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Cantari della Guerra di Pisa
La battaglia di Cascina (28 luglio 1364) rimase a lungo nella coscienza storica dei Fiorentini come un'eclatante vittoria contro l'odiata, eterna rivale Pisa: ancora agli inizi del Cinquecento il gonfaloniere a vita Pier Soderini affidava a Michelangelo Buonarroti l'incarico di affrescare una parete della Sala del Maggior Consiglio, in Palazzo Vecchio, appunto con ""La battaglia di Cascina"""", pur se l'opera non fu mai realizzata. Chi avesse voluto leggersi il resoconto in ottave di Antonio Pucci sulla guerra tra Pisa e Firenze del 1362-64 doveva finora ricorrere all'edizione settecentesca di Ildefonso di San Luigi, che pubblicò l'opera a partire da un manoscritto strozziano (Magl. VII 1126), certamente chiaro e gradevole, ma dal testo sicuramente ammodernato. Questa edizione prende invece a fondamento il ms Kirkup (oggi BNCF Nuovi Acquisti 333), un codice sempre più frequentemente riconosciuto dagli studiosi come fondamentale per l'edizione delle opere pucciane. I sette cantari della Guerra di Pisa vi inaugurano la serie delle poesie """"storiche"""" del Pucci, estendendo però questa volta la misura dei sirventesi alle dimensioni di un poema. Composti nel 1367, i cantari della Guerra di Pisa sono probabilmente il primo esempio in cui la forma del poema epico è utilizzata per cantare eventi della storia contemporanea, nell'intento di conferire a questi ultimi la stessa fisionomia esaltante delle imprese eroiche tramandate dalle chansons de geste."" -
Largo Italia
"I confini tra migrazione ed espatrio sono ormai porosi, e la distinzione è in larga parte soggettiva. Ma quando si parla di poesia, l'elemento soggettivo è evidentemente cruciale. Rispetto all'epica, che è il linguaggio poetico della migrazione, e alla tragedia, che è il linguaggio poetico dell'esilio, il linguaggio poetico dell'espatrio tende a essere """"prosaico"""" e desublimante - è una sorta di poesia della non-poesia (e in quanto tale, tipica della modernità). Il poeta esiliato, nella sua poesia, lotta con la disperazione; il poeta migrante lotta con il """"ressentiment""""; il poeta espatriato lotta con un fantasma. Nell'espatrio ha luogo una decostruzione, che può sfociare in una ricostruzione della personalità. (E nel rimpatrio, o dis-espatrio, tutto questo movimento si ripete). A volte pare di essere entrati nell'atmosfera di certi racconti fantastici, in cui un personaggio a un certo punto diventa invisibile. Ma vi sono tanti espatrii diversi quanti sono i poeti. E Corrado Paina, come affronta poeticamente il suo espatrio canadese, fra un viaggio e l'altro in Italia e altrove? """"In Largo Italia"""", Paina inventa un personaggio (nessuna poesia """"autobiografica"""" è autobiografica] il quale compie un temporaneo passaggio in Italia - e a Cuba, e in altri luoghi - che è anche un viaggio di ricapitolazione della sua giovinezza, e costruisce un """"Bildungsroman"""" in versi: a ritmo di gran corsa e all'insegna soprattutto di una voracità intellettuale e culinaria. Ma """"culinaria"""" è un attributo troppo limitativo. L'elemento più originale di questa poesia fortemente espressionistica consiste nel suo profondo senso dell'atto del mangiare, descritto con un'energia che è grottesco-tragica; così che, con una mossa poeticamente brillante, il consumo di cibo alternato al consumo di droga toglie, a queste avventure di gioventù, l'aura del poeta maledetto e al tempo stesso evita la stilizzazione semplificante del comico."""" (Paolo Valesio). Prefazione di Alessandro Ruggera." -
La misura della perdita
