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Imperialismo e questione europea
Quali caratteristiche deve possedere oggi un movimento di emancipazione per essere considerato tale? Quale l'antagonista contro cui occorrerebbe concentrare le energie? Che cosa dovremmo intendere per imperialismo? Questa raccolta di scritti di Domenico Losurdo contribuisce a gettare una luce chiarificatrice su alcuni nodi irrisolti del nostro presente: l'eredità della tradizione coloniale e del nazifascismo, la democrazia moderna, l'identità politica dell'Unione europea. Le critiche al ""populismo"""", all'""""economicismo"""", all'""""antimperialismo barocco"""", concettualmente debitrici della lezione di Hegel (di cui l'autore è stato illustre studioso), forniscono gli strumenti analitici con cui affinare la nostra prospettiva della conflittualità, affrancarsi da una raffigurazione meccanicista delle contraddizioni sociali e acquisire, da un punto di vista sia spaziale che temporale, uno sguardo ben più ampio e profondo - ovvero una visione dialettica - sui grandi conflitti che hanno infiammato e seguiteranno ad infiammare i nostri tempi."" -
La comune umanità. Memoria di Hegel, critica del liberalismo e ricostruzione del materialismo storico in Domenico Losurdo
Una critica della storia del movimento liberale che chiama in causa i suoi maggiori teorici ma anche gli sviluppi e le scelte politiche concrete delle società e degli Stati che ad essi si sono ri - chiamati; un grande affresco comparatistico nel quale il confronto secolare tra il liberalismo, la corrente conservatrice e quella rivoluzionaria fa saltare gli steccati della tradizione storiografica e disvela il faticoso processo di costruzione della democrazia moderna; l'abbozzo di una teoria generale del conflitto che emerge dalla comprensione dialettica del rapporto tra istanze universalistiche e particolarismo; un'applicazione del metodo storico-materialistico che costituisce al tempo stesso un suo radicale rinnovamento, a partire dalla riconquista dell'equilibrio marxiano tra riconoscimento e critica della modernità: a un anno dall'improvvisa scomparsa, la prima ricostruzione complessiva del pensiero di Domenico Losurdo, uno dei maggiori autori contem - poranei di orientamento marxista e tra i filosofi italiani più tradotti e conosciuti nel mondo. -
Il pensiero di Leopardi
Per parecchi decenni il pensiero di Leopardi è stato presentato dalla critica nella forma di un razionalismo variamente progressistico. Tra i rarissimi studiosi che respinsero e contrastarono questa deturpante interpretazione ideologica il più radicale e il più esplicito è stato Mario Andrea Rigoni. Nei suoi saggi, composti nell'arco di un quarantennio, Rigoni dimostra che Leopardi accoglie e sviluppa, della cultura illuministica sulla quale si era formato, soltanto la parte negativa e distruttiva, interpretando anche lo sviluppo del sapere come eliminazione di errori anziché come acquisto di verità positive; che la sua convinzione della superiorità morale, politica ed estetica del mondo antico non viene travolta dalla rivelazione del pessimismo greco né dalla coscienza del definitivo tramonto dell'antichità; che il suo implacabile materialismo intrattiene un rapporto paradossale col platonismo e non annulla ma semmai esalta il «misterio eterno/ dell'esser nostro»; che la sua trascurata quanto notevole riflessione antropologica, storica e politica è quella di un Machiavelli e di un Guicciardini dell'Ottocento; che il suo Zibaldone di Pensieri, frutto di una moderna attitudine sperimentale, costituisce una testimonianza saggistico-aforistica paragonabile soltanto alle Pensées di Pascal, al Dictionnaire historique et critique di Bayle, ai frammenti di Nietzsche; infine che Leopardi giunge a un'inconsapevole e sorprendente sintonia, su molte questioni capitali, col Romanticismo tedesco ed europeo, pur non avendo niente in comune con l'idealismo né, in particolare, con l'utopia di una finale conciliazione dialettica del reale. Molte altre novità emergono da questi studi: si pensi alle consonanze con la riflessione di Freud sul tema del rapporto tra il piacere e la morte o alle tante e inaspettate affinità tra i pensieri dello Zibaldone e l'estetica di Croce, che molto curiosamente ne ignorò i risultati. Sottratto alle ipoteche ideologiche, come alle manie accademiche, il pensiero di Leopardi viene in tal modo restituito a quell'""ultrafilosofia"""" che è sua propria e che consente anche a noi di gettare un lucido sguardo sulla fisiologia del mondo e della storia."" -
