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Rosario Romeo. Uno storico liberaldemocratico nell'Italia repubblicana
A oltre trent'anni dalla scomparsa di Rosario Romeo, questo libro intende riportare l'attenzione sull'attività storiografica e sull'impegno politico di uno dei maggiori esponenti della liberaldemocrazia italiana del secondo dopoguerra.«L'allievo prediletto di Romeo, Guido Pescosolido, manda in libreira un'esauriente biografia del grande storico. È un lavoro che si potrebbe intitolare, parafrasando la celebre e immensa biografia di Cavour, capolavoro della storiografia del Novecento, ""Romeo e il suo tempo"""". Per la buona ragione che Pescosolido riscostruisce il percorso intellettuale ma anche politico dello storico siciliano, da Giarre a Roma, fino all'impegno al Parlamento europeo» - Stefano Folli, RobinsonSul versante storiografico si intende verificare la tenuta scientifica delle sue opere più note e rilevanti ma anche porre in luce l'importanza che hanno assunto, nella recente critica storica, i suoi lavori medievistici e modernistici. Sul versante politico si richiama l'attenzione sul carattere progressista del suo liberalismo democratico ed europeista e sul concreto impegno come giornalista e parlamentare europeo in difesa della democrazia occidentale, del Mezzogiorno e nel contrasto al decadimento post-sessantottesco della vita universitaria italiana. Il libro si basa su un'attenta lettura della bibliografia esistente, nonché su numerosi documenti inediti in parte conservati dalla famiglia Romeo, in parte reperiti presso l'Archivio Centrale dello Stato, gli Archivi Storici delle Università di Catania e Roma La Sapienza e dell'Istituto per la Storia del Risorgimento italiano."" -
Il mondo dopo la fine del mondo
È esistito un mondo prima del virus e ne esisterà un altro, diverso, dopo. Quale? Alcuni dei maggiori intellettuali, scienziati, economisti, giuristi, antropologi, sociologi, giornalisti del nostro tempo rispondono alle domande che la pandemia ci ha prepotentemente posto. E che dobbiamo affrontare, oggi che porgiamo lo sguardo al nostro futuro prossimo. Una piccola impresa edioriale, immaginata e realizzata nel pieno dell'emergenza e del ""distanziamento sociale"""", per provare a essere all'altezza delle sfide che sono davanti a noi.La nostra civiltà, che si reputa all'apice tecnologico e culturale della storia dell'umanità, si è trovata in questi mesi a fare i conti con un fenomeno, il contagio, che pareva ormai relegato alle pagine della storia. Al virus è bastata solo qualche settimana per segnare uno spartiacque tra un mondo che credevamo di controllare e un mondo inedito, dal profilo incerto. Nel """"prima"""", per esempio, le nostre società facevano mostra di un'organizzazione globale molto efficiente. Oggi questa efficienza ha mostrato l'altra faccia, quella fragile, insostenibile, vulnerabile. Nel """"prima"""" la democrazia appariva il destino dell'umanità. Nel """"dopo"""" non appare più così scontata. Nel """"prima"""" lo Stato era considerato un'istituzione quasi residuale, da limitare e contenere. Nel """"dopo' dovremo considerare la sua forza necessaria. Nel """"prima"""" l'Unione Europea, pur con tutti i suoi difetti, appariva una formidabile fortezza rispetto alle incertezze globali. Nel """"dopo"""" riemergono stereotipi atavici e antipatie congenite. Nel """"prima"""" sembrava che l'Italia fosse destinata a vivere sfruttando il suo immenso patrimonio culturale. Nel """"dopo"""" tutto questo sembra un sogno dal quale ci siamo svegliati all'improvviso. Il mondo che verrà ci chiama tutti a riflettere sulle cause della pandemia e sulle contraddizioni e i guasti sociali, politici, economici che la crisi ha fatto emergere o esasperato. Abbiamo il compito della ricostruzione. Siamo chiamati a immaginare un mondo in cui si abbia cura della qualità della vita delle persone all'interno di una organizzazione più equa, più consapevole, più competente, più politicamente organizzata e che abbia a cuore la salvaguardia dell'ambiente."" -
Francesco. La peste, la rinascita