Partendo dallo sconfortante esergo posto ad apertura di questa ""Misura della perdita"""", quattordicesima puntata d'un Giornale alla Eluard, da Carlo Villa intrapreso decenni or sono nell'illusione di farne un repertorio d'incoraggiamento per quanti, sfiduciati da ciò che incontrando ormai in libreria, ancora ambissero leggere qualcosa d'ironicamente volterriano, siano d'accredito incoraggiante i ben sette titoli editi dall'autore per la sola Einaudi d'altri tempi e gli almeno altrettanti per la Feltrinelli, Guanda, Editori Riuniti e Scheiwiller; a garanzia d'una disciplina che sconfigga ogni disattenta pigrizia linguistica, nel frattempo diffusasi fino all'atonia vaneggiante. Villa rifugge con un linguaggio tagliente dai compiacimenti futili dello scrivere, scrollandoseli di dosso come l'acqua sul cigno fin dagli anni Cinquanta del secolo scorso: almeno per Claudio Magris, il suo modo di narrare procedendo """"in crescendo"""", com'è stato per il settecentesco scrittore prussiano Theodor Hippel; mentre per Angelo Guglielmi, suo estimatore fin dal laboratorio del Gruppo 63, la sua presenza espressiva si ricarica di continuo in ebbre, inusitate associazioni mentali che assimilano ogni volta forma e sostanza linguistica in un nuragico festino lessicale imbandito con imprevedibili innesti espressionisti, cogliendone i frutti sempre dal di dentro della società analizzata con vetrini combinatori. Il libro riassume in una fittissima trama verbale la nostra contemporaneità, passandone in rassegna fatti e personaggi, come agissero in un romanzo dell'orrore, avvalendosi d'una narrazione d'altissimo potenziale poetico, ogni paragrafo carico di molteplici micce per lo scoppio urticante d'una mente, che sia disposta ad affrontarne la sensibilità madornale che penetra con autoptico bisturi nell'umano torpore da rompighiaccio implacabile. Vi si affollano ricordi primari ed affetti mai secondari con un metodo e un disciplinare di lavoro gravido di letture; mentre sono indimenticabili le allusioni provenienti dalle pellicole, generalmente d'altri tempi, utilizzate per rivivere dolenze sempre nuove, traendone forsennate insoddisfazioni d'un solenne sarcasmo: memorabile il distacco dell'autore quando affronta il suo stesso increscioso percorso medico-sanitario con lucida sensibilità corticale, mista a uno stupore per un destino non dilazionabile. C'è da augurarsi che almeno stavolta un viatico critico sia all'altezza d'una scrittura tanto vivificante, quanto prossima a scomparire del tutto per agnizione anagrafica, quanto ascrivibile a una critica nient'affatto militante su ciò che dovrebbe considerare prioritario, rispetto alla committenza commerciale. Da sottolineare, in caso contrario, che proprio com'è la vita, anche la scrittura, quando sia essenziale, diventa insopportabile."" -
Medicina e società
Nel suo cammino di vita, di malattia e di morte, l'uomo non è da solo, ma si inserisce all'interno di un gruppo di altri uomini, con i quali costituisce una società, una organizzazione di persone che, aggregandosi variamente, interagiscono tra loro al fine di perseguire un comune obiettivo. Parlare di economia, di sanità pubblica, di organizzazione sanitaria è diventato ormai indispensabile nella società moderna, caratterizzata da scarsità di risorse. Lo stesso concetto di salute appare intrinsecamente collegato con le idee politiche (e religiose) di ciascuna società. Chi si interessa di medicina – sia il malato che la ""subisce"""", sia lo studente di un corso di laurea di area sanitaria che si appresta a """"praticarla"""" – deve avere consapevolezza di tutto questo. Deve, inoltre, avere il diritto di conoscere lo scopo della professione del medico, che non si differenzia dal veterinario perché si occupa di animali più complessi, ma perché si occupa di esseri umani che cercano il senso della loro sofferenza. E il rapporto medico-paziente non può sottrarsi in alcun caso a questa ricerca. Prefazione di Cristina Messa."" -