Le lodi divine. Testo latino a fronte
«Grazie a lui l'impetuosa brama si spense e colui che sempre inganna e seduce i nostri liberi cuori, finalmente vinto, fuggì. Senza dubbio, egli sconfisse gli errori e i peccati, allontanò dal suo animo l'ignobile sacrilegio e, assecondando la volontà di Dio con innumerevoli virtù, sostenne l'onore e le celebri insegne dell'Ordine, riportando nella fede e nella religiosità la schiera vacillante di Cristo e allontanando i demoni malvagi con la spada... Lode al tuo animo, o Francesco: tu, per primo, hai assalito il potente nemico e, vincitore, hai patito le sofferenze di Cristo...». Giovanni Pontano è unanimamente considerato tra i più grandi, se non il più grande, poeti latini del Rinascimento, non solo italiano ma europeo. E tuttavia c'è un'opera del Pontano che non ha ricevuto l'approvazione che avrebbe meritata, il ""De laudibus divinis"""". Solo il grande Zabughin rilevò che, senza quest'opera, «non avremmo, assai probabilmente, né le """"Partenice"""" del Mantovano, né il """"De partu Virginis"""" del Sannazaro». A parere dello studioso russo, «l'inno quinto della raccolta è non solamente il germe del magnifico poema del Sannazaro, ma una delle gemme più fulgide del Rinascimento cristiano», così come l'inno a san Francesco d'Assisi - Pontano era nativo dell'Umbria, è bene ricordare - «può sostenere degnamente il paragone con i più bei ritratti del Poverello, quanti ne pennelleggiò il Rinascimento». Il giudizio estetico di Zabughin può anche non essere pienamente condiviso, ma è indubbio che il """"De laudibus divinis"""" occupa un posto d'onore nella letteratura sacra del nostro Rinascimento, e che i poeti e i letterati del tempo l'abbiano avuto per le mani; forse ha avuto persino l'onore di ispirare alcuni versi ad Alessandro Manzoni, se è vero, come fece notare per primo il Carducci, che alcuni versi degl'Inni sacri trovano delle strane rassomiglianze nel latino del Pontano. Condotta sull'unico esemplare autografo approvato in vita dal Pontano, e accompagnata da un'essenziale commento."" -
L' «inedito scrittarello» dello Zibaldone. Una lettera sconosciuta di Giacomo Zanella a Vittoria Aganoor
Il 14 marzo 1872 Giacomo Zanella inviava alla sua allieva Vittoria Aganoor, allora diciasettenne, una lettera (ad oggi inedita) che accompagnava un dono prezioso perché inedito e sconosciuto: uno scrittarello che riportava una pagina dello Zibaldone di Giacomo Leopardi. Una pagina che si ricollega ad A Silvia, scritta poco prima, nella quale si parla degli effetti che una giovinetta produce in chi incontra quel «fiore purissimo, intatto, freschissimo di gioventù [...] capace di elevarci l'anima, di trasportarci in un altro mondo, di darci un'idea d'angeli, di paradiso, di divinità, di felicità». Qualcuno dunque conobbe il ""diario"""" leopardiano, o parte di esso, prima della sua pubblicazione avvenuta, com'è noto, negli anni 1898-1900. Chi e perché aveva potuto accedere all'immenso privato scartafaccio leopardiano, che seguiva il suo autore, e riprodurne una pagina? Se l'autore della copiatura ora ci è noto (anche se sconosciuto agli studiosi) grazie ad una annotazione in capo al foglio, rimangono misteriosi i motivi che lo spinsero a tale """"violazione"""", anche se abbiamo individuato il periodo in cui ciò avvenne."" -
La filosofia nel XVII e nel XVIII secolo
All'interno della vasta produzione del filosofo tedesco Ernst Cassirer la monografia ""Die Philosophie im XVII. und XVIII. Jahrhundert"""" (1939) occupa di certo una posizione unica. E in effetti, a differenza di quanto il titolo sembrerebbe suggerire, non ci troviamo al cospetto di un articolato affresco storico-teorico, al quale i lettori di Cassirer sono in genere abituati. Il lavoro che qui presentiamo, invece, si caratterizza per essere una rassegna critica della principale produzione saggistica e monografica concernente la filosofia francese ed inglese nel XVII e nel XVIII secolo prodotta tra il 1936 ed il 1938 - anche se Cassirer non manca di menzionare lavori meno recenti. In questa rassegna della principale letteratura filosofico-storiografica sulla filosofia del XVII e XVIII secolo, Cassirer mostra non soltanto il suo mai del tutto assopito interesse per la storia della filosofia moderna, ma anche una non comune capacità nel saper padroneggiare una bibliografia vasta e complessa, tenendo sempre a mente i risultati scientifici dei suoi lavori teorico-storiografici dedicati proprio agli aspetti qui trattati."" -
