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Francis Bacon. Logica della sensazione
«Come rendere visibili forze invisibili?» Le Figure di Bacon e tutte le Figure della storia della pittura possono essere interpretate come il tentativo di rispondere a questa domanda, indispensabile per collocare la pittura nel suo luogo proprio. Sono in gioco lo statuto di un’arte particolare, la sua separazione dalle altre arti, ma al tempo stesso la comunione delle arti, il loro problema comune: «Nell’arte, in pittura come in musica, non si tratta di riprodurre o di inventare delle forme, bensì di captare delle forze. È per questa ragione che nessuna arte è figurativa. La celebre formula di Klee “non rendere il visibile, ma rendere visibile” non significa nient’altro».rnPonendo al centro della sua indagine lo statuto sensibile del vedere, Deleuze elabora uno strumento capace di attraversare i molteplici aspetti dell’opera di Francis Bacon, per restituire una costellazione di temi e di prospettive che oltrepassa i risultati comunemente offerti dalla critica d’arte. Tutta l’arte – da quella dell’antico Egitto a quella bizantina, da Michelangelo a Velázquez, da Van Gogh a Cézanne, Klee, Kandinskij, Pollock, Michaux – è così investita di una luce nuova, e l’estetica trova il suo più vero compimento in un’autentica «logica della sensazione». -
Opere complete di Learco Pignagnoli e altre opere complete
Finalmente le introvabili Opere complete di Learco Pignagnoli ricompaiono in libreria; uscite nel 2006 in una prima parziale edizione, si sono nel frattempo accresciute con nuove Opere complete che hanno raddoppiato di consistenza il volume. Un nuovo modo di narrare, apparentemente spezzettato in tanti frammenti, che però letti di seguito, nella successione numerata che hanno, percorrono fili narrativi ossessivi, con personaggi che ritornano come ritornerebbero in un romanzo fatto di incubi, e riflessioni amare e pungenti che si sviluppano e si diramano in una visione disgustata del mondo, e in una comicità caustica e politicamente scorretta sulla vita, sui luoghi comuni, su certi opinionisti televisivi in vista, sulle patrie lettere e così via. Quanto al genere, questa è la tradizione antica della Satira, ripresa, rimodernata, leggibile con gusto, ma anche profondamente istruttiva per il continuo capovolgimento dei valori banali e correnti. Learco Pignagnoli, l’autore presunto delle Opere complete, è stato anche oggetto di vari convegni con larga affluenza di popolo, di relatori e di pubblico acclamante. -
L' onda trascorrente. I «Canti» di Leopardi in Saba, Montale, Sereni e Giudici
L'allusione, la polemica, la parodia, le riprese metrico-sintattiche, le citazioni esplicite, nascoste o dissimulate sono le più prevedibili modalità di confronto con il grande poeta ottocentesco. A esse, però, s'affianca qui una costante attenzione al ricorrere di immagini care a Giacomo: le chiuse imposte del Sogno, la mano del finale di A Silvia, l'errar del tuono tra i crinali del Canto notturno, le rive scintillanti della Ginestra. D'altra parte, altrettanto di frequente ritornano - in forme sempre diverse - alcune tra le più celebri figure dei Canti, che siano umane (Silvia, Nerina, Aspasia), divine (le ninfe, le Erinni, Diana), animali (il passero, la greggia) o naturali (la luna, una nuvola che si dilegua e una foglia che cade). Ma nelle liriche dei quattro poeti l'influsso dei Canti non emerge solo in superficie. Il libro leopardiano agisce infatti nel profondo mediante un fitto, e a volte intricato, sostrato comune di topoi: la morte giovanile e innocente, il canto udito da lungi, lo stormire del vento, l'addio prematuro alla giovinezza, il ritorno al borgo natio, le favole antiche della Primavera, l'attesa vana del dì festivo, la fratellanza tra Amore e Morte e altro ancora. Accanto ai topoi, infine, vi sono i mitologemi. Su tutti, quello della fanciulla germoglio, la Silvia-Persefone: il vero fil rouge o, per riprendere una formula di Saba, il «filo d'oro» di queste pagine. È così che l'«onda trascorrente» dei Canti - stavolta l'immagine è sereniana - dà e trova nuova linfa nella poesia di quattro protagonisti assoluti del primo e secondo Novecento italiano. -