Per molte settimane la pandemia da Coronavirus sembrava avere spazzato via la religione dalla scena pubblica. Ma, tra i problemi interni alla Chiesa e i problemi della società globale che si aprono nella stagione del ""dopo virus"""", papa Bergoglio è passato all'offensiva.L'irrompere, nel febbraio 2020, della Grande Catastrofe del nuovo Coronavirus ha messo a nudo l'effetto della secolarizzazione. Per la prima volta dopo secoli, la Chiesa in tempo di peste non è apparsa come protagonista. Niente templi affollati di fedeli, niente processioni, niente funerali, sparita l'immagine secolare del prete che solitario attraversa le strade colpite dal morbo portando sacramenti agli ammalati e conforto ai morenti. Sulla scena ha dominato la scienza, sugli schermi sono apparsi come punto di riferimento medici, esperti, infermieri e politici. Dopo un primo momento di smarrimento, papa Francesco ha reagito riconquistando la scena con la liturgia del 27 marzo e la Via Crucis del Venerdì santo. Due cerimonie straordinarie per impatto visivo e psicologico. Il vuoto fantasmagorico di piazza San Pietro è stato trasformato in uno spazio planetario in cui il papa ha riaffermato il valore della fede come portatrice di speranza, alimento di solidarietà – trasmettendo la visione di un Dio che, proprio perché vicino alle vittime e all'umanità piagata dal morbo, sollecita il giudizio e la responsabilità di ciascuno nel decidere quale società ricostruire dopo il disastro. Perché c'è un """"prima"""" e c'è un """"dopo"""": bisogna partire dalla catastrofe per creare una società che superi le disuguaglianze, che difenda il sistema liberaldemocratico dai linguaggi e dagli atteggiamenti totalitari che lo minacciano. L'evento della pandemia è destinato a rimare impresso nella memoria dei contemporanei e – per la parte che gioca nella coscienza collettiva – il ruolo del papato avrà un impatto cruciale sulla scena nazionale e globale."" -
Pestaggio di Stato
«La storia è pesante, ti aiuto a trovare testimoni e riscontri. Vieni a Napoli». È così che comincia l’inchiesta che scoperchia i fatti accaduti nel carcere di Santa Maria Capua Vetere il 6 aprile del 2020. Quel pomeriggio 283 agenti della polizia penitenziaria muniti di caschi e manganelli, alcuni a volto coperto, entrano nel reparto Nilo del carcere Francesco Uccella. Irrompono nelle celle e prendono a calci, pugni, schiaffi i detenuti. Alcuni vengono rasati a forza. Il pestaggio dura ore, prosegue nei corridoi, lungo le scale. È una mattanza. Nei giorni successivi i fatti vengono denunciati, ma il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria respinge le accuse.rnCon ritmo serrato, Nello Trocchia ricostruisce l’inchiesta che ha reso pubblici i video delle violenze riprese dalle telecamere di sicurezza, la testimonianza e le storie delle vittime e dei carnefici, il depistaggio operato dalla catena di comando, la noncuranza della politica. Perché tutto questo è potuto accadere? E perché si può ripetere ancora? -
Caporali tanti, uomini pochissimi. La storia secondo Totò
«Il saggio dello storico Emilio Gentile illustra la filosofia e l'etica del grandissimo attore» - Corriere della SeraIl principe Antonio De Curtis non era solito leggere i racconti degli storici. Lo appassionava solo la storia della sua famiglia, che risaliva all'imperatore Costantino. Non lo divertiva la Storia, cioè l'esistenza umana nel fluire del tempo, perché aveva una visione tragica della vita. Ma permetteva a Totò di spernacchiare tutte le persone che nella Storia, e quindi nella vita, si comportano da «caporali»: i prepotenti che tormentano gli «uomini» qualunque, costretti a vivere un'esistenza grama. Nei suoi novantasette film, ambientati nelle più varie epoche storiche, dall'Egitto dei faraoni all'Italia del 'miracolo economico' e all'Europa del Muro di Berlino, Antonio incarna nei personaggi di Totò sia i 'caporali' sia gli 'uomini', ma sempre con lo stesso proposito: «spernacchiare» i caporali, spiegando che la pernacchia «ha tanti scopi: deride, protesta, esplode con un grido di dolore». E difende così la dignità dell'uomo libero. -