Domenico Losurdo tra filosofia, storia e politica
Marxista ma anzitutto hegeliano, Domenico Losurdo credeva nella storicità della filosofia e dunque nella sua radicale politicità: se essa è il nostro tempo appreso nel concetto, proprio la politica ne costituisce il primo e più importante banco di prova. Non si tratta di affidare a questa disciplina il compito di una mera descrizione del mondo o addirittura di una sua giustificazione, tanto più che la filosofia conserva sempre una trascendenza che nasce nella sua potenza discorsiva universalistica. Essa è storia ed è dunque politica, piuttosto, nel senso che il giudizio politico è il vero experimentum crucis della ragione. E la capacità di esercitarlo - che comporta la rinuncia ad ogni atteggiamento consolatorio e un'attenzione impietosa alle contraddizioni oggettive e ai salti qualitativi che innervano la trama del reale - può salvare o al limite falsificare intere filosofie, fino a dimostrare a volte la meschinità delle costruzioni teoriche anche più grandiose. Condividendo questa impostazione, amici e colleghi dialogano in questo volume con i testi più importanti di Losurdo o con le tematiche che gli erano care, cercando di tramandare la memoria di un metodo di lavoro che nella sua ispirazione dialettica è stato anche una lezione di vita e di rigore esistenziale. -
Panda in the promised land. Soggettività cinese americana tra multiculturalismo liberale e nuove alleanze
La comunità asiatica americana si interroga ormai da alcuni decenni sull'esistenza e sulla validità politica e concettuale del soggetto Asian America(n), e la valenza strategica di continuare a riconoscersi dal punto di vista etnico e politico in tale soggetto è divenuta ancor più controversa nel contesto del passaggio dal multiculturalismo liberale alla globalizzazione neoliberale. Focalizzandosi sulla rappresentazione letteraria della soggettività asiatica americana e particolarmente cinese americana, questo volume sceglie la scrittrice Gish Jen e lo scrittore Alex Kuo per esplorare, attraverso un'analisi ravvicinata di alcuni loro testi, due aspetti di una ""tradizione"""" letteraria che della questione identitaria ha fatto sia la sua radice, sia la sua vexata quaestio più dibattuta: da un lato, l'eccezionalismo asiatico americano che attraverso la master narrative del capitalismo liberale e pluralista sembrerebbe riaffermare la white supremacy; dall'altro, le scelte etiche che, aprendo la strada a possibilità di lotta interetnica e interclassista, permettono nuove alleanze e allineamenti strategici."" -
L' invenzione della povertà. Dall'economia della salvezza ai diritti sociali
La povertà è stata considerata, durante i Trenta gloriosi, la questione sociale per eccellenza, il problema di cui il potere politico doveva occuparsi prioritariamente. Essa era considerata il problema più serio per l'effettiva tenuta di un sistema democratico, in linea con il secondo comma dell'art. 3 della Costituzione italiana, che attribuisce alla Repubblica il compito di «rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese». Ed oggi? L'età neoliberale conosce un incremento significativo, sul piano globale, ma anche nei diversi contesti nazionali, di povertà e diseguaglianze. La povertà torna ad essere considerata, come è accaduto per gran parte della storia umana, un fenomeno naturale e tendenzialmente immodificabile, rispetto al quale non possono che esistere dei piccoli correttivi. Essa viene intesa come una caratteristica individuale: «un difetto del carattere», come ha sostenuto Margaret Thatcher, ovvero un tratto morale, se non una colpa. -
Un'etnicità complessa. Negoziazioni identitarie nelle opere di John Fante