Nuove generazioni. I volti giovani dell'Italia multietnica
Chi sono, come vivono, cosa sognano i giovani delle nuove generazioni, figli dei migranti che in questi anni sono arrivati e hanno messo radici in Italia? Quali legami mantengono con le tradizioni dei loro padri e delle terre di cui sono originari, quali vincoli stringono con i valori delle società in cui stanno crescendo? Che ruolo giocano nella costruzione della loro identità la famiglia, la scuola, i luoghi di aggregazione? Le nuove generazioni sono un punto di incontro tra mondi diversi, spesso lontani, che in seguito ai flussi migratori sono diventati vicini. Giovani che parlano la lingua dei genitori e il dialetto della città in cui studiano e lavorano. Sempre meno ""stranieri figli di stranieri"""", sempre più """"nuovi italiani"""". Viaggio-inchiesta dentro un mondo che vive nel segno della contaminazione, un universo complesso e non riducibile a stereotipi e luoghi comuni. Che vuole vivere da protagonista dentro una società sempre più multietnica, con la quale tutti dobbiamo fare i conti."" -
Versi e prose
«Questo libro riserva non poche sorprese nell'ambito della intensa produzione critica, teorica, creativa e traduttoria del fondatore del futurismo. Dalla - purtroppo solo temporanea - comparsa delle bozze preparatorie a una nuova edizione delle traduzioni da Mallarmé si evince che, alla fine degli anni '30, Marinetti stava riconsiderando il proprio rapporto con Mallarmé e, più in generale, con l'intera tradizione simbolista. Grazie a un paziente lavoro d'archivio svolto presso biblioteche italiane e statunitensi, Giuseppe Gazzola ricostruisce l'affascinante vicenda editoriale di un libro non pubblicato e propone una nuova conclusione relativa alla complicata e contraddittoria relazione tra due giganti della modernità europea. Come gli altri volumi di Marinetti apparsi postumi, ""Firenze biondazzurra sposerebbe futurista morigerato"""" e """"Venezianella"""" e """"Studentaccio"""", la nuova stesura di """"Versi e Prose"""" contiene una preziosa testimonianza sul percorso intellettuale del fondatore del futurismo negli ultimi anni della sua vita, gettando luce su alcuni aspetti sorprendenti nella variegata carriera del maggiore avanguardista italiano e, al contempo, il suo mai sopito interesse verso il più importante e spericolato """"sperimentalista"""" della poesia moderna, Stéphane Mallarmé, la cui influenza sarebbe stata determinante sulla poesia posteriore europea, dai futuristi fino agli ermetici italiani.» (Luigi Fontanella)"" -
La pira e la DC. Una storia di libertà contro le ideologie totalitarie del XX secolo
Questo libro è un'indagine storiografica e una testimonianza documentata delle manipolazioni della storia del XX secolo perpetrate per fini politici e di parte: il racconto della Rivoluzione russa del 1917 da parte dei comunisti italiani; la vicenda di Antonio Gramsci morto isolato e sostanzialmente espulso dal PCI nel 1937; il percorso politico di La Pira che dopo la sua morte avvenuta nel 1977 è diventato avulso dalla militanza nella DC. Chi sono questi manipolatori? E perché lo sono stati? -
Novellus pazzus. Storie di santi medievali tra Mar Caspio e il Mar Mediterraneo (secc. IV-XIV)