La coscienza e la legge
La legge è sempre giusta? Come dobbiamo comportarci quando è legale ciò che si oppone alla nostra coscienza? Due tra le voci più rispettate nel dibattito pubblico del nostro paese – un uomo di Stato e un uomo di Chiesa – si confrontano a partire dalla propria visione della giustizia sui temi più urgenti del presente.«Se e quanto la legge coincida con la morale è questione vecchia di secoli, se ne parla da quando Socrate bevve la cicuta, da innocente, semplicemente per non commettere ingiustizia. Suona come una novità che sull'argomento discutano, in un libro-dialogo, un colto uomo di chiesa come Vincenzo Paglia e un giurista cattolico di spessore come Raffaelle Cantone» – Mario Garofalo, Corriere della Serarn«L'intenso dialogo tra Raffaele Cantone e Vincenzo Paglia consegna al lettore una ricca collezione di riflessioni sulla contemporaneità. E riporta in evidenza quel dualismo tra cultura laica e cristiana che è un lascito strutturale della storia italiana, ma che, come mostra questa serrata conversazione, riesce a trovare numerosi punti di intesa» – Massimiliano Panarari, La StampaLe disuguaglianze, l'immigrazione, la sicurezza, la corruzione: su queste e altre questioni nevralgiche del nostro tempo abbiamo un atteggiamento diverso a seconda dell'idea di giustizia che assumiamo. Giusto è ciò che coincide con la legge? Raffaele Cantone e Vincenzo Paglia si confrontano senza pregiudizi o ipocrisie a partire dalle loro differenti visioni del mondo. Con un fine che inseguono testardamente pagina dopo pagina: comprendere e definire cosa è giusto. Con il più onesto dei mezzi: gli esempi tratti dalle loro esperienze professionali, in particolare quelli che chiamano in causa la nostra coscienza, quelli che la legge sembra non riuscire a codificare. Dalla più attuale e controversa questione dell'accoglienza dei migranti alla questione della corruzione, dai sistemi di repressione al modo di intendere la punizione e il perdono. Il dialogo è stato curato da Emanuele Coen, giornalista de «L'Espresso». -
La famiglia F.
La storia della sinistra italiana è anche una storia di famiglia. È il caso della famiglia Foa, dai nonni al padre Vittorio e alla madre Lisa, fino ai figli Anna, Renzo e Bettina. Una famiglia in cui la passione politica e l'impegno civile si sono intrecciati così fortemente con lo svolgimento della vita privata da governare le relazioni e i sentimenti.«Letteralmente ""nata dalla Resistenza"""", Anna Foa, oltre settant'anni dopo, ha voluto ricostruire con """"La famiglia F."""", attraverso un mémoire sulla storia della sua famiglia, un pezzo di storia della sinistra italiana» – Sergio Luzzato, La Stampa«Anna Foa illumina un'Italia da ricordare con un libro di assoluta bellezza formale, di grande coraggio e sincerità» – Wlodek Goldkorn, L'Espresso«Vittorio e Lisetta, uniti dalla lotta antifascista. E nonni, zii, fratelli: patrioti, intellettuali, militanti. Da storica, Anna Foa racconta una famiglia straordinaria. La sua» – Simonetta Fiori, il Venerdì di RepubblicaLa storia della sinistra italiana è anche una storia di famiglia. È il caso della famiglia Foa, dai nonni al padre Vittorio e alla madre Lisa, fino ai figli Anna, Renzo e Bettina. Una famiglia in cui la passione politica e l'impegno civile si sono intrecciati così fortemente con lo svolgimento della vita quotidiana da educare e governare anche le relazioni, i sentimenti. Si aprono vecchie scatole con dentro foto e carte di famiglia: un trasloco può far riemergere il passato di tante vite. È quello che è successo ad Anna Foa. Storie di bisnonni, prozii e cugini, fino a quelle dei genitori, Vittorio e Lisa, ricordi a lungo accantonati. Avvocati mazziniani e 'internazionalisti', 'suffragette' e rabbini lasciano il passo ai primi socialisti, agli antifascisti di Giustizia e Libertà, ai comunisti. Come sfogliando un vecchio album, vediamo rievocati il fascismo, il carcere, la Resistenza, la Shoah, il dopoguerra, il 1968, gli anni di piombo, l'impegno di Lisa in Lotta Continua, il suo anticonformismo, la lunga saggia vecchiaia di