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Piano di Sorrento. Una storia di terra e di mare. Atti del 1°, 2°, 3° ciclo di conferenze (2010-2011) sulla storia del territorio...
Il volume raccoglie gli Atti di tre dei quattro cicli di conferenze ""Piano di Sorrento. Una storia di terra e di mare"""", organizzati dalla Città di Piano di Sorrento in collaborazione con la rivista """"Oebalus. Studi sulla Campania nell'Antichità"""" e tenutisi a Piano di Sorrento tra l'autunno del 2010 e quello del 2011. L'iniziativa, nata dalla consapevolezza che la tutela di un territorio e la sua piena valorizzazione non possano prescindere dalla conoscenza storica e dal coinvolgimento, attraverso rigorosa divulgazione scientifica, dei cittadini del territorio stesso, ha visto la partecipazione di studiosi, tra i più qualificati nel loro campo, che hanno esaminato la """"storia"""" di Piano di Sorrento e della Penisola Sorrentina da diverse prospettive scientifiche, offrendo un contributo di grande importanza per la ricerca storica futura."" -
Tiranni, legislatori e giudici nella Grecia arcaica
Il volume rappresenta la naturale continuazione de ""La tirannide in Grecia antica"""". Esso dà maggiore spazio alle tradizioni sulle vicende dei tiranni e delle loro famiglie, in particolare dei Cipselidi di Corinto, in relazione all'ambiente sociale che li esprime e da cui sono condizionati. Una delle incognite che maggiormente pesano sulla ricostruzione della storia greca arcaica è quella della cronologia, che viene qui affrontata riaprendo i termini del dibattito a suo tempo impostato da Karl Julius Beloch, il fondatore della scuola romana di storia antica. Il corto circuito da lui introdotto fra la cronologia del VII e quella del VI secolo a.C., l'accostamento fra la figura di Periandro e quella di Pisistrato dovuto ad una falsa interpretazione di Erodoto, viene qui smantellato. Al re di Lidia Creso viene riservata nella trattazione una considerazione speciale, non solo per giustificare le aporie cronologiche che si manifestano nell'incontro con personaggi di varie generazioni della Grecia arcaica, ma anche per evidenziare l'affinità fra la rappresentazione del re lidio 'ricco d'oro' e quella del tiranno. Infine nella presentazione della tirannide degli Ortagoridi di Sicione si evidenzia un conflitto di carattere culturale fra il tiranno e l'aristocrazia dorica che investe più aspetti della incipiente produzione poetica, dall'epica, alla lirica, alla tragedia."" -
Pitagora filosofo e maestro di verità
In accordo con la tradizione più antica ed autorevole, di cui si definiscono limiti e caratteristiche, la figura di Pitagora viene considerata nella duplice veste di maestro di verità e filosofo e studiata nel contesto dei vari ambienti in cui Pitagora e il Pitagorismo di V e IV secolo si è sviluppato ed ha avuto un suo ruolo: Samo, luogo di nascita del filosofo e ambiente della sua formazione; Crotone, prima sede del movimento da lui creato, teatro della sua affermazione ma anche della grande crisi sopravvenuta negli anni centrali del V secolo; Metaponto, seconda tappa dell'esperienza di Pitagora in Magna Grecia e caratteri assunti dal locale Pitagorismo e in riferimento alla gestione della vittoria su Sibari e alla guerra civile suscitata dai Pitagorici crotoniati; sviluppo del Pitagorismo tarantino e forme assunte dalle sue rinnovate prospettive politiche. Si prende in considerazione quindi il ruolo complessivo del Pitagorismo in Magna Grecia a partire dalla duplice esperienza crotoniate prima e tarantina dopo e si conclude con l'analisi dei risvolti italici prima e romani dopo assunti dal Pitagorismo. -
Le anfore di Apani (Brindisi)
Il libro raccoglie in maniera complessiva i dati scaturiti dallo studio delle anfore commerciali di tipo vinario ed oleario, prodotte in età tardorepubblicana nell'insediamento artigianale di Apani, il più antico dei contesti produttivi nell'agro brindisino, segnalato sul finire dell'ottocento dall'arcidiacono Giovanni Tarantini e scoperto, nella metà degli anni sessanta del secolo scorso, da Benita Sciarra. Il lavoro sistematico ed analitico svolto su un campione ampio ed omogeneo di materiale proveniente da un unico ambito produttivo è stato impostato, con la guida di Daniele Manacorda, in occasione della tesi di laurea dell'autrice, raggiungendo l'obiettivo dell'individuazione tipologica delle anfore di Apani - riferimento essenziale per la complessiva produzione anforaria brindisina - attraverso la definizione del repertorio morfologico e l'edizione di un catalogo onomastico, ricavato sulla base dello studio delle migliaia di bolli impressi sulle anse dei contenitori. -