Le tracce di una tipologia comportamentale rubricabile con certezza sotto la voce ""follia per Cristo"""" interessarono in prima istanza la pars Orientis del mondo tardo antico e medievale, laddove si verificò addirittura un conio onomaturgo, derivando un termine ad hoc per indicare chi seguiva le orme di Cristo comportandosi da pazzo: salòs (maschile) e salè (femminile). Disponiamo infatti di numerosi resoconti relativi a uomini e donne vissuti - o semplicemente venerati - nei territori bizantini tra il IV e il XII secolo che sono passati alla storia come santi """"folli a causa di Cristo"""" (saloì). Si trattava di asceti dediti alla simulazione della follia per non rischiare la superbia spirituale e, al contempo, per essere liberi di agire in qualsiasi situazione sociale e frequentare anche gli emarginati più sospetti, in primo luogo gli eretici o le prostitute, al fine di ricondurli a Dio."" -
L'educazione è la prima cosa! Saggio sulla comunità educante
"In questo testo Paolo Vittoria rilegge autori e idee pedagogiche del nostro tempo alla luce dell'idea di comunità educante. Su questa base ha stabilito anche un dialogo con i Maestri di Strada che condividono l'idea che l'educazione oggi, venute meno alcune grandi organizzazioni che si occupavano dell'educazione e i contenitori sociali che garantivano una linea educativa, debba necessariamente ripartire dalla ricostituzione di comunità educanti. Ci sono molte formazioni sociali e/o istituzioni che vengono designate come comunità, e ci sono anche molti modi di pensare e realizzare le comunità educanti. Paolo Vittoria in America Latina ha lavorato a stretto contatto con coloro che praticano una pedagogia di comunità collegata a movimenti radicali o di liberazione che sono attivi nelle 'periferie del mondo'. Al suo rientro in Italia porta queste pedagogie nelle periferie delle città e, attraverso il dialogo con i Maestri di Strada, approfondisce come queste possano anche aiutare a educare 'le periferie dell'animo', ossia quelle emarginazioni interiori che producono dispersione scolastica ed emarginazione sociale."""" (Cesare Moreno) Prefazione di William Soares dos Santos. Con un dialogo con Cesare Moreno." -
Studi di letteratura italiana in onore di Gino Tellini
"Allestire una miscellanea di Studi di letteratura italiana in onore di Gino Tellini non è stata impresa facile. E non intendo riferirmi soltanto alla difficoltà di mantenere a lungo clandestina un'iniziativa che avrebbe potuto trovare forte resistenza in un carattere per sua natura alieno da ogni forma di celebrazione, ma intendo riferirmi anche all'impegno altrettanto arduo di coordinare un numero imponente di allievi, amici, colleghi, sparsi in Italia e all'Estero, che hanno aderito con entusiasmo all'invito di festeggiare, insieme a tutta la comunità scientifica (il 9 marzo 2018 si è svolta nel Rertorato dell'Università di Firenze la cerimonia di consegna del titolo di professore emerito), la lunga fedeltà all'insegnamento e alla ricerca del maestro e dell'amico."""" (Dalla Premessa)" -
Il culto di Alexander. Cronache di una nuova Roma
In un futuro lontano i popoli della Terra saranno uniti sotto un'unica bandiera, quella del Nuovo Impero Romano. Guerre, carestie, religioni e povertà saranno solo un ricordo. Ma affinché tutti siano liberi è necessario che qualcuno vigili sul mondo. Così, mentre la Legione è impegnata nella conquista dello spazio, la Guardia Pretoriana stende la sua mano su Nuova Roma e sulle province dell'Impero per difenderla dalla minaccia dei ribelli e di quanti infrangono la legge… perché un cittadino imperiale non deve sbagliare. Mai. L'errore conduce alla morte. Seguire la legge porta alla vita. La vita porta al progresso. Chi sbaglia sarà nullificato. Una storia di fantascienza nella quale si intrecciano i destini di un campione dell'Impero e di una giovane donna che vuole essere padrona del suo destino. Benvenuti a Nuova Roma. -
Il rito inquieto. Storia dello yajña nell'India antica