Teresa Margolles. Periferia dell'agonia. Ediz. italiana e inglese
Teresa Margolles (Culiacán, Messico, 1963) è un'artista visiva che esamina le cause e le conseguenze sociali della morte attraverso opere d'arte che si concentrano sui temi della violenza, del genere e dell'alienazione. Il volume documenta il progetto"" Periferia dell'agonia"""" presentato al Mattatoio di Roma, con un'installazione ambientale che occupa l'intero spazio espositivo. Il padiglione è occupato da un perimetro di tende industriali in plastica rossa che viene concepito come un corpo trafitto, ferito, accoltellato, attraversato e attraversabile; all'interno di questo perimetro, un grande tavolo retroilluminato ospita una tela lunga ventitré metri usata in passato per coprire i corpi di persone assassinate, scandendo un percorso sinestetico in cui il pubblico è invitato a camminare perifericamente intorno all'agonia dell'altro. Unitamente all'installazione, nel volume viene presentata una serie di azioni svoltesi durante tutta la durata della mostra e che hanno permeato sia l'interno dello spazio espositivo che, soprattutto, lo spazio urbano della città. Con testi di Angel Moya Garcia, Guillermo Fadanelli e Oscar Gardea."" -
Archivio Ugo Ferranti. Roma 1974-1985. Ediz. italiana e inglese
Il volume accompagna la mostra che il MAXXI dedica alla figura di Ugo Ferranti, uno dei più innovativi galleristi italiani d’arte contemporanea. Lettere, manoscritti, fotografie, inviti, manifesti e pubblicazioni restituiscono i vari aspetti del suo lavoro: gli scambi con artisti e critici nonché la tessitura di rapporti professionali e di amicizia con gallerie italiane e internazionali che dureranno negli anni. Dai documenti esposti emerge il dialogo delle opere con lo spazio espositivo, nato proprio dalle riflessioni della metà degli anni Settanta intorno all’architettura radicale, all’arte minimalista e ambientale. Il focus presenta momenti fondamentali della storia dell’arte contemporanea italiana e figure centrali dell’epoca tra le quali: Richard Nonas, Niele Toroni, Richard Tuttle, Mario Schifano, Christo, Marcia Hafif, Giulio Paolini, André Cadere, Maurizio Mochetti, Domenico Bianchi, Bruno Ceccobelli, Gianni Dessì, Giuseppe Gallo, Daniel Buren, Cy Twombly, Sol LeWitt, Jannis Kounellis. Con testi di: Giovanna Melandri, Bartolomeo Pietromarchi, Maria Alicata, Denis Viva e Carla Subrizi. Con un intervista di Giulia Mastropietro a Massimo D'Alessandro e una di Maurizio Faraoni a Yvon Lambert. Completano il volume il regesto delle mostre cura di Giulia Mastropietro e la catalogazione del Fondo Ugo Ferranti a cura di Giulia Pedace. -
La città adattiva. Il grado zero dell'urban design
I cambiamenti climatici pongono una nuova questione ambientale di interesse planetario, con importanti ricadute su contesti locali sempre più incerti: è una condizione che mette sotto accusa i comportamenti e gli stili di vita di una società fragile, una cultura dell'abitare che si è rivelata fallimentare perché ci ha consegnato territori e città incapaci di adeguarsi al cambiamento in atto. Il grado zero che questo libro auspica allude alla costruzione di una nuova visione, di una nuova idea di città. L'adaptive urban design interpreta infatti la geografia del rischio come traccia di progetto per traguardare e realizzare un'inedita idea di paesaggio, che ponga al centro degli interventi l'adattabilità, contro ogni rigidità. È questione «transcalare» e «reticolare» da affrontare nei tessuti, lungo i telai degli spazi aperti e pubblici, sui singoli manufatti, nei margini dove la mutazione è prossima. Ciò che è in discussione è la forma complessiva della città, il sistema dei valori culturali sui quali costruire un'idea condivisa di sviluppo sostenibile. Attraverso un complesso palinsesto di argomentazioni - sul piano teorico, pratico e applicativo - il libro delinea il profilo della città adattiva, destinata alla prima linea nella lotta «contro» il mutamento del clima - una città che non intende esprimere un linguaggio estetico sulla base di un modello predefinito. Il volume - che ospita la prefazione di Flemming Rafn Thomsen, architetto danese co-fondatore dello studio Tredje Natur - invita a un nuovo «rinascimento urbano», lontano da qualsiasi forma di predeterminazione formale e in grado di produrre una flessibilità che abiliti il futuro in tutti i suoi possibili scenari, per costruire città a immagine del mondo. Un imperativo necessario, al quale affidiamo il riscatto delle nostre discipline, la vita e il futuro del pianeta. Postfazione di Valter Fabietti. -