Vittorio. Come in ogni storia di famiglia, le case sono centrali: le stanze delle case di vacanza, quelle dei nonni disperse per la Penisola, quelle dei genitori frequentate da amici d'eccezione. E poi il racconto dei luoghi e le città: Torino, la Valle d'Aosta, Roma, ma anche la Spagna della guerra civile, il Vietnam, l'Africa, la Cina. Quella che si viene a comporre, pagina dopo pagina, è una storia 'intima' della sinistra italiana. I libri che si leggevano, le percezioni politiche, il modo in cui il mondo esterno veniva filtrato da quello familiare. È anche la storia della fine di un'illusione, quella del comunismo, della sua lenta fine. Una storia familiare e autobiografica aperta a tutte quelle remissioni della memoria e a quelle percezioni personali che la rendono dichiaratamente parziale e non definitiva. Un esperimento storiografico condotto """"sul vivo"""" per riscoprire le passioni del Novecento."" -
Come muoiono le democrazie
Da Erdoğan a Putin, da Orbán a Trump, i passaggi cruciali attraverso i quali una democrazia, oggi, può essere svuotata dall'interno.«Le democrazie liberali sono in pericolo. Le democrazie liberali possono morire. Alcune, senza che ce ne accorgiamo, stanno già morendo. Steven Levitsky e Daniel Ziblatt, studiosi di scienza politica di Harvard, ne sono convinti. E hanno convinto anche noi» – Massimo Giannini, la Repubblica«""Come muoiono le democrazie"""" è una guida lucida ed essenziale a ciò che potrebbe accadere» – New York Times«Levitsky e Ziblatt rigettano l'idea di eccezionalismo occidentale. Non ci sono vaccini che ci proteggono dalla morte delle democrazie. Un libro chiaro e allarmante» – The Guardian«Un potente campanello d'allarme» – Foreing Affairsrn«Illuminante e spaventosamente attuale» – New York Times Book ReviewOrmai è raro che il potere venga conquistato attraverso un golpe militare o comunque con la forza. Quasi tutti i paesi tengono regolarmente elezioni. Le democrazie muoiono ancora, ma con altri mezzi. Dalla fine della Guerra Fredda a oggi, a determinare la morte di una democrazia non sono quasi mai generali e soldati, ma gli stessi governi eletti. Leader eletti hanno sovvertito le istituzioni democratiche in Venezuela, Georgia, Filippine, Nicaragua, Perù, Polonia, Russia, Sri Lanka, Turchia, Ucraina e Ungheria. Oggi il tracollo di una democrazia comincia nelle urne. Steven Levitsky e Daniel Ziblatt attraversano la storia recente per identificare i passaggi cruciali e le condizioni che si ripropongono, seppure in diverse declinazioni, ogni volta che una democrazia viene gradualmente trasformata in regime autoritario da un leader eletto Un processo messo in atto dall'interno delle istituzioni e con mezzi legali. Introduzione di Sergio Fabbrini."" -
Tommaso Campanella. Il filosofo immaginato, interpretato, falsato
Un irriducibile ribelle in politica, religione e filosofia; un libertino che ha giocato nell'evoluzione della cultura europea un ruolo fondamentale: questo fu Tommaso Campanella.Luca Addante ci conduce lungo più di quattro secoli di rappresentazioni e interpretazioni di Tommaso Campanella, smascherando l'incredibile stratificazione di miti e di usi politici e apologetici della sua figura che ne hanno stravolto le originarie fattezze. Dalla centralità riconosciuta alla celebre Città del Sole, ben salda nell'immaginario, alla tesi – tuttora dominante negli studi – secondo cui Campanella avrebbe vissuto una conversione, che dal naturalismo panteistico della giovinezza l'avrebbe portato a rientrare ""nell'ovile cattolico"""". Attraverso un'indagine serrata, condotta su tutta la produzione e la documentazione relativa al filosofo nonché sulle sue opere, in un racconto non privo di colpi di scena, Luca Addante ribalta queste chiavi di lettura in pagine che si rivelano essere anche un'autentica enciclopedia critica dedicata al filosofo. Oltre i miti e le distorsioni apologetiche e ideologiche emerge con forza la storia di un genio barocco."" -
Agrippina, la sposa di un mito
