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L'albero filosofico
L'albero, fonte di vita e di protezione, luogo della trasformazione e del rinnovamento, di natura femminile e materna, è l'albero della saggezza e della conoscenza, simbolo della totalità del Sé.L'albero, o pianta miracolosa, è una delle immagini archetipiche che ricorrono più di frequente nel folclore, nei miti e nelle fiabe. Partendo dalla propria esperienza di terapeuta e dallo studio dell'alchimia medievale, C.G. Jung si propone di scandagliarne le molteplici valenze simboliche e dimostra come dai prodotti spontanei dell'inconscio nell'uomo moderno affiori un archetipo che lascia riconoscere paralleli evidenti con la figura dell'albero in tutte le sue modificazioni storiche. -
L' Olocausto
Wolfgang Benz colloca l'Olocausto (o Shoah) all'interno della più generale storia del nazismo e del Terzo Reich, ne mostra i nessi con gli altri aspetti della politica hitleriana e non tralascia di accennare alle questioni interpretative a cui la storiografia si è trovata di fronte, dovendo non solo ricostruire ma anche spiegare il genocidio.Questo volumetto, che unisce il pregio della sintesi alla chiarezza della esposizione dei fatti, affronta una questione sempre oggetto di dibattito in cui continua a manifestarsi la volontà di sapere delle nuove generazioni. Wolfgang Benz colloca l'Olocausto (o Shoah) all'interno della più generale storia del nazismo e del Terzo Reich, ne mostra i nessi con gli altri aspetti della politica hitleriana e non tralascia di accennare alle questioni interpretative a cui la storiografia si è trovata di fronte, dovendo non solo ricostruire ma anche spiegare il genocidio. Ciascuno dei dodici capitoli in cui il libro è diviso è dedicato a un nodo tematico di grande importanza, sicché potrebbe agevolmente essere letto in modo autonomo. Dalla ricostruzione della cosiddetta «conferenza di Wannsee» del 20 gennaio 1942, dove fu sistematizzata la «soluzione finale», alla descrizione analitica della macchina genocida organizzata dal Terzo Reich con metodi «scientifici» e industriali che conclude il libro, le vicende del passaggio dall'antisemitismo come ideologia alla pratica dello sterminio vengono ricostruite in modo esauriente e accessibile. -
La fiducia e la dignità. Dieci scelte urgenti per un presente migliore
È veramente questo ciò che possiamo essere? Tutto quello che ci resta da fare? rnrn«Il genio di Ece Temelkuran è quello di smontare il potere con inaspettata ironia, di portarti dentro la comprensione del presente dandoti un bisturi e un fiore. Leggete questo libro, sanguinerete e vi sentirete protetti al contempo». - Roberto Saviano rn«Sto regalando La fiducia e la dignità a tutti quelli che conosco. Così chiaro, franco, saggio e gioioso! Un libro oggi obbligatorio per ogni essere umano sulla terra». - Andrew Sean Greer, autore di Less, premio Pulitzer 2018 rn«Giustamente famosa come anatomista di tante cose sbagliate del mondo moderno, Ece Temelkuran rivolge qui la sua attenzione a ciò che è giusto; ed è meraviglioso scoprire che i suoi argomenti non sono solo chiari, ma anche convincenti». - Jonathan Coe, autore di Io e Mr Wilder e La banda dei brocchi rn«Soffrire un dolore che possiamo superare. Desiderare una libertà che ancora non abbiamo. Per quanto possa ricordare, queste sono state le sensazioni che la musica di Beethoven ha piantato nella mia anima. Più recentemente, leggere il delizioso La fiducia e la dignità di Ece Temelkuran mi ha dato le stesse sensazioni». - Yanis VaroufakisrnrnrnIn Come sfasciare un paese in sette mosse Ece Temelkuran è riuscita a farci percepire, con dolorosa consapevolezza, l’estrema pericolosità del nostro tempo, un tempo che sta virando verso un nuovo tipo di fascismo, con un cambio di passo evidente rispetto alla società che era uscita stravolta dalla seconda guerra mondiale. Di fronte alla questione del male radicale, ci domandiamo di nuovo «da dove viene tutto questo odio?». Nel mondo perdura una disuguaglianza inaccettabile, le persone tornano a essere sacrificabili e i diritti civili arrancano, si attacca la scienza e si giunge a criminalizzare i giovani che scioperano per l’emergenza climatica. Pare che la spietatezza sia diventata un’identità culturale e politica. La fiducia e la dignità vuole offrire un nuovo linguaggio, che vada oltre il discorso pubblico e che restituisca speranza nel genere umano. In queste pagine appassionate Temelkuran costruisce un vocabolario fatto di parole di cui riappropriarsi, parole accoglienti come «dignità», «attenzione», «partecipazione», «gesto umano». È infatti necessario recuperare il concetto di «fede» per riscattarlo dal suo contesto religioso. Perché da decenni, ormai, proprio la fede è rimasta sepolta da una frase divenuta inattaccabile a forza di ripeterla: «Non c’è alternativa». Invece un’alternativa deve esserci: dopo millenni di evoluzione abbiamo viaggiato nello spazio, costruito grattacieli, composto sinfonie e ora, in questo primo quarto di secolo, ci troviamo frastornati in un punto morto della storia umana. È veramente questo ciò che possiamo essere? Tutto quello che ci resta da fare? rn -