La fabbrica del progetto. Note a margine del disegno
L’architettura non esiste senza la progettazione. Questo libro è dedicato a descrivere tale attività seguendo quello che potremmo definire il suo percorso di produzione: dai primi schizzi sul foglio bianco alla redazione degli elaborati esecutivi. Nel libro, perciò, si parla operativamente di uso della creatività, di conoscenza tecnica, di disegno manuale, dei software di calcolo strutturale, di tecnologie e di ogni altro strumento necessario all’attività del progettare. Questo testo è il risultato di un lungo rapporto fra gli autori, sempre tessuto attorno alla loro pratica quotidiana di progettisti e docenti, nella comune convinzione che professionista e professore condividano un etimo che rimanda all’idea di avere qualcosa da professare. Come docenti e come architetti quotidianamente impegnati a progettare agli inizi del XXI secolo, gli autori, pur mostrando approcci anche molto differenti, restano però sempre strettamente ancorati, nei loro contributi, alle problematiche concernenti lo sviluppo delle attività di progettazione e, nonostante la loro diversa formazione e le loro differenti esperienze professionali, condividono la stessa passione per la progettazione. Paolo Desideri, in particolare, si occupa di temi come la creatività, i contesti, l’ibridazione e la complessità. Fabio Di Veroli, invece, tratta di temi come la genesi del progetto, il disegno e le metodologie operative per l’avvio e lo sviluppo della progettazione. -
Ricordi istriani
I Ricordi istriani, ultimo libro di Giani Stuparich, sono l’elegia di un mondo perduto. Usciti per la prima volta nel 1961, rievocano l’infanzia e l’adolescenza marina dello scrittore triestino: anni sereni di inizio Novecento, ancora esenti dai lutti, personali e collettivi, che il secolo avrebbe portato con sé. Capitolo per capitolo riviviamo anche noi le lontane estati in cui Giani e il fratello Carlo scoprivano le coste e i villaggi dell’Istria, imparando la pesca, i remi, la vela sotto la guida allegra del padre, originario dell’isola di Lussino.rn«Foglia gentile che galleggia sul mare», la terra narrata da Stuparich è innanzitutto un luogo di famiglia, dove i sapori della cucina della nonna si mescolano alla voce del padre, alle sue mille invenzioni per istruire e divertire i figli; ma è, insieme, un paese vitale, che ci passa davanti agli occhi con la libera luce del suo cielo. -
Carteggio 1794-1805. Ediz. integrale
Nell’immaginario collettivo sono assurti a personaggi tanto iconici da essere comparati a figure mitologiche: i dioscuri. Johann Wolfgang Goethe e Friedrich Schiller possono essere considerati i protagonisti, se non gli inventori, di un’intensa stagione culturale tedesca ed europea tra la fine del XVIII e l’inizio del XIX secolo. Il Classicismo di Weimar, costretto a misurarsi con le disastrose conseguenze della Rivoluzione francese, tenta di ricostruire su basi estetiche un’idea nuova di umanità. Il carteggio tra Goethe e Schiller, per la prima volta qui tradotto nella sua interezza, è la testimonianza più viva e compiuta della nascita e dello sviluppo di un ideale nel quale si incrociano grandi progetti letterari e riflessioni di amplissimo spettro sulla natura del lavoro creativo e intellettuale, inteso come fondamento di una comunità e di un’intera nazione. Tutt’altro che un disegno utopico, la rivoluzione estetica avvenuta tra il 1794 e il 1805 trova il suo fondamento in un concretissimo impegno quotidiano di riflessione e progettualità, in cui la letteratura, i suoi diversi generi, ma anche le altre arti sono al centro di un dialogo che si impone come uno tra i momenti più alti della storia della cultura europea. -