Figlia di Agrippa, il trionfatore di Azio, e di Giulia, l'unica figlia di Augusto, lei sola, Agrippina, si salva dalla tragedia domestica che si abbatte sulla discendenza diretta di Augusto. Eredita i tratti fondamentali della sua stirpe: dalla madre il carattere passionale e l'arroganza di casta non disgiunta dalla capacità di sedurre anche i ceti subalterni; dal padre la disinvoltura a convivere con le truppe; di certo dal nonno, Augusto, il senso dell'autorità e il rispetto per la tradizione dei valori romani. -
Tutte le strade partono da Roma
Partiamo dal chilometro zero, dalla statua di Marco Aurelio sulla piazza del Campidoglio, e proseguiamo per 28 secoli di storia. Camminando lungo le strade di Roma – dalle più antiche e celebri ai vicoli più nascosti – e attraverso stratificazioni e percorsi inattesi raggiungeremo presto ogni capo del mondo. Ad accompagnarci in questo viaggio è una guida d’eccezione con un libro, sorprendente e originale, che è al contempo una dichiarazione d'amore per la città.«Roma bisogna saperla vedere, per poterla amministrare o per poterne scrivere. Rutelli la vede nella stratificazioni accumulatesi nei suoi 28 secoli di vita. Un libro godibile, ben riuscito, con un'anima» - Corrado AugiasSu cosa camminiamo quando percorriamo le strade di Roma? «Sul tetto di case antiche» avrebbe risposto Montaigne, perché è l'unico luogo dove i resti sono «profondi fino agli antipodi». Costruzioni, distruzioni, ricostruzioni, sovrapposizioni, riutilizzi. Strutture edificate e dissolte, mai scomparse seppure incendiate, ridotte a calce, annichilite o trafugate, perché trasformate, riemerse casualmente o reinventate. Se vogliamo conoscere Roma, la città dalle infinite stratificazioni, dobbiamo avvicinare la complessità. A chi vuole polarizzare e dividere, Roma ricorda che sono pluralità e diversità a fare la bellezza, la fierezza, la forza dell'esperienza umana. -
Non sprechiamo questa crisi
Crollo del Pil mondiale, blocco delle merci e degli scambi, infinite moltitudini precipitate in povertà e senza più un lavoro. Questo è l’effetto della pandemia di Covid-19 da un punto di vista economico. Possiamo uscirne in tempi rapidi? E come? Dobbiamo non solo sperare di tornare quanto prima alla ‘normalità’, ma riuscire a trasformare questa crisi in una opportunità per ripensare il nostro modello di sviluppo. Mariana Mazzucato, una degli economisti più autorevoli e influenti del nostro tempo, ci mostra come l’alternativa non solo è possibile ma quanto mai indispensabile.rn«Nessuno è più efficace di Mariana Mazzucato nel produrre gli strumenti che servono a vincere una battaglia di idee». - The GuardianLa sfida cui i governi di tutto il mondo si trovano davanti è enorme: la necessità di attuare misure di sostegno al reddito dei cittadini e di aiuti alle aziende in difficoltà, il rafforzamento delle prestazioni sanitarie dirette agli utenti, un livello di collaborazione senza precedenti fra le nazioni, dalla corsa al vaccino alla gestione dei tamponi e del tracciamento dei contagi. Purtroppo, nell’ultimo mezzo secolo, il messaggio politico prevalente in molti paesi è stato che i governi non possono – e quindi in sostanza non devono – governare. Da tempo politici, dirigenti di imprese ed esperti si lasciano guidare da un’ideologia che si concentra ossessivamente su misure statiche di efficienza per giustificare i tagli alla spesa, le privatizzazioni e le esternalizzazioni. Ecco la ragione per cui i governi hanno ora a disposizione un numero di strumenti più limitato per rispondere alla crisi. Ed è proprio questa la lezione del Covid-19: la capacità di uno Stato di gestire una crisi di grande portata dipende da quanto ha investito nella capacità di governare, fare e gestire, cioè di dare forma a mercati che producano una crescita sostenibile e inclusiva, finalizzata all’interesse pubblico. -
Guerra civile e ordine politico