Virus sovrano? L'asfissia capitalistica
Un quadro suggestivo dell'evento epocale che ha già segnato il ventunesimo secolo. Dalla questione ecologica al governo degli esperti, dallo stato d'eccezione alla democrazia immunitaria, dal dominio della paura al contagio del complotto, dalla distanza imposta al controllo digitale: come sta già cambiando l'esistenza, quali potranno essere gli effetti politici nel futuro. Il coronavirus è un virus sovrano che aggira i muri patriottici, le boriose frontiere dei sovranisti. E rivela in tutta la sua terribile crudezza la logica immunitaria che esclude i più deboli. La disparità tra protetti e indifesi, che sfida ogni idea di giustizia, non è mai stata così sfrontata. Il virus ha messo allo scoperto la spietatezza del capitalismo e mostra l'impossibilità di salvarsi, se non con l'aiuto reciproco, costringendo a pensare un nuovo modo di coabitare. -
Il demone a Beslan
Il demone a Beslan torna in libreria dopo dieci anni e, oggi come allora, si fa carico di raccontare l’irraccontabile, facendo dire il Male da chi ha osato compierlo. E lo fa senza paura di guardare in faccia l'orrore e facendo leva sulla cronaca, sulla storia più recente e sul grande potere di trasfigurare la realtà che ha la grande letteratura.rn«Un romanzo cupo e perfetto. Tarabbia riesce a trasfigurare la cronaca in grande letteratura» - Andrea Coccia, Graziarn«Il romanzo di Andrea Tarabbia... si prende il compito di raccontare questa vicenda e lo fa con uno stile di scrittura bellissimo, riuscendo a controllare e rendere credibile un materiale difficile» - Francesco M. Cataluccio, il Sole 24 Orern«Il demone a Beslan ha per protagonista l'unico guerrigliero sopravvissuto all'incursione terroristica nella scuola, il 1° settembre 2004: un miracolo di documentazione e soprattutto di scrittura» - Mariarosa Mancuso, il Fogliorn«Che cos'è il male in un deserto dell'anima, che cos'è la pietà, che cosa significa non avere niente da perdere? L'ultima morte possibile chiude il racconto di un orrore che sfila come una gomena portata sempre più giù da una pesantissima ancora, inarrestabile» - Elena Stancanelli, la RepubblicaIl primo settembre 2004 un commando di terroristi fece irruzione nella Scuola n. 1 di Beslan - una cittadina dell'Ossezia del Nord, nel Caucaso - sequestrando oltre mille persone tra studenti, genitori e insegnanti e tenendole segregate in una palestra. Per tre giorni, il mondo restò con il fiato sospeso finché, il 3 settembre, un commando di teste di cuoio fece irruzione nella scuola. Nello scontro morirono trecentotrentaquattro persone, tra cui centottantasei bambini e trentuno dei trentadue terroristi. A quello sopravvissuto, Andrea Tarabbia ha cambiato nome, dato una biografia immaginaria e un compito, terribile eppure necessario: quello di raccontare, dalle viscere di un carcere dal quale non uscirà più, quei tre giorni. Così Marat Bazarev, questo il nome del narratore, scrive di sé, delle sue illusioni, delle rabbie e dei delitti; non chiede perdono; viene attraversato da paure, follie, allucinazioni, sogni, e noi li attraversiamo con lui, ascoltiamo le voci che lo tormentano e le sue ragioni che, per quanto inascoltabili, sono e restano umane. Il demone a Beslan torna in libreria dopo dieci anni e, oggi come allora, si fa carico di raccontare l'irraccontabile, facendo dire il Male da chi ha osato compierlo. E lo fa senza paura di guardare in faccia l'orrore e facendo leva sulla cronaca, sulla storia più recente e sul grande potere di trasfigurare la realtà che ha la grande letteratura. -
Il continente bianco
Venticinque anni, bello come un Cristo e convinto che l'unica via per sopravvivere nel mondo sia un odio esercitato con calma e raziocinio, Marcello Croce è a capo di un movimento di estrema destra che annovera picchiatori, fanatici, ma anche teorici e figure dai tratti quasi metafisici - tutte accomunate dal fatto che, per loro, vivere è come trovarsi in guerra. Grazie anche alla connivenza con certi rappresentanti politici e alla condiscendenza con cui l'opinione pubblica, ormai, guarda a molti fenomeni legati al neofascismo, Croce porta avanti la sua idea di sovversione e, nel frattempo, frequenta Silvia, una donna della borghesia romana con la quale instaura un gioco di potere che li porterà alla perdizione. La vicenda è ricostruita da un narratore misteriosamente attratto da Marcello e curioso di capire che cosa muova coloro che, oggi, credono in un'idea superata e violenta e la vogliono attuare. Ma c'è di più. La storia di Silvia e della sua caduta era già stata raccontata nello splendido romanzo, rimasto allo stato grezzo, che Goffredo Parise scrisse alla fine degli anni Settanta, ""L'odore del sangue"""". """"Il Continente bianco"""" ne riprende temi e motivi, e sposta la vicenda ai giorni nostri, conservando nel rapporto morboso tra Silvia e Marcello la metafora potente del fascino che certe idee hanno esercitato, ed esercitano, sulla