Questo volume prende in esame lo scrittore californiano di origini italiane John Fante, proponendo nuove letture critiche della sua produzione letteraria attraverso un'estesa analisi dei suoi capolavori più noti come ""The Brotherhood of the Grape"""" e """"Ask the Dust"""", ma anche di opere minori e incompiute come """"The Little Brown Brothers"""", """"My Dog Stupid"""" e """"The Road to Los Angeles"""". Attraverso un approccio intersezionale e l'uso di strumenti della critica postcoloniale, questo studio mette in dialogo i protagonisti italoamericani con gli altri gruppi etnici presenti nei lavori dello scrittore, facendo emergere l'articolazione dell'etnicità con le categorie di razza, classe e genere. Alla centralità della cultura di discendenza, visibile nell'analisi della figura paterna, si affianca così lo studio di personaggi come la chicana Camilla Lopez, i filippini Julio Sal e Cristo Sierra, o il cane giapponese Stupido, che gettano luce su un interesse per le molteplici diversità americane. Ne esce un'immagine di John Fante come scrittore della complessa negoziazione identitaria negli USA, che ne espande l'importanza ben oltre il ruolo di padre della letteratura italoamericana."" -
Filologia e scienza. Una panoramica sui saperi degli antichi
È il mondo della natura, colto nella molteplicità delle sue manifestazioni a costituire il fil rouge dei saggi del presente volume, frutto di un trentennio di attività scientifica e testimonianza di un costante impegno culturale. L'indagine sulle fonti antiche, greche e latine, intende rappresentare un ponte per il presente. Dall'ambiente geografico in cui viviamo, con i suoi fenomeni sismico-vulcanici, alla biologia, vegetale ed animale, dall'ecumene al cosmo astronomico, dall'uomo, con le sue rarità antropologiche, agli dèi beati di Epicuro, dalle esplorazioni geografiche alla moneta romana, mezzo di scambio e di comunicazione, dalle Laudes Campaniae ai materiali ornamentali (tartaruga e corallo), per concludere con l'applicazione didattica di tali conoscenze, nelle loro interferenze papirologiche e archeologiche, i ventidue saggi che qui si raccolgono per un pubblico attento di lettori, già disseminati in riviste specializzate o in sedi di difficile reperibilità, intendono restituire un'immagine per certi versi inedita del mondo antico, sottesa sempre ad una curiositas mobile e varia, di indubbio interesse per l'uomo contemporaneo. -
Ultimatum all'esistenza. Conversazioni e interviste (1949-1994)
«Per me scrivere è un ultimatum all'esistenza», afferma Cioran in una delle preziose interviste raccolte nel presente volume, la maggior parte inedite in italiano. Preziose perché, affrontando questioni inusuali o scarsamente trattate altrove, irradiano altra luce su un pensatore nel quale non c'è differenza tra l'opera e la vita. Egli stesso ha ripetuto più volte di non aver mai inventato nulla, ma di essere stato soltanto il ""segretario"""" delle proprie sensazioni e di aver composto i suoi libri per ragioni """"terapeutiche"""", per sfuggire ad un'insofferenza radicale di sé e del mondo. Dopo aver scritto, lungo una vita, per non gettarsi nelle acque della Senna o cacciarsi una pallottola in testa, due anni prima di morire, Cioran ribadisce: «non si è tristi dopo una confessione di tristezza». E, per un felice paradosso, ogni lettore potrà dire: non si è tristi dopo aver letto Cioran."" -
Bestia divina
"Come in una tela in cui l'occhio non sa dove posarsi, le soluzioni linguistiche di questo libro risultano talvolta contro-intuitive, ma è proprio in virtù di ciò che regalano dei piccoli stordimenti all'intelligenza; più a quella intellettiva, si badi, che non a quella emotiva. [...] I versi di Fresa osano l'aporia, osano avventurarsi oltre le catene della sintassi per approdare a quel che la psicanalisi freudiana chiamava l'ombelico del sogno, nodo inaccessibile all'analisi. [...] Di più, vi è una narrazione poetica che gioca con uno scollamento, quello tra linguaggio parlato e soggetto parlante, che gioca coi concetti di conclusione e di sconclusione, di compiutezza e di incompiutezza, e dunque coi concetti di sapere e non-sapere, di conoscenza e ignoranza: non per nulla, il soggetto del discorso resta il più delle volte ignoto. [...]. La poesia si fa allora estroflessione dell'inconscio, si fa condensazione e spostamento, si fa sogno stesso"""". (Andrea Corona)" -
Giovanni Palatucci. Epifanie poetiche, documenti e testimonianze