Dal 1990 a oggi un'ondata di guerre civili si è abbattuta su singoli paesi e intere aree regionali: la Jugoslavia all'indomani della fine della guerra fredda, la Somalia, l'Africa occidentale e la regione dei Grandi Laghi nei dieci anni immediatamente successivi, il Medio Oriente, l'Africa settentrionale e l'Ucraina nel periodo più vicino a noi. Questa proliferazione di guerre civili ha attirato l'attenzione di decisori politici, operatori umanitari, giornalisti e, naturalmente, studiosi. Ma, allo stesso tempo, li ha convinti sempre di più a vedere nella guerra civile un fenomeno marginale, confinato una volta per tutte fuori degli spazi 'centrali' del sistema internazionale e associato a qualche forma di arretratezza economica, politica o persino culturale. Allargando la prospettiva oltre l'ultimo trentennio, il libro rovescia questa immagine. È sufficiente attingere all'esperienza storica, infatti, per constatare che la guerra civile costituisce un'esperienza centrale nella storia europea (e italiana). Attorno a essa ruotano alcune delle determinanti fondamentali dell'ordine politico: l'edificazione e la successiva implosione della distinzione tra 'noi' e gli 'altri'; la conseguente separazione tra ciò che è dentro e ciò che è fuori dall'unità politica e, quindi, tra politica 'interna' e politica 'estera'; la distinzione ancora più capitale tra violenza 'buona' e violenza 'cattiva', 'legittima' e 'illegittima', 'legale' e 'criminale'. -
Il vento della rivoluzione. La nascita del Partito comunista italiano
Grande Guerra e Rivoluzione Russa: sono questi gli eventi che presiedono alla nascita del Pci. È il vento della rivoluzione, il sogno – prima ancora che il programma politico – dei comunisti italiani. Un sogno abbattuto quasi subito dal fascismo. Un sogno che sopravvive in forma organizzata seppure clandestina, tra mille difficoltà, fino alla guerra di Liberazione. Poi, il Partito comunista italiano sarà uno dei grandi partiti di massa della Repubblica e in milioni lo voteranno. Tornare al momento della sua fondazione un secolo fa, nel gennaio 1921, significa spiegare questa storia. Dalla nascita alla fine.È passato un secolo dalla fondazione del Partito comunista italiano a Livorno, nel gennaio 1921. Nasce allora un piccolo partito, destinato però a diventare uno dei pilastri della Repubblica italiana. Nasce insieme alla vittoria di Lenin e della rivoluzione bolscevica in Russia. E morirà nel 1991, ancora insieme all'Unione Sovietica. Milioni di italiani lo hanno votato, altre decine di migliaia sono stati suoi militanti dedicandogli il loro tempo libero. Eppure all'inizio è una piccola «falange d'acciaio», come la chiama uno dei suoi fondatori, Antonio Gramsci: pochi uomini e qualche donna, uniti dal sogno di «fare come in Russia». Sono destinati a essere sconfitti sanguinosamente dal fascismo di Mussolini. Ma resisteranno, tra mille difficoltà, continuando a inseguire quel sogno. Il libro ripercorre non solo le vicende organizzative e la storia politica del partito, ma anche gli itinerari personali di vita di alcuni dei suoi dirigenti: Bordiga, Gramsci, Togliatti, Tasca, Bombacci. Cerca così di rispondere alla domanda più attuale: come ha fatto quella piccola falange a trasformarsi in un grande partito di massa? Quali bisogni degli italiani è stato capace di interpretare e rappresentare? Che ruolo ha avuto nella politica italiana? Perché è nato? E perché è morto? -
La strage silenziosa. Come l'Africa ha rischiato di morire di AIDS e come si è invertita la rotta
Vent'anni fa l'AIDS ha messo a rischio la sopravvivenza di un intero continente nell'indifferenza delle maggiori istituzioni internazionali. Dal 1996 le cure per l'AIDS, in Occidente, esistevano. E si poteva sopravvivere in buona salute. All'Africa invece le terapie erano negate, sebbene in quell'area i malati si contassero a milioni e non a migliaia come nei paesi ricchi. Perché questo doppio standard? rn«La strage silenziosa riporta l'Aids a quella centralità africana che la sua storia ebbe in verità e a quella rilevanza che l'andamento dell'epidemia giocò sulle traiettorie di sviluppo politico ed economico di interi paesi» - Antonio M. Morone, la LetturarnSi dubitava della capacità degli africani di assumere regolarmente le medicine; le fragili sanità pubbliche africane erano considerate inefficienti; i costosi farmaci antiretrovirali contro l'AIDS, che in