borghesia italiana. Andrea Tarabbia, autore di """"Madrigale senza suono"""", scrive un romanzo sul potere, a volte funesto, che abbiamo sugli altri e ci regala un ritratto di un gruppo di persone - e forse di un Paese - che danzano sull'abisso.Proposto da Daria Bignardi al Premio Strega 2023 con la seguente motivazione:rn«È un romanzo forte, elegante, complesso, sul fascino del male ma soprattutto sul fascino della letteratura e dello scrivere.rnLa storia di Silvia, la moglie perduta del dottor P. rubata a Goffredo Parise dell’Odore del sangue e reinventata con un’operazione raffinata e – mi viene da dire – pericolosa quanto affascinante, da Andrea Tarabbia, penso meriti l’attenzione del Premio.rnÈ un libro sul Male che fa male non solo per gli ambienti estremi e i personaggi bui e contorti che evoca, anzi, decisamente non per quelli, ma per come una storia scritta tanti anni possa rimanere viva, pericolosamente viva, quando a guardarla, a rileggerla, a tornarci dentro, è uno scrittore letterariamente audace come Tarabbia. Ecco, è questo soprattutto che mi ha colpito di questo lavoro originalissimo anche nella struttura: è vivo come un animale pericoloso, come il serpente che segue il narratore all’inizio del libro. Ho scritto molte volte la parola pericolo, me ne rendo conto, ma è la parola che meglio esprime la sensazione che mi ha lasciato questo romanzo e che vorrei condividere coi lettori giurati dello Strega, anche per affrontarla e comprenderla insieme.»"" -
Tanti piccoli fuochi
Benintenzionati, democratici e ricchi, gli abitanti di Shaker Heights, Ohio. Fino all'arrivo di Mia, quieta, artistica e ribelle.Da questo romanzo la serie Little Fires Everywhere, con Reese Whiterspoon e Kerry Washington.«Celeste Ng costruisce con talento un ritratto del comig-of-age di un paese diviso e destinato a diventare in età adulta l'America di Trump» – Tiziana Lo Porto, la Repubblica«accendiamo tutti piccoli fuochi lungo il cammino della nostra vita. E talvolta l'incendio materiale è persino meno dannoso delle faville che disseminiamo per strada: rancori, sentimenti, non detti, gelosie, sospetti che diventano ossessioni» – Sabina Minardi, L'Espresso«L'autrice riesce a raccontare tutta la storia con un'empatia generosa, che rende tutto molto più convincente, vicino al lettore» – Elena Loewenthal, La Stampa«Celeste Ng si rivela bravissima nel controllare la trama, e nel far sì che i fatti parlino lasciando trapelare anche quello che le persone talvolta non riescono a dire» – Teresa Franco, Il Sole 24 Ore«Un romanzo in equilibrio tra valore letterario e l'ansia di voltare pagina» – Michele Neri, Vanity Fair«Celeste Ng è una delle nuove voci importanti della narrativa americana di qualità» – Livia Manera, la Lettura«Cosa vuol dire essere madri, e cosa siamo disposte a fare per i nostri figli?» – Marta Cervino, Marie Claire1998, Shaker Heights, Cleveland, Ohio. Una comunità fondata su un insediamento Shaker e popolata da una maggioranza di benintenzionati democratici e abbienti, seguaci, anche se non proprio rigorosi, delle drastiche regole di vita stabilite dai loro predecessori. E due protagoniste diversissime: Elena Richardson, quattro figli, perfezionista, impegnata in attività benefiche, ricca, che incarna la filosofia Shaker; Mia, madre single che ha scelto una vita itinerante fatta di lavori saltuari per dedicare tutto il tempo libero alla fotografia artistica, al momento occupata come domestica in casa Richardson in cambio di un piccolo alloggio. Mia ha una figlia adolescente, Pearl, che stringe amicizia con i ragazzi Richardson, si trova benissimo a Shaker Heights e convince la madre a metter fine al loro vagabondaggio. Ma presto quella che dovrebbe essere una svolta decisiva nella vita delle due donne diventa un problema. Quando un’amica dei Richardson cerca di adottare una neonata sinoamericana, Elena e Mia si ritroveranno schierate su due fronti opposti nella successiva battaglia per la custodia, che vede contrapposte la madre adottiva americana e la madre naturale cinese. Nella mente della democratica Mrs Richardson scatta il sospetto che Mia nasconda un passato torbido, ed è decisa a fare chiarezza. Ma la sua indagine ossessiva avrà un costo altissimo per tutti. Con uno stile fluido, paragonato dalla critica americana a quello di Elena Ferrante, Celeste Ng mette a nudo controversi, attualissimi, problemi sociali – immigrazione, povertà, razza, adozioni, e diffusa ipocrisia – e insieme esplora la natura di arte e identità, il peso dei segreti, la forza del legame materno. E il pericolo del credere che seguire le regole possa proteggerci dall’imprevisto. -
Riferimento ed esistenza
