamente ecologico quello di Næss, oggi imprescindibile. -
Educandato
«Il disastro vero lo fece il collegio. Su quello io sparerò»: promette così nel 1979 a un'amica Dolores Prato durante la stesura del suo secondo libro autobiografico, dedicato all'adolescenza passata, dal 1905 al 1911, nell'educandato annesso al monastero di Santa Chiara di Treia, retto da monache della Visitazione. La promessa diventa grande letteratura in questo libro trovato tra le carte dell'autrice. Con le movenze di un incantato automa, la voce narrante di ""Educandato"""" tratteggia i molteplici aspetti della vita di collegio: misure igieniche (catture di capelli dentro forcine), luoghi (refettori e teatri dove si finge tanto di mangiare, quanto di recitare), crudeltà di educande e suore (trafittura di cervi volanti e farfalle, uccisione di gatte colpevoli d'aver figliato), momenti della giornata (ore d'aria in un giardino reso esotico da una rinsecchita palma). Impercettibilmente ma senza remissione («in un convento la morte può arrivare a colpi di spillo»), ogni singolo passo del testo mostra come persone di chiesa, studi e riti giornalieri, sotto l'apparenza di parole grammaticalmente corrette e di alti ideali - buona educazione e giusta devozione -, confermino privilegi di censo e di ceto, tolgano pasti e sonno, insinuando nel corpo adolescente, proprio nel momento della sua fioritura, il senso della vergogna, dell'inferiorità, del peccato."" -
Il giardino in movimento
Trent'anni dopo la sua prima pubblicazione, ""Il giardino in movimento"""" racchiude ancora in sé diversi gradi di leggibilità: è una guida per il giardiniere, è un trattato di filosofia della natura, è un resoconto letterario delle esperienze che Gilles Clément (paesaggista, ingegnere agronomo, botanico ed entomologo) ha fatto interagendo con la natura. E parte non secondaria dell'importanza di questo libro sta nell'imponente apparato di immagini che lo stesso autore ha raccolto a corredo del suo racconto. È per questo che, in linea con le idee qui esposte, il libro è continuamente aggiornato proprio per illustrare come «fare il più possibile con e il meno possibile contro la natura». Non un manuale o un prontuario, dunque, non si tratta di precetti o prescrizioni, ma un vero e proprio viatico, la scorta di provviste per il viaggio attraverso quello che Clément ama definire – nel quadro di una analisi che spesso mostra anche i limiti dei concetti tradizionali dell'ecologia – il giardino planetario. Indispensabile, per il giardiniere (come Clément stesso ama farsi definire), è innanzitutto un'educazione dello sguardo, allo scopo di acquisire la facoltà di rinvenire ciò che nel mondo vegetale è al contempo invisibile e fondamentale. E in tal senso questo libro fa da complemento al Manifesto del Terzo paesaggio, integrandone e arricchendone le idee in forma più estesa e narrativa. Dall'altro lato vengono descritti e analizzati nel dettaglio una miriade di casi concreti per rendere trasparente cosa significhi dare corpo a un'idea paradossale come quella di «giardino in movimento», spazio in cui la natura non è assoggettata e soffocata dalle briglie di un progetto, di uno schema preconfezionato, e dove spesso è più prezioso sapere cosa non fare piuttosto che intervenire e aggredire. Si apprende l'arte di agevolare, favorire, incoraggiare, e mentre «il gioco delle trasformazioni sconvolge costantemente il disegno del giardino», sia il giardiniere, ovvero il «guardiano dell'imprevedibile», sia ogni eventuale visitatore, possono nutrirsi delle immancabili dosi di sorpresa che la natura riserva loro quando si esprime finalmente nella sua pienezza."" -
Vite vere compresa la mia
«Mi hanno rubato l’automobile, modestamente.»rnrnDal 1977 al 1982 Beppe Viola collabora con «Linus», la leggendaria rivista di fumetti, ma anche di cultura, satira e arte varia. In una rubrica che si intitola «Vite vere» gioca da battitore libero attingendo alla sua vena lunatica di umorista e di scandagliatore di vite, compresa la sua. Sì, perché ai pezzi di colore sull’attualità di quello scorcio di anni tutt’altro che colorato, anzi assai plumbeo, Viola alterna irresistibili sketch tratti dalla sua professione di giornalista sportivo fuori dal coro e da quel mondo favoloso e stravagante di una Milano «che non è mai tardi». Le Vite vere qui raccolte, oltre che la sua, sono quelle di Oreste del Buono e dei colleghi di corso Sempione, di Gianni Rivera e di Renato Pozzetto, dell’avvocato Agnelli e di Marco Pannella, di scommettitori clandestini e di giocatori incontinenti, dell’Ernestino «sempre impiantato in Galleria Vittorio Emanuele col suo bravo seggiolino, la sua bella valigetta vetrinesca, il suo cravattificio open, tipo Wimbledon quando c’è la bella stagione», della Malpensa, una tipa che «balla senza appoggiare i piedi per terra, sembra che voli» o degli abituali frequentatori dei giardinetti di viale Argonne che, come sanno tutti a Milano, stanno lì per «tenere insieme la nebbia fino all’alba e anche più in là». -