In questo volume si mette a tema il legame tra il praticante di «yajña» e il patrocinatore, qui inteso come colui che disponeva dei doni e che li metteva a disposizione per espletare il rito onorifico. -
Riverberi. Percorsi inversi (poesie 2015-1960)
"È stato il vizio di comporre versi. Questo volume dei Riverberi contiene in ordine cronologico inverso le poesie che non sono state incluse nelle due precedenti raccolte. Qui, oltre a completare il mio impegno poetico, cerco di descriverne lo sviluppo partendo però dal percorso più recente per arrivare a quello più antico, quello iniziale, intrapreso nel lontano i960. Il titolo Percorsi inversi identifica quindi un viaggio a ritroso disegnato su tre percorsi distinti, spesso intrecciati, conclusosi nel 2015. Il percorso più antico lo definirei """"onirico"""", ma quando ai sogni si affiancano le prime esperienze di vita il mio percorso si è trasformato in """"riflessivo"""". Nel 2004, quando mi sono accostato all'Accademia di Poesia Vittorio Alfieri, ho capito che ancora tanto mi sarebbe mancato per cercare di potere raggiungere la mia propria perfezione. Qui, sotto la guida di Mario Macioce (educatore del Laboratorio di Poesia), ho scoperto la vera architettura della metrica, iniziando a comprendere il sommo valore dell'Arte della Poesia. Qui è iniziato il mio terzo percorso: quello che chiamo """"accademico"""". È stato 11 mio vizio di comporre versi che mi ha accompagnato silenzioso e fedele per cinquantacinque anni, sopportato con entusiasmo e tanta dedizione, un vizio, che come tutti i vizi, si ama e si può anche odiare, e dal quale si può anche guarire: basta soltanto tanta forza di volontà e un poco di rassegnazione."""" (Carlo Cantagalli)" -
«Ancor che tristo ha suoi diletti il vero».. Una lettura di Zibaldone 2999
Carte alla mano, con un gruppo sparuto di testi e un ultimo, tormentatissimo abbozzo abbandonato alle soglie del 1820, è difficile parlare di un Leopardi drammaturgo. Ma se il teatro resta ai margini della sua esperienza letteraria, a differenza della prosa filosofica delle Operette morali e della poesia dei Canti, è anche vero che il lettore dello Zibaldone si imbatte spesso in appunti, postille e digressioni che danno origine alle pagine più importanti del suo pensiero. È il caso di una nota come quella del 21 luglio 1823: un promemoria, pressoché insospettabile, sul teatro del tardo Cinquecento che nasconde in realtà i primi passi di una rivoluzione teorica destinata a cambiare radicalmente la poesia leopardiana. A partire da questo insolito spunto di lettura, che anche a distanza di anni continuerà a guidare i percorsi dello Zibaldone, Martina Romanelli rilegge una fase cruciale della riflessione leopardiana sul senso e sulla legittimità della poesia all'indomani della crisi testimoniata dalle Operette. Sulla scorta di testi e strumenti raramente messi in gioco anche a proposito dell'ultima produzione leopardiana, i termini e i problemi su cui a partire da Zibaldone 2999 si sviluppa la critica al genere teatrale assumono un nuovo significato, fino a rivelarsi un'occasione di fondamentale, e forse irripetibile, riflessione sulla letteratura che trova nella poesia l'ultima forma di riscatto di fronte al dramma dell'esistenza. -
Ammaestramenti dei moderni