«Nelle liriche religiose il linguaggio poetico va ricondotto ad una cifra di sacralità, che orienta la percezione ordinaria del reale in direzione metafisica e spiritualistica. La poesia, nella prospettiva di De Simone Palatucci, è il luogo privilegiato di riflessioni sulle grandi questioni dell'esistenza e tende ad attingere un fine superiore, che è la ricerca di Dio, raggiungibile solo seguendo un arduo e sofferto itinerario». Luigi Torraca «Il Suo discorso poetico è elegante e nobile, sapiente e colmo di speranza e di verità dell'anima e della vita. Amo molto i testi puramente lirici con le armoniose descrizioni, ma molto significativi sono quelli religiosi (Anima mia, bellissimo) e incisivi quelli morali e riflessivi». Giorgio Bàrberi Squarotti «Il sacrificio di Giovanni Palatucci, può ben essere considerato il filo conduttore di tutta la poesia di questo degno nipote, e fedele testimone della sua lezione, anche nelle liriche non dichiaratamente a lui dedicate». Piersandro Vanzan «Attraverso i suoi versi il nipote riesce a continuare l'opera e il destino dello zio martire. E io penso che dalla Gerusalemme Celeste, il Servo di Dio, e Questore giusto Giovanni Palatucci, apprezzerà da pari suo questo omaggio che, da ultimo ne fa memoria. A gloria di Dio e a conforto dell'Umanità tribolata». Lucetta Scaraffia -
Il tramonto dell'antichità e altri scritti
Tra il 1920 e il 1922 Ulrich von Wilamowitz, tra i più grandi filologici classici di tutti i tempi, tenne una serie di conferenze sul tramonto dell'antichità. Il tema era certo molto attuale. Intellettuali e studiosi europei, già prima che iniziasse il primo conflitto mondiale, avevano indagato la fine del mondo antico (Otto Seeck, per esempio, ma anche Eduard Meyer e Eduard Schwartz): nel primo dopoguerra, in seguito all'uscita dell'opera di Spengler, la decadenza dell'antichità era ormai diventata il paradigma della fine della civiltà occidentale. Wilamowitz ne è consapevole, e non manca di alludere, con una certa ironia, al Tramonto dell'Occidente di Spengler. Per il filologo classico, il crollo cominciò con Augusto; e a uccidere l'impero non furono gli assalti esterni, quelli dei barbari, bensì l'esaurimento della vitalità interna, determinato dall'estinzione del tradizionale ceto senatorio, sostituito nella funzione di leadership da esponenti dei ceti bassi che riuscirono ad affermarsi negli apparati della burocrazia militare e amministrativa. È innegabile che il prussiano Wilamowitz sappia cogliere, nella Spätantike, numerose analogie con la temperie presente, come è altrettanto innegabile che, nelle sue analisi e nelle sue analogie, tradisca motivi ideologici di inizio Novecento: in primis il disprezzo per le masse e per la democrazia. Wilamowitz è sfiduciato, pensa che l'Occidente (ovvero la Germania) sia entrato in una fase di decadenza, e che abbia tuttavia possibilità di risollevarsi in un lontano futuro, che a lui non è dato di vedere; a lui non resta che accomiatarsi in pace con Marco Aurelio, sul quale tiene l'ultima conferenza (qui tradotta per la prima volta in italiano) della sua vita. -
L' incertezza democratica. Potere e conflitto in Claude Lefort
La riflessione di Claude Lefort sulla democrazia è una delle più complesse e originali del XX secolo. Tuttavia, la sua presenza nel dibattito contemporaneo è rimasta piuttosto marginale, difficile da collocare nelle maglie (talora fin troppo strette) della filosofia politica. Il libro di Dario Malinconico, oltre ad introdurre il lettore italiano all'opera lefortiana - analizzata nei suoi rimandi alla storia delle idee, all'antropologia sociale, alla teoria politica - prova a definire le caratteristiche dell'incertezza democratica teorizzata da Lefort in oltre sessant'anni di partecipazione attiva alle vicende del Novecento. La democrazia moderna è infatti una dimensione simbolica che svuota il ""luogo del potere"""" da ogni figurazione stabile, mostrandone la natura conflittuale e diventando fucina di nuovi diritti e di nuove soggettività riconosciute. Al tempo stesso, questa provvisorietà di contenuti e di protagonisti rende la democrazia vulnerabile, sottoposta alla minaccia continua dell'ideologia e delle prassi anti-egualitarie. Lefort ci dice perciò che solo recuperando una radicalità costitutiva la democrazia potrà reinventare se stessa e porsi all'altezza delle sfide del nuovo secolo."" -
Scritti per «Criterio»