Storia della rivolta di Pugacev
Le tracce del terribile ribelle si conservano ancora nelle regioni dove egli imperversò.rnrnNel suo stile asciutto e magistrale Puškin racconta la grande vicenda guerresca di Pugačëv, cosacco del Don che da umile soldato e vagabondo analfabeta si era dichiarato zar, diceva di essere il defunto Pietro III ancora in vita. E aveva attirato a sé diverse popolazioni asiatiche tra il Volga e gli Urali già malcontente e ribelli, cosacchi, tatari, baschiri, calmucchi, scontrandosi vittoriosamente con i distaccamenti russi, occupando una larga parte di territorio e marciando con loro verso Mosca per impossessarsi del suo preteso impero e spodestare Caterina II. La ribellione, iniziata nel 1773, finirà con la raccapricciante esecuzione del falso zar, il forsennato e disgraziato Pugačëv, il 10 gennaio 1775. Un racconto storico veritiero e incredibile, nei meravigliosi panorami dell’Asia tribale, delle sue sconfinate pianure e dei suoi grandiosi fiumi. Nella perfetta traduzione di Ettore Lo Gatto.rnrnErmanno Cavazzoni -
La Libia d'oro
«Che opinione avete dunque di coloro che congiurano per togliere il potere agli imperatori e ai re?»«Magnifica ricostruzione storica degli anni concitati seguenti al Congresso di Vienna, epoca di complotti, congiure e tentate rivoluzioni.» - Alias, il manifestornrn«Libia d’oro» è il nome di una società segreta che opera prima dell’unità d’Italia per creare un regno con re italiano. Intrighi e amori, prima a Verona al congresso dei sovrani del 1822, poi alla corte di Vienna e a quella di Pietroburgo dove regna Alessandro I zar di tutte le Russie; colpi di scena, travestimenti, spie, l’allagamento di Pietroburgo, tutto questo gioco rischioso nei retropalchi del teatro di un’Europa ottocentesca. I personaggi principali vengono dal grande romanzo storico di Rovani Cento anni, e questa ne è la continuazione su un orizzonte allargato. Oltre la vicenda pazzesca, impossibile ed emozionante, si impara molto sulla potente aristocrazia europea dell’epoca, vista anche in vestaglia da camera nei più privati recessi mentre trama e sospetta.rnIl romanzo è stato pubblicato in volume nel 1868 ed è tuttora leggibile con gusto.rnrnErmanno Cavazzoni -
Carlo Aymonino. Progetto città politica
Carlo Aymonino, architetto, docente di Composizione Architettonica e Urbana, rettore allo IUAV di Venezia, assessore per gli Interventi sul Centro storico di Roma, presidente dell’Accademia di San Luca, Medaglia d’Oro per meriti della Scienza e della Cultura, è stato un protagonista dell’architettura italiana del secondo Novecento. Con questo volume, il Dipartimento di Architettura e Progetto di Sapienza Università di Roma intende dare un proprio contributo per ricostruirne la figura e per approfondire lo speciale rapporto che lo legava alla Capitale, fonte di ispirazione di molte delle figure ricorrenti nelle sue architetture; il volume raccoglie dunque la sintesi di una serie di iniziative – dal titolo Carlo Roma 2020 – curate da un gruppo di docenti DiAP e volte ad aprire una discussione sull’eredità attiva dell’opera del maestro romano nel panorama architettonico contemporaneo e nel rapporto con le giovani generazioni.rnI risultati della mostra Disegni per Carlo Aymonino e del convegno Carlo Aymonino. Progetto, città e politica concorrono, in queste pagine, a disegnare un affresco unitario; materiali visivi e testuali fanno parte di un unico insieme, che alterna i contenuti intrecciando le diverse forme espressive, assecondando una modalità esplorativa a tutto tondo. I saggi, suddivisi in tre capitoli illustrati da una selezione di schizzi autografi dell’architetto romano, si alternano ai ventisette disegni redatti per Carlo da altri autori, anch’essi divisi in tre blocchi. Questi ultimi sono accompagnati da brevi citazioni, estrapolate in forma di aforismi e tratte dalle numerose interviste rilasciate da chi, con Aymonino, ha avuto modo di lavorare in prima persona. Si viene a costruire, così, una narrazione intrecciata, rapsodica, libera ed evocativa, in sintonia col temperamento dell’autore cui queste pagine sono dedicate. -