Riferimento ed esistenza è di nuovo una di quelle opere con cui ogni cultore di studi filosofici è chiamato a misurarsi.Riferimento ed esistenza raccoglie i testi delle sei lezioni che Saul Kripke tenne per le prestigiose John Locke Lectures all'Università di Oxford nel 1973. Seguito ideale del suo ormai classico ""Nome e necessità"""" (Bollati Boringhieri 1999), affronta importanti problemi rimasti in sospeso del pensiero filosofico contemporaneo: la semantica dei nomi propri e del linguaggio naturale, la teoria degli enunciati esistenziali negativi, l'ontologia dei personaggi fittizi e mitologici, concepiti come oggetti astratti la cui esistenza dipende dall'esistere o meno di varie opere di finzione o mitologia. Con le sue argomentazioni accurate e sistematiche, in felice armonia con uno stile colloquiale nel tono e arricchito da formulazioni abbaglianti e immediate, Kripke rivoluziona in poche pagine la semantica linguistica e filosofica."" -
Il «vizio innominabile». Chiesa e omosessualità nel Novecento
Un'analisi limpida ed equilibrata, basata su una lettura critica originale, che ci pone davanti a un tema sempre più incalzante, perché l'omosessualità è una cartina di tornasole per comprendere i mutamenti della Chiesa nei confronti della modernità e della società in generale.Il saggio di Francesco Torchiani ricostruisce dal punto di vista storico l'atteggiamento tenuto dalla Chiesa cattolica verso l'omosessualità nel corso del Novecento. In questo arco temporale si assiste a una torsione significativa: da peccato/reato legato al discredito che una millenaria tradizione aveva attribuito al «vizio innominabile» al tentativo di elaborare una pastorale per una percentuale sempre più cospicua della popolazione che viene progressivamente alla luce grazie a nuovi strumenti di lettura della società: studi medici, sociologici e psichiatrici, rilevazioni statistiche, inchieste giornalistiche.Mentre gay e lesbiche diventano sempre più «visibili», nella cultura prima di tutto, attraverso romanzi, saggi e film, poi nella società attraverso l'organizzazione in movimenti, la Chiesa si interroga su come affrontare un fenomeno sempre più difficile da conciliare con le tradizionali linee del magistero. Pur riconoscendo la necessità di comprensione nei confronti degli omosessuali, la linea del Vaticano si è arroccata per tutto il Novecento nella condanna dei rapporti tra persone dello stesso sesso, definiti come atti «intrinsecamente disordinati», opponendosi al riconoscimento di tutele o leggi che riconoscessero un qualche «diritto all'omosessualità». La stagione di cambiamento inaugurata da Bergoglio sembra lasciar intravedere una strada diversa, fatta di gesti e parole in discontinuità col passato, anche se ancora incerta nel tradursi in posizioni ufficiali. Quella di Torchiani è un'analisi limpida ed equilibrata, basata su una lettura critica originale, che ci pone davanti a un tema sempre più incalzante, perché l'omosessualità è una cartina di tornasole per comprendere i mutamenti della Chiesa nei confronti della modernità e della società in generale. -
La mutazione
«E invece adesso eccoci qui. Con gli stessi problemi di prima ma a mutazione avvenuta. Internet avrà smesso di essere oggetto di dibattito per diventare punto di partenza, eppure continuerà a giocare al gioco di sempre: fare spazio tra le persone e riempirlo di connessioni per le quali poi risultare indispensabile.»«Caro virus, io non so come ti comporti tu quando incontri un disinfettante, ma per noi morire è talmente increscioso che ogni volta pensiamo stia succedendo per la prima volta». Nella forma di una lettera al virus, in questo breve libro è come se Marco Bracconi riprendesse un discorso che era stato interrotto solo un istante prima dello scoppio della pandemia. Poi, l'irrompere del virus ha messo tutto in secondo piano per due mesi, durante i quali è successa una cosa nuova, dirompente: la Rete si è impossessata di noi ed è definitivamente diventata necessaria. In parte lo era anche prima, ma adesso non si torna indietro: «È finita» scrive Bracconi al virus, «la tua visita ha azzerato la carica virale di qualsiasi critica a Internet in quanto sistema-mondo». La repentina accelerazione dell'immateriale è passata quasi inosservata mentre eravamo tutti impegnati nel lockdown e ora, improvvisamente, i corpi non ci sono più, sostituiti da connessioni, e-learning, smart working. Abbiamo lasciato che accadesse, ma «abbiamo preso in considerazione le ricadute sulle altre parti del sistema?» -
Blu come te
Nel cuore dell'inverno innevato, in un piccolo paese dello Yorkshire, la giovane Melanie Muncy scompare. La polizia manda a investigare il suo uomo migliore, il detective Jim Brindle: ossessivo, taciturno, solitario, nessuno è più implacabile di lui nel perseguire la verità. Anche Roddy Mace, in forze al giornale locale dopo aver sacrificato un'importante carriera da reporter a Londra, è interessato al caso, che potrebbe offrirgli un'occasione di riscatto. Ma non è semplice condurre un'indagine all'interno di una comunità estremamente riservata, dove sono in troppi a vivere esistenze nascoste. Come Steven Rutter che, solo e indigente, abita in una casa isolata da tutti, conosce la brughiera circostante come nessun altro, e protegge segreti sconvolgenti anche per lo scafato detective. Soltanto l'ostinazione di Brindle e Mace finirà per scuotere l'assetto della comunità e rivelare verità insospettabili. Benjamin Myers, con un intreccio noir mozzafiato ambientato in luoghi densi di atmosfera, accompagna il lettore in un tour de force avvincente e spaventoso, confermandosi, dopo il successo di All'orizzonte, tra gli scrittori più bravi ed eclettici della narrativa inglese contemporanea. -