Le nozze di Esopo e di Filologia. Letteratura per giovani e critica verbale
Munito delle vetuste ma penetranti armi della retorica classica, e mettendo in opera un ramificato e molecolare sistema di puntuali rimandi a opere e scrittori insospettabili, l’autore di questa ricerca (propensa talora a trasformarsi in pungente e umoroso pamphlet) sfata tutta una serie di pigri luoghi comuni da tempo imperanti sulla letteratura per l’infanzia, tentando di affrancarla dal rugiadoso (e ipocrita) ideologismo con cui pedagogisti e puericultori l’hanno spesso asfissiata o asservita, e aspirando a redimerne le misconosciute bellezze sul disinteressato terreno dello stile e dell’invenzione. -
Wittgenstein filosofo della mente
I materiali su cui è costruito questo libro sono tratti dalle varie raccolte degli scritti editi e inediti di Wittgenstein, composti dal 1929 al 1951, e dalla documentazione coeva offerta dai diari, lettere, dettati e appunti delle lezioni annotate dagli allievi. Nella esplorazione di tali materiali, si è cercato di seguire le tracce della sua riflessione sul tema del mentale, distinto, ma anche per molti versi congiunto, ai temi del linguaggio e della matematica, e di studiarne il faticoso evolversi dalla originaria proposta di una fenomenologia alla formulazione matura di una filosofia della mente. Le prime due parti del libro sono dedicate ai temi del “Middle Wittgenstein” e ai tentativi dei primi anni Trenta di emendare o integrare la logica vero-funzionale del Tractatus, presto ripudiati in favore del nuovo approccio “grammaticale” e del drammatico shift dalla tematica della “verità” a quella del “senso”. Le due parti finali vertono sulla psicologia filosofica di Wittgenstein, sul trattamento anti-naturalistico delle esperienze personali e del linguaggio privato, sullo statuto non epistemico del sapere e della certezza, inteso a confutarne l’interpretazione scettica. Incentrata sullo statuto grammaticale dell’intenzionalità e dell’agire intenzionale è la Parte Terza del libro che funziona da trait d’union tra le altre. Nell’analisi delle varie specie intenzionali si profila un nuovo rapporto tra pensiero e mondo, mentre in quella del volere, del fare, del seguire regole si configura la filosofia pratica di Wittgenstein ed emerge la sua concezione del Weltbild, espressione dei cardini delle nostre certezze. -
Roma città delle istituzioni. Strategie urbane, piani, progetti. Ediz. illustrata
Nel 1871, oltre centocinquanta anni fa, Roma diveniva Capitale d’Italia. Questo testo riflette, alla distanza, sul ruolo delle istituzioni dello Stato in seno ai processi formativi della città, e sulle vicende e gli sviluppi del suo impianto urbano. La dislocazione della “macchina amministrativa” del Paese ha infatti interferito costantemente con l’assetto della città e ne ha condizionato il funzionamento e le distonie, fin dalla impostazione nel periodo postunitario.rnIl volume ripercorre i momenti salienti della sistemazione delle sedi istituzionali nel tessuto urbano e ricostruisce le loro relazioni con la struttura, gli spazi e gli indirizzi di sviluppo della città con questi interdipendenti. Esaminando le vicende urbane alla luce del palinsesto istituzionale, la ricerca analizza momenti non ancora indagati in profondità nella storia della Roma del Novecento, vista nella sua articolazione temporale di Capitale del Regno, del fascismo e della Repubblica.rnLa storia della Capitale delle istituzioni è anche il racconto di piani irrealizzati, indirizzi di sviluppo e progetti interrotti – dal Piano Regolatore del 1931 all’Asse Attrezzato del 1962 – che hanno contribuito alla informe metropoli contemporanea. Dai fantasmi e dai lacerti di quei programmi nascono nuove opportunità per il progetto urbano e di rigenerazione, nuove visioni per la Capitale del futuro. -
Muoversi in uno spazio stretto. Verso una nuova mobilità