Vesper. Vesper No. 8. Primavera-Estate Spring-Summer 2023
IT. L’ottavo numero di «Vesper» è dedicato al tema Vesper, insistendo quindi su una doppia specchiatura: quella insita nella figura del numero otto e quella tra contenuto e nome del contenitore. I vespri e il progetto del tempo, il crepuscolo, il binomio Occidente e Oriente, il doppio come condizione e come strategia, Venere e Venezia, il tramonto come direzione propizia, il disegno delle ombre, il camouflage, Vesper Lynd e il cocktail Vesper (entrambi invenzioni della penna di Ian Fleming) sono la costellazione di punti che si propagano dal termine vesper e che «Vesper» 8 vuole illuminare.rnrnEN. The eighth issue of “Vesper” is dedicated to the theme Vesper, and therefore calls for a double mirror: one inherent in the figure of the number eight and the other found in the contents and the name of the volume that contains them. Vespers and the design of time, twilight, the duality of West and East, the double as a condition and as a strategy, Venus and Venice, the sunset as a propitious direction, the drawing of shadows, camouflage, Vesper Lynd and the Vesper cocktail (both inventions from the pen of Ian Fleming) are the constellation points that propagate from the term vesper and that “Vesper” 8 plans to illuminate. -
Twenty-two places of the soul
La trama che lega questi ventidue racconti di Isabella Ducrot è simile a quella dei tessuti da lei più amati e collezionati: non serrata, ma leggermente lasca, in modo da non coprire del tutto e lasciare intravedere ciò che c'è dietro. Questo carattere dei suoi tessuti e delle sue prose, Isabella Ducrot lo chiama «soffio», o spirito. È qualcosa che si rivela negli spazi vuoti, nelle intercapedini, negli strappi, ma capace di commuovere ogni volta chi lo riconosce - perché ci interroga, ci chiede di capire. Così, che sia in una spiaggia di Napoli, la sua città di origine, o durante un viaggio, che sia un ricordo d'infanzia o una riflessione religiosa, in ognuno di questi luoghi Isabella Ducrot intende testimoniare l'acquisita, felice intimità con uno stupore iniziale, con le capricciose domande infantili, con eventi apparentemente insignificanti eppure indimenticabili. -
Herederos Boggiano
Cosa resta di Antonio Boggiano, nato a Savona nel 1778 e morto a Trinidad di Cuba nel 1860? Intraprendente, scaltro, benestante, anzi, almeno in certi momenti della sua vita, si potrebbe dire, ricco. Committente di un bell'altare di marmo bianco che si trova oggi nella chiesa più importante di Trinidad. Padre severo eppure amorevole di numerosi figli e figlie. Un uomo che prima di terminare l'esistenza, e cadere nell'oblio, ha lasciato numerose prove del suo laborioso cammino: tracce facili da scoprire con gli strumenti della ricerca storica, che in casi come questo paiono essere ben affilati, e capaci di incidere in profondità. Ma vi è pure dell'altro, e a ben vedere è questo ciò che maggiormente resta di Boggiano. Un seme dei tempi della colonia, intriso di avidità e cattiveria, che nel tempo si è trasformato e, perpetuandosi, ha perduto il gusto amaro delle origini. Il saggio è seguito da una conversazione dell'autore con Seph Rodney. -
Territori della performance. Percorsi e pratiche in Italia (1967-1982). Ediz. italiana e inglese
La performance occupa sempre un territorio, sia ideale che fisico, inteso come sito di creazione e accadimento dell’azione: lo studio dell’artista e l’ambiente domestico; la galleria; i luoghi alternativi e informali; le istituzioni, come i musei e le grandi rassegne. Nella centralità del corpo affermata dalla performance emergono questioni legate all’identità e all’autorappresentazione, alla politica, all’antropologia, al mito e alla storia dell’arte, alla dimensione privata come strategia di resistenza e di autoaffermazione. Il volume presenta una serie di testi, fotografie, disegni e schizzi e documenti tratti da riviste e pubblicazioni dell’epoca, video e testimonianze orali che raccontano visivamente le pratiche artistiche effimere della performance, pratiche che sfuggono ai processi lineari di storicizzazione. -
