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Il dialogo di Caronte. Testo latino a fronte
Nell'atmosfera suggestiva dell'Ade, dove vanno a finire le miserie umane, l'intramontabile personaggio del nocchiero infernale irride alle ifalse aspettative degli uomini, alle stupidaggini dei grammatici e dei falsi filosofi, e smaschera la corruzione e l'ipocrisia dei religiosi, esibendo il buon senso popolare e, nello stesso tempo, una vera sapienza. In questo apologo surreale, che emula il movimento scenico, Pontano si rivela incline alla del deformazione satirica e al divertimento degli eccessi ridanciani e burleschi. -
Viaggio nella letteratura italiana del Novecento
Tra il 1972 e il 1981 il noto critico e scrittore Sergio Antonielli tenne, per le trasmissioni della Radio Televisione della Svizzera Italiana, alcuni cicli di lezioni che formano una vera storia, per brevi monografie, della letteratura italiana del Novecento. Trascritte nel 1987 da Edoardo Esposito, allievo di Antonielli, esse sono raccolte nel presente volume: un viaggio letterario singolare e affascinante, condotto sotto una guida capace di unire esemplarmente rigore e affabilità, perizia ed eleganza. Scrive Geno Pampaloni nella Presentazione: «L'intento didattico, o divulgativo, o colloquiale, mortifica la scrittura che, anche nel critico, è sempre, in qualche misura, creativa? A conti fatti, si deve concludere per il no. Ogni genere di comunicazione può avere una sua specifica eleganza espressiva; e questo libro di Sergio Antonielli ne è prova eloquente, addirittura esemplare». -
«The whole man». Ritratto di Lichtenberg attraverso il suo incontro con Volta
Nietzsche diceva che gli ""Aforismi"""" di Lichtenberg sono tra i migliori cinque libri della letteratura tedesca. Tuttavia è improbabile che essi siano noti sul suolo tedesco, e ancora più improbabile che lo siano in Italia, paese che Lichtenberg tanto amava e che aveva gran desiderio di visitare. Eppure in Italia, e in anni ormai lontani, Cesare Cases, considerandolo attraverso i rapporti con Alessandro Volta, scrisse su Lichtenberg un saggio penetrante e ammirato, a tutt'oggi tra i migliori che siano stati scritti su questo grande della cultura europea, la cui schiera di ammiratori va da Goethe a Kant, da Herchel a Volta, da Schopenhauer a Nietzsche, da Wittgenstein a Isaiah Berlin e Elias Canetti. Come fa notare Giulia Cantarutti, Cases, di molti anni in anticipo su certa critica che in maniera insostenibile vorrà vederlo come un romantico in pieno settecento, dimostra che Lichtenberg è un vero figlio del suo secolo, un degno rappresentante dell'illuminismo, amante della ragione piuttosto che dei dolori e furori romantici alla Werther."" -
Sulla fisiognomica. Testo tedesco a fronte
Ricordato esclusivamente come arguto aforista, quasi nessuno sa che Georg Christoph Lichtenberg (1742-1799) seppe sfruttare le risorse della ""hilaritas"""" e della """"brevitas"""" anche in saggi tanto smaglianti quanto sconosciuti. Uno di questi è lo scritto """"Sulla fisiognomica"""", un attacco brillante e serrato alla pretesa del teologo svizzero Johann Caspar Lavater di sapere leggere sul volto """"i segni e le tracce dei nostri pensieri, delle nostre inclinazioni e capacità"""". L'edizione del testo qui proposto, e tradotto per la prima volta in italiano, è la prima, preferita dall'autore stesso alla seconda."" -
Apparizioni spiritiche e fantasmi letterari. Il «Modern spiritualism» e lo sviluppo della «ghost story»
L'epoca di massima fioritura della ghost story, tra la seconda metà dell'Ottocento e i primi anni del Novecento, coincise con la rapida ascesa e il travolgente successo di un fenomeno culturale, il Modern Spiritualism, che si sviluppò in principio intorno a medium e sedute spiritiche, ma giunse poi a coinvolgere scienziati, filosofi e capi di stato. Negli anni in cui la ricerca scientifica si occupava seriamente di apparizioni spettrali e messaggi dall'aldilà, in che modo il lettore medio si accostava alla lettura dei racconti di fantasmi? E qual era il confine tra un ""autentico"""" resoconto di apparizioni e un racconto di fantasmi """"verosimile""""? Attraverso la lettura di testi di alcuni fra i maggiori autori di ghost stories, come Théophile Gautier, Iginio Ugo Tarchetti e Henry James, il presente volume analizza le influenze reciproche tra i racconti di fantasmi del turn of the century e i coevi resoconti di apparizioni spiritiche."" -