La fine della tirannide
Il volume conclude un ciclo iniziato dallo stesso autore con ""La tirannide in Grecia antica"""" e proseguito con """"Tiranni, legislatori e giudici in Grecia arcaica"""". Particolare attenzione è qui riservata alla tirannide degli Ortagoridi, la più duratura in assoluto, le cui vicende costituiscono da un lato un contrappunto costante a quelle della più nota tirannide corinzia, dall'altro - attraverso la figura di Agariste, figlia del tiranno Clistene e madre dell'ateniese Clistene il riformatore - si legano ai futuri sviluppi della democrazia ateniese. La caduta della tirannide è osservata sia nei suoi aspetti economico-sociali (una interpretazione economicista vorrebbe legare la caduta dei Cipselidi con il declino delle esportazioni corinzie), che cronologici (la tirannide di Sicione non può estendersi oltre la durata centennale attribuitale da Aristotele), ma anche di propaganda, come ad Atene, dove gli Alcmeonidi contendono ai tirannicidi Armodio ed Aristogitone il merito di avere liberato la città."" -
Cittadini a confronto. I rilievi funerari con figure di politai nell'Asia Minore ellenistica e romana
Durante l'epoca ellenistica nelle poleis dell'Asia Minore mediterranea è attestata un'enorme diffusione delle stele a rilievo quali semata funerari per eccellenza, monumenti caratterizzati da soluzioni spesso originali di ciascuna città, pur nell'adozione di tematiche e iconografie standardizzate. In particolare, colpisce il largo successo che conobbe l'iconografia detta del polites, per l'uso da parte dei committenti di farsi raffigurare nella veste di cittadino che, assieme a elementi accessori, esprimeva i valori cardine del buon polites, le virtù civiche che era importante sottolineare agli occhi dei propri concittadini. In otto centri la presenza di tale tematica raggiunge o supera la decina di esemplari e offre l'occasione per una disamina della mentalità sottesa ai monumenti su cui è presente, ricondotti al più ampio contesto fisico delle necropoli che li ospitarono, a quello ideale delle restanti forme di autorappresentazione funeraria attestate e a quello storico-sociale della polis in cui furono prodotti o adottati. Il risultato è un quadro piuttosto eterogeneo delle otto poleis (Rodi, Samo, Efeso, Chio, Smirne, Lesbo, Cizico e Bisanzio), con significative differenze di linguaggio e di mentalità, spia della multiformità di una regione e di una produzione artistica spesso viste come unità omogenee e uniformi. -
Extispicio. Una scienza divinatoria tra Mesopotamia ed Etruria
Gli Etruschi ebbero fama nell'antichità di popolo di origini antichissime, abile nella navigazione e dedito alle arti. Fa parte dello stereotipo 'etnico' degli Etruschi, però, anche la particolare attenzione che, secondo gli scrittori romani, questi dedicavano alle pratiche religiose, di cui la divinazione faceva parte integrante. Fra tutte le arti divinatorie praticate, l'extispicio, cioè la consultazione delle interiora degli animali sacrificati, e in particolare del fegato degli ovini, è senza dubbio quella in cui gli Etruschi raggiunsero la maggiore specializzazione, al pari degli Assiri, dei Babilonesi e di altre popolazioni dell'Asia anteriore, fra cui vanno ricordati soprattutto gli Ittiti. È opinione diffusa, non a caso, che questa tecnica divinatoria sia stata trapiantata in Italia proprio dagli Etruschi, che l'avrebbero importata dal Vicino Oriente. Gli autori di questo studio, fondendo le rispettive competenze disciplinari, quella rispettivamente dell'archeologo specializzato nello studio della civiltà etrusca e quella del veterinario specializzato nelle patologie della specie ovina, hanno indagato il processo genetico della pratica divinatoria da un punto di vista originale, formulando ipotesi di lavoro che chiamano in causa scenari complessi che affondano nella protostoria. -
La bottega delle immagini parietali I° sec. a. C.-I° sec. d. C.