Artemide’s / di Artemide + Lerosa Chronicles
L'opera documenta il lavoro di Margherita Morgantin, Italo Zuffi e T-yong Chung, tre artisti che sono intervenuti sul paesaggio intorno a Cortina, mossi dall’intento di realizzare delle opere ad hoc in grado di integrarsi con il territorio e spingere il visitatore a scoprire i sentieri più misteriosi del territorio dolomitico. Oltre a un’ampia documentazione fotografica e a una sorta di diario artistico e scientifico redatto da Morgantin, l’opera è accompagnata da interviste e da testi critici che mettono a fuoco le motivazioni che hanno portato alla nascita del progetto artistico e alla stretta collaborazione tra gli artisti e gli artigiani delle Regole, istituzione post feudale che garantisce (e preserva), per conto delle famiglie cortinesi, la proprietà collettiva dei boschi e dei pascoli intorno a Cortina. -
Figlie del silenzio. Le tortuose vie del desiderio femminile tra guerra e tempo di pace
Una guerra irrompe con fragore improvviso sulla scena della storia, ma sbuca dal silenzio. Allo stesso modo, l’indicibile, provoca l’irruzione del passaggio all’atto sulla scena analitica. Una forza misteriosa che affonda le sue radici nel silenzio muove la storia.rnNel corso del suo insegnamento Jacques Lacan, tra il 1976 ed il 1977, indicò una stretta correlazione tra Isteria, Storia ed Inconscio. In questo testo l’autrice si propone di esplorare l’intreccio tra psicoanalisi e storia, tra fluire diacronico e discontinuità di eventi che, se producono effetti di cambiamento del legame sociale, non risparmiano all’umanità una misteriosa quanto dolorosa insistenza ripetitiva del reale in gioco. Temi cari alla psicoanalisi, dal disagio della civiltà al complesso di Edipo, dalla funzione paterna al suo declino, dall’etica del desiderio agli imperativi di godimento delle società post-moderne, vengono così rivisitati come tappe successive alla scoperta freudiana dell’inconscio in una insolita convergenza sul tema della differenza di genere.rnFiglie del silenzio intende collocarsi nel filo rosso dell’insegnamento freudiano, riletto da Lacan e da Jacques-Alain Miller, per seguirlo in una prospettiva nuova verso il superamento del patriarcato.rnTre figure di donne vengono messe in luce: Gudrun Himmler, Monika Ertl ed Hilde Speer. Hanno in comune l’essere figlie di personalità di spicco dell’epoca nazista e l’essere donne che, per vie tortuose e singolari, furono orientate da un desiderio di riscatto del quale si servirono per sciogliere il legame oscuro tra crimine e silenzio ed accompagnare il passaggio della storia oltre l’epoca buia. -
Almanacco di filosofia e politica. Vol. 5: Sulla fondazione. Anarchia e istituzioni
L’Almanacco di Filosofia e Politica è un laboratorio di ricerca sulla prassi istituente, concepita come movimento di strutturazione politica dei conflitti sociali. Da un lato, questa ricerca prende le distanze dalle categorie della teologia politica, confrontandosi con la materialità della storia e con i suoi conflitti. Dall’altro lato, essa registra le difficoltà delle filosofie che hanno sostenuto l’assoluta autonomia e immanenza del sociale, affrontando il problema dell’ordine politico.rnIl quinto numero è dedicato alla categoria di fondazione, intesa come figura dell’invenzione e della trasformazione istituzionale. Tale tema emerge da un insieme di tendenze che attraversano il capitalismo contemporaneo, ci invita a tornare sul problema del fondamento delle istituzioni e apre una pista d’indagine sulla forma che le lotte per il cambiamento radicale del presente possono assumere. Con prospettive e risorse teoriche multiformi, i diversi contributi discutono e problematizzano l’antinomia, a un tempo ontologica e politica, tra anarchia e istituzioni. Essi inaugurano così una riflessione sulla spinta anarchica immanente grazie alla quale le istituzioni nascono, cambiano e muoiono. La prima sezione ospita i contributi di Roberto Esposito, Catherine Malabou, Frédéric Lordon, Chiara Bottici e Martin Saar. La seconda è dedicata ai lavori del Seminario Permanente di Filosofia e Politica della Scuola Normale Superiore di Pisa e contiene i saggi di Andrea Di Gesu e Paolo Missiroli, Francesca Monateri, Matteo Pagan, Gabriele Parrino, Valentina Surace, Massimo Villani e Carlo Crosato. Nell’Archivio, trovano infine spazio un testo inedito di Reiner Schürmann e uno di Miguel Abensour.