A guide of Pompeii for curious children
Età di lettura: da 6 anni. -
Filosofia e religione. Attraversando Fichte
Nell'orizzonte, assai ricco di grandi personalità, della filosofia classica tedesca, il rapporto fra la filosofia e la religione riceve varie letture e diverse tematizzazioni, di alta potenza speculativa e ancora oggi per nulla superate. In questo contesto mobile e variegato la filosofia di Johann Gottlieb Fichte (1762-1814) si presenta come una comprensione della religione, o forse più propriamente del 'religioso', condotta dal profilo di un pensiero trascendentale, ossia realizzata in maniera da tener fermo il punto di vista dello spirito finito. Anzitutto la religione è un modo di atteggiarsi della ragione, non del sentimento o dell'intuizione; inoltre però la religione non viene pensata come superata nella filosofia, ma filosofia e religione sono comprese e correlate come due distinti approcci all'originario, abitate da quel ""desiderio dell'eterno"""" che costituisce la struttura fondante dello spirito finito; infine questa struttura dello spirito finito è da se stessa aperta all'accadere 'concretamente concreto' della libertà divina e umana, ossia alla possibilità di una 'storica', e nella sua storicità indeducibile, rivelazione."" -
Che cosa sono le scienze umane e a quale scopo si studiano
"La tensione tra l'enorme crescita del sapere delle scienze umane dal XIX secolo ad oggi e la difficoltà di fondare questo nuovo tipo di scienze pesa ancora e sempre su di noi a partire dalla sfida di Descartes"""". Questo passo del saggio di Vittorio Hösle che qui si presenta ne riassume in qualche modo il senso e indica nel contempo una direzione di ricerca. Da un lato Hösle sottolinea il grande contributo che le scienze umane hanno dato e continuano a dare alla comprensione del comportamento umano e delle diverse culture, dall'altro evidenzia il limite ad esse connaturato ossia la loro incapacità di fornire risposte a questioni di natura normativa come sono le questioni etiche." -
Le filosofie del diritto. Diritto, proprietà, questione sociale
Più libero dal controllo della censura, Hegel - professore a Heidelberg e poi a Berlino nel secondo quindicennio dell'Ottocento - può esprimersi nelle aule dell'università con maggior spregiudicatezza di quanto non possa attraverso le pagine dei suoi libri. Scorrendo le lezioni sulla filosofia del diritto - alla cui diffusione, in Germania e all'estero, il filosofo sovrintendeva con attenzione - è dato assistere al dipanarsi di una riflessione politica sempre strettamente legata allo sviluppo storico del tempo. La denuncia delle persistenti forme di schiavitù, la polemica contro una concezione unilaterale della libertà a esclusivo vantaggio dei ceti economicamente privilegiati, l'esame lucido della povertà e delle sue cause sociali, la difesa delle ragioni dell'individuo contro l'accidentalità che ne pone a repentaglio la dignità e la vita, l'affermazione della rilevanza pubblica dell'educazione scolastica e della tutela della salute e, ancora, la discussione sui temi della rappresentanza politica, della divisione della società in classi e delle prime forme dell'organizzazione sindacale sono soltanto alcuni tra gli argomenti affrontati da pagine che un'ampia scelta antologica, ordinata tematicamente, pone ora a disposizione del pubblico italiano. Ne emerge una figura sorprendente per la modernità delle posizioni assunte e per la sensibilità con cui le questioni del tempo sono vissute e indagate filosoficamente: finché, dinanzi agli effetti devastanti della crisi economica degli anni Venti, giunge a vacillare, nell'ultimo scorcio della sua vita, la stessa fiducia di Hegel nella capacità dello Stato, quale si era fino ad allora configurato, di conciliare le gravi contraddizioni che attraversano la convivenza sociale degli uomini. -