Il libro raccoglie gli articoli pubblicati da Raffaello Franchini sulla rivista «Criterio», da lui diretta tra il 1983 e il 1990. Sotto la sua direzione la testata fondata da Carlo Ludovico Ragghianti nel 1957 si tramuta da ""mensile di cultura, politica e società"""" in una rivista di filosofia. I diversi contributi, editoriali, recensioni, relazioni a congressi, sono spesso legati a dibattiti in corso - risuona in queste pagine la polemica di Franchini contro il """"pensiero debole"""" e le """"filosofie di successo"""" - ma non mancano interventi più speculativi, spesso scritti paralleli a volumi già editi o altri in gestazione. Il lettore avrà modo di penetrare nel laboratorio teoretico dell'ultimo Franchini, dove, ad esempio, è ripresa e ulteriormente approfondita l'idea di progresso, articolata nel contesto di una """"teoria della previsione"""" per meglio esaminare le istanze prospettiche della conoscenza in quanto giudizio storico. Anche gli """"Scritti per «Criterio»"""" collaborano a comporre, assieme ad altri più noti titoli dell'autore, quel mosaico di esercizi di teoresi che per Franchini è stata l'idea di logica filosofica, chiamata a dar prova di sé sugli incerti territori della storia."" -
La forma giuridica. Concetto e contesti. Tre studi di filosofia del diritto
Tre studi, tra loro tematicamente collegati, inquadrano il problema filosofico della forma giuridica da angolazioni diverse. Nella prima parte, mettendo in luce in termini generali le implicazioni del rapporto tra il concetto di forma e il concetto di decisione; nella seconda, analizzando la pluralità dei significati che il concetto di forma giuridica assume all'interno di una teoria della costituzione; nella terza, ponendo l'idea di forma elaborata dalla dottrina giuridica in relazione con l'analisi del processo economico nel contesto storico della grande crisi europea dei primi anni '30. Ne deriva la messa a punto, sotto il profilo specifico della filosofia del diritto, di un tema che trae origine da un concetto classico della storia della metafisica: una messa a punto che si rivela tanto più opportuna in un'epoca come quella contemporanea, in cui la tensione all'informale, che costituisce uno dei tratti ricorrenti nella cultura del Novecento (dalle arti visive alla musica, dalla letteratura alla giurisprudenza), sta lentamente mutandosi in una deriva inarrestabile verso l'informe, producendo tanto nella prassi sociale quanto nella riflessione teorica gravi ed evidenti effetti di disorientamento. -
Non «servono» i greci e i romani
Scritto con la passione di chi li ha insegnati per quarant'anni e con l'amarezza di chi ha concluso che il latino e il greco non servono, che, al pari della musica, sono un lusso che non possiamo più permetterci, un vecchio professore avanza la modesta proposta di continuare ad insegnare le materie classiche solo in traduzione, affidando l'insegnamento delle cosiddette lingue morte all'università e alla diligenza di chi vorrà studiare e leggere i classici nella loro lingua. Il saggio è arricchito da puntuali e precise considerazioni su Pirandello lettore sui generis del teatro greco, sulla ""genialità"""" vera o presunta della lingua greca, e da esperienze ed esperimenti didattici che possono giovare, in ogni caso, all'insegnamento del latino e del greco anche a chi non condivide la tesi centrale."" -
Adolescenza. Testo latino a fronte
La raccolta di egloghe ""Adolescentia"""" è l'opera di poesia umanistica più letta in Europa tra il 1498, anno della sua prima edizione (a Mantova), e il 1600. Il suo autore, Battista Spagnoli (1447-1516), conosciuto da tutti come """"il Mantovano"""", carmelitano riformatore, predicatore, teologo, poeta, fu un autore assai prolifico, che si cimentò in quasi ogni genere classico. Ma la fama gli derivò soprattutto grazie a questa operetta che compose in gioventù, e che ritrovò casualmente a Bologna quando aveva ormai cinquant'anni: fatta oggetto di commento scolastico sin dal 1502, venne proposta sui banchi di scuola, in Francia e Germania, come classico moderno a molte generazioni di studenti. Lo stesso non accadde in Italia: nemo propheta in patria. La prima edizione moderna dell'opera risale a più di cento anni fa, e fu fatta in America, e all'America dobbiamo la prima traduzione in lingua moderna. Ad oggi, la presente è la prima traduzione in italiano delle dieci egloghe, che, per la vivida descrizione della vita dei contadini della pianura Padana, hanno un sapore, secondo l'autorevole giudizio di Carlo Dionisotti, prefolenghiano. Il testo critico di Andrea Severi è arricchito da un prezioso commento, che censisce le reminiscenze poetiche (classiche e italiane) dell'opera di colui che Erasmo amava chiamare «Christianus Maro», il Virgilio cristiano.""