Gli ebrei e la Germania. Storia di un legame forte e complesso
Dopo aver raccontato la Vienna ebraica tra Otto e Novecento, con le sue personalità del mondo intellettuale e artistico, Riccardo Calimani si concentra sugli ebrei della scena berlinese.Gli ebrei e la Germania hanno sempre avuto un rapporto complesso. Presenza stabile, radicata nei territori germanofoni fin dall'Alto Medioevo, gli ebrei sono stati una parte imprescindibile della cultura tedesca. Con l'irruzione della modernità, nel xix secolo, ampi settori della cultura ebraica si integrano ancora più stabilmente nel tessuto socioculturale circostante, ma al contempo sorgono forze oscure che si oppongono a quell'integrazione. Si getta così il seme di un sentimento antisemita, che identifica nell'ebreo l'«altro» da cui differenziarsi, in una sorta di percorso automutilante che si risolverà drammaticamente nella barbarie nazista e nella Shoah. Eppure per anni la componente ebraica della cultura tedesca aveva regalato al mondo personalità d'eccezione in ogni campo: la famiglia Mendelssohn, Heinrich Heine, Karl Marx, Max Weber, Ernst Bloch, Walter Benjamin, fino a Hannah Arendt e Albert Einstein, per fare solo i nomi più noti.La storia collettiva e personale degli ebrei tedeschi, e il contesto storico e sociale, vengono raccontati da Calimani con freschezza, entusiasmo e nostalgia; e un quadro di grande storia ebraica nell'ambito della grande storia europea prende letteralmente forma sotto gli occhi del lettore. -
Offendersi
Da Omero ai rapper, da Shakespeare a Trump, dalle tribù indigene ai tweet , questo saggio tratta materiale eterogeneo ed esplosivo, perché scandaglia con spirito libero e critico un atteggiamento umano universale, sempre più espressione della società egotista in cui viviamo.Senza il diritto di offendere, sostiene Salman Rushdie, la libertà di espressione non esiste. Eppure, soprattutto nella nostra epoca, recare offesa o sentirsi offesi sono fenomeni così dilaganti che pervadono ogni anfratto dell'intimità e della sfera pubblica. Questo saggio, colto e provocatorio, per la prima volta si occupa dell'offesa in entrambe le accezioni, aggressiva e riflessiva , considerandole come facce della stessa medaglia. Remo Bassetti indaga qui la dimensione storica e culturale, letteraria e antropologica della denigrazione e delle molteplici reazioni, a volte insospettabili, che essa provoca, dai duelli agli attacchi nei social media fino alla battaglia per il politicamente corretto. Addentrandosi in case, uffici, stadi, chat e parlamenti, l'autore ci svela, con incalzare ironico e graffiante, i meccanismi sociali e psicologici dell'offendersi. Si scoprono così le dinamiche culturali e le differenze geografiche degli insulti, le zone franche e le tutele giuridiche della denigrazione, fino alla cancel culture e alle rivendicazioni dei gruppi minoritari, per individuare infine possibili correttivi a un'offesa, coltivando la virtù di non farsi turbare l'animo. -
Lo zoo degli altri. Un'incredibile storia vera nella Berlino della guerra fredda
Quando la Guerra Fredda raggiunge l'apice, la contrapposizione politica fra le due Berlino assume forme bizzarre e a volte grottesche. All'ombra del Muro, anche gli zoo dell'Est e dell'Ovest rappresentano in miniatura i due blocchi ideologici opposti, che competono fra loro nel fare sfoggio degli animali più esotici. Attraverso fonti d'archivio, diari, interviste e materiale fotografico originale, il giornalista e scrittore Jan Mohnhaupt fa rivivere la storia dei due giardini zoologici di Berlino e dei loro abitanti, sia umani che ferini. La ricostruzione, narrata con stile coinvolgente e ironico, riguarda i direttori dei due zoo, che si sfidano a colpi di acquisizioni di animali, incoraggiati e sostenuti da alte personalità del governo. Sono descritte così le curiose vicende dell'orso di Willy Brandt e dei rinoceronti donati dalla Stasi alla capitale della Repubblica Democratica Tedesca. Ma anche le lettere al vetriolo spedite da una parte all'altra della cortina di ferro restituiscono in modo fenomenale l'atmosfera di quegli anni, corredata immancabilmente da spie, agenti segreti, tentativi di fuga e sequestri. Il saggio rappresenta anche uno specchio dell'evoluzione dei giardini zoologici, del commercio internazionale di animali, così come della nascita del movimento animalista. Sotto l'implacabile lente di Mohnhaupt, i due zoo di Berlino svelano molto della Guerra Fredda, forse più di quanto non facciano i proclami della propaganda. Una storia di grande originalità e trasporto che racconta per la prima volta i destini di due sistemi opposti, divisi eppure uniti da un unico imperativo: affermare la propria ideologia, stupendo con ogni mezzo. -
Perché fidarsi della scienza?