Questo studio indaga il rapporto tra cultura figurativa e decorazione pittorica di età romana attraverso due linee di ricerca, una rivolta all'analisi delle modalità di formazione e trasmissione del repertorio, l'altra mirata a individuare le tecniche impiegate per la trasposizione delle immagini a parete, integrando così la ricerca sui meccanismi della tradizione iconografica con l'osservazione diretta e analitica delle tecniche esecutive. Focus della ricerca è la produzione pittorica di area vesuviana, nel periodo compreso tra il I sec a.C. e il I sec d.C., laboratorio privilegiato per analizzare le varie fasi del processo di acquisizione, rielaborazione ed esecuzione delle immagini, non solo per la consistenza del patrimonio documentario e la completezza dei contesti, ma anche perché elementi contingenti come l'intensa attività di ricostruzione dopo il terremoto del 62 d.C. hanno favorito lo sviluppo di una fase decorativa cronologicamente circoscritta di straordinario interesse. -
Sfingi e sirene. La presenza egizia nella Sicilia greca di V sec. a.C. Testimonianze nella commedia dorica e nel mimo
In Sfingi e Sirene, attraverso un'accurata indagine filologica sostenuta da un puntuale confronto con la documentazione archeologica e iconografica, l'autrice, avvalendosi della sua duplice formazione di egittologa e filologa classica, rivaluta l'apporto fornito dalla civiltà egizia e da un elemento kushita a quell'area culturale complessa costituita dalla Sicilia orientale alla fine dell'età arcaica. A questo scopo segue le tradizioni storiografiche e i miti rielaborati nella commedia dorica siciliana e nel mimo siracusano come traccia importante per ricostruire i percorsi intellettuali attraverso i quali giunsero nella Sicilia greca tra la fine del VI e la prima metà del V sec. a.C. suggestioni culturali di provenienza egizia e vicino-orientale, scoprendo la presenza di un orizzonte d'attesa egittologico nel pubblico che assisteva alle rappresentazioni teatrali a Siracusa, sia negli anni della tirannide dei Dinomenidi, quando forte attrattiva esercitò il paradigma di regalità incarnato dal faraone, sia dopo l'abbattimento della tirannide nel 466 a.C., quando viene percepito un nuovo Egitto, segnato dallo spirito indipendentista di Inaro, che conquista le simpatie dei ceti protagonisti del regime democratico moderato che si insedia a Siracusa. -
Il giardino dei Tarocchi. Un'avventura tra i giganti colorati di Capalbio (Gr)
Età di lettura: da 7 anni. -
Monumenta linguae raeticae
I Monumenta Linguae Raeticae raccolgono le iscrizioni provenienti dalla regione abitata dai Raeti - che comprendeva Trentino, Alto Adige, Tirolo, parte del Veneto e Bassa Engadina in Svizzera - durante la seconda età del Ferro, dalla fine del VI fino al I secolo a.C. È oggi un dato acquisito che la lingua retica appartiene alla famiglia linguistica non indo-europea chiamata ""Tirrenico Comune"""", che comprende anche l'Etrusco e la lingua dell'isola di Lemnos nell'Egeo settentrionale. Le iscrizioni sono ordinate nel volume secondo l'ordine alfabetico dei luoghi di rinvenimento, riportati in una carta geografica nel ripiego di copertina. Ogni scheda contiene: la descrizione del supporto, l'analisi dell'iscrizione, foto e disegni, l'apparato critico e, dove possibile, la cronologia epigrafica ottenuta mediante analisi di seriazione. Completano il volume un apparato di tavole e gli indici sistematici."" -