La valle dell'amore. Amara ricordare rispettare
Dopo un tragico episodio, Giuda Matteo si trasferisce dal Portogallo a Roma, per consolidare la sua formazione, frequentare una Scuola di musica e 'fare armonia' tra la sua arte e altre arti. Creatività generata da emozioni e desiderio di apprendere. Nell'andare a Scuola, sulla metro, per esercitarsi, decide di mettersi alla prova. Un giorno, mentre canta, viene colpito da una ragazza e dal suo sguardo, che esprime tanta dolcezza. Le si avvicina e la invita a scendere insieme. Lei si chiama Monique, è regista di documentari e viene dalla Valle Caudina. Per un po' si frequentano a Roma, poi Matteo accetta l'invito di andare con lei a vedere la sua Valle. Attraversandola, gli sembra ricca di armonia, lo coinvolge, gli ispira nuove canzoni. Attratto dal paesaggio, canta spesso dal terrazzo di casa, mentre osserva castelli, monasteri e sentieri. Visitano santuari, che lei vuole contribuire a recuperare e valorizzare, con un videodocumentario, osannando queste presenze nella Valle, a partire dalle Forche Caudine. Per rendere attuale il loro richiamo storico, propone una figura metaforica del cammino, simbolo dell'amore per il Creato, del piacere di trovarsi in quanto realizzato dal Grande Architetto dell'Universo. Poi Matteo porta Monique in Portogallo, prima a Porto - la sua 'città del cuore' - e poi nella valle del Douro - dove conserva le sue radici. In una gita a Fatima collegano fantasiosamente il Santuario del Taburno a quello della Madonna di Fatima, da cui lui propone di prendere esempio, per ampliare lo spazio antistante, inserire strutture e sentieri. Poi ritornano alla Valle Caudina e Matteo suona ancora di più, connette arte e vita, con lei nella Valle e con la musica in uno spettacolo in mongolfiera, con una suggestiva atmosfera, osservando la Valle dall'alto, seguendo sentieri e bellezze nel Creato -
Epifanie. Canti della terra e dell'anima
"Antonio De Simone Palatucci può essere ben definito """"poeta doctus"""", avvivato com'è da un'elegante ed interiorizzata """"belesenheit"""". Egli intercetta e rimodula, con doviziosa e feconda immaginazione, linguaggi e motivi poetici di varie età letterarie, dal teatro tragico attico alla poesia latina medioevale, dalla lirica rinascimentale e moderna alla poesia contemporanea. In tal modo, felicemente approda ad esiti intriganti, rinnovellando fermenti e """"leitmotive"""" della cultura alta italiana ed europea"""". (Luigi Torraca)" -
La signora di Monza e altre storie patrie. Ediz. italiana e latina
Senza Walter Scott, probabilmente Alessandro Manzoni non avrebbe mai pensato di scrivere un romanzo storico. E senza gli storici lombardi del secolo XVII, non avrebbe mai ambientato la sua storia nella Milano sotto la dominazione spagnola. Sappiamo che nel 1821 Manzoni, ritiratosi a Brusuglio per consolarsi del fallimento dei moti, portò con sé un trattato di economia di Melchiorre Gioia e le Historiae patriae di Giuseppe Ripamonti. La grida del Seicento, in cui si parla delle violenze commesse per impedire delle nozze, che lesse nel Gioia gli diede l'idea del matrimonio contrastato; nel bel latino del Ripamonti trovò invece, per così dire, il sugo della sua storia: la Signora di Monza, le vicende di Francesco Bernardino Visconti detto l'Innominato, la peste, le gesta del Cardinale Borromeo. Nel Ripamonti può avervi trovato anche il rapimento di una promessa sposa. A proposito di quel ribaldo che «con l'enormità dei suoi crimini mostrava di disprezzare i tribunali, i giudici, i pubblici poteri e le autorità» il Ripamonti riferisce del rapimento della fidanzata di un principe straniero mentre veniva condotta a nozze. Nel romanzo manzoniano, come si sa, il rapimento, eseguito per conto di un altro, è il pretesto per il ravvedimento del personaggio stesso. Agli inizi dell'Ottocento, le