«Non c’è più tempo per riconfigurare le ampie porzioni di territorio che si sono sviluppate in modo disperso. In Occidente i tempi delle grandi trasformazioni legate all’esplosione demografica e alla crescita economica sono terminati. In questi territori occorre modificare le infrastrutture, despecializzarle e creare un sistema di reti per la micromobilità». -
Alberto Rosselli. Architettura, design e «Stile Industria». Ediz. illustrata
Figura di spicco della cultura architettonica del Novecento, Alberto Rosselli (Palermo 1921 - Milano 1976) ha attraversato il secolo breve dedicandosi alla progettazione «non tanto dell’oggetto, che costituisce il momento più caduco e relativo del design, quanto dell’ambiente nel suo senso più generale». In una prima fase si è impegnato in ricerche e iniziative corali nello Studio Ponti-Fornaroli-Rosselli, fondando con altri l’adi (Associazione per il Disegno Industriale), il premio Compasso d’Oro e la rivista di culto «Stile Industria», da lui diretta lungo tutto il periodo in cui è stata attiva (1954-1963), nella quale si esaminavano criticamente i pilastri del Made in Italy (design, packaging, grafica). In seguito si è dedicato all’insegnamento universitario nell’alveo della «cultura politecnica» milanese e all’attività di designer, partecipando fra l’altro alla grande mostra del 1972, Italy: The New Domestic Landscape, presso il MoMA di New York. -
Cielo - Sky «Vesper» No. 7 Autunno-Inverno - Fall-Winter 2022
Nel libro In un volo di storni Giorgio Parisi ricorda che le teorie della gravitazione nascono da cose che cadono. Adolf Loos scrive, a proposito dei dipinti che Gustav Klimt realizza per l’università di Vienna nel 1907, che «Klimt ci ha preso il cielo, Klimt ce lo ha dato. Ci ha preso l’antico cielo. […] Ma ci è stato riservato un nuovo cielo, che non ha né un sopra né un sotto, dove nessuno deve sedersi sulla nuvola per non cadere giù, dove non c’è un salire e uno scendere».rnC’è quindi un quinto prospetto, uno spazio abitabile forzando la gravità, affrancandosi dalla terra, aprendosi ad ogni mondo, riferendosi alle stelle o considerando, come ricorda Parisi, l’osservazione al tramonto delle immagini fantasmagoriche formate da storni o, come scrive Loos, il dare forma a sogni mistico-metafisici. Guardare il cielo è andare oltre ogni limite, è accogliere lo sradicamento per andare in cerca, anche bruciandosi al calore del sole. -
«Teologia politica» cent'anni dopo
A cent’anni di distanza, Teologia politica di Carl Schmitt conserva tutta laforza del classico, capace ancora di accendere polemiche sulla sua tenutaconcettuale e sulla sua gravosa eredità. Se già dopo qualche anno Schmittstesso avanzò dubbi in merito alle tesi più radicali e provocatorie elaboratenel 1922, oggi quelle tesi rimangono al centro di un dibattito che è destinato a ripresentarsi vigoroso e stridente a ogni crisi di vasta portata in cui sirichiedono decisioni spedite, energiche, estreme. In questo volume a piùvoci, studiose e studiosi di diverso orientamento tornano a porsi interrogativi che sanno vivere nell’ambiente rarefatto della teoria più elevata eppureal contempo toccano questioni dirimenti della politica concreta. Un secolodopo, Teologia politica merita di essere celebrata come opera che parla ancora al presente, con la sua impareggiata capacità di sondare gli abissi piùinquietanti del potere pubblico e dell’autorità politica. -
L' architettura della permanenza. Persistenze e mutazioni delle strutture seriali curvilinee antiche nella città contemporanea
Ogni ricerca sulla città non può sottrarsi dall’essere una ricerca sulla forma e, specificatamente, sulla morfologia urbana. La storia della città è la storia della forma e dei processi di trasformazione che coinvolgono le parti senza mai perdere la visione generale, il ruolo di organismo urbano, a cui la città tende sia spontaneamente che intenzionalmente. Il tema su cui si articola la ricerca è il sostrato, “ciò che sta sotto”, nelle sue accezioni teoriche e progettuali di “materia segnata” che sottende, e partecipa, alle trasformazioni urbane in un rapporto inter-scalare: dal territorio alla città, dal tessuto sino alla cellula