Un nuovo Efesto per il IV sec. a.C. e la villa romana di Palombara Sabina
Una villa a Palombara Sabina, scavata dal 2009 dalla Sovrintendenza per i Beni Archeologici del Lazio e costruita intorno al 50 a.C. per un proprietario ancora anonimo, si articola in due settori ben distinti: il corpo residenziale e il peristilio racchiudente il giardino con un'esedra ad arco di cerchio interrotta al centro da un edificio quadrangolare. Dall'indagine del complesso è emerso molto materiale, tra cui alcune copie eccellenti di nobilia opera, parte della sua decorazione forse proprio nell'area del giardino, il cui possibile significato è indagato dagli autori. Se è molto preziosa la copia dell'Eirene di Cefisodoto anche grazie al recente rinvenimento del braccio destro (l'unico caso in cui si sia preservato), la riconsiderazione di una statua nota sin dal 1986 consente il recupero di una copia di un'opera del terzo quarto del IV sec. a.C. con alta probabilità raffigurante Efesto. Sono rare le immagini a tutto tondo di quel dio e ristrette all'Attica, e chissà che stavolta per l'originale sottostante non si possa quindi persino rischiare il nome di un grande scultore. È poi vero da tempo che non è possibile immaginare storia dell'arte migliore di quella in cui la parola ""bello"""" non sia contemplata; ciononostante, è bellissimo (e pieno di decor), questo """"nuovo"""" Efesto da Palombara."" -
Capri villa Palazzo a mare un'isola nell'isola. Storia dei coniugi Stepanow
"Questa appassionata ricerca di don Vincenzo Simeoli, basata su fonti orali e scritte, vuole esser un'ulteriore, ma inedita testimonianza, sulla presenza di due esuli russi a Capri e su come le loro vite si siano intrecciate con quelle dei Capresi, inserendosi nel tessuto sociale, religioso e culturale dell'isola e, allo stesso tempo, è anche un atto di riconoscenza verso gli isolani che, con la loro proverbiale ospitalità, resero meno duro l'esilio dei coniugi Stepanow, lontani dalla loro amata patria..."""" (dalla prefazione di Anna Maria Palombi Cataldi)" -
Capreensia disiecta membra. Augusto a Capri e la villa di Palazzo a Mare
Nel ricco panorama insediativo legato a residenze di lusso nell'area del Golfo di Napoli, l'isola di Capri riveste un ruolo particolarmente importante al quale nel tempo purtroppo è corrisposta una certa marginalità nell'ambito degli studi archeologici. Estremamente significativa è la figura di Ottaviano, di lì a poco Augusto, il quale di ritorno dalla vittoriosa battaglia di Azio decise, nel 29 a.C., di inserire l'isola tra i suoi possedimenti privati e di costruirvi una o più ville dedicate ai suoi momenti d'otium. Il presente lavoro ha evidenziato tracce significative della sua presenza sull'isola in uno dei più grandi edifici conservati, nell'area nota come ""Palazzo a Mare"""", grazie all'analisi dettagliata dei rinvenimenti archeologici. La villa, nota fin dal Cinquecento e meta fissa di numerosi viaggiatori eruditi tra Seicento e Ottocento, occupa l'area Nord-Occidentale dell'isola e si dispiega attraverso spazi pianeggianti, terrazzamenti e quartieri marittimi. Attraverso un accurato studio delle testimonianze storiche e delle tracce archeologiche, spesso monumentali come nel caso dell'esedra-ninfeo posta presso i cd. """"Bagni di Tiberio"""", si è tentata una ricostruzione dell'edificio, con particolare riguardo al rapporto tra le diverse aree funzionali, il percorso viario dell'isola e le aree circostanti."" -