Ripercorrendo la storia e la filosofia della scienza degli ultimi due secoli, Oreskes mette in dubbio l'esistenza di un unico, aureo metodo scientifico, ma non rinuncia per questo a difendere la scienza dai suoi detrattori. La superiore affidabilità delle tesi scientifiche deriva, nella sua visione, dal processo sociale che le produce.rn«S'intitola Possiamo fidarci della scienza? il nuovo libro di Naomi Oreskes. La risposta è affermativa: dobbiamo aver fiducia, ma forse non per le ragioni alle quali pensiamo di solito. Secondo l'autrice americana, il valore della scienza non sta nella sua utilità né in pretese certezze, ma nel modo in cui si raggiunge il consenso sui risultati» - Telmo Pievani, la Lettura«Come arriviamo alla verità? Come salvaguardiamo la conoscenza scientifica (e noi stessi) da chi la percepisce come una minaccia per i propri interessi? Con il suo lavoro pionieristico sulla negazione del cambiamento climatico e molto altro, Naomi Oreskes offre una prospettiva fondamentale su questi temi, che affronta di petto in questo libro chiaro e avvincente» – Naomi Klein«In un'epoca di fake news e fatti alternativi, in cui le opinioni e l'ideologia vincono sull'evidenza empirica e sul metodo scientifico, come deve rispondere la scienza? Il titolo di questo libro incredibilmente importante pone una delle domande più urgenti del nostro tempo, perché se non ci fidiamo della scienza l'umanità è spacciata» – Jim Al-Khalili, Fellow of the Royal Society, fisico e autore di Il mondo secondo la fisica e La fisica del diavolo«Perché fidarsi della scienza? di Naomi Oreskes dovrebbe essere letto da progressisti, conservatori, e da tutti coloro che stanno nel mezzo. È un libro importante, tempestivo e incredibilmente avvincente» – Elizabeth Kolbert, autrice di La sesta estinzioneI medici sanno davvero di cosa stanno parlando quando ci dicono che i vaccini sono sicuri? Dovremmo prendere in parola gli esperti del clima quando ci mettono in guardia sui pericoli del riscaldamento globale? Perché dovremmo credere agli scienziati quando i nostri politici non lo fanno? A partire da queste domande Naomi Oreskes costruisce una solida e avvincente difesa della scienza, mostrando in che modo il carattere sociale della conoscenza scientifica sia la sua forza più grande e la ragione migliore per darle fiducia. Ripercorrendo la storia e la filosofia della scienza degli ultimi due secoli, Oreskes mette in dubbio l'esistenza di un unico, aureo metodo scientifico, ma non rinuncia per questo a difendere la scienza dai suoi detrattori. La superiore affidabilità delle tesi scientifiche deriva, nella sua visione, dal processo sociale che le produce. Questo processo non è perfetto – niente lo è mai quando sono coinvolti gli esseri umani – ma Oreskes ci offre delle lezioni fondamentali proprio a partire dai casi in cui gli scienziati si sono sbagliati. È nel racconto di questi illuminanti «errori» che l'autrice ci accompagna in un viaggio appassionante tra alcune delle tesi più bizzarre e discutibili della storia della scienza: da quella dell'energia limitata, secondo la quale le donne non potevano dedicarsi agli studi e all'istruzione superiore senza indebolire le proprie funzioni riproduttive; a quella dell'eugenetica,... -
La luce cieca
Due generazioni di famiglie inglesi tra le speranze e le paure dei nostri tempi.«Una saga familiare che indaga l'effetto sulla psiche dei cittadini della minaccia nucleare durante la Guerra Fredda. Davvero coinvolgente» – Daily Mail«Libri, programmi televisivi e canzoni sono intrecciati nella trama in un doppio strato di finzione e realtà. Gli eventi storici fanno da sfondo, dall'azione sindacale degli anni Settanta agli attentati terroristici del 7 luglio 2005 a Londra. Lo spettro della Guerra Fredda aleggia su tutto il libro. Un romanzo che risplende intensamente» – Financial Timesrn«Uno studio ponderato e potente degli effetti corrosivi della paura, di ciò che facciamo a noi stessi e ai nostri cari quando il pericolo è tutto ciò che riusciamo a vedere» – The GuardianDue generazioni sullo sfondo della storia dei nostri ultimi sessant'anni. Tutto ha inizio nel 1959 quando Drum – figlio di un barista, working class – e Carter – ricco esponente della classe più agiata – stringono amicizia durante il servizio militare a Doom Town, un centro urbano nel nord dell'Inghilterra, dove vengono simulate le conseguenze della bomba atomica. Nello stesso luogo, Drum conosce Gwen, la donna che amerà tutta la vita e con la quale avrà Anneka e Nathan. Carter sposa invece la fidanzata di sempre, Daphne, e con lei avrà Thomas e Natasha. Le due famiglie saranno vicine di casa nella proprietà di campagna di Carter, nel frattempo diventato un alto ufficiale dell'esercito inglese, che offre a Drum di badare all'annessa fattoria. C'è un segreto tra