elementare abitativa.rnOggetto principale del lavoro sono le forme curvilinee antiche romane (teatri, anfiteatri, stadi e odeon) che rappresentano strutture catalizzatrici di processi antropici riconoscibili, e ancora vitali nella città contemporanea, attraverso delle “azioni di sostrato”, desunte da un abaco di casi italiani ed esteri: dall’arena di Lucca a quella di Firenze, dal teatro di Brescia a quelli di Catania, sino ai casi portoghesi di Lisbona ed Evora. Queste azioni, presenti in ogni caso analizzato, sono identificabili nel consumo/erosione della forma matrice, nell’occupazione dei suoi spazi e nella sedimentazione di altre forme su e in essa. Sino all’azione di sintesi, quando l’intenzionalità del progetto coordina in nuova forma tutte le operazioni precedenti. La città attuale contiene sempre in sé la memoria delle altre città passate, che l’hanno preceduta, così come il progetto architettonico contemporaneo contiene sempre in sé l’elemento della rovina. La rovina è interruzione solo nel momento in cui non assume un ruolo di sedime e supporto ma di oggetto contemplativo. -
Lezioni di filosofia. Da Fichte a Lukàcs
Questo volume raccoglie le lezioni di filosofia che Renato Solmi elaborò nei primi anni Ottanta per i suoi studenti del Liceo Cattaneo di Torino. Fichte, Schelling, Hegel, Feuerbach, Kierkegaard, Marx, Nietzsche, Croce e Lukàcs sono i protagonisti di una sorta di canone ideale della filosofia moderna e contemporanea, attraverso il quale Solmi restituisce, con la consueta chiarezza di pensiero, traiettorie culturali complesse e itinerari speculativi eterogenei. Il risultato è un «manuale» per le giovani generazioni, tanto utile per gli studenti delle scuole superiori quanto efficace per gli studenti universitari. L'abilità pedagogica di Solmi fa tutt'uno con la capacità di consegnare ai suoi interlocutori la ricchezza delle esperienze filosofiche analizzate, secondo l'ottica di un lavoro culturale che presuppone il dialogo, che stimola il confronto fra pari o il conflitto delle interpretazioni e che non rinuncia a leggere il presente con la lezione offerta dal passato. -
L' uomo senza contenuto
Arte e terrore; l'origine del buon gusto e il suo rapporto con la perversione; l'ingresso dell'arte nel Museo e nelle collezioni; la separazione fra artisti e spettatori, genio e gusto; l'apparizione del giudizio critico; in altre parole, la nascita dell'estetica moderna, in un'analisi che parte da un'inedita rilettura dei passi di Hegel sulla morte, o, meglio, sull'""autoannientamento"""" dell'arte per sfociare in un'originalissima interpretazione della Malinconia di Dürer: ecco il sentiero che ci invita a percorrere questo saggio di insolita ricchezza in cui l'autore è riuscito ad aprire sul problema dell'opera d'arte una prospettiva nuova, che è al tempo stesso un avvincente programma poetico."" -
La rosa in mano al professore
«Il professor De Sanctis cammina attraverso i secoli centrali della letteratura italiana, attraverso quei secoli che più drammaticamente impegnano le sorti del suo ideale – cammina, dico, con una rosa in mano». Così, fissandolo in una sorta di emblema araldico, Giacomo Debenedetti ha una volta raffigurato Francesco De Sanctis, che nella Storia della letteratura italiana ritorna a più riprese sul motivo della rosa come simbolo della bellezza muliebre tra umanesimo e barocco, da Lorenzo e Poliziano ad Ariosto e Tasso, sino a Marino. A partire dallo spunto di Debenedetti, Giovanni Pozzi allestisce un ampio dossier di testi e lo esamina con minuzia, rinvenendo categorie che combinano originalmente la tematologia con la lezione dello strutturalismo. La rosa in mano al professore, qui ripubblicato per la prima volta dopo la sua uscita nel 1974, inaugura per molti versi la grande stagione saggistica del Pozzi maturo: sia per la qualità stilistica della prosa, sia per il taglio d’analisi. In questo «erbario», in cui la pietas del filologo ricompone i petali delle rose, ormai sfiorite, della nostra letteratura, trova una prima sperimentazione il metodo adottato da Pozzi nei successivi studi sui topoi letterari.