Occidente salvavano vite, apparivano un lusso (senza però che i corrispettivi farmaci generici, a basso costo, fossero presi in considerazione, per tutelare gli interessi delle multinazionali farmaceutiche). Dominava insomma un afro-pessimismo: curare i malati di AIDS nelle regioni subsahariane veniva giudicato una perdita di tempo e denaro. E intanto, la durata media della vita crollava e le economie collassavano. Malgrado gli sforzi di figure come Kofi Annan, Stephen Lewis, Jeffrey Sachs e di tanti medici e volontari sul campo, l'opzione terapeutica si sarebbe affermata in Africa lentamente. L'accesso universale alle terapie sarebbe stato convenuto a livello internazionale soltanto intorno al 2015. La storia di come si è invertita la rotta nel nome della necessità di salvare il numero più alto possibile di vite è una lezione esemplare che ci può aiutare ad affrontare meglio il presente. Prefazione di Jeffrey Sachs. -
La metamorfosi
«Qui vorremmo ripercorrere brevemente il cammino che ha condotto una formazione politica (quella educata nel Pci), per progressive trasfigurazioni, a farsi alfiere di valori antitetici rispetto a quelli su cui era sorta.»A cento anni dalla nascita del Pci, Canfora si interroga sulla metamorfosi progressiva di quel grande partito. Una metamorfosi che ha al centro il 'partito nuovo' di Togliatti. Quella fu, nel 1944, una seconda fondazione. Fu la non facile nascita di un altro e diverso partito: diverso rispetto alla formazione 'rivoluzionaria' sorta vent'anni prima. La nuova nascita era una necessità storica, nella situazione mondiale del tutto nuova determinata dalla sconfitta dei fascismi. Ma le potenzialità insite in tale nuovo inizio non furono sviluppate con la necessaria audacia da chi venne dopo: Berlinguer incluso. Riannodando i fili di questa storia, Canfora cerca le ragioni del mancato riconoscimento dell'approdo socialdemocratico che il mutato contesto storico determinava. Una timidezza che ha contribuito alla successiva debolezza progettuale e 'svogliatezza' pratica. E alla progressiva perdita di contatto con i gruppi sociali il cui consenso veniva dato ottimisticamente per scontato. -
Zanzotto. Il canto nella terra
Il 10 ottobre 2021 ricorre il centenario della nascita di Andrea Zanzotto, unanimemente considerato uno dei grandi maestri della poesia italiana del secondo Novecento. Uno dei più attivi critici e studiosi della sua generazione, Andrea Cortellessa, sintetizza in questo libro i termini della sua già lunga fedeltà al poeta. La critica ha per lo più indagato, sinora, il tessuto linguistico e stilistico di quello che è stato definito «il Signore dei Significanti», facendo così perdere di vista che si tratta anche di una poesia densissima di ""significati"""", personali e collettivi, di traumatica urgenza, sebbene psichicamente schermati e """"cancellati"""" (come i temi dell'ambiente e del paesaggio, nella loro stratificazione storico-culturale). La monografia di Cortellessa risponde all'esigenza di una lettura che si rivolga anche a un pubblico più vasto di quello specialistico, come quello degli studenti universitari."" -
Hate speech. Il lato oscuro del linguaggio
Commenti sessisti, insulti razzisti, attacchi omofobici: le parole possono essere scagliate contro gli altri per deriderli, ferirli, umiliarli, e ancor più per rinchiuderli in ruoli e posizioni di inferiorità. Le parole possono essere potenti strumenti di oppressione, pesanti come pietre.Chi parla, soprattutto se da posizioni di autorità o in contesti istituzionali, ha una pesante responsabilità: ciò che diciamo cambia i limiti di ciò che può essere detto, sposta un po' più in là i confini di ciò che viene considerato normale, assodato, legittimo. E cambiare i limiti di ciò che può essere detto cambia allo stesso tempo i limiti di ciò che può essere fatto: ci abituiamo a una mancanza di attenzione e vigilanza sulle parole, che rende più accettabile la mancanza di vigilanza sulle azioni. Il silenzio, l'indifferenza o la superficialità con cui spesso accogliamo gli usi offensivi di altri corrono il rischio di trasformarsi