storie milanesi del Ripamonti erano, come dice lo stesso Manzoni, «quasi interamente dimenticate». Nel 1841, un anno dopo l'edizione definitiva dei Promessi Sposi, Francesco Cusani traduce l'altra importante opera del Ripamonti, La peste di Milano del 1630, che per Manzoni fu la fonte principale sulla peste. Nel 1855, il conte Tullio Dandolo, in La Signora di Monza e le streghe del Tirolo riproduce - con traduzione a fronte - il capitolo delle Historiae patriae riguandante Virginia de Leyva. E l'anno seguente, senza testo a fronte, offre una scelta di brani, non tutti d'interesse manzoniano, tratta dalla stessa opera ripamontiana. Sulle orme del Dandolo, vengono riproposti, in traduzione e con testo latino, i capitoli delle Historiae patriae che sono stati l'ispirazione del romanzo forse più bello della nostra storia letteraria. -
Cicerone
Apparso dopo gli orrori della prima guerra mondiale, e ripubblicato in edizione ampliata dopo gli orrori della seconda, il Cicerone di Francesco Arnaldi (1897-1980) resta tra i memorabili contributi che la filologia italiana ha saputo dare agli studi classici. Scritto con una prosa impressionista, e con il piglio e la passione di un innamorato, prima ancora che di uno studioso, della cultura classica, il libro «vuole essere», come avverte l'autore, «un'interpretazione, più che un'apologia», della vita e dell'opera di Cicerone. L'Arpinate, dal Drumann al Mommsen e al nostro Ciaceri, aveva subito svalutazioni e rivalutazioni eccessive, in un caso e nell'altro. Nel 1947, l'anno che precede la seconda edizione del Cicerone di Arnaldi, in Francia, il Carcopino dà alle stampe un saggio che finisce ancora una volta col «disonorar Cicerone, e quanti, in un modo o nell'altro, si potevano attraverso le sue lettere mettere in cattiva luce». La tesi di Arnaldi è che la vita e l'opera di Cicerone meritano di essere studiate, «dentro e fuori della scuola», perché «tendono alla formazione di una classe dirigente, che sappia trarre dall'humanitas del suo spirito e della sua cultura la forza e la luce necessarie». Arnaldi, attraverso il fondatore dell'humanitas-cultura, non fa che ribadire la sua convinzione più profonda di uomo, di studioso e di Maestro, quella dell'utilità e dell'insostituibilità della formazione umanistica per ogni classe dirigente. -
Tra parola e silenzio. Landolfi, Perec, Beckett
È possibile che un'opera d'arte, sia essa un romanzo, un racconto o una pièce teatrale, parli al lettore attraverso il silenzio? Questo saggio si concentra su questo paradosso, indagando il confine tra la parola e il silenzio nelle opere di tre autori del novecento: Tommaso Landolfi, Samuel Beckett e Georges Perec. Ciò che qui si tenterà di illustrare, attraverso la mediazione teorica della linguistica saussuriana, la teoria del linguaggio di Jacques Lacan e la filosofia del linguaggio di Wittgenstein, è come in questi autori tale confine sia labile e spesso indistinguibile, arrivando a dimostrare come siano, in alcune opere, proprio i silenzi e i vuoti a essere luoghi privilegiati di interpretazione. In questo modo la funzione del lettore sarà quella di riempire i blanks, gli spazi bianchi di cui parla Wolfgang Iser, alla ricerca dell'interpretazione perché, come suggerisce Roland Barthes, «tutta la moneta logica è negli interstizi». -
Le lettere di Giovanni il cinese. Conversazioni con l'Ebreo errante
Indignato per la condotta delle potenze occidentali durante la rivolta dei Boxer in Cina, lo scrittore inglese Goldsworthy Lowes Dickinson (1862-1932) trasforma Giovanni da leggendaria caricatura dell'immigrato cinese in simbolo della saggezza e razionalità della sua nazione e gli affida una spietata requisitoria contro l'imperialismo, il nazionalismo, l'irrazionalismo e l'ipocrisia della civiltà europea dell'inizio del XX secolo. ""Nell'Ebreo errante"""", un'opera incompiuta scritta all'inizio degli anni Venti, l'autore, invece, immagina che un diplomatico inglese, che sta lavorando alla conferenza di pace di Parigi nel 1919, incontri nei giardini del Lussemburgo un misterioso e saggio pazzoide che crede di essere l'Ebreo errante. In un dialogo col narratore, con Lloyd George e Clemenceau il protagonista con vana e commovente razionalità denuncia le politiche e le idee che hanno condotto le potenze europee nel baratro della prima guerra mondiale e profetizza la seconda."" -