Il Pantheon di Agrippa
A partire dalla fine del XIX secolo, quando George Chédanne stabilì senza alcuna ombra di dubbio che il Pantheon fosse databile in base alle murature e ai bolli di mattone ad età adrianea (malgrado si reputi ormai che i lavori siano iniziati durante il principato di Traiano), si è aperta una polemica, talora assai aspra, sull'impianto e sull'orientamento del primitivo Pantheon, realizzato nel 27 o nel 25 a.C. I sondaggi eseguiti nel 1996/97 davanti alla facciata del Pantheon hanno condotto alla definitiva conclusione che l'edificio di età augustea fosse rivolto a nord e che avesse una facciata di misura simile a quella dell'edificio adrianeo. A questo punto, si può meglio impostare il discorso sul rapporto tra il Pantheon, il mausoleo di Augusto, l'obelisco/meridiana che il principe fece erigere nel 10 a.C. nel Campo Marzio settentrionale dedicandolo al Sol, e l'ara Pacis. È verosimile che i quattro monumenti siano partecipi di un medesimo programma teso a prefigurare la futura divinizzazione di Augusto. -
Piante medicinali del Tibet. Un antico manoscritto di scienza della guarigione
La medicina tibetana è tradizionalmente praticata in una vasta area centroasiatica abitata da popolazioni di lingua e cultura tibetana, che comprende la Regione Autonoma Tibetana, parti delle province cinesi del Qinghai, Gansu, Sichuan e Yunnan, e degli stati indiani del Jammu & Kashmir, Himachal Pradesh, West Bengal, Sikkim e Arunachal Pradesh, il Bhutan, e le valli settentrionali del Nepal. La tradizione medica tibetana è praticata anche in Mongolia e in Buriazia (Russia). A partire dagli anni '60 del secolo scorso in seguito alla diaspora tibetana, la medicina tibetana si è diffusa in molti altri paesi, soprattutto occidentali. -
San Severo fra storia e memoria
L'A. ha voluto raccogliere in questo volume i suoi scritti su San Severo (1964-2014), corredandoli di annotazioni che non solo ne aggiornano i contenuti, ma li vivificano anche attraverso i tanti ricordi ad essi legati. Com'è stato giustamente rilevato nella Prefazione di Francesco Giuliani al volume: ""Rileggendo i suoi scritti 'sanseveresi', opportunamente raccolti in un'unica opera, frutto di un certosino lavoro di cernita e di controllo, ritroviamo quelle parole e quei sentimenti, resi come di pubblico dominio, e possiamo testimoniare dello stato d'animo da cui nascono, della sincerità che riempie il flatus vocis del verbum, come a voler fissare il momento, a dargli una più solida consistenza, a futura memoria. [...] L'opera di Russi nasce, dunque, da questo retroterra sentimentale e ideale"""". Lo studioso, infatti, ha sempre ritenuto un """"dovere quello di adoperare una parte dei propri talenti nello studio del loco natio, ed ha perfettamente ragione. Se i figli si sottraggono, gli estranei si sentiranno ancor più incentivati a trascurare quella realtà, con il risultato di offrire un'immagine del tutto sbagliata o superficiale. [...] Seguendo questa strada, Russi si è ritrovato accanto ad altri degnissimi personaggi della nostra terra, come Angelo Fraccacreta, ad esempio, che sono andati via per seguire la carriera universitaria, ma sono rimasti sempre legatissimi alle proprie radici""""."" -
Sull'ampio dorso del mare. Quando i Fenici viaggiavano con gli dèi