loro: la casa di Carter avrà presto un rifugio antiatomico, e, in cambio della presenza di Drum sulla sua terra durante le sue molteplici assenze, Carter promette che Drum con la moglie e i figli avranno il privilegio della salvezza nel bunker. Del resto, erano anni in cui lo scoppio della bomba atomica sembrava solo una questione di tempo. Nei decenni successivi seguiamo le vicende delle due famiglie: le incomprensioni tra genitori e figli, il voltafaccia di qualcuno, le difficoltà per tutti di trovare la propria strada, lo sforzo per portare avanti gli impegni presi. Sullo sfondo gli avvenimenti storici, politici e sociali che ci hanno segnato, dagli scioperi anni Sessanta e Settanta, agli allarmi per la bomba atomica – ancora numerosi in epoca Thatcher –, ai più recenti attacchi terroristici, ai rave party. Con una struttura tradizionale, cronologica, ma con una scrittura contemporanea fatta di frasi brevi, incisive, precise, Evers ci racconta una storia che mette insieme un respiro epico e uno sguardo intimo. Straordinari, in questo romanzo, i personaggi, e straordinaria la riflessione che permea tutto il libro, sull'amicizia e sui legami famigliari, ma soprattutto su quanto sia difficile impedire che la paura costringa i nostri pensieri e detti i nostri comportamenti. E su quanto sia difficile «fare la cosa giusta», nonostante le migliori intenzioni. -
Dieci storie sul fumo
Sì, sono storie sul fumo, e ci sono indubbiamente molte sigarette in questi dieci racconti di Stuart Evers. Ma più che storie di dipendenza, sono racconti, molto spesso divertenti, sull'amore, sulla solitudine e su come il fumo possa diventare un catalizzatore, il momento in cui quello che c'è prima «va in fumo» per aprire la strada a quello che verrà dopo. Accendere una sigaretta apre una nuova porta, innesca meccanismi inediti, non ancora pensati. Sono storie che ci parlano di fascino, di tradimenti, di nostalgia, di seduzione, e di desiderio; di silenzi rotti dal clic di un accendino; del profumo di un amante; di un ultimo desiderio. Storie che rivelano la dignità delle vite tranquille e la bellezza nascosta negli angoli oscuri. Storie di gioventù fuorviata, di amori perduti e di guarigioni inattese. Storie che sanno andare al cuore delle cose. Con chiari echi di Raymond Carver e Alice Munro, e uno stile asciutto e personalissimo, questi dieci racconti sul fumo hanno rivelato tutta la bravura di Stuart Evers, facendogli assegnare il prestigioso London Book Award. -
Frammenti urbani. I piccoli oggetti che raccontano le città
Cosa sarebbe Parigi senza gli ingressi alla metropolitana in stile art nouveau? Perché le strade di Londra erano rivestite di legno? Quali conquiste tecnologiche e quali conflitti si celano dietro a un selciato o a un lampione stradale? Dell'igiene di una società ci svela di più una fontana o un tombino? E ancora, che rapporto c'è fra un'ideologia politica e i pantaloni dell'omino del semaforo?«Questa guida al vagabondaggio urbano consapevole si fonda su una ricchezza di aneddoti e una conoscenza profonda, davvero mirabile» – Frankfurter Allgemeine Zeitung«Questo è uno di quei libri che ti fanno vedere il mondo con occhi diversi [...]. Pochi passi in città e Lampugnani costruisce nientemeno che un'iconologia della vita urbana, rendendo ciò che è familiare un po' meno innocuo di quanto possa sembrare a prima vista. [...] Sono domande che ci facciamo raramente, o che non ci siamo fatti mai, a maggior ragione le risposte sono ancora più straordinarie» – Peter Richter, Süddeutsche Zeitung«Quando prendiamo in mano questo libro, ci rendiamo subito conto di quanto avessimo sentito la mancanza di un saggio del genere» – Bernhard Schulz, Der Tagesspiegel«Queste microstorie si leggono con grande gusto. In modo preciso e accademico, eppure diretto e accessibile, Lampugnani scrive come nascono i piccoli oggetti urbani e svela il loro significato anche nei film e nella letteratura. Il lettore impara tantissimo» – Palle Petersen, HochparterreGli elementi di arredo pubblico contraddistinguono gli spazi delle nostre città e ne determinano particolarità e fascino. Panchine, tombini, semafori, fontanelle, cabine telefoniche, marciapiedi, orinatoi, paracarri, targhe: sono tutti dettagli, spesso piccoli e trascurati, in grado di raccontare storie sorprendenti anche sulla cultura e la gente di un luogo.In questo saggio Vittorio Magnago Lampugnani, fra i massimi esperti internazionali di storia della città, ci porta in giro per l'Europa alla ricerca di oggetti universali che assumono, a livello locale, declinazioni uniche. Attraverso ventidue elementi d'arredo urbano, descritti con occhio curioso e attento, scopriamo angolature inedite su città che pensavamo di conoscere. Caratteri «tipici», di cui spesso ci si accorge solo quando vengono a mancare o a cambiare radicalmente, ad esempio con l'arrivo di nuove tecnologie. Cosa sarebbe Parigi senza gli ingressi alla metropolitana in stile art nouveau? Perché le strade di Londra erano rivestite di legno? Quali conquiste tecnologiche e quali conflitti si celano dietro a un selciato o a un lampione stradale? Dell'igiene di una società ci svela di più una fontana o un tombino? E ancora, che rapporto c'è fra un'ideologia politica e i pantaloni dell'omino del semaforo? Dopo questa incursione nella microstoria urbana, così densa di particolari esuberanti e inattesi, non potremo più guardare con gli stessi occhi la città in cui viviamo e che ogni giorno attraversiamo distratti. -