in consenso, approvazione, legittimazione - e muta noi in complici e conniventi. Così il libro indaga una delle declinazioni più interessanti del tema della violenza: quello che è diventato comune chiamare hate speech ('linguaggio d'odio' o 'discorso d'odio'). Con questo termine si indicano espressioni e frasi che comunicano derisione, disprezzo e ostilità verso gruppi sociali e verso individui in virtù della loro mera appartenenza a un gruppo; le categorie bersaglio dei discorsi d'odio vengono identificate sulla base di tratti sociali come etnia, religione, genere, orientamento sessuale, (dis)abilità. Lo hate speech raccoglie usi discorsivi estremamente vari: dalla propaganda nazista alle leggi sull'apartheid, dal discorso ideologico di certe formazioni politiche fino agli esempi quotidiani di linguaggio d'odio divenuti ormai tristemente frequenti. Un tema diventato ancor più d'attualità con il diffondersi dei nuovi media: commenti sessisti, insulti razzisti e attacchi omofobici hanno trovato un ambiente ideale per esprimersi online, dove spesso mancano mediazioni, filtri o (auto)censure. -
Urbania
Immaginare il futuro è diventato con la pandemia un esercizio arduo. È come se fossimo ancorati a un presente cupo che non ci lascia tregua e ci obbliga a svilire, giorno dopo giorno, le consuetudini più preziose del nostro stare insieme. Eppure Urbania dimostra che questa difficile esperienza può diventare un’opportunità per ripensare alla radice la logica e le forme della vita urbana. Grazie a un caleidoscopio di letture, visioni e ricordi personali, Stefano Boeri immagina un pianeta percorso da grandi corridoi della biodiversità dove le foreste e le città trovano un nuovo equilibrio, dove i borghi storici tornano a essere comunità di vita e le metropoli diventano arcipelaghi di quartieri autosufficienti. Un mondo nuovo che può nascere da un’intelligente accelerazione di tendenze già in atto. Un invito a non smettere di sognare.De-sincronizzare i tempi della vita urbana, ripensare gli spazi aperti e quelli domestici, cambiare radicalmente il sistema della mobilità, incentivare l'uso delle energie rinnovabili, realizzare architetture verdi, ricostruire un rapporto di reciprocità con le migliaia di borghi abbandonati sparsi sulle pendici delle Alpi e sulla dorsale appenninica, valorizzare la biodiversità implementando il nostro patrimonio di boschi e foreste. Stefano Boeri, uno dei più influenti architetti e urbanisti italiani, ci mette di fronte alle sfide più urgenti che le città del futuro dovranno affrontare se vogliamo preservare la vita della nostra specie sul pianeta Terra. -
L' eros gastronomico. Elogio dell'identitaria cucina tradizionale, contro l'anonima cucina creativa
«A tavola si vive un processo di civiltà che è cultura ed è stato così a partire dal Simposio di Platone e dall’Ultima cena in poi. Fin dalle società primitive la manipolazione degli alimenti non risponde solo al bisogno nutrizionale, ma si colloca in un cosmo intellettuale e fantastico ove si incontrano uomini e dèi, sacro e profano, morti e viventi, caricando il cibo di valori che trascendono la sua natura materiale.»«Se chiedo il bollito non voglio il piatto che richiama concetti di carni bollite, ma un carrello dei bolliti». Tullio Gregory, filosofo, ma anche grande gourmet, tuona così contro la cucina creativa in nome della grande tradizione gastronomica italiana, di cui resta poca traccia nella cultura d'oggi. Si deve, al contrario, ritrovare il senso di una civiltà della cucina, perché a tavola - come diceva lui - c'è «davvero quella verità intera, piacevole, morbida e profumata che possiamo non solo contemplare ma anche gustare». Attraverso racconti su alcuni alimenti e consigli di lettura, decaloghi del perfetto gastronomo e indicazioni di cottura, questo libro traccia il percorso della 'civiltà del gusto' e del piacere della tavola. Solo in questo modo sarà possibile riconquistare il patrimonio di tradizioni enogastronomiche che è parte integrante della nostra storia e recuperare la gioia del convito, momento fondamentale del vivere civile.