Dante ghibellino
I due saggi che compongono il volume sono tra loro legati dal comune impegno a riconsiderare la scelta politica di Dante in favore dell'impero. Il primo, Dante ghibellino, muove dal fatto che nel Dante degli anni fiorentini precedenti l'esilio manca, in maniera abbastanza sorprendente alla luce dell'opinione vulgata, ogni dichiarazione o prova di un'esplicita fede guelfa e di un'adesione all'ideologia 'comunale' che aveva in Brunetto Latini il suo principale esponente. Così, l'altrettanto sorprendente e combattivo entusiasmo nei confronti di Federico II e di Manfredi nel De vulgari eloquentia, negli anni immediatamente successivi all'esilio, non può essere messo in diretta contraddizione con una precedente stagione di segno opposto, ma appare semmai come l'erompere improvviso ma coerente di una scelta di fondo che avrà sviluppi ulteriori, sino alla sua definizione ultima nella Monarchia. Il secondo saggio, nato come 'lettura' del canto sesto del Paradiso dedicato alla figura di Giustiniano e alla centralità di una nozione dell'Impero quale 'universo giuridico', si sofferma su due nodi particolari ai quali Dante ha dedicato ampie riflessioni: il rapporto tra l'Impero e la Chiesa, e quello tra il diritto e la guerra, che nella storia del mondo solo il 'volo dell'aquila', cioè la storia di Roma prima repubblicana e poi imperiale, è riuscito a stringere positivamente in un sol nodo. -
La religione dopo la critica alla religione. Un dibattito filosofico
La critica alla religione, espressa dai cosiddetti ""maestri del sospetto"""" (Marx, Nietzsche, Freud), ha contribuito - come una sorta di """"processo culturale sommerso"""" - a forgiare, in diversi (e spesso non approfonditi) modi, le contemporanee identità """"secolari"""". Tuttavia, le questioni filosofiche riguardanti la religione non sono, sulla scia di queste analisi critiche del XIX e XX secolo, del tutto scomparse. Tutto ciò è dimostrato dalle differenti e originali tematizzazioni riguardanti il """"religioso"""" nel dibattito filosofico contemporaneo. Si pensi ad esempio a: Derrida e Agamben, oppure Habermas e Taylor, e ancora Rorty, Putnam e Cornel West. In tali diverse esplorazioni su nuovi possibili spazi della religione, una rilettura (sia critica sia positiva) anche di figure centrali come Kant e Hegel ha contribuito a portare a maggiore consapevolezza la questione sulla rilevanza della religione nella visione """"secolare"""" odierna. Domanda che deve continuare a restare aperta alla riflessione filosofica piuttosto che essere proclamata obsoleta."" -
L'Agamennone. Monodramma lirico
A 230 anni dalla prima stampa (1787) si presenta l'edizione critica dell'”Agamennone. Monodramma lirico” di Francesco Mario Pagano, avvocato, docente universitario, saggista, poeta e drammaturgo, autore dei fondamentali “Saggi politici”, che conclude la vita tra i martiri del 1799. Il teatro di Pagano di forte impronta classicistica costituisce uno stampo evocativo per la rappresentazione e l'analisi delle tematiche storiche e civili che diffondono anche nelle opere poetiche gli interessi giuridici dell'autore. Tra queste opere l’”Agamennone” occupa per la natura sperimentale della forma del dramma, per il grado di intensità delle passioni e i riferimenti politici una indiscussa centralità. La trama riprende la scrittura poetica dell'”Ifigenia in Aulide” di Euripide, uno dei più indicativi testi politico-retorici ateniesi. Il carme politico recitato da Ifigenia rappresenta il modello ideale del cittadino dell'impero oligarchico ateniese, quel modello che aveva consentito l'affermazione della supremazia dell'Eliade nel Mediterraneo orientale; un modello che, attraverso le traduzioni e i commenti, non resta senza effetti sullo svolgimento del pensiero filosofico del XVIII secolo, a partire proprio da Pagano, sul cui animo il mito di Ifigenia produsse una durevole profonda impressione. In appendice è proposta la copia anastatica dell'unica ristampa dell'”Agamennone” curata da Vittorio Imbriani nel 1885, un'edizione ragguardevole per ragioni di storiografia filologica e critica. Una curatela dotta, corredata di fitte note storico-critiche, nella quale severo ed esigente Imbriani esprime sull'”Agamennone” paganiano un elogio indiscusso. -