La metà nascosta. Le forze invisibili che influenzano ogni cosa
La metà nascosta ci mette davanti all’evidenza, a tratti sconcertante, di come sappiamo molto meno di ciò che crediamo. Non è necessariamente un male, spiega Blastland in questa piccola ode all’umiltà, perché esserne consapevoli è un ottimo punto di partenza per imparare di più.rnrnrn«Molto originale e stimolante. Una volta letto, non puoi più far finta di non sapere». - Daniel Finkelstein, «The Times»rn«Splendido. Blastland ci parla del bisogno di umiltà di fronte agli inevitabili limiti della conoscenza. Ma ci parla anche della tentazione fin troppo umana di raccontare storie sul mondo che si spingono ben oltre a ciò che supportano i dati». - Diane Coyle, Università di CambridgernrnrnPerché un fumatore muore per un tumore, mentre un altro vive fino a cento anni? Perché un uomo cresciuto in un quartiere difficile e in una famiglia disfunzionale entra ed esce dalla galera, mentre suo fratello diventa uno stimato professionista? La risposta sta nella «metà nascosta», ossia in quella cospicua parte di conoscenze che non riusciremo mai ad afferrare. La scienza finora ha dato spiegazioni lineari ai problemi più complessi, ottenendo risultati senz’altro ammirevoli. C’è però qualcosa che tendiamo a dimenticare, ossia che i dati non sono mai univoci e che tra le pieghe dei numeri si nascondono infinite variabili che non vengono prese in considerazione, vuoi perché «disturbano» il risultato finale, vuoi perché proprio non le si vede. Eppure questa metà nascosta del mondo è responsabile di risultati inaspettati, che si palesano con una certa regolarità e sono «inspiegabili» per gli stessi esperti. Con una buona dose di spavalderia, Michael Blastland esplora i retroscena della scienza e dell’informazione, invitandoci a diffidare delle risposte facili e a venire a patti con le forze invisibili che influenzano il mondo. Scopriamo così fino a che punto ci sfuggano gli aspetti caotici e casuali che determinano la realtà cui proviamo a dare un senso. -
Molti. Discorso sulle identità plurime
Di cosa parliamo quando parliamo di identità? Di qualcosa di unico e trasparente, sempre riconoscibile e individuabile? O invece di molteplice, sfuggente, composito?La letteratura è ricca di personaggi che espongono il racconto della propria vita. Narrano le proprie scelte ed esperienze, ma anche i propri limiti e fallimenti. È attraverso quei racconti che ogni lettore ricostruisce, da un lato, l’identità dei protagonisti e, dall’altro, mette a fuoco la propria. È proprio grazie ad alcune figure indimenticabili della letteratura che questo libro affronta il tema dell’identità. Ma di cosa parliamo quando parliamo di identità? Di qualcosa di unico e trasparente, sempre riconoscibile e individuabile? O invece di molteplice, sfuggente, composito? Un unico concetto – quello di «identità» – basta per rappresentare le tante parti in cui ci riconosciamo?Giovanni Boniolo crede di sì. A patto, però, che di quel concetto si comprenda la ricchezza, tenendone a mente le diverse articolazioni. L’identità sociale ci colloca da sempre al centro di una rete di sguardi che moltiplicano il nostro io in tanti volti quanti sono gli occhi che ci guardano, ma che al contempo fanno sì che noi siamo tutti i gruppi cui apparteniamo. L’identità relazionale si forma in rapporto con gli altri, nella forma specifica in cui decidiamo di declinare l’incontro con chi è simile o diverso da noi. L’identità accidentale ci consente di scoprire quelle parti di noi – spesso sorprendenti e inattese – che non hanno la possibilità di emergere nell’ordinarietà del quotidiano, e che si svelano soltanto allorché nella nostra vita fanno irruzione circostanze eccezionali.L’identità epistemica ci fa, infine, mettere a fuoco la pluralità e la complessità del nostro io: prodotto di esperienze molteplici, di valori, storie, e di eredità plurime. Questa consapevolezza, se raggiunta, ci permette di non scivolare nell’illusoria leggenda delle «radici», delle tradizioni pure, della soggettività monolitica. Mitologie che sono destinate a rifiutare l’identità altrui, dopo avere soffocato la propria.