Con il corredo di un elegante Almanacco pel 1885 (così nel frontespizio; a testo: Calendario pel 1885), ""Ammaestramenti dei moderni raccolti da un romito di libreria. Amore - Amicizia - Arte"""" di Giovanni Faldella (Saluggia 1846-1928) vide la luce a Torino nell'estremo scorcio del 1884, con la data 1885, presso la casa editrice Roux e Favale, dopo una prima stampa in undici puntate su «Serate Italiane» di Giuseppe Cesare Motineri e sulla «Rivista Minima», diretta da Antonio Ghislanzoni e Salvatore Farina, tra il 23 dicembre 1877 e il 13 ottobre 1878. In """"Ammaestramenti dei moderni"""" il non ancora quarantenne protagonista della Scapigliatura piemontese, che ha già pubblicato notevoli resoconti di viaggio (""""A Vienna. Gita con il lapis"""", 1874; """"Un viaggio a Roma senza vedere il papa"""", 1880; """"Roma borghese. Assaggiature"""", 1882), cronache parlamentari (""""Salita a Montecitorio"""", 5 voll., 1882-1884), bozzetti e racconti (""""Il male dell'arte"""", 1874; """"Figurine"""", 1875; """"Rovine. Degna di morire. La laurea dell'amore"""", 1879; """"Una serenata ai morti"""", 1884), dispone una costellazione di sentenze collegate da una serie di essenziali commenti d'autore, che illuminano le linee del suo pensiero e le più intime ragioni delle sapienti spigolature letterarie compiute tra classici e moderni. L'opera, che riprende e innova il genere degli «ammaestramenti degli antichi», collocandosi in un solco ottocentesco percorso da nuove, più inquiete intenzioni e sollecitazioni pedagogiche e civili, non è soltanto una raccolta di istruttive e talora bizzarre moralità, ma, fondamentalmente, il punto d'approdo di un ininterrotto dialogo dello scrittore con se stesso a specchio delle pagine di «antiche e care conoscenze», rispetto alle quali la voce di Faldella funge da originale, inconfondibile contrappunto."" -
All'ombra dei cipressi
Pienamente cosciente del graduale esaurirsi del tempo a lui rimasto, dopo che la sua carriera didattica si era conclusa nel 1906, il ""verista toscano"""" Mario Pratesi (1842-1921) non si rassegnò comunque né all'età né all'infermità. Era uno scrittore, uno di quelli eccellenti, conosciuto e rispettato, e voleva continuare ad esserlo. Nel suo testamento olografo per la prima e unica volta rivelò la sua sorprendente intenzione di mandare alla stampa un ultimo lavoro intitolato """"All'ombra dei cipressi"""". Il libro non fu mai pubblicato e chi era a conoscenza di questo testo lo considerava smarrito, introvabile fra le carte sparpagliate sulla scrivania dello scrittore scomparso. Il ritrovamento del manoscritto, per caso, fra i documenti pratesiani donati dagli eredi canadesi alle Special Collections di Victoria College (University of Toronto) ci offre l'occasione di una valutazione retrospettiva del volumetto pratesiano alla luce delle considerazioni sullo stile tardo proposte recentemente da critici letterari fra cui Theodor Adorno, Edward Said, Linda e Michael Hutcheon e altri. Questo studio presenta il manoscritto smarrito nella sua interezza, come Pratesi l'avrebbe voluto pubblicare, insieme a una riflessione critica sugli elementi che rivelano nelle ultime pagine pratesiane i capisaldi dello stile tardo."" -
Meditazioni sul Vangelo di Matteo. Capitoli 1-7
«Le meditazioni bibliche di Barsotti recano sempre l'impronta dell'impatto col Mistero di Dio e conducono sempre ""in alto"""" - come la parola """"anagogia"""" suggerisce - perché portano a Dio: l'esegesi di p. Barsotti è sempre un'esegesi spirituale, una parola indirizzata all'anima che cerca Dio. Nelle meditazioni sul Vangelo di Matteo di Barsotti non è possibile non avvertire dunque l'eco della sua predicazione viva e appassionata con cui cerca di trasmettere ai suoi figli spirituali non un insegnamento astratto ma in qualche modo tutto il vissuto della propria esperienza interiore. La legge del N.T. è una legge sui generis! La perfezione della legge che Gesù richiede va ben oltre le esigenze della Legge mosaica. È la legge dei figli di Dio, la legge dell'amore che rompe ogni legge, una legge intesa non come un insieme di norme che devono regolare i rapporti tra gli uomini, ma come una legge che dà all'uomo come ideale la vita stessa di Dio: ut sitis filii Patris vestri». (Dalla prefazione di Martino Massa)"" -