Il viaggio ha un ruolo fondamentale nel rapporto tra divinità e fedeli per un popolo, come quello fenicio, che al mare e alla navigazione è particolarmente legato. Diventa infatti modo e mezzo di incontro con il divino, con uno spostamento che è dovuto alla corporeità del dio e al suo legame con il territorio, rivelando la centralità del santuario, meta del viaggio e luogo fisico di incontro, e il ruolo della classe sacerdotale che tale incontro gestisce da un punto di vista rituale. Questo è il racconto dei viaggi delle divinità e degli uomini nel Mediterraneo fenicio del I millennio a.C.. Il saggio è il risultato di uno studio interdisciplinare volto a comprendere i meccanismi di trasmissione dei culti, la loro trasformazione in base a elementi e fenomeni di sostrato e adstrato, le caratteristiche del dialogo con il divino all'interno della comunità di appartenenza e in un paese straniero, distinguendo la presenza di fedeli in seno a comunità residenti dalla presenza dovuta ad un viaggio e quindi ad un possibile pellegrinaggio. Si tratta di un'analisi svolta parallelamente su materiale epigrafico e su documentazione archeologica, con lo sguardo rivolto all'Oriente e all'Occidente, utilizzando le testimonianze indirette delle fonti letterarie ed epigrafiche greche e latine e il confronto con materiali provenienti dal Vicino Oriente e dalla Grecia. -
Adone
Il bellissimo Adone nasce dalla passione incestuosa tra il Re di Siria e la figlia Mirra. Adone cresce sui monti del Libano e, come un giovane efebo, va a caccia. Afrodite è con lui molto protettiva perché non vuole perdere il suo amore, gli raccomanda sempre di evitare lo scontro con il cinghiale. Ma durante una di queste caccie iniziatiche Adone viene ucciso, secondo alcune varianti del mito, addirittura evirato, da un grosso e violento cinghiale inviato da Artemide o da Ares geloso. Il mito di origine semitica, fortemente legato alla natura, alla ciclicità, alla rinascita generativa della primavera, è testimoniato nella cultura greca già in Esiodo e successivamente fu conosciuto e amato dalla società romana. Persistenze del suo culto e della sua storia, arricchita di varianti, permangono fino alla tarda latinità. La vicenda d'amore e morte, l'espressione della vita estetica, la bellezza della coppia amorosa e la tragicità della fine furono amati come soggetti e riprodotti nell'arte greca e nell'arte romana. Sono così pervenute fino a noi riproduzioni di scene del mito soprattutto nella ceramografia attica, nel mosaico romano, nella pittura pompeiana, negli specchi etruschi e nella suppellettile femminile. Età di lettura: da 7 anni. -
Stefano Mastrocinque. Settantanove opere
"Stefano Mastrocinque, questo giovane e promettente artista, è veneziano, come lo sono io: ed è questa una delle ragioni forse la principale, che mi hanno spinto a dedicargli qualche riflessione. """"L'opera"""", è stato scritto, """"nasce sempre legata al luogo dove è prodotta"""" (M. G. Messina, Venezia anni cinquanta: il turbamento della pittura, Venezia 1950-1959, p. 19). Il giovane Stefano, nei risultati pittorici più riusciti, applica la propria ricerca ai tre elementi storicamente dominanti nell'arte veneziana: allo spazio, alla luce e al tempo, all'interno della natura e del paesaggio veneziano; il tutto si traduce in colore, in forme nitide, in atmosfera, insomma. E nel suo approccio pittorico, ancora incerto sulla via da seguire, Stefano incarna, forse inconsapevolmente, il dibattito culturale che investe Venezia nel primo dopoguerra"""". (dalla prefazione di Francesco Donadi - Università di Verona)"