Anima e corpo dei luoghi. Incontri con James Hillman
Dopo ""L'anima dei luoghi"""", c'è stato """"II corpo nello spazio"""". L'obiettivo degli incontri con James Hillman è contribuire alla consistenza arcaica dell'architettura, far nascere il nuovo dai fondamenti, dare un contributo alla vita e al creato, valorizzare l'ereditato, far riemergere l'identità dei luoghi, rispettando le loro peculiarità. Un linguaggio capace di esprimere l'anima col 'corpo', avere nel costruito presenze con significati, capaci di coinvolgere e portare richiamo, piacere di vedere e di abitare. Le forme si collocano nello spazio, formano i luoghi, caratterizzano l'ambiente. Bisogna, quindi, bloccare l'omologazione, intervenire con sensibilità per le caratteristiche ambientali e gli archetipi del costruito. Lo stile veramente internazionale non può essere omologante, trasmette le particolarità del luogo, caratteristiche universalmente riconosciute e apprezzate, con significati e valori incorporati. Rispettare l'identità del luogo corrisponde alla genesi del costruito, per essere correttamente integrato nel paesaggio - naturale e urbano. Le presenze originate da quanto offerto dalla storia con la bellezza riscontrata, che forma il bello e continua a portare il bene, fanno dell'attuale il prosieguo dell'ereditato. Operare senza prescindere dal saper vedere, condizione propedeutica del saper fare, predisporre l'abaco ambientale, per l'analisi su cui radicare il nuovo. Rendere i 'corpi' appropriati, con un'armonia tra gli arti che li compongono e tutto ciò che li circonda. I caratteri identitari sono fondati sugli archetipi, da riprendere, interpretare e non rinnegare. Conservare e attualizzare mitici valori da ritrovare nelle forme. Mettere in evidenza tutto ciò che il 'corpo' richiede nell'ambito dell'architettura, consolidando il fondamento dell'ideazione, assumendo modelli esemplari, collegando sensibilità e competenza, in modo da realizzare la bellezza. """"L'arte del costruire"""" richiede sensibilità per significati e valori, corrispondenti a esigenze sociali, contribuire al bene. II corpo, con 'immagini costruite', contiene ed esprime valori, 'tocca' il cuore, emana anima. Il costruire con archetipi coinvolge, ha un richiamo, valori saggiamente interpretati e tecnicamente attualizzati rendono permanente il bene della bellezza."" -
Lettera a Fichte (1799, 1816). Ediz. italiana e tedesca
La ""Lettera a Fichte"""" di Jacobi è qui offerta nel testo tedesco e in traduzione italiana secondo la prima edizione (1799), con l'aggiunta delle correzioni introdotte dall'autore nella seconda edizione (1816). A complemento, è aggiunta un'appendice contenente alcuni scritti di Jacobi e di Fichte utili per l'interpretazione. Tra questi si segnala la Lettera aggiunta """"a Erhard O"""", dal romanzo epistolare """"Allwill"""", poiché Jacobi l'ha indicata quale chiave di lettura della sua missiva a Fichte. La pubblicazione è introdotta da un saggio di Marco Ivaldo ed è accompagnata da un commento del curatore. L'intento principale di questa traduzione è di mettere a disposizione del lettore italiano la versione completa del testo indirizzato da Jacobi a Fichte, che per quest'ultimo è stato oggetto di riflessione durante tutta la sua opera successiva. Tale proposta è consentanea ad una percezione emergente nella letteratura circa l'originalità della prospettiva filosofica di Jacobi e, in particolare, sull'importanza della Lettera a Fichte nell'ambito della filosofia classica tedesca.""