De te dedica narratur
Come un ""Decaptetyl"""", farmaco prescritto per dragare un tessuto neoplastico nel tentativo di deprivarlo dell'aggressività malsana, distruggendo nel farlo anche ogni efficienza delle gonadi all'ancora vitale malcapitato, con questo titolo parafrasato da un emistichio oraziano Carlo Villa analizza con sarcasmo definitorio l'attualità che ci opprime fino alla cronaca più spicciola. Tra i destinatari, tra gli altri Merkel, Macron, Trump, Renzi, Moro, l'iris; ma anche con la Rosselli, la Moreau, Sanremo, Fazio-Vespa, fino alla scomparsa del nostro pianeta e dello stesso autore, avvalendosi di testi godibilissimi, secondo l'assunto di Goethe, per il quale la poesia converte i soggetti che tratta in capziosi anacronismi selettivi. Gli affondi espressivi di Carlo Villa sono carichi di percorsi alla Renard, Daumal, Jarry, fino al Gadda più delirante: scrittori che gli sono stati compagni di penna fin dagli anni Cinquanta del secolo scorso: quelli del suo esordio, avallato da Sinisgalli, Pasolini, Vittorini, Butor e Calvino, che lo volle all'Einaudi per sette titoli, dove nel '64 inaugurò la Bianca di poesia. Il laboratorio di Villa d'una feroce igiene civile, utilizza un linguaggio instancabile nel raccogliere i pezzi dispersi d'un mondo in disfacimento, ritessendolo in cromatici patchwork con una scrittura imprevedibile condotta sempre dal di dentro d'un assunto riordinativo"" -
Il fuoco sotto la cenere. Invito alla lettura di Ilia ed Alberto, vita e destino, corpi e anime, lettere sul dolore
"Un filo corre fra queste pagine: la domanda del senso della vita, la ricerca della felicità e la sfida aspra del dolore - che sia il dolore annichilente sul fronte russo o quello, privato ma cocente, di un marito che perde la moglie amatissima. È questo il nodo cui Enzo Piccinini voleva costantemente ricondurre i suoi ascoltatori: non """"delle"""" domande ma """"la"""" domanda, quella insita nel cuore dell'uomo, spesso censurata o negata, ma sempre infine riemergente sotto alle ceneri di sconfitte e fallimenti. C'è una sfida dunque che percorre questi dialoghi con il pubblico: ricondurre ogni ascoltatore alla """"sua"""" domanda, rimetterlo dentro al cuore della propria umana vicenda"""". (Dalla prefazione di Marina Corradi)" -
Cinquanta. Poesie per strada
Fabrizio de André, in un'intervista televisiva del 1988, commentava a proposito della poesia e dei poeti: «Benedetto Croce diceva che fino all'età di diciotto anni tutti scrivono poesie, dai diciotto anni in poi continuano a scriverle due categorie di persone: i poeti o i cretini...». La sfida di questa raccolta, pubblicata allo scoccare del cinquantesimo anno di età dell'autore, è quindi ardua, nel tentativo di misurarsi con la sentenza ricordata dall'amato cantautore e poeta genovese. L'autore l'accetta, capace ormai di guardare con sufficiente distacco a questi versi, composti in alcuni casi da oltre venticinque anni. Il tema è la vita, con quello che accade, la sua inquietudine, le sue urgenze. Dalla natura all'amore, dalla scrivania coperta di libri ai compagni di scuola, dalle stelle al mare o alle montagne. In mezzo a tutto questo, piano piano si fa spazio qualcosa di nuovo, di inesorabile, di definitivo. Un poeta (o un ""cretino"""") per strada, perché i passaggi di questa vicenda esistenziale sono come le tappe di un cammino. Si rincorrono nei versi la cupezza dell'inizio, la speranza, l'incontro, lo stupore, la delusione, di nuovo la speranza, nella continua ricerca della formula che risolva questa inquietudine che «esiste anche domani all'infinito onda chinata a raccattare i segni angoscia rotta solo da quegli occhi che il tempo sembra facciano fermare».""